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Autore: Sunako_7    29/08/2018    2 recensioni
Sasuke e Gaara si frequentano da qualche mese, nonostante abbiano un dialogo quasi inesistente. Basterà questo per riuscire ad andare avanti o lo scontro con i problemi della vita e i fantasmi di un passato mai dimenticato li schiaccerà, costringendoli a separarsi? E se quel passato tornasse più reale che mai? E se altre persone entrassero nella vita dei due protagonisti? Un viaggio complicato e irto di ostacoli nella vita di questi due ragazzi chiusi, diffidenti, incapaci di comunicare eppure bisognosi di affetto e amore.
Questa ff è il continuo della mia one-shot "If I had a heart" anche se non è indispensabile leggerla per seguire questa long, ma alcuni dettagli potranno essere più chiari.
[GaaraxSasuke][Itachix?][accenni HidanxDeidara]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Itachi, Sabaku no Gaara, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Maybe if I told you the right words
At the right time you'd be mine

(Tracy Chapman)

 

Baby can I hold you tonight

 

 

 

Gaara era fermo vicino alla seggiovia e la fissava più o meno come un gatto avrebbe squadrato un cane: con estrema diffidenza e una certa dose di astio.
Aveva gli sci agganciati agli scarponi rigidi che gli bloccavano la caviglia, un’aderente calzamaglia sotto ai pantaloni, una maglietta termica sotto la giacca, guanti e caschetto; tutto fornitogli da Sasuke. Si sentiva più imbottito di un panino, ma perlomeno non avvertiva molto il freddo e gli abiti erano comodi, anche se inusuali. Il problema era che iniziava a sentirsi terrorizzato all’idea che tra poco sarebbe davvero stato sulle piste, nella sua mente sfrecciavano già immagini di incidenti mortali o in cui finiva su una carrozzina. Era cresciuto in una località vicino al mare, la città in cui abitava ora era in collina e vicina a dei boschi, che diavolo ci faceva uno come lui sulla neve?
Sasuke gli diede una bottarella sul braccio per riscuoterlo dalle sue riflessioni e gli indicò i seggiolini:
“Al prossimo saliamo, è più semplice di quanto sembri, non si tratta mica della filovia.”
“E che diavoleria sarebbe?”
“Diavoleria è il termine giusto, è un filo che penzola con un peso alla fine. Ti metti il filo in mezzo alle gambe, stringi e sali così. Non ti dico le volte che ci si dà una botta sulle palle, c’è anche qui, ma ho pensato di evitarla per la tua prima volta.”
Gaara apprezzò nuovamente le premure di Sasuke, cercò di imitare i suoi gesti e di accomodarsi al suo fianco sul seggiolino doppio che lentamente saliva verso l’alto. Guardò i propri piedi con gli sci ancorati che penzolavano nel vuoto e provò un po’ di timore, strinse più forte le racchette tra le mani e pensò che la cosa migliore fosse chiudere gli occhi finché non fossero arrivati in cima. Dopo qualche istante però Sasuke lo chiamò, così sollevò le palpebre per guardarlo armeggiare con un tubetto di crema bianca che poi gli spalmò sul viso. Fece un piccolo scatto all’indietro col collo, guardandolo interrogativo.
“È solo crema solare. Mi sono dimenticato di metterla prima di scendere dalla macchina”
“A che serve? Mica siamo al mare” domandò Gaara, pensando che lo stesse prendendo in giro. Nonostante ciò non si sottrasse e lasciò che Sasuke gli passasse la mano calda sul viso freddo e trovò piacevole quel contrasto, tanto che si dispiacque quando smise.
“Il sole picchia forte anche qui, la neve lo riflette e aumenta la sua potenza, la crema è indispensabile specialmente per due con la pelle chiara come la nostra. La rimetteremo durante la giornata, voglio farti tornare a casa tutto intero” gli spiegò mentre se la spalmava a sua volta e poi riponeva il tubetto in tasca, affrettandosi a rimettere i guanti.
Gaara lo ascoltò meravigliato, rendendosi conto di quante cose ignorasse del mondo; nonostante tutti i dubbi e le incertezze, capì che quel weekend sarebbe stato una cosa buona, una nuova esperienza che avrebbe ingrandito il suo modesto bagaglio.
“Non sono così sicuro di tornare a casa tutto intero se insisti nel volermi far sciare” rispose dato che le sue visioni catastrofiche non erano finite, anzi avvicinandosi alle piste aumentavano.
Sasuke rise e gli posò una mano sul braccio, purtroppo con tutti gli strati di vestiti Gaara sentì solo la pressione esercitata  e nient’altro, lo guardò negli occhi divertiti mentre parlava.
