Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |       
Autore: ___Page    02/09/2018    2 recensioni
«Sarai emozionata per il tuo primo Cahya Mera»
«Suppongo di... sì?» ribatté incerta Perona, voltandosi verso Ace in cerca di aiuto, ma il moro non sembrava saperne più di lei.
«È una nuova ricorrenza locale?»
«Nuova?» chiese conferma Yamato con una smorfia tra l'incerto e il divertito prima di venire colpita da un dubbio. «Aspetta, sei serio? Non sai cos'è il Cahya Mera?»
«È il festival di stasera Ace» venne in suo aiuto Izou ma con scarso successo.
«Festival...»
«Con la musica in piazza e le lanterne di carta»
«Okay mi dice qualcosa»
«Che c'è la luna rosa» intervenne Koala.
_______________________________________________________
«Mh» mugugnò Nojiko, finendo di asciugarsi le mani, prima di posarle sui fianchi con fare riflessivo. «Potresti provare»
«Che cosa?»
«A dimenticare» fece spallucce la barista. «Stasera è il Cahya Mera»
Ishley la fissò qualche istante prima di parlare. «Non sei seria»
«Perchè no? La Luna esaudisce i desideri stanotte, e il tuo è così sincero»
___________________________________________________
Importante: trama del primo capitolo editata!
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Jewelry Bonney, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Spiaggia, mare, chiringuito, ragazze in bikini… Ahhh fratelli! Io amo l’estate!»
«Ma l’estate non ama te» gli fece presente Bonney, dandogli una sonora manata sulla schiena già rossa. «Santo Roger, Melville! Sei in spiaggia da quanto? Venti minuti? E ti stai già gremando! Ma come fai?» domandò la rosa mentre lanciava la porzione ancora fumante di patatine fritte sul proprio telo, nei pressi dell’ombrellone, agitando Izou che se ne stava accoccolato all’ombra per non rischiare di rovinare il suo prezioso incarnato pallido.
«Bonney non avvicinarmele nemmeno! Non lo sai che fanno ingrassare solo a respirarle?»
«Seh, seh, come vuoi» si grattò una chiappa Bonney prima di lasciarsi cadere a gambe divaricate e prendere a mangiare le patatine a manciate abbondanti.
«Ti sei depilata male l’inguine» le fece presente il moro dopo alcuni secondi, con voce piatta e nasale.
Sabo sollevò appena il capo dalla propria spugna per lanciare un’occhiata in direzione dei propri amici. Rilassarsi con loro nei paraggi non era contemplabile ma, tanto, Sabo non sarebbe riuscito a rilassarsi comunque in quel momento.
«Dunque Marco, otto orizzontale: “La ville lumiere”»
«Parigi»
«Perfetto. dodici verticale: “Può esserlo una nave”. Inizia con la P»
«Pirata»
«Pi-ra-ta. Okay! Nove orizzont…»
«Ma chi lo sta facendo sto cruciverba?! Ace o Marco?»
«Marco. Ace lo compila» rispose prontamente Sabo, mentre Satch, il segno della manata ancora evidente sulla schiena, si allungava verso l’ombrellone sotto cui Koala condivideva l’ombra con Izou, stesa a pancia in giù, un libro tra le mani.
«Ehi meraviglia della natura, mi passi la protezione che me ne metto un po’?» ammiccò il ragazzo, facendo ondeggiare il ciuffo a banana. «O magari preferisci mettermela t… Ouch!»
«Oh Satch scusa!» esclamò senza la minima punta di dispiacere Koala quandò la bottiglietta di plastica si schiantò sui connotati dell’amico. «Non volevo prenderti il naso, miravo ad altro. Colpa del sole, che ci vuoi fare» si strinse nelle spalle tornando a leggere.
Bonney si mise in bocca un’altra manciata di patatine. «Ti prego, Kay-Kay, ripensaci.  Non puoi davvero essere etero. Sei troppo intelligente per sprecare la tua vita con un uomo!»
Koala scosse il capo, ridacchiando. «Anche Ishley lo è»
«E infatti non mi sono ancora arresa nemmeno con lei»
«Ehi piano, piano. Bonney BonBon stai cercando di convertire Kay-chan all’omosessualità? Perché potrebbe essere la volta buona che troviamo un punto d’inc…»
Con un sospiro rilassato, Sabo tornò a girare la testa verso il mare. Era una giornata da dipinto, il cielo terso, il sole che rifletteva sulla superficie del mare, l’acqua così invitante, le onde alte il giusto. Era, insomma, una giornata quasi perfetta, la decima dei loro due lunghi mesi di vacanza, la prima per Satch e non solo.
Era lì con gli amici di una vita, l’ultimo esame della sessione estiva già un lontano ricordo ed entro il primo pomeriggio sarebbe arrivato anche quel gran bastardo del suo migliore amico, nonché amore della sua vita nell’universo parallelo inventato da Izou in cui tutti loro avevano gli orientamenti sessuali invertiti – e in cui Izou aveva anche il genere invertito, perché tra essere etero e avere le tette era decisamente meglio avere le tette –.
Quindi sì, era una giornata quasi perfetta e lo sarebbe stata senza il quasi se non per quel piccolissimo minuscolo problema che tanto lo impensieriva.
Si tirò un po’ più su quando la intravide in lontananza, tornare finalmente dal suo giro che, quella mattina, era durato un po’ più del solito.
Un chilometro di capelli corvini, lentiggini e occhi blu e profondi come il mare al largo.
Eccolo, il suo problema.
Monkey D. Ishley.
In due parole, sua sorella. A voler scendere più nel dettaglio del loro effettivo legame di parentela, la figlia del secondo marito di sua madre con cui si era ritrovato a vivere sotto lo stesso tetto cinque anni prima. Appena due anni di differenza, un caratterino a cui nemmeno l’allora quindicinale amicizia con Koala lo aveva preparato e una nuova responsabilità, che non aveva mai avuto e a cui si era abituato più in fretta di quanto avrebbe mai osato sperare.
Lei era l’unico problema di quell’altrimenti perfetto quadro.
A onor del vero, Sabo doveva ammettere che era improprio additare Ishley come problema. Non faceva niente di male, non lo stava facendo nemmeno in quel momento, mentre si avvicinava pagayando, in piedi sulla tavola galleggiante, come una moderna Pochaontas.
«Oh Ish! Oh che visione!» Satch si mise in ginocchio, le mani al petto all’altezza del cuore mentre Ishley si faceva portare a riva dalla corrente, senza perdere l’equilibrio nemmeno mentre cavalcava un cavallone. «Sembri una dea uscita dalle onde!»
No, il problema non era decisamente lei.
«Ma tu pensa» commentò, piegandosi per afferrare la tavola prima che la risacca la portasse via. «Te sembri un deficiente uscito dalla sabbia, invece»
Sabo sorrise, soddisfatto. La sua lingua e la risposta pronta erano due degli aspetti che più gli piacevano di lei.
