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Autore: Ciuffettina    30/08/2018    7 recensioni
Sam si ritroverà a dire questa frase a qualcuno di totalmente inaspettato. Ambientato nelle puntate 13x17 e 13x18. Storia scritta a quattro mani con Fujiko91.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Non-con, Violenza | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'I Missing moments di Supernatural'
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Castiel era stato categorico: «È possibile che non ci sia più niente da fare per lui.»
Sam non riusciva a crederci! Doveva pur esserci qualcosa che avrebbero potuto fare per aiutare Gabriel.
L’arcangelo non era mai stato un loro alleato, anzi! Quando si erano conosciuti, Gabriel, sotto la finta identità di Trickster, uccideva le persone con le leggende metropolitane (coccodrilli nelle fogne, fantasmi di studentesse…) e loro avevano tentato di farlo fuori per fermarlo, lui aveva ricambiato ammazzando Dean più di un centinaio di volte e spiegando a Sam che l’aveva fatto per dimostrargli che suo fratello fosse il suo punto debole, davvero un bel modo per illustrarglielo! Quando poi avevano scoperto la sua vera natura di arcangelo, gli avevano chiesto aiuto per fermare l’Apocalisse ma Gabriel aveva replicato che non poteva essere fermata e che loro avrebbero dovuto interpretare i loro ruoli: Sam nei panni di Lucifer e Dean in quelli di Michael. Eppure quando lui e Dean erano stati fatti prigionieri dagli dei pagani per essere consegnati al Diavolo, era volato a salvarli, aveva tentato di uccidere Lucifer e, fallito quel tentativo, aveva lasciato loro un DVD in cui spiegava come rimetterlo in Gabbia.
Anche se non sapeva ancora come, Sam aveva intuito che si trovava in quelle condizioni proprio perché aveva tentato di aiutarli quando sentì Castiel chiamarlo dalla stanza di Gabriel. Accorse preoccupato e si guardò rapidamente in giro. «Che cos’è? È stato lui? È enochiano?» domandò vedendo le pareti ricoperte di simboli.
«È la sua storia» rispose Castiel. «Inizia con la sua morte o quella che sembrò la sua morte. “Avevo cercato di sorprendere mio fratello alle spalle ma lui se ne accorse e si girò ferendomi. Per fortuna si era voltato a osservare l’ologramma svanire e quella fu la mia salvezza. Da sempre mio fratello aveva il doppio della mia forza e metà del mio cervello e non si accorse che mi ero sfilato, lasciando lì un altro ologramma che poi “uccise” pensando di aver pugnalato quello reale. Tutti credevano che Gabriel fosse morto, così mi sentii libero. Nessun dovere nei confronti di Dio, del Paradiso o del genere umano. Inoltre non avendo più la Grazia al 100% feci quello che avrebbe fatto chiunque: mi trasferii a Montecarlo a spassarmela con le pornostar.”» S’interruppe. «Beh…» disse a disagio Castiel. «Prosegue per un bel po’ con la storia delle pornostar e…»
«Cas, risparmiacela» lo implorò Sam imbarazzato.
«Allora Gabriel viene catturato e consegnato ad Asmodeus» proseguì Castiel e riprese a leggere: «“Per anni non ho vissuto altro che torture senza fine. Asmodeus, che una volta era il principe più debole dell’Inferno, si rafforzava nutrendosi della mia Grazia”…»
Mentre Castiel leggeva la parte sulle torture, Sam provò un misto di pietà, senso di colpa e gratitudine per il povero arcangelo che, a modo suo, aveva provato ad aiutarli.
«A quanto pare la sua mente è rimasta intatta» concluse Castiel.
«Allora perché non parla?» domandò Sam guardando Gabriel seduto per terra appoggiato al cassettone, fissando il vuoto.
«Non lo so, forse non può» sospirò Castiel.
«O forse sceglie di non farlo, forse pensa che sia più sicuro così.»
Sam guardò di nuovo Gabriel che in quel momento aveva sollevato la testa e lo fissava intensamente, come se volesse dirgli qualcosa, un qualcosa che non poteva scrivere pur di non farlo leggere a Castiel.
Ma Sam stava pensando troppo ad altre cose così non afferrò tutto il dolore del suo amico.