“Ma no, inizieremo proprio dalle basi, solo sulle piste baby. Se ci sono io, non ti succederà niente, in famiglia abbiamo imparato a sciare tutti da quando eravamo piccoli; sono bravo, sai? Fidati di me”
Gaara avvertì il sangue affluire alle guance, si augurò che l’altro attribuisse la colpa al freddo e non all’emozione provocatagli da quelle parole. Maledetto quell’Uchiha che diceva cose tanto sconcertanti con quel sorriso leggero; fidarsi di lui. Poteva davvero farlo?
“E allora come mai Itachi era pieno di lividi dopo Natale? Mi ha fatto vedere le foto, era impressionante” gli fece notare, non ancora convinto.
“Che cosa?!” esclamò Sasuke sconcertato, ma non ebbe tempo di aggiungere altro perché erano arrivati. Alzò la sbarra di sicurezza e spiegò in fretta a Gaara come poggiare gli sci per non cadere, augurandosi che andasse tutto bene. Lo vide scivolare lentamente in avanti, allontanandosi dalla seggiovia e tenendo istintivamente le ginocchia incrociate, il modo migliore per finire coi piedi all’aria. Fortunatamente non successe così lo raggiunse in fretta, riprendendo il discorso di prima:
“Itachi ti ha fatto vedere le foto dei suoi lividi?”
Gaara che era più interessato a guardarsi attorno, a capire se tenere i piedi aperti o uniti e un milione di altre cose nuove, rispose con un disinteressato:
“Sì, che c’è di male?”
“C’è che… oh, andiamo! Le foto del suo… mio fratello che ti mostra certe cose!”
Gaara si decise a guardare Sasuke: le guance erano rosse, stringeva forte le racchette tra le mani guantate e aveva un’espressione a metà tra lo sbalordito e lo sconvolto.
“Cos’hanno di così terribile le foto del suo ginocchio, a parte fare impressione per essere quasi nero e gonfio?” domandò continuando a non capire. Vide però l’atteggiamento dell’altro cambiare, tirare un sospiro di sollievo e alzare un attimo gli occhi al cielo. “Sasuke… cosa credevi che mi avesse mostrato Itachi?”
L’Uchiha minore fece una smorfia e disegnò qualcosa nella neve con la punta della racchetta, evidentemente imbarazzato e desideroso di non rispondere.
“Il suo sedere” borbottò però alla fine. Ricordava bene di come durante le vacanze fosse entrato nella stanza che condividevano e lo aveva trovato coi pantaloni calati, a mettersi una crema contro gli ematomi sul fondoschiena violaceo. Non era stato un bello spettacolo.
Gaara sgranò gli occhi e gli parve che fossero sul punto di uscire dalle orbite, aprì e richiuse la bocca un paio di volte, stette in silenzio qualche istante e solo dopo quasi un minuto riuscì a dire:
“Sei un idiota! Come ti viene in mente che tuo fratello mi possa aver mostrato le sue chiappe? E poi ce lo vedi a fotografarsele? Itachi? Stai fuori!”
Se solo fosse stato in grado di muoversi agilmente sulla neve, si sarebbe voltato e allontanato, ma non era possibile, Sasuke era la sua guida e punto di riferimento per quel giorno, quindi aggrottò le sopracciglia e aggiunse con voce stizzita “Ora se abbiamo finito con queste idee balorde, vuoi insegnarmi a non ammazzarmi?”
L’architetto evidentemente imbarazzato si morse un labbro per poi annuire:
“È solo che… lasciamo perdere, andiamo”
Nonostante tutto Gaara fu colpito da quell’ennesima sfaccettatura del suo carattere, da come tutto il divertimento e l’aspettativa fossero scomparse dal suo viso in un battito di ciglia, e si dispiacque di essere stato così duro. Inoltre, se solo avesse saputo dei baci che si erano scambiati, non avrebbe proprio potuto dargli dello stupido.
La sua reazione lo rese ancora più convinto a far rimanere segreti quei due episodi, semmai avesse avuto l’intenzione contraria. In fondo era qualcosa che riguardava solo lui e Itachi, avvenuto in un periodo in cui non sentiva più Sasuke; erano stati bei momenti e importanti per Gaara, perché gli avevano mostrato che non era ancora tutto perduto come si era convinto. Quei due baci erano lontani nella sua memoria, ammantati da quel velo di malinconia che hanno sempre i bei ricordi che non torneranno mai più, perché era certo che non sarebbe successo di nuovo.
Per quel motivo posò una mano sulla spalla di Sasuke e la strinse nonostante i guanti e i vestiti ingombranti.
“Sono nelle tue mani, maestro. Hai detto che mi avresti riportato a casa tutto d’un pezzo, giusto?”
Gli sorrise dicendogli in pratica che si fidava di lui e gli occhi di Sasuke parvero rianimarsi: avrebbe fatto tesoro di quella concessione e all’improvviso le chiappe di Itachi erano dimenticate; in realtà non erano mai esistite.