«Kay che fai?» si accigliò Ace quando Koala lasciò perdere il libro e prese a spostare manciate di sabbia a due mani, come per scavare una buca.
«Preparo la fossa per l’ego di Satch. Finalmente ora ci staremo comodi in macchina» spiegò con gli occhi che brillavano di bastardaggine, spingendo Ace a mollare le parole crociate per andare ad aiutarla.
«Non affannatevi troppo ragazzi. L’ego di Satch non si uccide così facilmente, temo» li avvisò Izou, facendo ciondolare un piede nell’aria con il suo sorrido sardonico e felino, per poi vedere immediatamente confermata la propria considerazione.
«Non c’è bisogno che nascondi quanto sei felice di rivedere il tuo paparino, Ish» ribatté infatti Satch, mani sui fianchi, mentre seguiva con gli occhi ogni movimento di Ishley. «Non mi dai nemmeno un bacio?»
«Satch!» lo ammonì Sabo.
Il problema erano i suoi amici e il loro modo di fare da marpioni incalliti. E se tenere a bada Ace era semplice, essendo che con Ishley non lo faceva, Satch era tutt’altra storia.
«Oh dai Sabo, non fare il fratello geloso. Non pretenderai che finga di non notare tutto quel ben di dio in nome di una ventennale amicizia»
Ishley sospirò rassegnata, strizzandosi i capelli e rubando sorrisi comprensivi alle sue due amiche e a Izou.
«…’ziato l’università anche lei ed è maggiorenne, non ha più bisogno che le fai da guardia del corpo»
«Io faccio quello che mi pare se si tratta di lei, chiaro? È mia sorella» vibrò a denti stretti il biondo, mentre piccole gocce d’acqua atterravano sulla sua schiena e un paio di gambe snelle entravano nel suo campo visivo.
«Se ti do un bacio la pianti e ti calmi prima di portargli il cervello all’ebollizione?» Ishley si avvicinò a Satch, raccogliendo rapida i capelli umidi in una treccia e indicando Sabo con un cenno del capo.
«Se me lo chiedi così, come posso dirti di no?» ammiccò Satch, strappandole infine una risata, mentre si tirava sulle punte per raggiungere la sua guancia.
«È andato bene il viaggio?»
«Oh sai com’è? A viaggiare in compagnia si va sempre in giro volentieri»
«In compagnia?» si accigliò Ishley.
«Il mio Ego è venuto con me»
«Oh giusto, come ho fatto a non accorgermene» si picchio un palmo in fronte. «Scusa Ego di Satch, tu come stai?»
«Un po’ massacrato da te ma ancora in forma smagliante» rispose Izou da sotto l’ombrellone.
«E parlando di grandi ego, a quanto pare ne è arrivato un altro in anticipo» fece presente Bonney, attirando l’attenzione di tutti verso il fondo della spiaggia pubblica.
Un ragazzo alto, più alto di tutti loro, zazzera mora spettinata e ghigno strafottente si stava avvicinando, già in costume e con la t-shirt con cui aveva viaggiato buttata sulla spalla insieme al proprio telo da mare. Loro da lì non lo potevano vedere ma sapevano che da dietro l’effetto era potenziato dal tatuaggio che gli prendeva tutta la schiena, mettendo in risalto i muscoli e il divario tra spalle larghe e bacino asciutto.
«Che gran bastardo» scosse il capo Satch. «Lui sì che sa come fare un’entrata di stile» commentò nel notare le molte paia di occhi femminili che si giravano a seguirlo, libri e riviste che venivano abbandonati, palline che cadevano dimenticate dai racchettoni, creme solari che scivolavano via da mani unte.
La verità era che Law non faceva assolutamente niente perché la sua entrata fosse “di stile”. Era arrivato prima del previsto e non aveva avvisato per fare una sorpresa, certo, si era tolto subito la maglietta per meglio affrontare il caldo cocente, era vero, e aveva un bel sorriso felice sul volto, innegabile.
Ma non c’era nulla di artefatto, lui stava camminando e basta, solo che Satch era troppo orgoglioso per accettare che Trafalgar Law, camminando, rimorchiasse.
Bonney e Izou si scambiarono un’occhiata d’intesa, consci che stava per arrivare la parte che preferivano.
Quel momento in cui la decina di ragazze che sperava di strappargli almeno uno sguardo, o che calcolava rapidamente quante sere a disposizione aveva ancora per lasciarsi rimorchiare da uno che sicuramente la cambiava ogni sera, veniva investita dalla dura realtà come fosse stata un’onda decisamente troppo alta e violenta.
«Fate largo, fate largo!» urlò Ace mentre granelli di sabbia schizzavano da tutte le parti per lo scatto di Koala, lanciata ora sulla spiaggia a tutta velocità.
Sì per Bonney e Izou era impagabile l’espressione di tutte quelle ragazze, di cui ormai godevano da due estati a quella parte, quando Koala gli saltava al collo e tutte loro dovevano per forza rendersi conto che sì, sì il loro seduttore seriale era in realtà un bravo ragazzo con la testa sulle spalle e una devozione per la ragazzina di un metro e sessanta che stringeva tra le braccia come se fosse stata questione di vita o di morte.
«Sei arrivato prima» soffiò Koala al suo orecchio, inspirando a pieni polmoni il suo odore, gli occhi chiusi.
«Volevo farti una sorpresa» rispose Law, aggiustando la posizione per raggiungere l’ombrellone senza rimetterla a terra.
«Credo mi si sia appena cariato un dente»
«Ace dai, lasciali stare» lo ammonì Marco. «Non si vedono da quindici giorni»
«”Si vedono” è da leggere come “scopano”» precisò Bonney.
Ishley scoppiò a ridere mentre si accomodava di fianco all’amica, gambe al sole e testa all’ombra.
«Questo ombrellone sta diventando troppo affollato» si lamentò Izou mentre Law rimetteva Koala a terra per essere libero di salutare tutti e Sabo si alzava per andargli incontro e stringerlo in un goliardico abbraccio.
«Tutto bene?»
«Un po’ accaldato ma bene»
«Che ne dici di un bel bagno?» propose subito Sabo, seguito a ruota da Ace. «L’acqua è uno spettacolo oggi, fratello»
Law esitò un momento, lanciando un’occhiata a Koala che stava scrutando Ishley da molto vicino, una mano a lato del suo volto.
«Può venire anche lei tranquillo» lo avvisò Ace, con fare magnanimo, e un lampo attraversò gli occhi della ragazza.
«Venivo anche se tu non eri d’accordo sai?» lo freddò con un sorriso psicotico e gli occhi vitrei, prima di addolcire lo sguardo nel riportarlo su Ishley. «Ti dispiace?» le chiese, materna, e Ishley corrugò le sopracciglia.
«Che?! Ma figurati, no! Vai!» la incitò con un sorriso teso la cui origine non dipendeva certamente dall’imminente allontanamento di Koala e di cui solo gli occupanti dell’ombrellone sembravano a conoscenza a giudicare dalle occhiate che si scambiarono mentre Ishley cercava di concentrarsi sulle parole crociate abbandonate da Ace, inutilmente per altro.
