Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Kodoma    02/09/2018    1 recensioni
Questo è un breve racconto basato una una recente campagna di Vampiri: la Masquerade ambinetata a Miami. La Contessa Bathory, principe di Miami, e sua figlia Valschenka incaricano un gruppo di vampiri molto eccentrici per svolgere due missioni a Tampa. Questo racconto narra delle loro avventure e disavventure. Le storia si svolgerà dal punti di vista dei personaggi, i quali saranno introdotti mano a mano nel corso della storia.
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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(12) La Battaglia

La Battaglia


Cassiopea 

Stiamo tornando dall'asta, il resto del gruppo è venuto a prenderci dopo aver concluso i loro affari per la Siniscalco, quella meretrice. Sono davvero contenta, tutto è andato per il meglio e sono riuscita ad acquistare un oggetto che dovrebbe aiutarmi nello studio dei cieli, quel tipo di studio che i Moderni chiamano Astronomia. Non si direbbe, ma tendo ad interessarmi molto alle materie scientifiche oltre che a quelle classiche. Siamo da poco fuori città quando un'auto della polizia si sistema davanti alla nostra, mentre un'altra si è messa direttamente dietro di noi. Gradualmente  riducono le distanze fra loro in modo da farci capire che dobbiamo seguirle, poi imboccano una stradina che svolta a destra e termina subito con una rete metallica e con un cancello.

Per l'amor degli Dei, cosa sarà successo adesso?

Sono a dir poco preoccupata. Se fossimo a Miami non lo sarei visto i miei contatti con la polizia, ma siamo in una città sconosciuta e il suo principe non ci tiene in simpatia. Incomincio a pensare a tutto quello che sarebbe potuto andare storto in queste notti e a tutto quello che può andare storto adesso mentre ci infiliamo in uno spiazzo abbastanza ampio da permettere all'auto davanti a noi di fare manovra e sistemarsi dietro la nostra. Davanti a noi si apre quello che poteva essere un vecchio capannone industriale dal tetto in lamiera, con cumuli di rottami sparsi lungo i bordi della recinzione esterna. Le auto della polizia ci costringono a fermarci. Mentre parcheggiamo, utilizzo il mio potere che mi consente di vedere le aure per riuscire a capire se essi sono cainiti che si fingono parte della polizia oppure semplicemente umani. Appena riesco a mettere gli occhi su di loro tiro un sospiro di sollievo: sono tutti umani.

<< Signori non dovrebbero esserci problemi, sono umani. Basterà fare ciò che facciamo di solito >>

<< Umani? La situazione non è comunque delle migliori. E se fossero ghoul? Poi, hai mai visto così tante auto per fermare una sola macchina? >> Ribatte Jessie

Αρρενοτης. Mi ero scordata che il mio potere non mi consente di vedere se gli umani sono in realtà dei ghoul.

<< La situazione non mi piace. Provo ad entrare nel Sistema e a capire cosa sta succedendo >> dice Lucas, chiudendo gli occhi. Anche i Tremere hanno la loro rete della follia? Paracelso non mi ha mai parlato di tutto ciò.

<< Aspetta! Aspetta! >> Gli dice Paracelso

<< Cosa c'è?! >>

<< Cosa diciamo alla polizia se sei svenuto dentro la macchina? >>

<< Gli diciamo che ha preso un sonnifero perchè soffre il maldauto >> rispondo << Sembra essere una cosa comune tra i mortali >>

<< Non state considerando una cosa però... >> Dice Paracelso titubante

<< Ovvero? >>

<< ... Cosa ne facciamo dell'esplosivo impiantato nella macchina? Se ci perquisiscono è un casino >>

<< COSA?! >> E' la risposta generale di tutti.

<< HAI PIANTATO UN CAZZO DI ESPLOSIVO NELLA MIA MACCHINA?! >> Sbraita Cornel, arrabbiato come pochi, mostrando i denti verso Paracelso con la furia negli occhi.