 

In un punto tranquillo vicino alla pista baby, Sasuke aveva fatto vedere a Gaara il movimento base che ogni principiante doveva imparare: lo spazzaneve. Si trattava di allargare le gambe e far convergere le punte degli sci come un triangolo. A quel modo si poteva procedere in sicurezza, imparando a mantenere l’equilibrio, inclinando i piedi a dovere si riusciva ad acquisire più o meno velocità o a frenare, successivamente, imparando a distribuire il peso del corpo, si imparava a curvare e ad assumere un certo ritmo. Erano i movimenti che ogni sciatore doveva imparare a padroneggiare per poter iniziare a scendere dalle piste con gli sci paralleli e a lanciarsi, letteralmente, in quello sport impegnativo ed elettrizzante.
Gaara si mostrò un buon allievo, molto accorto, anche se un paio di volte finì comunque a gambe all’aria; il battesimo della neve lo chiamò Sasuke, ridendo. Anche se doveva stare dietro a un principiante e non scorrazzava libero sulle piste rosse come suo solito, si stava divertendo. Gaara era testardo e si impegnava, era anche autoironico e più aperto ora che era impegnato in qualcosa di diverso dallo schermarsi e misurare le risposte.
A Sasuke piacque quella libertà, il modo in cui stavano vicini e interagivano, come due persone qualsiasi. Si guardò attorno e vide altra gente fare le stesse cose: chiacchieravano, sciavano, si divertivano ed erano uguali a loro. Si rese conto che lui e Gaara non portavano scritto addosso che erano gay, sulle loro sgargianti tute non era impresso il marchio della diversità e Sasuke non lo scorgeva nemmeno sugli altri.
Magari quella bella signora bionda e atletica non era sposata con l’uomo che le tendeva gli occhiali da sole, bensì poteva avere una relazione con la donna che aveva di fianco. C’erano miliardi di possibilità su quella terra e nessuna di esse era sbagliata; cosa c’era di sbagliato nell’amare? Era così importante il genere?

No, non lo è. Importa solo quello che provo io e chi ho a fianco. Giusto, doc?
Giusto, Sasuke, giustissimo. Ti sei meritato un cioccolatino anche oggi.

Il ragazzo sorrise tra sé e sé per quel dialogo immaginario col suo psicologo, ma era certo che anche nella realtà le cose sarebbero andate proprio così. Si rese conto di essersi perso nei propri pensieri e aver perso di vista Gaara, ma lo individuò subito: stava scendendo con gli sci paralleli dalla pista baby e stava andando abbastanza bene, anche se al pari di una lumaca per i suoi standard. All’improvviso però lo vide perdere l’equilibrio, forse aveva trovato della neve più ghiacciata o un qualche altro ostacolo sotto gli sci, fatto sta che finì a gambe all’aria.
Sasuke si affrettò a raggiungerlo e, togliendosi gli sci, si inchinò al suo fianco per aiutarlo dato che non si muoveva.
“Ehi, stai bene? Che è successo, stavi andando benissimo”
Gaara, sprofondato nella neve, senza dare alcun cenno di volersi alzare, si tirò su gli occhiali da sci e lo guardò, sorridendogli.
“Tutto bene, un crampo alla gamba destra, però è lieve, sta passando”
“Accidenti – disse Sasuke prendendogli il polpaccio e iniziando a massaggiarglielo – ti sei fatto male da qualche altra parte?”
“No, sto bene. Però mi sento così stanco che penso rimarrò qui, mi vieni a riprendere quando si scioglie la neve?” chiuse gli occhi avvertendo il dolore scemare.
“Scemo – sbuffò – e come pensi che sopravvivranno a lavoro senza di te?”
“In qualche modo, magari ci metterebbero qualche mese per capire come stilare una fattura, o come prenotarsi il ristorante da soli, ma ce la farebbero” rise piano.
“Non ci pensare nemmeno, non voglio avere a che fare con Hiashi Hyuuga, quindi tornerai a casa con me domani. Martedì voglio vedere te alla riunione”
Gaara puntellò i gomiti e si alzò col busto per guardarlo, ma Sasuke aveva la testa china sulla sua gamba e intravide giusto qualche ciuffo di capelli scuri al di sotto del casco. In quel momento avrebbe voluto tirarselo addosso, sprofondare assieme a lui nella neve, farsi ricoprire e rimanere così, celati agli occhi del mondo, perché non esisteva altro all’infuori di loro. Avrebbe voluto creare una bolla in cui rifugiarsi assieme a lui, proprio lì in mezzo alle neve gelida, il posto più bello del mondo.
La sua era stata solo un’affermazione scherzosa, eppure gli aveva smosso dentro qualcosa, perché significava che Sasuke voleva vederlo ancora; erano insieme ma già pensava a quando lo avrebbe rincontrato la volta successiva. Si stese di nuovo nella neve, sentendola fredda contro le guance, ma gli piaceva stare così, a fissare il cielo un po’ ingombro di nubi, socchiudendo appena gli occhi.
“Vorrà dire che martedì troverai me in ufficio” gli rispose.
Sasuke alzò appena lo sguardo, ma non riuscì a decifrare la sua espressione apparentemente impassibile, così si limitò a massaggiarlo un altro po’, per poi domandare:
“Come va? È passato?”
Gaara si mise seduto e guardò l’altro inginocchiato davanti a lui, senza occhialoni, che lo guardava coi suoi occhi scuri. Annuì, per poi dire:
“Sì, ma dopo questa alzo la bandiera bianca, credo di essere proprio cotto. Non sono abituato a fare tutto questo esercizio, passo la maggior parte delle giornate dietro a una scrivania”
In fondo era pomeriggio, a pranzo avevano mangiato una barretta energetica per non appesantirsi e lui si era impegnato moltissimo, infatti era riuscito addirittura a scendere con gli sci in parallelo e non a spazzaneve, seppur con lentezza.
“Ok, allora torniamo a casa” disse Sasuke alzandosi e tendendogli una mano.
Gaara la afferrò, ma aveva una controproposta:
“Perché non vai a farti qualche discesa decente, mi stai dietro da stamattina, ti sarai anche annoiato. Io vado a prendermi qualcosa di caldo, mi rilasso e ti aspetto, che ne dici?”
Sasuke lo guardò pensieroso e tentato:
“In realtà mi sono divertito, però non mi dispiacerebbe effettivamente fare qualche discesa. Sei sicuro di volermi aspettare?”
“E tu cos’hai fatto tutto questo tempo? Non hai forse aspettato me?”
Gaara aveva inteso fare una battuta, ma le sue parole risuonarono molto più serie e cariche di significati di quanto potessero apparire.