«Vai Kay-Kay» la rassicurò Bonney mentre si girava a pancia sotto e si slacciava il bikini. «Ci siamo qui noi»
Con un’ultima occhiata non troppo convinta a Ishley, Koala si alzò in piedi e si affrettò a recuperare gli amici che si dirigevano verso il mare ridendo e scherzando ad alta voce, mentre all’ombrellone Izou e Bonney si scambiavano un’altra occhiata d’intesa, contando mentalmente in perfetta sincronia.
Uno, due, tre.
Ishley crollò il capo soffiando dal naso, nascose il viso tra le braccia incrociate e prese a mugugnare di fastidio, sbattendo le gambe nella sabbia in un gesto di sfogo. Andò avanti per dieci secondi buoni prima di risollevare la testa, inspirare a pieni polmoni e scuotere appena il capo.
«Okay» dichiarò, riaprendo le parole crociate. «Ora va meglio»
«Certo, come no» commentò Izou a sopracciglio alzato.
Bonney si tirò su, senza preoccuparsi di coprirsi il seno e subito un fischio risuonò attraverso la spiaggia.
«Ehi bambola che schianto!»
«Vai a ingoiarti lo scroto!» ribatté Bonney prima di concentrarsi su Ishley. «Bimba, non puoi continuare così» le disse, accarezzandola con gli occhi.
«Bon potresti rimetterti il costume?» le domandò Ishley, guardandola di striscio, più per ignorare le sue parole che perché le creasse un qualche problema avere di fianco l’amica in topless.
Bonney si illuminò e le lanciò uno sguardo carico di malizia. «Perché? Le trovi interessanti? Ti fanno sentire confusa? Non ti devi preoccupare, è normale all’inizio, basta che segui il flusso e…»
«Bon è etero!» esclamò Izou, guardandola da sotto in su, le dita intrecciate sulla nuca e una gamba accavallata all’altra.
La rosa lo fulminò furente. «Devi sempre rompermi le uova nel paniere? E poi che ne sai? Magari è pansessuale o… o pluriorientata o…»
«Anche se lo fosse, comunque andrebbe a parare sempre nell’eterosessualità, fattene una ragione» la ammonì acidamente il moro. «No dico, ma la vedi?» indicò poi a braccio teso l’amica che ora si era completamente sdraiata sul telo, pancia in sotto, il viso appoggiato sulle braccia, una guancia lentigginosa deformata e l’espressione depressa. «Non dovevamo fare le parole crociate?» le chiese Izou, senza ottenere reazione.
«Santo cielo! Ma tu pensi di vivere così per i prossimi due mesi?!» esplose Bonney, riuscendo quanto meno a strapparle un sospiro.
«Hai qualche suggerimento su cosa dovrei fare?» domandò piatta Ishley, senza alcun vero interesse nei confronti della risposta.
Tanto sapeva già cosa Bonney stava per suggerirle e, purtroppo, non era un consiglio praticabile per lei. Anche se avrebbe potuto esserlo e lei voleva tanto che lo diventasse. Dopotutto, per essere praticabile sarebbe bastato levarselo dalla testa.
«Vai e rimorchia!» allargò le braccia Bonney che, così in ginocchio com’era, in quella posa pareva quasi stesse pregando una qualche divinità. Difficile dire quale. Del cibo, forse, o del sesso.
Sì, Ishley avrebbe dato non sapeva cosa per riuscire a levarselo dalla testa, e non tanto perché ci tenesse a seguire il consiglio di Bonney ma perché la sua vita da praticamente un anno a quella parte stava diventando invivibile e quella sarebbe stata l’estate peggiore di tutte.
Avrebbe dato non sapeva cosa per tornare indietro e non rendersi conto, continuare a vivere nell’ignoranza e nella convinzione che vederlo flirtare con qualunque forma di vita femminile entrasse in contatto le desse fastidio perché quando faceva il coglione era insopportabile, e non perché avrebbe voluto che facesse il coglione proprio con lei.
Santo Roger, quanto.era.patetica!
«Ish dico sul serio! Dio, ti basterebbe incrociare per mezzo secondo lo sguardo di uno qualsiasi dei tizi che ti guardano quando vai in mare con la pagaya in mano per avercelo ai tuoi piedi! Sai che darei io per riuscire a rimorchiare così?»
«Oh ma tu riesci Bonney BonBon, solo che non ti piacciono gli uomini» canticchiò Izou, senza pietà.
«Stai zitto, nessuno te l’ha chiesto! Ish, senti…»
«Non sono interessata» la freddò Ishley, girando il viso dall’altra parte. Bonney si immobilizzò, lo sguardo vitreo e incredulo.
Non era interessata?  Non era interessata?!
E come pensava di superare la cosa allora?
«E se provassi a parlarci, invece?» propose Izou, in un raro slancio di diplomazia, rotolando sul fianco e puntellando il capo contro la mano. «Avevi detto che una volta uscita di casa lo avresti fatto ed è un anno ormai che non stai più dai tuoi»
«Parlarci?» domandò Ishley, sollevando il capo dalle braccia. «Parlarci?! E per dirgli che?! Non hai sentito cos’ha detto prima?! Lui può fare quello che gli pare se si tratta di me perché sono sua sorella» marcò duramente l’ultima parola, girandosi poi verso Bonney, prima di ripetere: «Sorella!»
Bonney la fissò atona alcuni secondi, le braccia incrociate sotto al seno scoperto. «Sorella, non guardare me. Io te l’ho detto cosa fare»
Ishley liberò un altro sospiro. Era un casino. Era un autentico casino.
Si era messa in…
«Un autentico casino» cantilenarono all’unisono Bonney e Izou e Ishley riaprì gli occhi stranita.
«Ho pensato di nuovo ad alta voce?»
«M-mh» mugugnò Izou, annuendo a ritmo con Bonney.
«Ecco visto?! Mi sta flippando il cervello!» si lamentò Ishley, rotolando a pancia sopra solo per avere le mani libere da ficcarsi tra i capelli.
Con gli occhi puntati al cielo cercò di fare un po’ di ordine nei suoi pensieri confusi. Non sarebbe dovuto essere così. Era la prima volta che si innamorava, non sarebbe dovuto essere un simile incubo.
Certo non sarebbe stata la prima né l’ultima a sperimentare un primo amore non ricambiato ma tutte le amiche che lo avevano affrontato prima di lei le avevano giurato e spergiurato che, nel mezzo della sofferenza e della rassegnazione, quel tripudio di nuove sensazioni come battito accelerato, farfalle nello stomaco e brividi a fior di pelle valevano assolutamente la pena di essere provate.
Il primo amore era bello, che fosse ricambiato o meno, che fosse destinato a durare o no.
Il primo amore era sempre bello per tutti.
