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Autore: Le due zie    30/08/2018    11 recensioni
Il mondo intero in una scacchiera: bianco e nero, conquista e perdita, un alfiere ed una regina, mosse scontate o decisamente inaspettate, e un vincitore assoluto... perché cos'è la vita, se non una lunghissima partita a scacchi?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nero Ebano
 
Sono i frammenti aguzzi in cui il suo cuore si è frantumato a scricchiolare in modo sinistro sotto le suole dei suoi stivali mentre aggira il muretto di sassi per controllare quante bottiglie buone siano rimaste accatastate, pronte per il prossimo allenamento di tiro. Gli è sufficiente un’occhiata per scorgere l’esiguo numero di bersagli a disposizione, eppure scaccia con uno sbuffo l’idea di provvedere nell’immediato a ricostituire la scorta, certo di avere altro di cui occuparsi, qualcosa di ben più urgente di qualche bottiglia destinata ad andare in pezzi.
Solleva appena lo sguardo in direzione dell’olmo ai piedi del quale è solito assistere Oscar nei suoi esercizi di tiro e una stretta al petto gli mozza di nuovo il fiato nello scorgere le due figure che ora, ad un passo l’una dall’altra, sono così impegnate a discorrere tra loro, da essersi completamente estraniate dal mondo reale, relegandolo a fare da sfondo ad uno spettacolo al quale avrebbe fatto volentieri a meno di assistere.
Non riesce nemmeno a ricostruire esattamente la sequenza di ciò che è accaduto, ma una serie di immagini tagliano i suoi ricordi e scompongono quei pochi istanti in scene che per lo più gli risultano confuse, ma che a tratti diventano percezioni lucide e assolutamente definite.
Ricorda di aver sollevato il capo istintivamente dopo aver udito quella risata impossibile da non riconoscere e ha ancora chiara la sensazione di vuoto assoluto che ha provato nel percepire le dita di Oscar scivolare dalla presa delle proprie, solo un istante più tardi.
Quando aveva abbassato di nuovo il capo, sotto di sé aveva trovato solo la trama consumata della coperta e niente di più. Poi aveva scorto Oscar risalire di corsa l’erta erbosa fino al sentiero che ne percorre la sommità; l’aveva vista incespicare quasi tra i ciuffi d’erba che rendono irregolare la china, piegarsi rapida per trovare un appiglio saldo e proseguire la propria corsa con una fretta che l’aveva resa quasi irriconoscibile; aveva udito la sua voce chiamare con sorpresa, ed esagerato entusiasmo, il nuovo arrivato. Il sangue si era gelato nelle sue vene nel vederla così trasformata al solo udire la voce del conte e per un attimo il tempo non solo si era fermato, ma aveva riavvolto le sue spire maligne, scavando nel passato e riportando al presente quella Oscar che André credeva fosse ormai un lontano ricordo: quella che si era illusa per un legame impossibile, che aveva sofferto e pianto nella solitudine buia della delusione per un amore non corrisposto; quella stessa che lui aveva faticosamente raccolto dalle ceneri della tristezza e pazientemente ricostruito, pezzo su pezzo, fino a che lei non aveva recuperato il sorriso e la luce nel suo sguardo di zaffiro … scacciando il passato come uno spettro dimenticato, che ora tornava prepotente.
Non ricorda nemmeno come abbia superato quell’istante di stallo in cui il Conte, odiosamente solerte nelle buone maniere, gli si è rivolto, salutandolo dall’alto della china – Bentrovato anche a te, André! Ti trovo in ottima forma! –. Non sa con quali parole gli abbia risposto, mentre i suoi occhi erano incollati alle spalle di Oscar, completamente assorbita dal proprio ospite, e non sa come potrà rivolgersi di nuovo al Conte senza cedere alla tentazione di provocarlo, o di rinfacciargli quanto sia cieco, sordo e ottuso, o di sputargli addosso tutto il rancore che in tanto tempo aveva creduto di aver soffocato e che invece adesso si era risvegliato come un mostro dentro il suo petto.
Ora, al vederli là, insieme sotto il loro olmo, a violare quel luogo di pace, si sente ferito o peggio, tradito. La rabbia monta rapida come stretta che chiude le viscere e toglie il respiro, quando il conte si fa ancora più vicino a lei; troppo vicino, tanto da metterle una mano su una spalla e permettersi di tenere la presa come se lei fosse un amico qualunque, un compagno di battaglia o di bevute … La mano del Conte sembra essersi inchiodata lì, sulla spalla di Oscar … ma André, quella presa, la sente sua propria gola, sempre più stretta, quasi fosse un artiglio che lo soffoca senza pietà. Lo osserva e assottiglia lo sguardo, osservandolo trascurato e provato dal viaggio, dalla guerra e dalla malattia; si domanda come abbia potuto avere così poco riguardo da presentarsi al cospetto Oscar in quelle condizioni, ma poi sbuffa soffocando una risata amara, al pensiero che il Conte si ritenga in ogni caso un uomo a cui nessuno possa negare attenzione e riguardo, in nessun caso …
Non ha ancora nemmeno mosso un passo per tornare all’olmo, quando si accorge che Oscar e il Conte di Fersen si stanno ormai allontanando lungo il sentiero, passeggiando l’uno accanto all’altra, in direzione di Palazzo Jarjayes. Allora stringe le dita sui palmi, chiudendo i pugni fino a far tremare le braccia, e poi ingoia rabbia e delusione, serrando i denti fino a soffocare una sorta di ringhio.
Quando le due figure sono ormai lontane, recupera rapido le spade, il cofanetto con la pistola e il necessario per fare esercizio di tiro; il cavallo del Conte, rimasto sul sentiero, sembra osservarlo con sguardo mite, in attesa di essere condotto al proprio meritato riposo.
 