Non mi hai forse aspettato mentre cercavo di fidarmi nuovamente di te? Non mi hai aspettato quando ero così arrabbiato da credere di non volerti vedere più? Non mi stai forse aspettando ancora adesso?
Rimasero a guardarsi, incurante degli schiamazzi della gente, del rumore della neve raschiata dalle tavole e del battito dei loro cuori al di sotto dei vestiti pesanti. Gaara fu il primo a riscuotersi e, prendendo le racchette, disse:
“Vado, ci vediamo tra un po’. Pensa solo a divertirti”
Sasuke lo osservò allontanarsi con la sua andatura lenta e misurata, si allontanava ma si sentiva tranquillo perché lo avrebbe ritrovato facilmente, non stava più andando al di là della sua portata.

 

Gaara era seduto davanti al caminetto acceso e osservava il fuoco guizzare. Aveva ignorato il comodo divano o le poltrone e aveva preferito il tappeto soffice, non per vero freddo, quanto perché gli piaceva vedere le fiamme scoppiettare e diffondere nell’aria un gradevole aroma di legna.
Dopo che Sasuke era tornato dalla sua sciata col viso colorito, l’aria eccitata e un sorriso sincero come quello di un bambino la mattina di Natale, erano andati a mangiare.
Si erano riscoperti entrambi troppo affamati per tornare prima a casa per cambiarsi, così erano entrati nel ristorante con le loro tute da sci e gli scarponi ingombranti, scoprendo di non essere gli unici in quelle condizioni. Sasuke l’aveva trovato divertente perché con la sua famiglia fare una cosa del genere era impensabile, stava scoprendo che gli piaceva quel nuovo sapore che sentiva contro il palato, il gusto di essere libero e fare ciò che desiderava.
Dopo cena erano tornati allo chalet, Gaara era andato a fare una doccia e al suo ritorno aveva trovato il caminetto acceso, così ci si era piazzato davanti aspettando che Sasuke tornasse.
Si sentiva piacevolmente rilassato, quasi intorpidito: non aveva nessun motivo per stare all’erta, non aveva bisogno di essere lucido e affilato per tenere a mente e badare alle mille diverse incombenze lavorative o, semplicemente, non doveva correre dietro a niente e nessuno. Doveva solo stare lì a godersi il tepore del fuoco. Forse era merito della cena abbondante o forse dell’esercizio fisico, fatto sta che non gli dispiaceva affatto sentirsi così una volta tanto.
Udì una porta aprirsi e poco dopo la voce di Sasuke alle sue spalle dire:
“Hai freddo? Ci sono dei plaid se vuoi.”
“No, sto bene. Mi andava solo di stare solo vicino al caminetto.”
Per non apparire ripetitivo né patetico, non aggiunse che era la prima volta che ne vedeva uno dal vivo e gli piaceva più di quanto avesse mai creduto.
Non si voltò e avvertì l’architetto trafficare con qualcosa, per poi ritrovarselo a fianco che gli porgeva un elegante bicchiere a tulipano con del liquido ambrato che sprigionava un invitante aroma.
“Direi che un po’ di brandy ci sta più che bene, no?”
“Hai ragione” concordò Gaara, accettando la sua offerta e riconoscendo che quel liquore era di una certa qualità.
Stettero in silenzio, seduti vicini, cullati dalle fiamme del caminetto e dal gustoso brandy, non sentivano bisogno di parlare, per una volta l’assenza di parole non indicava tensione bensì un’intesa profonda: stavano bene semplicemente grazie alla loro vicinanza.
Quando finì di bere, Gaara posò il bicchiere di fianco a sé, portò le mani all’indietro e vi si appoggiò, stendendo le gambe che aveva tenuto piegate fino ad allora. Voltò la testa per vedere le fiamme danzare tra i riflessi scuri dei capelli Uchiha e ne rimase affascinato.
“Sono stato bene oggi, mi sono divertito molto. Grazie per questo weekend, direi che è stato il migliore regalo di compleanno ricevuto.”
Anche Sasuke posò il bicchiere e lo guardò, pensando che i suoi capelli erano ancora più rossi e intensi del fuoco; in effetti era rimasto scottato da loro, da lui.
“Sono felice di averci azzeccato. Penso che questi due giorni abbiano fatto bene a entrambi, non ti ho mai visto così rilassato.”
Anche quando in passato si erano frequentati quei quattro mesi, Gaara gli era sempre parso sì calmo, ma mai sereno o rilassato, sempre in battaglia contro qualcosa o qualcuno: se stesso, il tempo, il mondo che cercava in tutti i modi di mettergli i bastoni tra le ruote. Solo dopo il sesso riusciva a scorgere sul suo viso un accenno della tensione che si scioglieva, ma durava sempre poco.
Occhieggiò i suoi piedi bianchi, senza calzini, e i polpacci coperti da una morbida tuta scura e chiese:
“Come va con la gamba? Ti ha fatto ancora male?”
Gaara istintivamente la piegò e fissò su di essa l’attenzione, perché era più semplice piuttosto che fronteggiare la verità pronunciata dall’altro: si sentiva bene, rilassato, la testa era leggera e non più oppressa da mille preoccupazioni e il merito era della persona che gli sedeva a fianco.
“No, è stato solo un crampo passeggero. Però ammetto che i muscoli mi fanno un po’ male e di essere piuttosto stanco, non sono proprio abituato a fare tanto movimento.”
Sasuke fece un accenno di sorriso e si sedette rivolto verso di lui, gli prese un piede e lo usò come perno per farlo voltare sul tappeto morbido, così che si trovarono a fronteggiarsi. Si posò una sua gamba in grembo e iniziò a massaggiarla piano, partendo dalla caviglia.
“M-ma che fai?” domandò Gaara, colto di sorpresa.
“Hai bisogno di occhiali?” lo punzecchiò Sasuke.
“Certo che no, lo vedo che mi stai facendo un massaggio, la domanda è perché” replicò appena stizzito per quel sorrisetto strafottente che gli vedeva sulle labbra.
“Per sciogliere un po’ di tensione muscolare. Il weekend non è finito, domani mica vorrai poltrire al bar come oggi pomeriggio, mi auguro. Abbiamo quasi tutta la giornata a disposizione prima di ripartire.”
A poco a poco sollevava il pantalone, scoprendo quel polpaccio magro e dalla muscolatura asciutta che si distingueva alla perfezione sotto la pelle chiara. Vi dedicò solo un’occhiata di sfuggita, perché in quel momento il viso di Gaara, la sua espressione di sfida, con quel mento sollevato, erano impagabili.
“Ah no? – disse questi – E se volessi stare tutto il giorno a letto? Tu che faresti?”
Sasuke sorrise ancora, con quel suo modo particolare di tirare su solo un angolo della bocca, mentre gli occhi erano il vero fulcro di quel sorriso ironico e spiazzante.
“Ti tirerei fuori, perché non avremmo un buon motivo per stare in mezzo alle coperte.”
Il viso di Gaara si fece serio, inarcò appena le sopracciglia con i riflessi delle fiamme e del divertimento che si riflettevano nelle iridi color acquamarina.
“E se invece lo avessimo?” lo provocò.
Sasuke si umettò le labbra con la lingua e stette un attimo in silenzio, con le mani che strinsero un po’ più forte il suo ginocchio.
“Ma non lo abbiamo… almeno mi sembra” replicò, cauto.
In realtà avrebbero avuto almeno un milione di motivi per non voler uscire dal letto, se fosse dipeso da lui, ma ci stava andando coi piedi di piombo sebbene l’altro lo stesse sfidando.
Gaara lo guardò e decise che gli avrebbe cancellato quel sorriso irritante dalla faccia: quella volta avrebbe avuto lui l’ultima parola, non Sasuke.
Senza ulteriori indugi, senza sprecare altro fiato o tempo, chinò il busto in avanti e lo baciò. Posò le labbra sulle sue e le dischiuse con la lingua, sentendo l’inebriante sapore di brandy che vi aleggiava e gli diede alla testa, non facendogli capire nient’altro. Doveva essere per forza colpa del liquore perché, anche se si erano già baciati, Gaara non aveva mai avvertito quella potenza, i capelli sulla nuca che si rizzavano, le braccia che parevano tremare per i brividi e la sua presenza così reale e vicina.