Ma non per lei. Lei era Monkey D. Ishley e, oltre ad avere un gigantesco problema di totale mancanza di filtri e una capacità di oscillazione emotiva che avrebbe fatto un baffo a uno schizofrenico, tendeva nella vita a fare sempre tutto in maniera molto alternativa, persino quando non lo faceva di proposito.
E non era certamente per scelta ponderata e volontaria che aveva perso la testa per lui, proprio per lui, suo fratello, Monkey D. Sabo.
Che poi non fossero davvero fratelli era il fulcro di tutta la faccenda. Ritrovarsi sotto lo stesso tetto con lui alla soglia dell’adolescenza e delle tempeste ormonali era stato gestibile proprio grazie a quella vocina nella testa che, per tutto il liceo, le aveva ripetuto che avrebbe dovuto disgustarla anche il solo pensiero di approcciarlo con intenzioni meno che caste. Le aveva dato retta, ci aveva creduto, ci aveva voluto credere, strenuamente, con fiducia, per tre anni.
Poi Sabo aveva iniziato l’università, era andato via di casa e tornava solo nei fine settimana e Ishley aveva abbassato la guardia. Ma c’erano sempre gli occhi attenti di Dragon e Betty a ogni suo rientro a casa, e quand’anche non ci fossero stati, avevano ancora compagnie diverse all’epoca ed era stato solo l’ultimo anno di liceo che Ishley avevano iniziato a uscire con il suo gruppo, scoprendo che proprio coloro che per anni aveva creduto la vedessero solo come la sorellina minore di Sabo erano in realtà amici più fidati e leali di quelli che aveva creduto di avere fino a quel momento.
Era stato subito dopo l’ultimo anno di liceo. L’anno in cui aveva deciso che voleva capire cos’avesse di così incredibile questo “sesso” al punto di perdere la verginità con Drake, l’ultimo anno a casa con i suoi, l’ultimo anno lontana da Sabo prima di ricominciare a vederlo quasi con la stessa frequenza di prima, incrociandolo in giro per l’università o accettando e proponendo un caffè insieme a cadenza settimanale, per non parlare dei viaggi in macchina da e verso casa, i weekend che tornavano a Raftel da Marijoa per salutare.
Era stato subito dopo la maturità, proprio lì a Waterwheel, alla casa al mare che Dragon e Betty non usavano più da anni.
Era stato allora che la voce nella sua testa si era fatta sempre più fievole fino a sparire. Non c’erano più occhi attenti a tenerla d’occhio, regole da rispettare sotto un tetto che non le aveva mai fatto mancare niente, sguardi severi a cui doversi giustificare.
Era stata libera, libera di pensare e ammettere almeno con se stessa quello che in realtà pensava da anni, che aveva sempre pensato.
Sabo non era suo fratello. Sabo era il sedicenne bello e dal sorriso smagliante con cui, dalla sera alla mattina, si era ritrovata a dividere la casa, la televisione, i cereali della colazione. Sabo era il ragazzo che aveva forse un po’ odiato all’inizio ma che subito, sin dal primissimo giorno, era stato capace di farla ridere, che con il tempo si era fatto apprezzare, a cui aveva imparato a volere un bene che sapeva essere reciproco e di cui, alla fine, contro ogni buon senso e migliore intenzione, si era perdutamente innamorata.
E ora Sabo era il ventunenne che faceva strage di cuori tra le sue compagne di giurisprudenza e non solo, in università e non solo, che la conosceva meglio di chiunque altro sulla faccia del pianeta, che sapeva meglio di chiunque altro come consolarla e tirarla su, e che dichiarava a spron battuto e ad ogni occasione che lei era sua sorella. Se il cuore di Ishley fosse morto un decimillimetro cubico per volta in ogni occasione in cui Sabo aveva pronunciato quella parola rivolta a lei, Ishley sarebbe già dovuta essere defunta e sepolta.
«Okay» batté le mani la ragazza, improvvisamente ringalluzzita, rotolando di nuovo pancia sotto. «Elenchiamo tutti i suoi difetti. Vizi, brutte abitudini, tutte le cose negative che ci vengono in mente di lui»
Sì, quello decisamente poteva funzionare, aprirle gli occhi e farle superare la barriera che le impediva di giudicare lucidamente Sabo.
«Comincio io» azzardò, pur sapendo quanto fosse difficile ma era necessario per andare oltre. Doveva davvero sforzarsi se voleva disinnamorarsi una volta per tutte. «È un coglione» annunciò, conscia che nessuno avrebbe potuto contraddirla su quel punto.
Anche se certo…
«Questo poco ma sicuro» commentò subito Bonney.
«Sì, però è quel coglione piacevole» ribatté Izou. «Insomma è quel coglione che sa essere serio quando serve, però ti fa ridere e si sa, alle ragazze piace un uomo che le faccia ridere»
Ecco appunto.
Ishley fissò l’amico a occhi sgranati, incredula per alcuni secondi, poi scosse il capo decisa a continuare con la propria strategia. «E poi russa» tentò, già a corto di idee.
«Russa come un bisonte» precisò Izou, agitando un dito nell’aria.
«Certo è incredibile come nonostante questo, quando dorme sia assolutamente adorabile. Viene voglia di coccolarlo persino a me» asserì Bonney, mentre si sistemava meglio sul suo telo, tornando a coprire le tette, per il bene della pressione sanguigna di molti degli uomini presenti in spiaggia.
«Sì ma non ti permette comunque di dormire. Anche se poi è il tipo che ti porta la colazione a letto, eh»
«Che scocciatura la colazione a letto» grugnì Bonney. «Magari pure cucinata da lui»
«Che poi Ish, c’è un lato negativo che li batte tutti» argomentò Izou, dandole una flebile speranza. «Ti conosce meglio di chiunque altro» proseguì il moro, quasi che stesse rivelando un segreto di stato. «Sa esattamente cosa ti piace e cosa non ti piace, come tirarti su il morale…» prese a elencare Izou
«Izou ha centrato un gran punto sai? Questo toglie tutto il piacere della scoperta»
«Il tuo colore preferito, il tuo gusto di gelato preferito…»
«Le tue allergie» sentì il bisogno di dare un contributo Bonney.
«Eccerto. Vuoi mettere l’ebbrezza di un bello shock anafilattico al primo appuntamento perché ti ha fatto assaggiare il suo dolce a base di arachidi?» la freddò Izou con un’occhiata atona.
«Era un esempio come un altro, Madama Sbutterfly! Oh e sai anche cosa?!  Ci sono ottime probabilità che sia in grado di capire in tempo reattivi molto più brevi del maschio medio dove ha sbagliato quando ti fa arrabbiare. Cioè, voglio dire, che noia sarebbe?!»
«Bon, Bon, credo che abbiamo detto qualcosa di sbagliato» Izou si affrettò ad avvisare l’amica quando notò l’espressione di Ishley, che spostava gli occhi vitrei da uno all’altra.
Bonney si sporse verso di lei per scostarle una ciocca dal volto. «Ish, bimba, è tutto a posto?»
