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Autore: matisse91    29/08/2018    0 recensioni
Sakura Haruno è una normale ragazza di Konoha, allegra, vivace , spensierata e bella. Una ragazza innamorata e fidanzata sin dai tempi dei banchi di scuola. Ma la vita non sempre procede come vorremo, e l'amore della giovane viene messo alla prova dalla lontananza del college e sopratutto dalla presenza di un bel moro. Riuscirà Sakura a salvare il suo vecchio amore? O soccomberà alla tentazione di ampliare nuovi orizzonti!
Tratto dal prologo:
Guardo l’uomo che mi sta di fronte, la sua espressione facciale rimane composta davanti al mio dolore, alla mia distruzione.Mi tende una lettera dai bordi stropicciati e macchiati d’inchiostro.
“Cos'è?”, gli chiedo sussurrando con un’esile filo di voce.
Ma lui non mi risponde, rimane fermo, immobile, davanti l’uscio del mio appartamento, sotto quel temporale che imperversa sull'intera città.
Cerca di farmi afferrare quella dannata lettera, ma non voglio.
[...]
“però è strano che non ti piacciano le storie d’amore”, borbotta leggermente infastidito.
“E perché? Non è che debbano piacer a tutte le ragazze”, gli rispondo acida.
“Lo so, ma sei così rosa!”, continua imperterrito.
“Baka!”, lo riprendo per poi girarmi offesa dall’altra parte.
“E dai Sakura-chan! Non possiamo litigare il primo giorno
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Sakura
 
2435,2436,2437,2438… conto i mattoni della parete del supermercato, per passare il tempo.
Sono più di due ore che aspetto sotto il sole l’arrivo di Kakashi. Due ore che il mio cervello ha impiegato a torturarmi elaborando tutte le possibili congetture riguardo il suo odio nei confronti di Sasuke.
Cosa era accaduto tra quei due?
Il rintocco del campanile mi riporta alla realtà ricordandomi che tra tre ore devo ritornare a lavoro.
Il solo pensarci mi rende ancor più stanca di quanto già non sia.
Sbuffo infastidita dal sudore che inizia ad inzupparmi la maglietta, dai piedi gonfi che reclamano un po’ di libertà, ma soprattutto per il languorino che mi fa brontolare lo stomaco.
Dov’è finito Kakashi?
2439,2440….
 
Kakashi
 
“Si può sapere cosa ti è preso? Lo sai che può denunciarti”, mi riprende Yamato nella sala d’aspetto dell’ospedale di Suna.
“Lo so”, borbotto.
“Lo sai? Tutto qui?! Kakashi… dalla morte di Naruto non sei più lo stesso. Non so cosa sia accaduto tra te e Sasuke, ma… ma…. Non ti sembra eccessivo picchiarlo a sangue?”.
“Ho avuto i miei motivi”, ribatto sfidando il suo sguardo carico di compassione.
“Quali motivi?”.
“Siete voi che attendete per Uchiha Sasuke?”, ci interrompe un’infermiera, evitandomi lo strazio di dare una giustificazione delle mie insensate azioni a Yamato.
“Sì”, si alza in piedi. Io rimango incollato alla sedia di plastica, gravato dalla possibilità di aver ucciso Sasuke.
“È fuori pericolo, ma riporta una leggera commozione. Sarà tenuto in osservazione per stanotte”, ci informa l’infermiera.
Sospiro di sollievo.
“C’è qualcuno che può occuparsi di lui?”, ci chiede guardando entrambi con aria interrogativa.
“No”, rispondo, ma in realtà la negazione era rivolta all’immagine che il mio cervello aveva ricreato: Sakura che accudisce l’Uchiha.
“Kakashi…”, mi riprende Yamato come se fossi un bambino.
“Mi occuperò io di lui”, affermo zittendo il mio senso di colpa.
 