<< Perchè hai impiantato un esplosivo nella macchina? Ci vuoi uccidere tutti? >> Non posso fare a meno di chiedere, preoccupata. Lancio uno sguardo a Carlos: neanche lui è particolarmente tranquillo.

<< No, ma in caso le cose si mettessero male... >>

<< E dimmi, come faremmo a tornare a Miami?! >> Esclama Jessie

<< Abbiamo il mio elicottero che ci segue >> Risponde Paracelso con un'alzata di spalle.

<< Un elicoso? Da quando abbiamo un elicoso?! >> Chiedo, ancora più nel panico. La mia voce è salita di un'ottava. Non so cosa sia, immagino un mezzo di trasporto, ma se il piano è stato studiato così come l'esplosivo, mi aspetto ben poco.

<< SCENDETE DALL'AUTO, ORA >> Sentiamo dire dagli altoparlanti della polizia.

Scendiamo immediatamente. Nessuno prende le armi, o almeno non quelle che saltano più facilmente all'occhio, come quella di Cornel o la borsa con la spada di Irwin. Nessuno pensa che ne avremo bisogno, sembra. Due poliziotti ci puntano le torce addosso.

<< Allontanatevi dal veicolo >>

 Non è passato neanche un secondo da quando abbiamo finito di obbedire, che dei soli pallidi esplodono davanti a noi, abbagliandoci e squarciando le tenebre. Riflettori, come quelli di un palcoscenico. Fortuna che ho disattivato il mio potere, o i miei sensi sarebbero travolti dalla quantità di stimoli luminosi.

<< Venite avanti >> ci intima un’altra voce, nascosta dalla luce abbagliante.

Ci avviciniamo, e riusciamo a intravedere un plotone di otto soldati con le armi cariche e puntate su di noi. Paracelso intanto mi prende sottobraccio, come a volermi sostenere. Le due auto della polizia sono parcheggiate a formare una muraglia, che offre copertura agli agenti e blocca il cancello, l’unica via d’uscita per la nostra macchina. Altre tre nere sono davanti a noi, con la stessa formazione, le enormi luci alle loro spalle illuminano la scena ma disturbano costantemente la nostra visuale. I soldati non si riescono a vedere bene in volto, ma portano tutti degli occhiali da sole con le lenti specchiate, fatto poco comune considerando che è notte. In piedi tra di loro spiccano due individui: uno dei due è tipo biondino coi capelli ossigenati, barbetta bionda e piercing sul sopracciglio destro. E' alto e porta un trench di pelle nera aperto sul davanti, con scarpe eleganti, camicia amaranto e pantaloni grigio scuro. Ha le mani in tasca ma c'è un vistoso rigonfiamento vicino all'ascella, probabilmente ha un'arma nascosta. Dietro di lui c'è un nero pelato dal volto allungato. Ha dei baffetti corti è un pizzetto altrettanto corto. Porta una giacca marrone scuro da cui spunta il colletto di una camicia a righe. Rispetto al biondino questo sembra avere un'aria più rilassata.

Non sembrano proprio essere poliziotti, era una trappola.

<< Sono contento abbiate accettato il mio invito >> dice il biondo con un sorriso beffardo.

<< Avevamo forse scelta? >> Ribatto

<< Beh, dovevo essere sicuro accettaste >>.

<< Posso sapere qual è il motivo di questo invito? >>

<< Avanti, lo sapete benissimo  >>.

Un tizio che non mi dice assolutamente niente viene scaraventato davanti a noi in malo modo. E' un uomo bianco un po' in sovrappeso, il volto pesto e tumefatto, con una calvizie incipiente ma nonostante ciò ha ancora i capelli sulle tempie, tagliati corti. La barba è quella tipica da cinque di pomeriggio. Porta un paio di occhiali e indossa un paio di jeans, una maglietta ed una giacchetta sportiva di poco conto. Mi guardo attorno. Jessie, avendo visto quell'uomo, sembra preoccupato. Molto preoccupato, talmente tanto da nascondersi dietro Irwin. Lucas intanto sembra impassibile, assorto nei suoi pensieri. Poi si risveglia improvvisamente, e notando ciò che sta succedendo, sembra quasi chiedersi "E adesso?". Loro probabilmente sanno chi è.