«Ma voi due da che parte state?!» domandò Ishley, al limite di sopportazione.
Aveva una voglia di Sabo adesso, di vederlo, di sentirlo ridere, di farsi abbracciare con una scusa qualsiasi. Che amici perspicaci che aveva! Davvero una gran botta di culo!
Con un sospiro si alzò dal proprio telo. «Sentite, io vado a prendermi un the al bar» li informò mentre si liberava dalla sabbia. «Voi volete qualcosa?»
«Un mojito per me» rispose senza vergogna Bonney.
«Alle dieci del mattino?»  
«È il mio ultimo desiderio prima che Kay ci uccida per averla fatta deprimere ancora di più. E poi fatti i…»
Ishley smise di ascoltare, scartando agile tra spugne e ombrelloni, diretta verso il Bell-Mère, il piccolo bar che rifocillava l’intera spiaggia pubblica. Praticamente un chiringuito allargato, a pianta rotonda e cinque tavolini, in grado di smaltire valanghe di ordini in serie grazie all'agile rapidità della proprietaria, che in quanto donna era anche in grado di registrare nuove ordinazioni, mentre comunicava le vecchie a Chabo, il suo aiutante stagionale. Portamonete stretto in mano, Ishley si avvicinò al chiosco, appropriandosi silenziosa di uno sgabello libero e un po' defilato, sull'estremità sinistra del bancone frontale.
Una nuvola lilla al profumo di crema solare le sfrecciò davanti non appena ebbe finito di sistemarsi sull'alta seduta. Cinque bicchieri vuoti, abbandonati a un passo da lei, vennero impilati in appena due gesti, e uno straccio pulito arrivò a lucidare il pianale aranciato fino a sotto il naso di Ishley.
«Alcolico o socialmente accettato vista l'ora?» domandò Nojiko, con un sorriso e gli occhi grigi che brillavano tanto quanto il suo incarnato bronzeo.
Che si chiamasse Nojiko, lo sapevano tutti in spiaggia, per lo meno chi era solito andare lì o chi si tratteneva per più di un weekend. Era una di quelle persone che restavano impresse, spumeggiante, amichevole, dalla battuta sempre pronta.
Ishley ci mise un momento a reagire alla domanda, un breve momento che le servì a processare un moto di gratitudine verso la sconosciuta che ben conosceva, come tutta la spiaggia d'altronde, per essere riuscita a strapparle una risata.
«Uno e uno. The freddo e mojito»
«Pesca o limone?»
«Fai tu» alzò le mani Ishley, ricevendo in cambio un occhiolino e un "arrivano subito", prima che Nojiko si ributtasse in pasto a chi aveva già ordinato, tra cui c'era chi con insistenza avrebbe voluto offrirle anche qualcosa di più che un cocktail.
Ovviamente, il Bell-Mère brulicava di vita, come sempre e a praticamente tutte le ore, ma non era un brutto spazio vitale dove aspettare. L'ombra assicurata dalla copertura in paglia era un toccasana contro la luce solare che la spiaggia quasi bianca rifrangeva, la brezza che le accarezzava le gambe una coccola, il profumo di uno dei mandarini in vaso che punteggiavano la piattaforma gittante rigenerava a ogni respiro. 
E poi, di norma, Ishley era una persona rilassata e non facilmente vittima dell’impazienza. Non trovava disagevole attendere anche se da sola, di solito ne approfittava per guardarsi intorno e meglio assorbire l’atmosfera estiva.
Nemmeno il pensiero che, se fosse tornata all’ombrellone dopo di lui, avrebbe potuto trovare Sabo a flirtare con qualche vicina di spiaggia riusciva a preoccuparla, perché Satch era finalmente arrivato e, con Satch nei paraggi, sapeva che qualunque tentativo di Sabo, come anche quelli di Ace, sarebbe andato a buca. Forse solo Law sarebbe riuscito ad agganciare e inchiodare una ragazza nonostante il cappellone in giro, ma era una sfida a cui Law non era più interessato da tempo ormai.
Tuttavia, quella mattina l’universo sembrava volerla mettere a dura prova e nonostante la sua indole calma e quasi stoica, nonostante la contagiosa allegria di Nojiko e la piccola iniezione di buon umore, che era riuscita a inocularle al suo arrivo, l’attesa stava diventando snervante. Non sarebbe potuto essere altrimenti, in fondo, se tutte le coppiette felici della spiaggia avevano deciso di riunirsi nei paraggi. Sembrava che ovunque posasse lo sguardo ci fosse qualcuno che flirtava o tubava.
I quattro ragazzi al calcetto erano solo in apparenza focalizzati sulla loro partita, anche se certamente la competizione era sincera. Ma ad ogni gol segnato o preso, oltre alla reazione della riccissima ragazza dai capelli verdi che assisteva, e che strappava ogni volta un'occhiata di pura adorazione a uno dei quattro, anche gli altri tre avevano chi cercare. Il riccio indie boy ce l'aveva con la versione giovane di Izou, ormai ne era certa, Ciuffo Blu stava con Riccioli Rossi, non c'era alcun dubbio, e gli ultimi due, il moro e la biondina le davano tutta l'impressione di essere innamorati senza sapere di essere ricambiati dall'altro.
Ishley non sapeva se le facessero più tenerezza o più invidia. Era quasi tentata di andare a parlarci, almeno che loro potessero essere felici, ma poteva non essere la migliore delle idee, forse era meglio pensarci bene o proprio non pensarci affatto e guardare altrove.
Un ragazzino castano sui quattordici e gli occhi più dolci che avesse mai visto stava offrendo una granita a una bimba alle soglie della pubescenza, con capelli blu e il costume viola e bianco. I tentativi di rimorchio ai danni di Nojiko non si erano ancora placati e, quando vide poco distante un tizio improbabile con un costume terribilmente simile a un pannolino da neonati, che veniva osannato da un gruppetto di cinque ragazze con più tette che cervello per aver fatto punto a bocce, Ishley valutò seriamente di lasciar perdere il the e il mojito, o magari di chiedere sotto banco al volo solo la sua lattina e battere in ritirata, tanto non era che Bonney se lo fosse meritato, il mojito.
«Arrivo eh» le sfrecciò nuovamente davanti Nojiko, mostrandole i pollici alzati.
«No ma guarda non...» provò a fermarla senza successo, liberando un lungo sospiro.
Poteva andarsene, nessuno la tratteneva. Ma se poi Nojiko avesse preparato il mojito si sarebbe sentita in colpa per lo spreco, nei confronti tanto della barista quanto dell'ambiente.
Si riappoggiò al bancone rassegnata e non erano passati più di cinque minuti quando risollevò la testa, eppure il chiosco era ora più vuoto che pieno.
C'era un bimbo che mangiava un ghiacciolo, una probabile madre che si stava armando con lattine di bibita e brick di succhi e altri tre avventori ancora in attesa oltre a lei.