 
Sakura
 
Sdraiata sul divano fisso il soffitto del mio decadente appartamento. Un’enorme macchia di muffa fa capolinea proprio davanti ai mei occhi. Sicuramente sarà causata da qualche perdita delle tubature della signora Rion al piano di sopra, e altrettanto sicuramente dovrò pagare di tasca mia i lavori per imbiancare il soffitto. Soldi che non ho nemmeno per fare le visite di controllo per il mio cuore e per la gravidanza, figurarsi per imbiancare uno stupido soffitto. Afferro il mio cellulare e ritento a chiamare mia madre. Come tutte le volte in cui avevo tentato di rintracciarla negli ultimi quattro mesi, mi risponde la segreteria telefonica.
“Mamma, sono io, Sakura. Volevo solo sapere come stavi. Richiamami”, le dissi per l’ennesima volta.
A quanto pareva, nemmeno il fatto che stessi aspettando un figlio, le permetteva di accantonare l’onore della famiglia che tanto deprecabilmente avevo infangato.
Una mano è poggiata sul lieve rigonfiamento del mio addome. Altri cinque mesi e avrei avuto un bambino: il figlio di Sasuke. Mi domando se almeno mio padre, se fosse stato ancora in vita, sarebbe stato contento di avere un nipote, o l’avrebbe trascurato come aveva fatto con me.
Un improvviso senso di nausea e spossatezza mi investe facendomi appiattire il più possibile sul divano, nella speranza che passi il prima possibile. Stavano diventando sempre più frequenti, e questo mi allarmava sempre di più.
So che qualcosa non quadra, non è normale sentirmi così male al quarto mese di gravidanza. Dovrei andare al pronto soccorso, ma… ho un’immensa paura di avere la certezza di stare nuovamente male, e i soldi per un eventuale ricovero non li ho.
Due forti colpi alla porta mi distraggono da quei cupi pensieri.
“Arrivo”, gracchio, sforzandomi di sollevarmi dal divano.
“Kakashi… cosa ci fai qui?”, gli chiedo.
“Ti ho portato il pranzo”, mi risponde sollevando un sacchetto di carta che emana un sublime odore di ramen.
Lo lascio entrare, vergognandomi all’istante del luogo dove sono costretta ad abitare. All’improvviso mi saltano agli occhi le parete scrostate, il pavimento dissestato, e i vetri rotti rattoppati con dei fogli di cartone.
“Sasuke non ti versa qualcosa che ti possa permettere di vivere in un luogo più decente?”, mi domanda severo, anch’egli infastidito della mia condizione di degrado.
“Sasuke?!”, chiedo perplessa.
“Come padre del bambino”, chiarisce.
“Oh… ecco… vedi…. Io-non-ho-mai-detto-a-Sasuke-del-bambino”, rivelo tutto d’un fiato.
“Non glielo hai detto?!”, mi chiede sconvolto.
“Lui…lui mi ha abbandonata in una stanza d’albergo. Mi ha chiaramente detto di non volermi….così….”.
“Così hai dedotto che non volesse nemmeno il bambino”, termina al mio posto.
“È plausibile. Lui non vuole nessuno”, mi difendo.
“Quanto sai sulla storia di Sasuke?”, mi interroga.
“Conosco Sasuke molto meglio di te”, affermo punta sul vivo sfidando i suoi occhi.
“Non lo metto in dubbio, per certi aspetti”, mi rimbecca facendomi arrossire.
“Sasuke, oltre a venire da una rinomata famiglia, ha avuto la fortuna di crescere in una famiglia amorevole. Hai conosciuto sua madre, vero?”.
Annuisco, intristendomi al suo ricordo.
“Bè, era molto legato a suo fratello Itachi. Erano inseparabili, l’uno l’ombra dell’altro, fino…. Fino a quando, un giorno, Sasuke giocando per la strada non rischiò di essere investito. Itachi si frappose tra lui e l’auto, decidendo di sacrificare la sua vita per il fratello minore. Fortunatamente il padre di Naruto, Minato, stava rincasando a casa e salvò entrambi. Come sai in quell’incidente il padre di Naruto perse la vita, un evento che Naruto non ha mai potuto perdonare agli Uchiha. Itachi cadde vittima del rimorso, incolpando Sasuke per quel tragico incidente”.
“Incolpa Sasuke? Ma era solo un bambino!”, esclamo indignata.
“Lo erano entrambi. Ma più passavano gli anni, più il rancore di Itachi ardeva, arrivando al punto di rottura tra i due fratelli. Fugaku diseredò Itachi, ma Sasuke decise anch’egli di lasciare Konoha per proseguire gli studi a Suna. È per questo che non ti ha mai accettata Sakura. Per lui è un doppio oltraggio a Naruto: non solo gli ha portato via il padre, ma anche la ragazza che lui aveva intenzione di sposare”.
“Ma lui… lui mi aveva proposto di lasciare Naruto….”.
“Perché ti ha sempre amata, sin da bambino”, mi rivela.
“Io… non so che dire”, confesso frastornata.
“Prenditi tempo per riflettere”, mi consiglia per poi alzarsi e dirigersi verso la porta.
“Ti passo a prendere domani quando stacchi da lavoro. Non dovresti affaticarti nel tuo stato”, mi raccomanda prima di lasciarmi in compagnia delle sue rivelazioni.
Mi lascio nuovamente cadere sul divano, la testa un alveare di informazioni e vecchi ricordi che si inseguono a vicenda. Povero Sasuke, ecco perché teneva tutti lontano da lui: aveva paura di deluderci.
Il sonoro borbottio del mio stomaco mi ricorda di dover mangiare facendomi accantonare quelle enormi rivelazioni.
 