 Cerbero, il cane di Lucas, abbaia, cosciente della situazione di estremo pericolo.

<< Ascolti, non so chi sia quell'individuo, ma se ci dice cosa vuole possiamo trovare un accordo... >> comincio a dire.

<< Non fatemi perdere tempo >> replica il biondo.

<< Suvvia, davvero non abbiamo idea di chi sia >> ribadisce Paracelso << Diteci cosa volete e possiamo accordarci... >>

<< Avanti, non siamo qui per ridere. Sono disposto a ridarvi i soldi che avete speso, ma rivoglio ciò che mio >>.

Adesso mi sono stufata. Quel tizio ha bloccato il nostro viaggio in malo modo e non ha neanche la decenza di dirci cosa vuole da noi. Adesso basta.

<< Avete ragione. Se fossimo qui per ridere, basterebbe guardare i suoi improbabili capelli >> dico.

Sento davanti a me alcune risate tra i soldati. A quanto pare anche loro sono d'accordo. Anche il biondo ride, forzatamente, e prima che io possa dire altro, spara al malcapitato sconosciuto.

Uccidendolo.

Guardo orripilata la scena, i miei occhi non possono fare a meno di strabuzzare mentre stringo il più possibile il braccio di Paracelso. Non devo perdere il controllo. Non devo perdere il controllo...

<< Bene, adesso che abbiamo riportato l'ordine... >>

Resto in silenzio. Dopo quello che è appena successo, non riesco neanche a parlare. Paracelso e l'uomo cercano di contrattare. Il mio amico ha il mio stesso sguardo, ma riesce più di me a reggere la tensione.

<< I plichi dannati imbecilli, mi servono i plichi! >>

L'attenzione ormai è diretta unicamente verso i due uomini. La voce di Paracelso si fa più esitante nella contrattazione ed egli stringe più nervosamente il suo bastone da passeggio. Irwin fa un passo avanti, spostandosi accanto a lui e prendendo la parola, la voce innaturalmente calma e gelida.

<< Non ho capito il suo nome, ma, da come sono equipaggiati i suoi uomini, lei sembra una persona bene informata riguardo con chi e cosa si sta immischiando. Mi creda, non le conviene. Dica ai suoi uomini di abbassare le armi, ci lasci andare e questa storia finirà qui >>.

Un paio di soldati sembrano scambiarsi sguardi perplessi e scrutare l’inglese come se fosse pazzo, spostando le armi su di lui.

Carlos nel frattempo resta in disparte, ignorato da tutti. Questa cosa potrebbe andare a nostro vantaggio.

<< Chiama le guardie >> gli sussurro, quasi inudibile. Carlos mi guarda senza capire.

<< Chiama le guardie >> gli faccio di nuovo, muovendo solo le labbra. Carlos adesso sembra capire, e con il cellulare in mano cerca di premere i pulsanti. Solo che gli tremano troppo le mani.

<< TU! COSA STAI FACENDO! HO DETTO NIENTE MOVIMENTI STRANI! >>

Prima che qualcuno abbia il tempo di dire altro, un colpo parte dalla canna di uno dei fucili.

Il mondo sembra congelarsi per un istante.

Carlos urla, poi mi guarda, terrorizzato, toccandosi la gamba con una mano. E' sporca di sangue.

Il ghoul si accascia a terra con un lamento, e il mondo sembra esplodere.

Irwin afferra il bastone di Paracelso, estraendo in un lampo la spada nascosta, e con un balzo si avventa ruggendo contro i soldati, mentre il Tremere innalza un muro di metallo comparso dal nulla a proteggere me e Carlos dai proiettili. Gli altri si apprestano anche loro a combattere.