«Hai deciso?» stava chiedendo un ragazzo a quello che era con lui, che tuttavia non aveva affatto l'aria di avere deciso un bel niente.
«Mmmmmmh» mugugnò infatti, scrutando la griglia delle patatine come se fosse un Poignee Griffe da decifrare.
«Volevi quelle sale e aceto» gli ricordò l'amico, un diplomatico tentativo di schiodarlo da lì con gentilezza.
«Si ma è cambiata la marca, non conosco questa marca, poi magari c'è troppo sale, quelle sale e aceto troppo salate sono immangiabili. Ehi scusa!» si allungò tutto il tipo, quando Nojiko si avvicinò al terzo avventore oltre a loro due e Ishley, per servire il suo ordine che, a naso, Ishley pensava fosse l'ultimo prima del suo agognato the e mojito.
«Dimmi tutto» sorrise Nojiko, sempre sul pezzo.
«Questa nuova marca di patatine, sono tanto salate?» chiese e se la barista era stata presa in contropiede non lo diede a vedere.
«Non più del normale, me l'hanno caldamente consigliata»
«Ah okay» mormorò il tipo, non molto convinto. «Ma tu le hai provate?»
«Non ho ancora avuto modo» continuò imperterrita nel proprio lavoro Nojiko.
«Mh capito» mugugnò l'altro, tornando a fissare lo stand.
L'amico, che qualcuno un giorno avrebbe fatto santo, alzò lo sguardo, incrociando per un attimo quello di Ishley, e le sorrise per poi prodursi in una smorfia esasperata che quasi le fece scappare una risata.
«Quindi sale e aceto?» ritentò dopo un'altra manciata di secondi.
«Mmmmh non lo so. Ehi scusa, ma queste sono piccanti?»
«Dipende cosa intendi per piccante»
«Forse meglio di no allora. Ma quindi non hai assaggiato nemmeno le classiche? Sempre per il sale dico...»
«Nope, neanche le classiche» negò Nojiko, mentre dava il resto al penultimo avventore a parte loro. «Ecco a te, grazie»
«E invece le rustiche sai come sono? Perché le rustiche a volte sono un po' tipo affumicate e se lo sono poco mi piacciono ma se lo sono tanto poi...»
Ishley non provò neanche a fermarsi quando le mani calarono un po' più forte del dovuto sul bancone nel rimettersi dritta. «Amico» chiamò con una lievissima nota isterica nella voce «Prendi quelle al pepe rosa e lime, lì! Più giù... più giù... sinistra... eccole! Quelle non hanno sale, sono dodici grammi meno delle altre perché il lime costa ma al netto dello svantaggio quantità-prezzo il sapore compensa quindi prendi quelle e vai» inalò a fondo a fine tirata, studiando l'espressione scioccata del ragazzo e cogliendo vagamente quella divertita del suo amico. «Okay?!»
«O-okay»
«Fantastico!» esalò esasperata nel girarsi, già pronta ad archiviare la faccenda come perdita dei filtri numero non era dato sapere.
«Nojiko dovresti assumerla»
Ishley guardò sorpresa il ragazzo fulvo, che non la stava guardando di rimando, ma sorrideva sincero a Nojiko.
«Voglio dire, può gestire sia i clienti che gli scocciatori, è come un tuo clone»
«Chabo hai sentito? Stai per perdere il lavoro!» alzò la voce Nojiko, rivolta verso l'altro lato del chiosco.
«Che cosa?!»
«Ehi, non voglio avercelo sulla coscienza!» protestò Ishley con un sorriso.
«Io sono Pen e, scherzi a parte, ti sono debitore per aver frenato la follia di Clione» buttò un'occhiata all'amico che, patatine strette in mano, stava aspettando Pen a distanza di sicurezza.
«Io sono Ishley ed è stato un piacere» rispose Ishley, sorreggendo la testa con la mano. «Sia conoscerti che il resto, quando vuoi, puoi anche chiamarmi, funziono anche da remoto»
«Ah» rise Pen. «Sei troppo gentile, dovrò offrirti da bere. Ma ora purtroppo devo andare, grazie per la limonata Nojiko e buona giornata a tutte e due signore»
«Buona giornata a te!» lo salutò Ishley con la mano, portandola poi alla treccia mentre si rigirava verso il bancone, di nuovo sorridente.
Non fece in tempo ad appoggiarsi che una lattina verde prato entrò nel suo campo visivo, con un leggero "thud" contro il legno.
«The verde ai fiori di sambuco. Ho scelto io come da accordi» le sorrise Nojiko. «Vuoi un bicchiere?»
«Oh no, grazie, mi basta una cannuccia» la fermò Ishley, servendosi da sola dal barattolo delle cannucce.
«Flirt interessante comunque» commentò la barista, spostando gli ingredienti necessari al mojito dagli scaffali al banco da lavoro. Ishley sobbalzò, gettando qualche canuccia fuori dal barattolo.
«Come?!» chiese con voce acuta e occhi sgranati.
«No dico, ne ho viste di tutti i colori in vita mia e, lungi da me dire che fosse uno dei peggiori, non lo era, non avevo mai visto un flirt così cauto»
«No ma guarda che ti sbagli, io non stavo flirtando» agitò le mani nell'aria la mora.
«Sicura? Non ci sarebbe niente di male» si strinse nelle spalle Nojiko, strappandole un sospiro.
«Lo so, è che anche volendo non...» Ishley agitò una mano in aria con un altro sospiro. «Lascia stare»
Nojiko la osservò da sopra la spalla qualche secondo, indecisa sul da farsi solo per un istante.
«Hai litigato con la tua ragazza?»
«Che cosa?» domandò stavolta perplessa Ishley, alla schiena di Nojiko che non sembrava intenzionata a voltarsi.
«Perdonami, è che da qui si vede il vostro ombrellone e prima ti ho notata discutere animatamente con la ragazza dai capelli rosa. Non volevo farmi gli affari vostri, giuro, è solo...»
«Sei fuori strada, Bonney non è la mia ragazza»
Nojiko si immobilizzò, lanciandole un'altra occhiata da sopra la propria spalla.
«Ah no?!»
«No affatto! Cioè non che ci sia niente di male ma anche fossi lesbica mi farebbe troppo strano, è una delle mie più care amiche» allungò il braccio Ishley, un gesto a metà tra indicare l'ombrellone e spingere via l'idea di lei e Bonney in intimità.
«Se tu fossi lesbica, quindi Bonney lo è?» Nojiko diede le spalle al mojito, ripulendo le mani in uno strofinaccio. 
«Sì lo è, o forse è pansessuale, non lo abbiamo ancora capito, e cerca di convertire anche me, e anche Kay, e a Kay no, per carità, poi bisognerebbe mandare Law in terapia, ma a me forse servirebbe davvero cambiare orientamento sessuale» un altro sospiro, il terzo.
«Per lo stesso motivo per cui quello di prima non era un flirt?» domandò cauta Nojiko, chinandosi appena con il busto.