Sasuke
 
“Tu lo sai che tuo fratello ti vuole bene, Sasuke. In realtà non ti ha mai incolpato per l’incidente. Era solo arrabbiato con se stesso per non essere riuscito a salvarti, e ha scaricato la sua frustrazione verso di te. Lo devi perdonare Sasuke. Solo se avrà il tuo perdono riuscirà a perdonare te stesso, e tuo padre gli permetterà di fare ritorno a casa”, mi supplica mia madre.
“Come posso perdonarlo dopo tutto quello che mi ha detto? Lui può anche fare ritorno qui a Konoha, dormire nel suo letto: sarò io ad andarmene”, le rivelo.
“Parti già per Suna? Ma ci sono ancora due mesi di tempo prima che inizino le lezioni”.
“Non importa”.
“E Sakura? La lascerai qui? Non vuoi passare un altro po’ di tempo con lei?”.
“Sakura non sa nemmeno che esisto. Lei sta con Naruto, non con me”.
“Lo sai che questo non è vero. Ho visto come ti guarda, e ho visto come tu guardi lei”.
“Non posso privare Naruto anche dell’amore della sua vita”, sbuffo per poi voltarle le spalle e andare a preparare i bagagli.
Un mal di tesa infernale mi sveglia dai miei peggiori incubi.
“Co…cosa è successo”, domando a chiunque mi ascolti.
“Sasuke, sono Kakashi”.
Kakashi. Rivivo in un millesimo di secondo la sua aggressione immotivata, le sue accuse senza senso.
“Tu….”, esordisco, ma il bastardo mi interrompe.
“Scusami Sasuke. Se vorrai denunciarmi per aggressione lo capisco”.
Apro gli occhi e osservo il suo viso segnato dal pentimento e dal rimorso.
“Perché?”, gli domando.
“Quella mattina avevo visto Sakura e…. non spetta me dirtelo”, balbettava in evidente difficoltà.
“Sta bene?”, gli chiedo preoccupato.
“Se la cava”, risponde vago passandosi una mano sulla nuca imbarazzato.
“Parla”, gli intimo.
“È in cinta. Sua madre l’ha diseredata togliendole anche l’eredità che le spettava dalla morte di suo padre. Ora lavora in un piccolo supermercato. Quando l’ho vista… io non pensavo che tu non lo sapessi…”.
“Hai dato per scontato che non avrei riconosciuto mio figlio”, affermo con amarezza.
China la testa sotto il peso della colpa.
Osservo l’uomo che mi è di fronte ,e non posso fare a meno di pensare che….
“Tu la ami. L’hai sempre amata, vero?”, gli domando a bruciapelo.
I suoi occhi si spalancano confermando  le mie supposizioni.
“Per questo sei subito venuto da me a picchiarmi”, continuo.
“Sasuke…”.
“Lei non mi perdonerà mai…. Io l’ho respinta in malo modo… e ora…. Ora non mi informa nemmeno di aspettare un figlio!”, esclamo in preda ad un attacco isterico.
“Lei ti ama ancora Sasuke”, mi rivela.
“Non ha mai smesso di amarti. Lei credeva che non volendo lei non avresti voluto nemmeno il bambino”.
“Ma io…”. Interrompo la mia filippica. La coscienza che mi intima il silenzio. Io le avevo fatto credere di essere come tutte le altre.
“Abbi fede Sasuke, tornerà da te”, mi rassicura Kakashi con un sorriso amaro.
“Lo spero”, bisbiglio.
 