Cosa sta succedendo?
Si guardarono, coi respiri concitati, le labbra appena un po’ gonfie e umide. Gaara si era messo in ginocchio davanti a lui senza nemmeno rendersene conto, mentre Sasuke aveva aperto le gambe per permettergli di avvicinarsi.
Gaara alzò un braccio e la sua mano affondò tra i capelli scuri, scostandogli la frangia dalla fronte; non li tirò come aveva fatto altre volte in passato, ma fu un movimento dolce, accorto, di cura, qualcosa di nuovo come quello che si stavano trovando a riscoprire e condividere.
“Abbiamo un motivo per non alzarci dal letto domani mattina” gli disse, osservando i suoi occhi scuri accendersi, tuttavia l’espressione rimase guardinga, così come la voce quando chiese:
“Solo domani mattina?”
La mano di Gaara scese a disegnargli la forma delle sopracciglia, il contorno del naso dritto e sottile, la curva dello zigomo in una riscoperta di quei lineamenti che gli parevano nuovi, come se non vi avesse mai indugiato sopra prima di quel momento.
“Domani mattina è un inizio – sussurrò baciandogli una guancia e spostandosi verso la sua bocca – l’inizio di quello che vogliamo.”
Le loro labbra si sfioravano, i respiri si mescolavano, come se fossero l’unico ossigeno di cui avevano bisogno e Sasuke si stava perdendo nel suo calore, tra quei capelli di fiamma che lo bruciavano e gli avevano incendiato qualcosa dentro.
“Voglio te” mormorò muovendo le labbra contro le sue ad ogni lettera. Era sempre stato schietto e sicuro dei propri bisogni, ma mai come allora. Quando annullarono la distanza già inesistente e il bacio assorbì tutta la loro attenzione, Sasuke sentì di avere tutto quello che gli serviva.
In quei mesi aveva sognato di poter stringere di nuovo Gaara, aveva combattuto contro quei desideri e se stesso, ma aveva smesso di lottare, di negarsi ciò che poteva renderlo felice perché non avrebbe reso felice qualcun altro. Ora che lo aveva tra le braccia e lo baciava, capì di non essersi mai sentito più completo e in pace come allora, nonostante la mente e il cuore in subbuglio.
Fino a quel momento i loro movimenti erano stati cauti, lenti, misurati, non privi di una certa grazia e morbidezza, ma dopo quel bacio fu tutto diverso. Presero a spogliarsi con urgenza, tentando però di continuare a baciarsi, goffi e impacciati come ragazzini alle prime esperienze. Risero quando una ciocca di capelli di Sasuke si incastrò nella cerniera della maglia, o quando per poco non diede una ginocchiata a Gaara mentre era intento a stendere le gambe per togliersi i pantaloni. Eppure anche quegli imprevisti non ruppero l’atmosfera che si era creata, bensì sembrarono intensificarla perché erano insieme, impazienti, si sorridevano e in futuro avrebbero ricordato ogni secondo, ogni movimento di quella serata davanti al caminetto in cui si erano riscoperti due ragazzini ubriachi di felicità.
Con solo i boxer indosso, Gaara si mise sopra Sasuke, con le ginocchia allargate attorno ai suoi fianchi, il busto chinato che sfiorava quello dell’altro. Gli stava leccando il collo e stava arrivando vicino all’orecchio, in quel posto speciale e nascosto tra il lobo e la nuca, così sensibile e dove sembrava essersi raccolto tutto l’odore della pelle di Sasuke che gli diede alla testa. Lo morse piano, vi passò la lingua sopra, lo arrossò con cura per poi sussurrare.
“Toccami, Sasuke.”
Aveva sentito le sue mani posarsi incerte sulle proprie anche e poi rimanere bloccate, ma dopo quelle parole presero a muoversi senza più indugi, sicure di essere desiderate.
Sasuke era elettrizzato: Gaara si stava lasciando carezzare da lui, non gli aveva posto alcun veto, anzi lo voleva e lui esultava dentro di sé per quel privilegio concesso solo ad un altro uomo, lo sconosciuto che lo aveva avuto per primo. Sentì le cicatrici sottili sulle spalle e la schiena, le riconobbe e le carezzò con calma, come se facessero ancora male e lui potesse lenirle coi suoi polpastrelli caldi. Avvertì le vertebre più sporgenti di come ricordava e ciò lo rese più consapevole del tempo passato, di come fossero diversi dal Sasuke e Gaara che si erano conosciuti per caso una sera e non erano stati all’altezza dei loro sentimenti. Era tutto diverso, stavolta sarebbe andato tutto bene.
Continuarono a baciarsi, a toccarsi, mai sazi, con la mente, le mani, le orecchie, la bocca e il naso completamente invasi dalla presenza dell’altro. Anche il fuoco stava morendo, ma loro non se ne accorgevano.