Riparata dal muro di metallo, provo a muovermi tra le ombre per cercare di passare inosservata e per riuscire ad individuare i capi nemici. Solo che prima devo riuscire ad entrare tra le ombre e la mia concentrazione non è il massimo. L'urlo di dolore del ghoul mi risuona ancora nelle orecchie.

Il mio tentativo fallisce per due volte di seguito.

Andiamo razza di rammollita ...

Dopo molti sforzi finalmente riesco nel mio intento. Riesco a fare un paio di passi, ma noto che i capi si sono già dati alla macchia. Paracelso intanto tenta in una mossa disperata di corrompere i soldati con del denaro, e stranamente ci riesce.

Sono totalmente inutile.

Nascosta dietro il muro di metallo, mi siedo affianco a Carlos.

E' tutta colpa mia.

E' solo colpa mia.

Non merito tutto questo. Non merito la fiducia dei miei compagni, le attenzioni di mio fratello, le cure che mi vengono giornalmente riposte. Sono un mostro, un mostro con uno scopo labile ed una vita effimera. Vi è speranza per la mia anima immortale? Il mio Dio non sa darmi risposta. Nella mia condizione, è probabile che io finisca nei Campi Elisi come che io finisca nel Tartaro.

Forse meriterei la morte.

Se non altro, sarei meno un impiccio a chi mi circonda. Se la mia non vita è altro che brutto scherzo del Fato, che governa la sorte di tutti gli uomini, la mia morte sarebbe come un tiro di dadi. Imprevedibile.

Con questi tristi pensieri che brulicano nella mia mente come insetti, tormentandomi , volgo il mio sguardo verso Carlos, che si è sacrificato per la mia mancanza di prudenza. Il suo sangue continua a sgorgare a fiotti davanti a me.

La mia Bestia ringhia. Non ho ancora cenato.

Le mie labbra si fanno sempre più secche. Ho sete, e Carlos al momento sembra la sorgente più fresca e limpida da cui posso trarre sostentamento. Vorrei prosciugarlo, così da evitare che la sua linfa vitale scorra inutilmente su terreno, ma scorra invece nelle mie vene.

Devo resistere.

Stordita dalle mie pulsioni, in un atto quasi incosciente, tiro fuori dalla mia poscette argentata un coltellino svizzero.

Il dolore che avverto tagliandomi l'interno del polso mi riporta temporaneamente alla realtà. Adesso è il mio sangue, nero come la pece, a sgorgare.

 Lo porgo a Carlos.

<< Bevi. >>

Il ghoul mi guarda senza capire.

<< Velocizzerà la guarigione. Bevi. >>

Il mortale accetta la mia offerta e appoggia le sue labbra fredde sulla mia ferita.

Invoco la grazia del Febo perché ponga fine al mio tormento.

***

Irwin

Lo sparo, lo schizzo di sangue alla mia sinistra, il ghoul che si accascia al suolo.

La mia mano scatta più rapida di un serpente, afferrando la lama nascosta ed estraendola dal bastone di Paracelso, i miei anfibi colpiscono l’asfalto e sto volando in avanti con un ruggito.

Dieci uomini, otto dei quali con quelle che ho imparato a riconoscere come armi automatiche.

Nessuna possibilità di trattenersi o di fingere di essere umani.

Dal momento stesso in cui si sono accesi i riflettori ho iniziato a pompare sangue, usandolo per potenziare i miei muscoli, il controllo che ho sui miei movimenti, persino la capacità del mio corpo di rigenerarsi ignorando le ferite, portando le mie capacità al limite massimo che posso sperare di sostenere.

Nessuno di loro potrà uscire vivo dal parcheggio.

I mitragliatori cominciano a sparare, assordandomi, non posso neanche provare a schivarli o colpiranno il resto del gruppo dietro di me. Proiettili mi trapassano una gamba, un’altra raffica mi colpisce allo stomaco, perforando organi inutili e atrofizzati, altri ancora spaccano le costole e si conficcano nei polmoni.