Sakura
 
Quella notte non sono riuscita a dormire. Non appena chiudevo gli occhi mi appariva il volto di Sasuke, carico di biasimo e tradimento. Cosa avevo fatto? Come avevo potuto tenergli nascosta la gravidanza? Una forte ondata di nausea mi costringe ad alzarmi, ma non appena appoggio i piedi nudi sul pavimento rovinato, un forte giramento di testa mi costringe ad appoggiarmi al muro.
Non andava affatto bene. Quando avrei imparato ad essere previdente? Quando avrei imparato ad affrontare le mie paure piuttosto che scappare? Tento di allungare una mano verso il comodino dove avevo lasciato il cellulare, ma un altro giramento di testa mi fa crollare a terra, il volto appiccicato sulle piastrelle sbeccate del pavimento. Osservo i motivi geometrici che le decorano, ormai ridotte e sbiadite linee di colore.
Perché?
Maledico la mia vita e tutte le avversità che l’hanno costellata, poi ci fu solo il buio.
 
 
Kakashi
 
 
Aspettavo Sakura da ben un quarto d’ora. Erano strano che ancora non si fosse fatta vedere, il suo turno era terminato da una decina di minuti.
Sasuke, accanto a me, sbuffava per la frustrazione e l’ansia, la sua schiena poggiata sulla parete di mattoni del negozio.
“Quanto ci mette?”, si lamenta.
Lo ignoro.
“Oh, signor Kakashi, era venuto a fare la spesa?”, mi chiede il signor Wu, chiudendo le porte del suo negozio con un giro di chiave.
“Salve signor Wu. In realtà sono venuto per prendere Sakura”, lo informo.
“Sakura? Ma Sakura non è venuta al lavoro”, mi riferisce perplesso.
“No? Strano, a me non ha detto niente”, rispondo.
“Nemmeno a me. Mi poteva pur avvisare. Ma voi giovani, siete fatti così, con la testa tra le nuvole”, si lamenta.
“Allora vado a vedere se le serve qualcosa”, mi congedo.
“Spero di rivederla presto, signor Kakashi”.
“Anch’io, mi stia bene, signor Wu”.
“Andiamo al suo appartamento?”, mi chiede Sasuke.
“Sì. Speriamo che stia bene”.
Ma, in cuor mio, sapevo che non era così. Il pallore della sua pelle, le vistose violacee occhiaie: non erano solo segni di stanchezza. Che fosse di nuovo il cuore a debilitarla? Spero di no. Non credo che reggerebbe un ulteriore trapianto, soprattutto nel suo stato.
 
Sasuke
 
Il cuore accelera i suoi battiti, sospinto da una crescente paura, che come un buco nero si ingrandisce sempre di più al centro del mio petto. Ripenso alle ultime parole brutali che ho riferito a Sakura, ai suoi enormi occhi verdi spalancarsi per l’orrore di ciò che esse comportavano. Rivedo le sue spalle abbassarsi nell’accettazione del mio rifiuto.
 Perché anch’io, proprio come sua madre e le sue amiche, l’avevo rifiutata, messa da parte come un oggetto privo di qualunque attrattiva. Ma lei… lei non mi aveva maledetto, come in passato più volte avevo fatto io quando incrociavo i suoi occhi. No, lei mi aveva abbracciato e augurato ogni bene.
Se solo potessi tornare indietro, anche solo fino a quel giorno, non le avrei mai dato motivo di dubitare dei miei sentimenti, dei nostri sentimenti.
Il cuore mi si spezza ulteriormente quando vedo l’appartamento fatiscente in cui abita. Mi è intollerabile il solo pensiero che possa vivere qui, tra questi fogli di cartone a proteggerla dal freddo.
“Sakura?”, la chiama Kakashi battendo un pugno su quell’orrenda porta verde acido. Pezzi di intonaco cadono sul lercio pavimento, come le mie ultime speranze che stia bene.
“Sakura!”, urla a piena voce non avendo ricevuto alcuna risposta.
Questa volta ci risponde un lamento appena percepibile all’orecchio umano.
Tiro un calcio alla porta ed entro di corsa nell’appartamento.
La troviamo in camera da letto, poggiata ad una parete. Il capo chino mi impedisce di scorgere i suoi occhi.
“Sakura?”, la chiamo con un sussurro, inginocchiandomi di fronte a lei.
“Sa…Sasuke?”, domanda alzando lentamente il viso verso di me, lentamente, come se solo quel semplice gesto le costasse un immenso sforzo.
Mi si mozza il fiato quando vedo il suo bel volto emaciato dalla sofferenza.
“Stai bene? È il bambino?”, le chiede premuroso Kakashi.
“No….non è il bambino, né il cuore”, ci informa facendomi tirare un sospiro di sollievo.
Un sollievo che dura quanto un battito di ciglia, spazzato via, quando la vedo accasciarsi di fianco e vomitare.
“Ti porto all’ospedale”, la rassicurai.
“Il tuo viso… cosa ti è successo?”, mi chiede poggiando le dita sull’occhio pesto procuratomi da Kakashi.
“Non è nulla. Ora pensiamo solo a te, okay?”, le chiedo poggiando la mia mano sulla sua.
Per la prima volta nella mia vita inizio a pregare. Prego di aver sprecato troppo tempo, di poter rimediare alle parole che le ho detto e per quelle che le ho taciuto.
“Tu… tu rimani sveglia, okay?”, la supplico quando vedo i suoi occhi socchiudersi per cedere all’incoscienza.
“Mi dispiace…”, mi sussurra.
Le dispiace? E per cosa? Per non avermi detto del bambino dopo il modo in cui l’ho trattata?
“Non devi dispiacerti”, la rassicuro.
Vedere i suoi occhi implorarmi perdono, mi riporta in mente tutte le volte in cui ho tentato di respingerla, di allontanarla da me.
“Ti perdono, basta che rimani con me”, le prometto cercando di rassicurarla.
Ma lei non mi ascolta più, i suoi occhi, quegli occhi che mi avevano sempre promesso amore, si erano chiusi.
“Sakura!”, la chiamo cercando di riportarla alla coscienza.
 