I suoi passi pesanti percorrono il corridoio del primo piano per l’ennesima volta, lo sguardo basso scorre sul parquet mentre le porte delle diverse stanze sfilano rapide; quando giunge davanti alla più elegante delle stanze degli ospiti, si ferma e, con un movimento agile delle spalle, si infila tra i battenti socchiusi. Raggiunge la grande vasca sistemata al camino e, con un gesto secco, posa i secchi a terra restando poi a fissare la propria immagine riflessa dalla superficie dell’acqua.
E’ stanco e accaldato; con i capelli legati malamente sulla nuca, le ciocche sfuggite al nastro ormai incollate sulla fronte e la camicia sgualcita dalla giornata di allenamenti, si immergerebbe volentieri in quella vasca invitante e invece da un quarto d’ora fa la spola per preparare il bagno profumato per l’illustre ospite di Palazzo.
- Ancora un secchio e si finirà per allagare la stanza prima ancora che ci entri … - osserva a mezza voce, finendo per mordersi il labbro, mentre svuota nella vasca il contenuto dei secchi e una nuvola di vapore si leva investendolo in volto. Pensa che la nonna esageri sempre, quando si tratta di ospiti di un certo livello, e lo sguardo corre dall’acqua alla fila di flaconi di essenze profumate che fanno bella mostra di sé sul tavolino poco discosto dalla vasca. Così, sospeso sull’acqua fumante, il viso si fa umido, gli occhi si chiudono in due fessure e iniziano a bruciare, mentre il respiro diventa sempre più pesante e spezzato … finché André, di colpo, non prende ad arretrare, scuotendo il capo. Raccoglie i secchi e, svelto, si allontana dalla vasca, risoluto; attraversa rapido la stanza e infila la porta …
D’improvviso, urta contro qualcosa che gli arriva a mala pena al petto, che urla e poi prende a lamentarsi.
– Santo cielo, André! E’ questo il modo di uscire dalla stanza? – lo redarguisce, pronta, la nonna – Sai che non tollero questi modi e che … -
Ma lui non la ascolta nemmeno e già si sta allontanando lungo il corridoio; non ha nessuna intenzione di mettersi a discutere con lei e sente solo il bisogno di allontanarsi da lì, da quella stanza, da Palazzo e dal mondo intero ...
Alle sue spalle, la nonna non demorde – Se hai finito con l’acqua calda, puoi avvisare il nostro ospite che il bagno è pronto. Il Conte è ancora in biblioteca, insieme a Madamigella Oscar. –
André arresta i suoi passi solo un istante, senza nemmeno voltarsi – E’ meglio che ti occupi tu del nostro ospite, nonna: con tutta l’acqua che è stata riscaldata, è bene che io vada alla legnaia a spaccare dei ciocchi per ripristinare la scorta. -
- André! Ma che modi …? – sente borbottare la nonna, ma non le dà tempo nemmeno per proseguire.
- Tranquilla nonna: mi farà bene un po’ di duro lavoro … e sarò a tua disposizione per il servizio della cena. – chiude infine, allungando il passo definitivamente.
 
Rientra in camera e chiude la porta restando per alcuni istanti immobile, con la mano stretta alla maniglia, quasi volesse assicurarsi che tutto il mondo fosse veramente rimasto chiuso fuori. Intanto, cerca di governare il respiro, di riacquistare un poco di calma, mentre le immagini di quanto appena vissuto tornano prepotenti.
E’ rientrato dalla legnaia di malavoglia, dopo aver riversato tutta la sua energia su qualche malcapitato ciocco di legno; ha colpito più e più volte quei tronchi senza colpa … riducendone alcuni ad un mucchio di trucioli senza valore, fino quasi ad accanirsi su di essi, pur di rimandare il momento del rientro, pur di sfuggire alla tortura del servizio a tavola. Ma poi ha dovuto cedere al dovere e al rientro ha dovuto subire pure le invettive della nonna, perché era in ritardo, perché la cena di Madamigella e del suo ospite era già in corso e perché lui non era nemmeno presentabile! Così è stato spedito in camera a rinfrescarsi, in modo da poter prendere servizio come si conviene, perché già il necessario per la sua toeletta era stato predisposto in camera sua.
Lascia la presa sulla maniglia e si volta, scorgendo a terra, accanto al catino, un unico secchio di acqua che al tatto si rivela fredda come se nemmeno fosse stata mai sopra al fuoco. Allora solleva un braccio e afferra giusto dietro al proprio collo la camicia, in modo da levarla in un unico, rapido gesto, finendo per gettarla all’aria, da qualche parte nella stanza. Strappa dal sostegno la pezzuola e la affonda nel catino, per poi strizzarla e torcerla con veemenza, fino a far tremare le proprie braccia … fino a sentir scricchiolare la stoffa tra le dita.
Deve rendersi presentabile … ma per quale ragione? Per chi, poi?
 