Le pallottole non fanno molto ad un vampiro, ma questa è la prima volta che uno squadrone mi svuota tutti i caricatori addosso, è come essere fatti a pezzi un brandello alla volta.

Un colpo mi porta via una guancia, scoprendo le zanne, perdo la vista dall’occhio sinistro e non capisco se è più nella sua orbita, poi piombo in mezzo a loro, trapassando lo stomaco al più vicino con la lama. Vomita sangue, afferrando la lama terrorizzato. La estraggo, e cade a terra.

Sento passi alla mia sinistra, finalmente la mia velocità sta aumentando, ho usato il sangue per accelerare oltre ogni limite mortale all’inizio del balzo, ma servono un paio di secondi perché il mio corpo si adegui.

Non è come se il mondo rallentasse, tutto diventa più frenetico mentre i miei nervi e movimenti sembrano esplodere di attività.

Roteo verso destra e abbasso la lama sul primo che vedo. Voglio colpirlo al collo, ma il mio taglio è un po’ in ritardo. Arrivo sulla spalla, la spada sottile taglia muscoli e costole, squarciandogli il torace come carta, e solo la seconda fila di costole mi impedisce di tagliarlo in due, il sangue esplode in una fontana mentre gli uomini si allontanano terrorizzati.

«Cazzo!!»

«Oh merda!!!»

«Che cos’è?! Che cazzo è?!»

Mi sono messo in mezzo a loro per impedirgli di spararmi senza colpirsi a vicenda, ma i più vicini a me sembrano aver smesso di badare alla cosa. Il criminale alla mia destra va nel panico, cadendo a terra e sparando una raffica che mi passa sopra la testa, ma il suo compagno no.

Mentre mi volto verso di lui incontro il suo sguardo, ha perso gli occhiali a specchio, gli occhi sono sbarrati ed è mortalmente pallido, ma riesce comunque a colpirmi con tutto quello che gli è rimasto, sfruttando il rinculo dell’arma per una lunga raffica dal basso verso l’alto.

Le fiamme dell’arma mi accecano, e a questa distanza i proiettili sembrano una sega che cerca di squarciarmi a metà dalla coscia al collo. Dove colpiscono i muscoli vengono lacerati, le ossa ridotte in schegge e io barcollo, capendo che una gamba non mi regge più, non posso neanche urlare, la mia gola è stata aperta in due.

Buona parte delle ferite è scomparsa all’istante, la pelle che si richiude immacolata come acqua dietro a un sasso, ma neanche la maledizione dell’immortalità può far fronte a questo.

Quindi la aiuto.

«... cosa... no!! No!!!» il criminale urla nel panico, vedendomi restare in piedi. Armeggia alla cieca con il caricatore, ma tutto accade in meno di un secondo. Altro sangue corre alle ferite, la carne trema, i muscoli si riabbracciano e si fondono. Sento l’occhio che mi penzolava contro una guancia strisciare sulla pelle, mentre viene risucchiato nell’orbita e la mia vista ritorna.

Un ringhio mi esce dalle fauci mentre i miei denti si allungano contro la mia volontà.

Ne ho dovuto usare troppo. Ora ho fame.

E questo tipo è riuscito a farmi arrabbiare.

Il criminale ha solo il tempo di gridare, poi lo impalo con la mia lama, trapassando il cuore, e scatto verso quello che si sta rialzando da terra, sollevando l’arma con due mani. Non mi sono preso il disturbo di liberarla dal corpo del suo compagno. L’abbasso, tagliando in due entrambi in un’esplosione rossa.

Mi volto, altro sangue viene consumato per tenere la stessa velocità sovrumana. Uno schizzo rosso ha coperto un riflettore, dando al parcheggio un’aria infernale. L’asfalto è coperto di cadaveri e viscere, e il fianco sinistro dei nemici è nel panico, due di loro già in fuga.

«È un mostro!!!»