Kakashi
 
Quando arrivammo all’ospedale, Sakura fu immediatamente visitata da un cardiologo e da un ginecologo, per poi essere portata in sala operatoria. Devono sostituire la valvola mitralica con un baypass.
Alla fine il problema era sempre il cuore: si tratta infatti di un edema polmonare dovuto al malfunzionamento di una valvola cardiaca.
“Sono passate ore e ancora non ci hanno detto niente!”, esclama Sasuke battendo costantemente un piede sul linoleum del pavimento.
“Almeno potrebbero dirci se sta bene!”, sbuffò battendo un’altra volta il piede.
“Basta”, gli intimo fermandogli la gamba. “Datti una calmata. Se ancora non ci hanno detto nulla vuol dire che è viva”.
“Giusto”, bisbiglia buttando fuori un respiro da troppo trattenuto.
“Non mi abituerò a vederla dentro le mura di un ospedale, mai”, confessa.
“Uhm?”.
“Tempo fa, quando ancora Naruto era in vita, ed entrambi ci frequentavamo all’università, la dovetti portare all’ospedale. Avevamo litigato, io come al solito l’avevo ferita per tenerla lontana da me, e lei… così, di punto in bianco è impallidita ed è stramazzata a terra. Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia, nemmeno quando ho rischiato io stesso la vita. Almeno, fino ad ora”, mi confessa con lo sguardo fisso al muro di fronte a lui.
“Non devi rimproverarti di questo Sasuke, tu non sapevi nulla di questa situazione. Nessuno ne sapeva niente”, cerco di rassicurarlo.
“Lo so, ma…. Lei mi è sempre stata accanto, anche quando non le confidavo i miei tormenti interiori…”.
“Siete qui per Haruno Sakura?”, ci domanda un medico interrompendoci.
“Sì”, rispondo alzandomi in piedi.
“L’intervento è proceduto con successo. Non appena si sveglia potrete vederla”, ci informa cordialmente.
“Grazie”, gli dice Sasuke, visibilmente rassicurato.
 
“Non dovrà sottoporsi ad alcuna forma di stress, soprattutto durante la gravidanza”, ci raccomanda.
“A questo punto io tornerei a casa di Sakura per prenderle qualche abito e qualcosa da mangiare”, mi propongo.
“No… vado io. Ho bisogno di prendere una boccata d’aria”, mi ferma Sasuke.
 
Sasuke
 
 Entro nell’appartamento di Sakura, ancora sconvolto di dove sia andata a finire. Come aveva potuto sua madre restare indifferente alle vicissitudini della sua stessa figlia?
Non appeno entro mi dirigo immediatamente verso la camera da letto. Non voglio vedere quello squallore, mi ricorda le mie colpe, le mie manchevolezze.
Quando apro la cassettiera per prendere dei ricambi di vestiti, un piccolo quaderno cade a terra con un tonfo, aprendosi su una pagina scarabocchiata.
Mi chino per raccoglierlo, ma non appena i miei occhi individuano il mio nome appuntato con calligrafia ordinata, cedo alla curiosità e inizio a leggere.
 