A un certo punto, però, un brandello di lucidità si fece largo nella testa confusa di Sasuke che sentiva l’urgenza di avere qualcosa di più: non gli bastava più solo baciarsi e carezzarsi, nemmeno masturbarsi a vicenda era lontanamente sufficiente.
“Gaara… –  ansimò tra le labbra gonfie – io… noi, non abbiamo niente.”
L’altro lo guardò interrogativo, non comprendendolo e per Sasuke fu difficile trovare saliva nella bocca secca e razionalità nella testa per fare un discorso più sensato. Si mise seduto, con l’altro a cavalcioni sopra di sé, e trovò davvero complicato non fissarlo e concentrarsi.
“Non ti ho invitato con queste intenzioni. Sul serio, non credevo saremmo arrivati a questo punto e non ho lubrificante, né preservativi, tu?”
Gaara sbarrò gli occhi e gli posò la fronte su una spalla:
“Cazzo, non ci stavo pensando. In realtà non pensavo proprio a niente – ammise – non ne ho, non giro nemmeno con un preservativo nel portafogli, perché è quello il problema, più che il lubrificante.”
Si guardarono negli occhi, incerti, consapevoli che non si sarebbero accontentati di niente di meno, entrambi volevano andare fino in fondo, ma in quella casa non c’era niente e l’idea di separarsi per rivestirsi e uscire pareva intollerabile.
“Dovresti mettere i preservativi nella lista della spesa del custode” scherzò Gaara baciandogli il mento, perché non riusciva a stargli lontano a lungo.
Nonostante tutto Sasuke rise, anche se avevano le erezioni pulsanti, il desiderio di andare avanti e di non fermarsi, quell’intermezzo tanto imbarazzante li faceva ridere, era così squisitamente umano da essere terribilmente dolce.
Nessuno dei due credeva che sarebbero riusciti ad arrivare a quel punto, si erano sorpresi a vicenda e avevano abbattuto i muri residui che li avevano divisi.
“Io non ho mai fatto sesso non protetto – disse Sasuke mentre l’altro continuava a baciargli il collo – e tu?”
Gaara sollevò la testa e poi la scosse, guardandolo:
“Anch’io, mai fatto senza.”
Persino Kankuro, nel suo egoismo adolescenziale, si era premurato di pensare alle protezioni adeguate.
Sasuke chinò appena la testa, imbarazzato, con le orecchie rosse che poco avevano a che vedere col calore della stanza.
“Beh, per stavolta allora potremmo anche fare senza… cioè, credo. Cazzo, non ci sto capendo più niente” sospirò, portandosi una mano alla fronte e stendendosi poi sul soffice tappeto.
“Credo proprio che stavolta sarà speciale per vari motivi” sorrise Gaara. Vedere Sasuke così confuso e in qualche modo arrendevole era veramente un privilegio, ma lo capiva: era nelle sue stesse condizioni. Voleva solo entrare dentro di lui, sentirsi avvolgere e suggellare quell’intesa ritrovata.
Riprese a baciargli il collo e poi un capezzolo, mentre più in basso le sue mani lo masturbavano, ma Sasuke non rimase certo passivo e fece lo stesso con lui. Ci volle poco per entrambi per giungere all’orgasmo, era da troppo che lo agognavano, tuttavia la loro fame non si placò, sembrò anzi venire solo pungolata e Gaara non indugiò ulteriormente: raccolse un po’ di sperma e, grazie ad esso, iniziò a penetrare Sasuke con le dita.
Lo fece lentamente, dandogli il tempo di abituarsi ed eccitarsi nuovamente: anche se non se lo erano detti, era certo che non fosse stato a letto con nessun’altro e non voleva fargli male, il dolore non doveva entrare a far parte del loro bagaglio di ricordi per quella sera.
Si riscoprì emozionato, persino spaventato da quella responsabilità, ma senza alcun desiderio di scansarla. Voleva Sasuke, voleva il suo corpo, i suoi baci, la sua bocca da cui potevano uscire anche parole crudeli, ma anche argute, divertenti, preziose. Voleva i suoi contrasti e le contraddizioni che si portava dietro, voleva conoscerle meglio, voleva tutto di Sasuke, le sue paure e la sua felicità.
Quando lo penetrò gli sembrò di non aver mai sentito niente di tanto intenso, la sua carne era calda, lo stringeva in un modo che era così intenso da essere quasi doloroso, perché come poteva esistere qualcosa di tanto bello? Come lo si poteva affrontare senza impazzire? Era impossibile e fu quanto successe.
“Non ti permetterò più di allontanarmi”