Scatto di nuovo. Prima che le gocce di sangue abbiano finito di colpire il terreno ho raggiunto il primo dei nemici, un ragazzo che sta strillando lanciandomi contro la sua arma. Lo sorpasso ruotando su me stesso, la lama manda un bagliore cremisi e il ragazzo ha finito di urlare. Le pallottole dell’ultimo criminale rimasto a combattere colpiscono vicino ai miei piedi e una mi trapassa un ginocchio.

«Non è umano! Non...»

Lo raggiungo mentre la testa del ragazzo cade al suolo. Un solo fendente, voglio tagliare la gola ma sto perdendo il controllo della mia forza, la punta dell’arma tocca una vertebra e tutta la testa gli si gira ad un’angolazione innaturale. È morto prima di toccare il suolo, e i miei occhi si sono già orientati verso la schiena di uno dei due in fuga.

Sento la Bestia fremere, come un leone che abbia visto una preda dargli le spalle.

No.

Ricordo Bosworth, come abbiamo inseguito le masse degli York in fuga, falciandoli da cavallo, e salto in avanti, l’odore del sangue e l’aria fresca della notte che inebriano i miei sensi. Gli atterro sopra, buttandolo a terra, mentre geme nel panico sollevo la spada per infilzarlo e...

Non era da cavaliere allora. Non lo è adesso.

...stringo i denti, riguadagnando abbastanza controllo da girare la lama nella mano per dargli una botta alla schiena con l’impugnatura, facendolo svenire.

Sangue.

L’ultimo è arrivato alla macchina. Fa per aprire la portiera, ma in un attimo lo ho raggiunto e afferrato.

Urla nel panico, dibattendosi mentre lo scrollo come una bambola di pezza e lo sbatto contro la fiancata, bloccandolo. Un finestrino esplode e l’intero veicolo oscilla. Il braccio dell’uomo sembra un ramo spezzato, non mi sono neanche accorto di averlo rotto.

«... ti prego, ti prego...» ansima, lo sguardo folle di terrore.

Ho troppa fame. Il mio sguardo si sposta sui miei compagni, che sembrano essere riusciti ad avere la meglio dei poliziotti. No, non ce la posso fare. O lui, o uno di loro...

Jesse...

«... avevo detto... di lasciarci andare...» è tutto quello che riesco a dire, poi lo azzanno alla gola.

Sussulta, cercandosi di divincolarsi mentre bevo. È dolce, troppo dolce, ogni mio pensiero viene annientato mentre sento il nettare caldo colarmi giù per la gola.

Continua a dibattersi. Gli stringo il braccio rotto per fargli capire di stare fermo, ma il suo lamento è fioco, disperato, come di chi ha capito di non avere più nessuna speranza.

Lo sto uccidendo.

Urlo, mi sembra di lottare contro un fiume in piena, i miei stessi muscoli mi vogliono impedire di staccarmi da lui, poi, con uno sforzo che mi costa tutto quello che ho, lo lascio andare, indietreggiando.

 L’uomo si affloscia come un sacco vuoto, svenuto ma ancora vivo.

Un rivolo di sangue sta ancora uscendo dai buchi sul collo, ma dovrà occuparsi qualcun altro di richiudergli le ferite, non mi faccio illusioni su cosa accadrebbe se mi riavvicinassi. La mia fame è diminuita, ma non ho ancora bevuto a sufficienza da fidarmi di me stesso.

Il mio sguardo vaga sulla scena da incubo che ho creato, il sangue ha coperto il pavimento del parcheggio, cadaveri mutilati e pezzi di quelli che una volta erano esseri umani giacciono ovunque tra i bozzoli di proiettili.

Jesse è riuscito a catturare il capo dei criminali, l’uomo dai capelli biondi, spostando l’auto di Cornel per bloccare la sua. Aveva cercato di darsi alla fuga nel momento stesso in cui ero piombato sui suoi, ma avevo dovuto ignorarlo per concentrarmi sulle minacce.

Nessuna traccia del suo amico, l’uomo di colore con la giacca marrone che era rimasto in disparte durante il negoziato, senza dire una parola. Non mi ero neanche accorto della sua scomparsa, e capisco chi era davvero a capo dell’operazione.