Gabriel era seduto sul letto, con le gambe incrociate. Quanto gli era mancato! Avere qualcosa di morbido sul quale sdraiarsi anche se in quel momento non riusciva a farlo sentendosi in perenne tensione.
Sam entrò e si sedette sulla sedia di fronte a lui ed esitò un po’ pensando a che cosa avrebbe potuto dirgli, strizzandosi la radice del naso. Vedendo che Gabriel continuava a fissare il vuoto, si alzò e si avviò verso la porta ma poi decise di fare un ultimo tentativo. Si voltò e gli disse: «Gabriel, devi uscire da questa situazione, reagire. Senti, so che credi che, dentro di te, sei più al sicuro. Niente più torture. Niente più dolore. Basta pretese. Ci sono passato anch’io. Non sei affatto come la tua famiglia e di sicuro non assomigli a tuo Padre. Neanch’io somiglio al mio e, come te, me ne sono allontanato. O, almeno, credevo di averlo fatto ma poi la mia famiglia ha avuto bisogno di me e questa è la mia vita. Non importa quante volte cerco di combattere questa situazione, è questo che sono destinato a fare. È qui che rendo il mondo un posto migliore. Certo le prostitute a Montecarlo sembravano una gran cosa ma la tua famiglia ha bisogno di te. Il mondo ha bisogno di te… Gabriel! Io ho bisogno di te!» Lacrime di frustrazione cominciarono a spuntargli dagli occhi ma Sam se le asciugò rabbiosamente. «Perciò, per favore, aiutaci.» Nessuna reazione, rassegnato si girò per uscire.
Gabriel sollevò leggermente la testa per guardarlo di sottecchi. Era soltanto una propria impressione o aveva sentito dell’affetto nella sua voce come se davvero gli importasse qualcosa di lui? Forse non sarebbe più stato solo. «Pornostar» biascicò con voce rauca. Diamine da quanto tempo non parlava? 840 anni ricordò a se stesso con un brivido.
Sam si voltò a guardarlo sorpreso e Gabriel lo fissò, gli occhi che gli si erano illuminati di azzurro e un sorriso abbozzato sulle labbra martoriate. «Erano pornostar, Sam.»
Che bello risentire quella voce leggermente sarcastica! «Sono felice che tu sia tornato» disse Sam con un sorriso. «Che ne diresti di fare un bagno?»

Gabriel non avrebbe voluto fare il bagno. Doversi spogliare lo rendeva inquieto e nervoso, ma era sporco, coperto di sangue secco, sudore e sudiciume, perciò si fece forza, si tolse i vestiti ed entrò nella vasca. In quel momento sentì un ansito strozzato da parte di Sam. Sapeva che cosa aveva visto, chiuse gli occhi e s’immerse nell’acqua fino al collo come se così avesse potuto nascondere quello scempio che era diventato il proprio corpo, pieno di cicatrici, tagli freschi, bruciature e lividi.
Non era nelle intenzioni di Sam lavare Gabriel, credeva che ci avrebbe pensato da solo ma, vedendo che continuava a stare immobile a occhi chiusi, capì che non sapeva come procedere.
Una volta Dean aveva detto a Castiel che senza i suoi poteri non era altro che un moccioso col trench e Sam si rese conto che lo stesso discorso valeva anche per Gabriel: fino a quando non era stato imprigionato, era stata la sua Grazia a tenerlo pulito, uno schiocco di dita e tornava come nuovo, ma in quel momento era simile a un bambino di pochi anni.
Sam sentì che il cuore gli si riempiva di tenerezza per quell’essere, una volta tanto potente ma al momento così fragile e indifeso. «Oh Gabriel…» mormorò. Si versò un po’ di shampoo nell’incavo della mano per lavargli i capelli, districandogli delicatamente i nodi presenti fra le ciocche con le dita, tagliandogli quelli troppo intricati e facendo attenzione che la schiuma non gli finisse negli occhi, poi prese il doccino per sciacquarglieli, facendo diventare l’acqua rosata.
Finché l’umano si era concentrato sui suoi capelli, Gabriel era riuscito a rimanere calmo fu quando incominciò a lavargli le braccia e la schiena che iniziò ad allarmarsi. Quando la spugnetta scese sotto la sua vita, s’irrigidì e gli spinse via la mano, tirandosi indietro. «Non mi toccare!» urlò fuori di sé, gli occhi pieni di paura.
«Tranquillo, calmati, non voglio farti del male.» Sam abbassò la mano con la spugnetta e fece un passo indietro, aggrottando la fronte, perplesso. «Sei al sicuro adesso, nessuno ti torturerà più.»
Gabriel iniziò a singhiozzare a occhi chiusi. «Lo so che non lo faresti mai… Non sono state le torture a ridurmi così… tu non puoi venir coinvolto in tutto ciò… non posso permetterlo è una cosa che devo superare con le mie sole forze…»
«Ma non sei solo, ci sono io!» Pian piano si era avvicinato e con la sua mano gentile gli restituì la carezza sulla guancia. «Dimmi ciò che ti ha fatto, voglio aiutarti!»
Sospirò. «Ti prego di non dirlo a Castiel, prometti che non lo dirai mai a nessuno» lo supplicò fissandolo negli occhi.
«Va bene» promise Sam.
«Sono ridotto così perché ogni parte di me non vuole accettare ciò che mi è capitato…» Abbassò gli occhi. «È troppo dura questa cosa, io… io ho subito ogni tipo di violenza e non… non sono mai riuscito a ribellarmi. Capisci ciò che voglio dire, Sam?»
«Penso di sì… Oh!» Gli occhi di Sam si spalancarono per l’orrore. «Gabriel, mi dispiace così tanto, avrei dovuto capirlo fin da subito!»
«E come avresti potuto? Non fartene una colpa, di’ solo a Castiel che mi sono ripreso e non pensare mai a me come a una vittima, lasciami ancora un briciolo di dignità, va bene?»
«Sì va bene, allora vado.» Esitò un attimo. «Ce la fai ad asciugarti da solo?»
Gabriel sorrise mestamente. «Immagino che dovrò imparare. Se le circostanze fossero state differenti, sono sicuro che sarebbe stato piacevole farmi asciugare da te…» disse, cercando di ritrovare il suo tono malizioso. «Ma ora come ora non sopporto di essere toccato. Non te la prendere.»

   
 
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