Quando giunge in cucina, la nonna lo fulmina con lo sguardo e lui non fatica a comprenderne il motivo; senza una parola, si dispone in attesa di ordini, consapevole che già le giovani cameriere si stiano occupando del servizio delle portate e del ritiro dalla tavola.
- Tu occupati del vino, André. – gli ordina subito la nonna e lui, senza fiatare, si solleva dalla credenza alla quale si era appoggiato, per prendere a preparare una brocca da portare in sala. Non alza nemmeno lo sguardo, quando lascia la cucina e attraversa l’atrio, percorrendo il passaggio di servizio fino a raggiungere la sala da pranzo: sa già cosa spettarsi di trovare, perché nel corso del pomeriggio, trasportando secchi e sfilando invisibile nei passaggi di servizio, ha potuto vederli in più occasioni, attraverso le fessure tra i battenti lasciati socchiusi … Sa bene che il Conte è un uomo di mondo, che sa perfettamente come incantare una donna e come intrattenerla, così come ha potuto constatare con i propri occhi che Oscar non attendeva altro che il suo ritorno. Ha compreso di essersi ingannato … di aver lasciato che la propria immaginazione, il proprio cuore, finisse per travisare il comportamento di Oscar e la sua apparente serenità, nonostante la lontananza del Conte. Li ha scorti, vicini, vicinissimi, con il Conte preso dai suoi racconti e Oscar assorta, quasi concentrata nel suo ascolto …
Giunto alla sala da pranzo, tuttavia, quasi fatica a credere a ciò che vede non appena discosta il pannello della porta: li vede entrambi in volto, Oscar sul lato corto del tavolo e il Conte poco discosto da lei; pranzano uno accanto all’altra … come Oscar non aveva mai acconsentito di fare con nessun ospite accolto a Palazzo. Istintivamente, si morde il labbro, soffocando la propria furia; si sente defraudato … perché quello al fianco di Oscar era il suo, e solo il suo, posto a tavola, durante i pasti informali che consumano da qualche tempo in cucina, senza troppo riguardo all’etichetta … in un passato prossimo, che ormai pare lontanissimo.
Governa il respiro e resta immobile sulla soglia; sopprime un sussulto quando il suo sguardo si fissa sulle loro mani unite … Per un attimo crede di morire, lì in quello stesso istante, ma poi un fuoco pare accendersi dentro al petto, dandogli forza per resistere anche di fronte a quella assurda scenetta romantica. Oscar, inaspettatamente solleva lo sguardo, proprio mentre lui già si accinge a interromperli.
 - Oscar, Conte di Fersen ... gradite altro vino? –
Li serve, uno dopo l’altro, cercando di dare ascolto alle parole che il Conte, con il suo solito tono di porcellana, gli rivolge e di rispondergli con tutto il garbo possibile; cerca di mantenere la calma, pur sapendo che non potrà resistere a lungo dentro quella sala … e poi, certo di aver già raggiunto il suo stesso limite di sopportazione, decide che non sia il caso di intrattenersi oltre. Riesce persino ad augurare loro un buon proseguimento di serata, ma poi china lo sguardo e si allontana, cercando rifugio oltre il varco nascosto da cui è giunto.
- Vi prego di scusarmi se vi abbandono così presto ma sono un po' stanco. Vi auguro di trascorrere una buona serata. –
Muove qualche passo nel corridoio appena illuminato e poi si ferma, quasi tremante. Si guarda alle spalle, nel buio del passaggio e poi scuote il capo, soffiando in un unico sbuffo tutta la tensione accumulata e sente dalle viscere risalire una schiuma rabbiosa che gli serra la gola.
Desidera solo scomparire … allontanarsi da quella sala e da quella giornata terribile; vorrebbe affogare nel suo stesso dolore e nella rabbia, o forse cercare nel sonno, o nel vino, una via di fuga, auspicando che l’indomani, al risveglio, questo incubo sia completamente dissolto.
Tuttavia, prima di nascondersi o sotterrarsi, ubriacarsi o gettarsi nel vuoto, ha ancora una cosa da fare …


Grazie di cuore a chi ci legge... a chi ci apprezza e ha deciso di lasciarci il suo pensiero; è un  piacere avervi con noi!
A presto
Le due zie
   
 
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