Due dei poliziotti si sono arresi, ed uno stringe delle banconote insanguinate come se fossero uno scudo contro di me, tremando dietro a Paracelso.

Paracelso... è chino sull’altro uomo che ho risparmiato, ma quando mi avvicino il suo sguardo teso mi congela.

«Cosa c’è?» chiedo.

Ho colpito troppo forte. L’uomo a terra ha tre costole spezzate, e non solo si sono piegate verso l’interno, forando il polmone, ma, dato che ho colpito vicino alla spina dorsale, una vertebra si è girata, danneggiando i nervi e il midollo.

Anche se dovesse sopravvivere, probabilmente non potrà più camminare.

Resto lì stordito a fissarlo per una paio di momenti, poi una sirena in lontananza ci ricorda che i nostri problemi non sono ancora finiti.

Questo posto sembra un mattatoio, i poliziotti stanno arrivando e una mezza dozzina di criminali con armi automatiche uccisi da tagli inflitti con forza sovrumana sono una violazione della Masquerade in piena regola.

«Prendo l’esplosivo» dice Paracelso. Gli restituisco la spada, notando solo ora come l’ho ridotta: l’impugnatura di legno è crepata e deformata, devo averla stretta troppo, la punta e il filo si sono rovinati quando li ho usati per tagliare attraverso le ossa e la lama è piegata in due punti.

La mia spada è stata forgiata per sopportare la mia forza, questa no.

Gli mormoro una scusa mentre la fissa attonito, poi vado a raccogliere i superstiti e li carico in macchina.

Mentre usciamo sgommando dal parcheggio un’esplosione squarcia la notte, devastando i corpi e camuffando quanto è accaduto, rendendolo più accettabile agli occhi dei mortali.

Il principe di Tampa dovrebbe essere in grado di gestire le cose da qui, un regolamento di conti tra bande, un negoziato finito male o qualche storia simile, ma dubito sarà contento della cosa. Non saremo più i benvenuti a Tampa.

Guardo Paracelso fare il possibile per tenere in vita l’uomo a cui ho rotto la schiena. Solo quando mi sento proporre di trasformarlo in Ghoul per aiutarlo a sopravvivere capisco quanto mi sento disperato.

Verso le gocce del mio sangue giù per la sua gola.

È tutto inutile. Ci muore tra le mani prima di uscire dalla città.



***


Carlos


Respira.

Respira.

Respira.

Respira.

I rumori della battaglia che incorre alle mie spalle sembrano affievolirsi, anche se il mondo sembra vorticare sempre con la stessa velocità. Appoggiato al muro alle mie spalle creato da un mago-industriale del diciassettesimo secolo sono coperto da sudori freddi, mentre il cuore continua a battere ad un ritmo spropositato e non riesco a capire se sia la situazione o l’ingente perdita di sangue.

Respira.

La mia protetta, che stranamente sembra essersi  preoccupata delle mie condizioni, mi ha dato un po’ del suo sangue e ha cercato di legarmi un pezzo del vestito a mo di laccio emostatico e ciò sembra aver un po’ impedito lo sgorgare del sangue, che continua a uscire a fiumi.

Cosa bisogna fare quando hai una pallottola nella gamba?

Sono stato uno dei pochi fortunati della mia zona a non doverlo mai scoprire in passato. Di certo non avrei mai pensato di scoprirlo in questo modo.

Cabron!  Mi direbbe mia madre,  colpendomi la testa con un minimo di veemenza.

Cosa te pasa per la cabeza?! Quieres morir?

Ah, la sempre dolce signora Pereira. Che non saprà mai nulla di tutto ciò, che io viva o che io muoia.

Per fortuna è tutto finito.