«A-ah» confermò Ishley, coprendosi gli occhi, le dita nei capelli.
«Per lo stesso motivo per cui non hai l'aria di voler tornare al tuo ombrellone?»
Ishley scostò le mani senza abbassarle, la fissò qualche secondo, combattuta, per poi annuire lentamente, gli occhi grandi come il mare alle sue spalle.
Nojiko piegò le labbra color melograno in un sorriso materno e pieno di comprensione e si rimise dritta.
«Ti prendo un bicchiere»
 

§
 

Sabo apprezzava che i costumi maschili fossero più simili a dei pantaloni che a degli slip. A meno ovviamente di non essere un maschio con la fissa dei costumi a slip, certo. Ma avendogli la moda concesso di scegliere, Sabo era ben felice di poterlo fare e apprezzava che i costumi maschili più gettonati e facili da trovare assomigliassero a dei pantaloni alla zuava, perché questo significava che avevano le tasche.
E per Sabo era fondamentale avere a disposizione delle tasche in alcuni momenti della sua vita. Come in quello, per esempio. Era fondamentale poter ficcare le mani in tasca quando si sentiva nervosamente a disagio, e Sabo si sentiva per forza nervosamente a disagio se Ace si impuntava ad affrontare quella questione del tutto ridicola. Non sapeva neppure perché gli stesse dando corda, non c’era neanche da discutere dal suo punto di vista.
«Satch è insistente!»
«E Ishley adulta! E sa difendersi da sola, come hai visto»
Sabo lo guardò con rancore e indignazione. Porca miseria, erano cresciuti insieme, possibile che non capisse?
«Ma da che parte stai tu, eh?!»
«Dalla parte di chi ha ragione. E stavolta tu hai torto» proseguì imperterrito Ace, in un raro slancio di matura razionalità che, di tutti i momenti della sua vita, proprio in quel frangente doveva coglierlo?!
«Satch è un marpione seriale e io sarei quello che ha torto?!»
«E con Ish scherza e basta. Ma che ti credi?» fu il turno di Ace di mostrarsi indignato. «Che se pensassi che fa sul serio non mi metterei di traverso anche io? È una sorella per me!»
«Ah certo» rise Sabo, per niente divertito. «Facile parlare per te, mica devi rendere conto a Dragon se le succede qualcosa» borbottò, la voce più fievole, conscio di quanto sembrasse una scusa.
Purtroppo per Sabo, quel giorno Ace aveva deciso di essere perspicace oltre che maturo e ne era conscio anche lui.
«Dragon» ripeté con tono piatto. «Lo stesso Dragon che quando è venuto fuori che sua figlia si era fatta deflorare da Drake le ha stretto una spalla e le ha detto “gli errori nella vita fanno crescere, le cazzate servono solo a imbarazzarti, ricordatelo”? Quel Dragon?»
«Dragon è iperprotettivo»
«Non lo è! E per “se le succede qualcosa” intende un incidente tipo un coma etilico, un’overdose, uno schianto con il motorino o un’onda che se la porta via, non un’eventuale limonata con Satch» Sabo sgranò gli occhi, inorridito e omicida, costringendo Ace ad aggiungere: «Che tanto non avverrà mai! Sabo…» il moro prese un profondo respiro, gli passò un braccio sulle spalle e sorrise con quella sua faccia da schiaffi che faceva venire voglia di strozzarlo. «Fratello, ascolta. Perché non la smettiamo con questa farsa e non ammetti che il problema non è affatto Satch o la necessità di tenerla d’occhio per conto di Dragon?»
Sabo sussultò, dentro. Ma sapeva di aver sussultato anche fuori e che Ace se n’era accorto, manco avesse avuto bisogno di una conferma.
«Non so di che stai parlando» scosse il capo biondo, sorridendo nervoso. I pugni dentro alle tasche del suo costume si fecero più stretti. «Ovviamente lo faccio anche perché è mia sorella e…»
«O perché non è affatto una sorella per te» lo interruppe Ace.
Sabo si sentì raggelare ma continuò imperterrito a sorridere con leggerezza. «Non dire stronzate. Certo che è mia sorella»
«Non lo è mai stata»
«E tu che ne sai?»
«Perché per me lo è e mi vedi forse agitarmi tanto per quattro moine che Satch le fa?»
«Ma sei sicuro che il tuo unico neurone sia in grado di recepire un comportamento complesso come le moine di Satch?» ribatté acido il biondo, indicando verso il mare dove il loro amico cappellone ci stava provando spudoratamente con una povera moretta che aveva avuto la sventura di capitare tra le sue grinfie.
A pochi metri di distanza Law, Marco e Koala si refrigeravano a mollo e Sabo avrebbe dato via un rene per poterli raggiungere, non tanto per il caldo quanto per sfuggire alle grinfie di suo fratello e dei suoi pessimi tentativi di psicanalizzarlo.
Il braccio di Ace si strinse più forte intorno al suo collo, senza fare male mentre lui sorrideva comprensivo. «Okay, ho capito, non ti senti ancora pronto ad affrontare la quest…» si interruppe quando un suono inaspettato risuonò nell’aria. Ace guardò Sabo attentamente. «Sei stato tu ad abbaiare?»
«Ma sei deficiente?» ribatté Sabo mentre il suono si ripeteva alle loro spalle.
In simultanea ruotarono di centottanta gradi e abbassarono lo sguardo verso un batuffolo di pelo a chiazze di colore, fermo a pochi passi da loro, la lingua penzoloni, un orecchio in piedi e l’altro piegato, il musetto da cucciolo inclinato di lato. Ace si accosciò subito, mentre Sabo si piegava in avanti con il busto.
«Ma guarda che bel cucciolo abbiamo qui!» esclamò, già in brodo di giuggiole.
Sabo doveva ammettere che, personalmente, non avrebbe definito quel cane “bello”. Non che fosse esperto di estetica, o di cani, né che avesse un’opinione particolare su quel cane. Gli suscitava affetto e istinto protettivo, gli veniva voglia di coccolarlo e lo trovava carino. Ma oggettivamente, era piuttosto certo che se avesse fermato una persona a caso chiedendone il parere, non si sarebbe sentito dire che quel cane era “bello”.
Inquietante però, quello sì.
L’eterocromia lo faceva apparire leggermente strabico, e l’occhio azzurro dava l’impressione di essere un pelo più sporgente di quello marrone, colpa anche della chiazza grigia e bianca che contornava l’occhio chiaro, opposta a quella nera intorno all’occhio scuro.
Ma per Ace, come per Koala, tutti gli animali erano stupendi e meritevoli di affetto, il che spiegava, entrambi amavano spesso affermare, la loro sacra pazienza nei confronti di Satch e di Sabo.
«Dove te ne vai tutto solo soletto?» domandò Ace e tanto bastò perché la creatura balzasse in avanti e in braccio al moro. Ace lo prese al volo, ridendo e cercando di schivare le sue leccate, con scarso successo. «Ehi, ehi, quanto entusiasmo!» esclamò rimettendosi in piedi con il cane stretto al petto.