È il primo giorno che trascorro senza di te. Il sole è sorto e tramontato incurante delle macerie in cui è ridotto il mio cuore.
Posso essere forte quando lo voglio, come ieri, quando ti ho definitivamente lasciato andare.
 So che tu pensi che io sia debole, che puoi farmi a pezzi con quelle parole taglienti che ti sei abituato a pronunciare. Pensi di avere il controllo, quando in realtà tutto ciò che implori è attenzione, è l’essere amato. Perché tu, Sasuke, hai bisogno di essere amato.
E voglio essere libera, anche quando il mio cuore è fatto di pezze e macerie, di amarti. Mi guardo allo specchio, ed esso mi rimanda indietro l’amore che, nonostante tutto, provo ancora per te. Scruto dentro di me e vi trovo il perdono. Trovo quel perdono che mi permette ancora di dirti “ti amo”.
Non so se ci rivedremo. Se un giorno sarai in grado di lottare per te stesso, per ciò in cui credi. Ma so che hai già dimenticato che tutto è cambiato, proprio come il sole che, imperterrito, continua a sorgere e tramontare, perché, in realtà, nulla è cambiato.
Leggere quelle parole, sentire ciò che comportano, è come affondare un coltello nel mio cuore, mi lasciano lì in ginocchio, davanti alla prova inconfutabile dei suoi sentimenti per me.
Con delicatezza ripongo il quaderno nella cassettiera, prendo le ultime cose che mi servono e faccio ritorno da lei.
 
Sakura
 
“Ti sei svegliata finalmente!”, esclama la voce di Kakashi.
“Kakashi?”.
Cosa ci faceva lì?
“Cosa… dove sono?”
“Sei in ospedale. Hanno dovuto sostituirti la valvola mitralica. Il bambino sta bene”, mi informa Sasuke tranquillizzandomi.
“Sasuke?”, chiedo dubbiosa.
“Ciao Sakura”, mi saluta sedendosi sul bordo del letto”.
“Ciao”, bisbiglio emozionata.
“Io tolgo il disturbo. Sono felice che tu stia bene, Sakura”, si accommiata Kakashi.
“Grazie Kakashi”.
“Figurati”, mi risponde con un sorriso dolceamaro.
“Hai fame?”, mi chiede Sasuke.
“Non particolarmente, ma la mia bocca ha un sapore amarissimo”, confesso.
Sorride alla mia risposta mettendomi sulle gambe un sacchetto di carta bianca.
“Cos’è?”.
“Aprilo”, mi sprona.
“Oh…”, esclamo alzando gli occhi ai suoi.
Dentro al sacchetto c’era un bicchiere di gelato all’interno di un altro bicchiere pieno di ghiaccio.
“Volevo prenderti qualcos’altro, ma i medici hanno acconsentito solo per il gelato”, mi riferisce.
“Fragola e vaniglia?”, chiedo arricciando il naso.
“Sei convalescente”, mi spiega.
“Altrimenti che gusto avresti preso?”, lo interrogo curiosa portandomi un cucchiaino di gelato alle labbra.
“Ieri ho provato caramello e cioccolato”, mi confida.
“Ieri?”.
“Sono trentasei ore che dormi”, mi informa.
“Trentasei ore?”, ripeto sbalordita.
“Già… ci hai fatto prendere un bel colpo facendo la bella addormentata”, mi rimprovera poggiandomi due dita sulla fronte per darmi un piccolo buffetto.
“Io…. Ma tu perché sei qui?”, gli chiedo all’improvviso.
“Devo andar via?”, mi domanda alzandosi dal letto.
“No!”, lo supplico afferrandolo per un braccio.
“Era pura curiosità”, gli spiego.
“È stato Kakashi. Quando ha capito che sei incinta è subito venuto da me e… bè, lo vedi anche tu, mi ha conciato per le feste”, mi spiega indicandosi il volto tumefatto.
“Kakashi …. Per questo quel giorno…! Oh mamma!”.
“Sakura, sono arrivato troppo tardi per far parte di questo?”, mi chiede poggiandomi una mano sull’addome.
Fisso i suoi occhi, così carichi di supplica e di speranza, implorarmi di perdonarlo.
“Non è tardi”, lo rassicuro.
“Grazie”, mi sussurra all’orecchio.
 
NdA: dopo tanto tempo ho ripreso questo racconto, cosa ve ne pare? Devo ammettere che rileggendo i primi capitolo credo di dover ammettere di essere incapace di riscrivere capitoli di quel genere, purtroppo. Ma spero di avervi almeno intrattenuto con una decente lettura
   
 
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