Ansimò contro il suo orecchio e avvertì le sue mani stringergli i capelli rossi, le gambe allacciarsi attorno ai fianchi e le spinte con cui gli andava incontro divenire più imperanti, urgenti. Sasuke lo pretendeva e Gaara non si tirò indietro, continuò ad affondare e, quando vide il suo viso distorcersi nell’orgasmo, il torace rimanere bloccato qualche istante, incapace di respirare, si lasciò andare a sua volta. Chiuse gli occhi e non pensò a niente, era come un’anfora vuota che veniva riempita dalle sensazioni, dagli stimoli, dall’odore della pelle di Sasuke, dal suo corpo che lo accoglieva. Era in mezzo a una tempesta, l’acqua gli scrosciava addosso e lui si riempì sempre di più, il livello crebbe finché fu impossibile contenere le emozioni e, semplicemente, traboccò. Buttò la testa all’indietro e si riversò nel suo corpo, gemette mentre nella testa gli esplodevano i colori.
“I fuochi d’artificio…” mormorò perso in un altro mondo, in un ricordo dimenticato.
Era scappato dal collegio, c’era una festa in paese quella sera, lui e pochi altri si erano piazzati vicino al punto dove i fuochi d’artificio erano stati disposti. Le sue orecchie erano state invase dal rumore degli scoppi, gli occhi lacrimavano per la forza devastante dei colori e delle esplosioni che riverberavano contro le retine. Si era perso in quello spettacolo che lo aveva stordito, conquistato, fatto innamorare con la sua potenza e maestosità.
Quella sera accadde lo stesso quando il suo orgasmo esplose: Gaara si ritrovò di nuovo nell’epicentro, schiantato e sopraffatto dal mondo che scoppiava e andava a pezzi attorno a lui.
Quasi crollò addosso a Sasuke, stendendosi sopra al suo corpo mentre ancora gli era dentro e l’altro non lo scansò, bensì gli passò le braccia attorno al collo e lasciò che rimanesse così, a respirarlo.
Gaara si sentì rimpicciolire e scivolare fuori, anche se contro la sua volontà perché non era mai stato così bello fare l’amore o entrare dentro a qualcuno, perché non era stato solo il suo cazzo a farsi largo dentro di lui, né era stato solo lo sperma a macchiare entrambi.
Lentamente rotolò al suo fianco, con lo sguardo fisso al soffitto, ancora incredulo.
Il fuoco si era spento e la stanza era in penombra, con solo una lampada accesa, ma a lui sembrava di avere ancora gli occhi pieni di colori e luci.
Ad un certo punto sentì Sasuke ridacchiare, girò una testa pesantissima verso di lui, vedendo in effetti la sua faccia divertita e le risa che sembravano proprio non volere smettere.
“Per fortuna… per fortuna… che il tappeto è bianco.”
Gaara rimase interdetto qualche istante, poi afferrò il significato della sua frase e scoppiò a ridere a sua volta. Si tenne la pancia con le mani e gli occhi chiari si riempirono di lacrime, si voltò su un fianco per poggiare una mano su una spalla di Sasuke.
“Forse… forse sarà meglio bruciarlo.”
L’architetto continuò a ridere mentre annuiva e andarono avanti ancora per un po’, finché le loro risate non diminuirono fino a cessare, finendo a guardarsi con un sorriso in faccia e gli occhi lucidi. Entrambi si tesero verso l’altro per darsi un bacio, poco più che uno sfiorarsi di labbra, ma più significativo e pieno di quanto potesse sembrare.
Rimasero a fissarsi qualche altro momento, poi Sasuke si sedette dicendo:
“Sarà meglio che vada a fare un’altra doccia.”
“Perché invece non facciamo il bagno insieme? La vasca è grande” propose invece Gaara e all’altro piacque la sua proposta.
Si alzarono su gambe che sembravano di gelatina e poco dopo erano immersi nell’acqua calda e piena di schiuma, l’uno di fronte all’altro.
Gaara sorrise, un sorriso segreto come di chi la sapesse lunga e Sasuke lo guardò interrogativo, finché non parlò:
“Sai, ieri sera ero qui a fare il bagno e ho immaginato che ci fossi anche tu con me.”
“Quindi in pratica sto esaudendo una tua fantasia?” domandò assottigliando gli occhi.
“Fantasia è il nome giusto, dato che mi sono eccitato e poi masturbato. Proprio qui, pensando a te” gli rivelò Gaara senza alcun imbarazzo ma con un’espressione maliziosa che l’altro trovò eccitante.
Sasuke quindi allargò le braccia, poggiandole sul bordo della vasca e lo fissò con sguardo attento, interessato, dicendo:
“Perché non mi fai vedere allora?”
“Dovrei masturbarmi per te?”
“Sì, esaudiresti una delle mie fantasie”
Gaara sorrise, scostando la schiuma da sopra al suo corpo:
“Direi che mi sembra giusto. Un compromesso.”
“Un ottimo compromesso” ribadì Sasuke senza perdersi un solo suo movimento.