«Kumachi!!!»
Un grido femminile e preoccupato li raggiunse, tra lo sciabordio delle onde e il chiacchiericcio della spiaggia.
«Kumachi!!!»
Sabo la individuò facilmente, che correva tra tutta la gente che invece camminava placida lungo il litorale. Codini rosa che frustavano l'aria e un costume amarena a pois neri con una specie di gonnellina attaccata agli slip, quella cosa che piaceva tanto anche a Kay e che gli aveva detto anche come si chiamava, ma lui alla fine si confondeva sempre con i vol-au-vent.
«Kumachi!!!» chiamò un'altra volta ancora, guardandosi attorno con gli occhi carbone carichi di frenesia. Sabo sventolò un braccio nell'aria con perfetto tempismo e riuscì ad attirare la sua attenzione, indicando poi il botolo che stava mummificando Ace con la propria saliva.
La osservò sgranare gli occhi, poi tirare un sospiro di sollievo che era anche una boccata di ossigeno per la corsa appena sostenuta prima di precipitarsi verso di loro.
«Grazie al cielo!» esclamò a due passi di distanza. «Kumachi eccoti!» si avvicinò a Ace, tendendo le mani verso il cagnolino che ora leccava l’aria nella speranza di raggiungere la pelle della sua padrona. «Mi hai fatto morire di paura, non devi scappare così! Non si fa!» lo rimproverò, mani sui fianchi, prima di espirare sollevata e rimettersi ben dritta. «Grazie mille» mormorò con sincera gratitudine, anche se lo sguardo sembrava sfuggire il contatto diretto.
«È più che altro lui che ha trovato noi» minimizzò Ace, maneggiando con maestria il cucciolo che non sapeva più da chi voleva andare. Forse solo sdoppiarsi avrebbe risolto il suo dilemma.
«Oh, davvero?» si accigliò la ragazza, riscuotendosi poi in un turbinio di ciocche alla fragola. «Beh grazie comunque, io...»
«Sono teschi?»
«C-come?» domandò, presa in contropiede.
«Quelli sul tuo costume» indicò con il mento Ace, un sorriso gentile sul volto. «Sono teschi no?»
La rosa abbassò gli occhi, quasi a controllare se quelli che sembravano pois fossero effettivamente teschi, una frazione di secondo soltanto prima di mettersi sulla difensiva. «Sì, perché?»
«Sono una figata» assicurò Ace.
«Oh» fu l'immediata reazione della ragazza, il suo secondo "oh" ma abbastanza diverso dal primo.
Sabo spostò gli occhi da suo fratello alla sconosciuta un paio di volte. Forse stava assistendo a qualcosa ma non era certo di cosa fosse il qualcosa.
«Grazie» mormorò più incerta la rosa, prima di rialzare le difese e allungare le braccia per riprendersi il cane. «Io ora comunque dovrei andare e...»
«Ehi ragazzi! Che state fac… Oh ehi! Ciao splendore!» si lanciò in avanti Satch quando si accorse della nuova arrivata, sgomitando Ace che usò la propria prontezza di riflessi per proteggere Kumachi con la sua non indifferente mole.
La rosa lo squadrò con evidente disgusto e Sabo non sapeva se fosse per ormai automatizzata tendenza a mettere un freno a Satch o per evitare che la ragazza decidesse di andarsene, separando così brutalmente Ace e Kumachi, quando decise di intervenire.
«Satch com'è l'acqua?» lo richiamò, occhiando di striscio a Ace che si spostava fino a mettersi tra il cappellone e la rosa, per preservare lo spazio vitale dell'ultima. «Fredda?»
«No, si sta bene»
«E allora perché sei uscito?»
Satch lanciò un'occhiata assassina a Sabo, per poi virare all'ammiccante. «Che domande! Volevo avere il piacere di fare la conoscenza della signorina...?»
«Perona» avanzò lei, permettendo inaspettatamente a Satch di farle il baciamano. «E quella sulla mia mano non è acqua, è la saliva del mio cane» aggiunse quando ormai Satch l’aveva già baciata, con un sorriso sadico.
Ace la guardò colpito, Sabo scoppiò a ridere di gusto e Satch incassò con nonchalance, resistendo all’impulso di ripulirsi le labbra sull’avambraccio.
«Ehi Satch!»
Il cappellone si girò in direzione della voce, che si mischiava con il fruscio della risacca e il garrire dei gabbiani, e sgranò gli occhi con stupore verso la ragazza statuaria e dai capelli color perla che correva verso di loro dal mare. «È ancora valido l'invito?»
«Certo che sì, io credevo che te la saresti data a gambe alla prima occasione»
«Come?» domandò lei perplessa, mani sui fianchi e pelle gocciolante.
«No niente, ragazzi lei è Yamato, è qui da sola e le ho proposto di unirsi a noi»
«Hai un ombrellone?» domandò prontamente Ace, che, a inizio vacanze, era stato tra i procrastinatori dell'acquisto di un secondo ombrellone al grido di "c'è tempo, c'è tempo" e ora se ne stava pentendo.
«Puoi scommetterci amico»
«Fantastico, sei la benvenuta!»
«Grazie! Ma tu chi sei, piccolo batuffolo d'amore?»
Sabo percepì prima ancora di vedere lo shock mascherato da indignazione sul volto di Perona e scivolò verso di lei, con un comprensivo sorriso.
«Beh, visto che Yamato ha un ombrellone, se vuoi unirti anche tu...»
«Sono qui con delle amiche ed ero venuta solo a recuperare Kumachi» protestò, un attimo prima di venire investita dalla risata di Ace, che cercava di evitare con scarso successo le poderose leccate di Kumachi, sotto lo sguardo rapito di Yamato.
«Amico, ehi, piano! Anche io ti voglio bene, ma ho già fatto il bagno stamattina!»
«Buona fortuna» mormorò Sabo.
«Piccolo ingrato» sibilò Perona e Sabo si lasciò sfuggire una risata.
«Comunque, io ora devo andare» annunciò il biondo, avviandosi e alzando il braccio a salutare Law e Koala che non avevano seguito Marco fuori dall'acqua.
«Hai esaurito l'autonomia lontano da Ishley?»
«Fottiti Satch»
«Allora Yamato, dove hai l'ombrellone che andiamo a prenderlo?» chiese Ace, cercando di mettere giù un riluttante Kumachi che guaiva a tutto spiano. «Piccolo devi tornare dalla tua padrona, io non posso...»
«E va bene, vengo anch'io!» esplose di colpo Perona, stupita dalle sue stesse parole. Ma che altro avrebbe dovuto fare?! Kumachi e Ace erano carini, davvero troppo per dividerli.
«Oh grandioso» sorrise sghembo signor carino numero due, strappando a Perona uno scocciato schiocco di lingua. «Allora in marcia ciurma!»
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: ___Page