Ehi doc, ho imparato persino a scendere a compromessi, incredibile, vero? Forse mi merito una fabbrica di cioccolato fondente e non solo un cioccolatino.
Tuttavia la mente si Sasuke smise presto di pensare al suo psicologo, cioccolatini o amenità varie, rapito dallo spettacolo davanti ai suoi occhi; rapito da Gaara che lo fece riscoprire un ostaggio privo di desiderio di essere liberato.

 

 

 

L’angolino oscuro: Un capitolo interamente dedicato a Sasuke e Gaara, ci voleva, no? Forse era già abbastanza chiaro dal capitolo precedente come sarebbe andata a finire, però fino a che non è successo davvero nemmeno i protagonisti avevano la certezza di ciò che sarebbe accaduto, solo un presentimento e quelli… non è sempre detto che si realizzino.
Per quanto riguarda il riferimento alle cicatrici di Gaara, è un particolare che ho spiegato nella OS di cui questa long è il sequel, se volete leggerla è qui, ma riassumendo sono dovute a delle punizioni subite in orfanotrofio. 
Per quanto riguarda la parte sulla neve, spero di non avere scritto castronerie perché io non ho mai sciato in vita mia e quindi mi sono fatta consigliare dalla mia Zucchetta Felice che è più esperta e ho fatto qualche ricerca.Spero che il capitolo e la storia in generale continui a piacervi e appassionarvi, io mi sono affezionata a questi due teste dure, ma non preoccupatevi: torneranno anche Itachi e Shisui.
Alla prossima!

 

   
 
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