In quel momento vedo comparire davanti a me ciò che sembra un demone, sia dall’aspetto che dall’espressione rabbiosa e di odio sul suo volto. Alto circa un metro e novanta, vestito di nero e coperto di sangue non proprio, un cavaliere medievale munito di spada e croce al collo come un talismano incombe su di me come una montagna dall’aspetto minaccioso. Passata la sua arma ad un altro vampiro mi solleva come se fossi una piuma, neanche fossi la fantomatica principessa delle fiabe da portare in salvo. Se non stessi morendo dissanguato troverei la cosa vagamente imbarazzante. Nel frattempo la piccola pazza gli trotterella dietro cercando di stare al suo passo, estremamente preoccupata e le si può leggere in faccia che non ha la minima idea di cosa fare adesso, e ciò non mi rassicura per niente. Se non altro però, a quanto pare non sono l’unico a non aver mai affrontato una sparatoria, anche se mi aspettavo che almeno lei, con millenni di esperienza, sapesse qualcosa di combattimento, considerando che nonostante il suo fisico sa strappare la trachea di un uomo a mani nude per poi prosciugarlo completamente.

Si, ho visto mentre lo faceva.

No, non è stato piacevole.

Se non altro era qualcuno che sembrava meritarselo, considerando che aveva una pistola in mano e stava cercando di rapinarla. Che brutta sorpresa che si è ritrovato.

E’ una donna, Carlos. Non ha mai dovuto combattere contro altri vampiri. Al massimo ha dovuto …

Ok, meglio che mi fermi qui. Cassiopea riscuote sempre un enorme successo nel mondo maschile ma non è un buon motivo per darle della puta, nonostante ammetto che sia una ragazza molto facile per certi versi.

Irwin mi appoggia malamente sul sedile posteriore dell’Hammer e gli altri non morti si affrettano a salire in auto prima che arrivi la polizia, le cui sirene incominciano a sentirsi in lontananza. Avrei sperato fosse arrivata prima, considerando che il chiamarla è stato il motivo per cui mi hanno sparato.

Hijo de puta. La delicatezza non è il tuo forte eh?!

Il sangue continua a sgorgare copiosamente e incomincio a vedere del nero pece attorno al mio campo visivo. I sudori freddi sono aumentati. Sto per svenire.

Respira.

<< Hey, HEY! Svegliati! Rimani con me! >> Dice la greca scuotendomi dall’inizio del mio torpore << Andrà tutto bene…  Andrà tutto bene >>  Incomincia a ripetere poi in maniera compulsiva e terrorizzata.

Rassicurante.

Assieme a me viene messo sulla macchina un altro ferito, uno dei nostri aggressori. L'unica cosa che mi impedisce di incominciare a sbraitare e chiedere perchè ce lo stiamo portando dietro è la pietà, caratteristica che non sembra esserere comune tra questi mostri. 

L'uomo, disteso affianco a me e liberato dalla giubba antiproiettile, continua a gemere. Mentre il suo petto si alza e si abbassa con il respiro, incerto, le costole si muovono in maniera innaturale. L'odore di polvere da sparo, sangue e sudore mi invadono le narici, dandomi la nausea. Anche la posizione dell'uomo è innaturale, quasi scomposta. Per un momento sono quasi felice di quello che mi è capitato, rispetto a questo disgraziato.

Realizzo in quel momento, in maniera quasi automatica, che questi mostri sono non morti. Che si nutrono di sangue. E io sto morendo dissanguato sul sedile posteriore dell’auto di uno di questi, neanche fossi della coca sventolata sotto il naso di un dopado. Se anche solo ad uno di questi partono i cinque minuti finirò per non arrivare a vedere l’alba di domani.

Che magnifica serata! Penso sarcastico, cercando di trattenere l'isteria.

Qualcosa di grosso viene messo in malo modo nel bagagliaio dell'auto. Il fatto che quel qualcosa continui a gemere e a divincolarsi, facendo vibrare la grossa macchina su cui sono stato posto mi fa venire un'ondata di panico. 

Il bagagliaio dell'auto viene chiuso violentemente.

Meglio non pensarci, ho altri problemi a cui badare. 

Sono circondato da una combriccola di non morti completamente diversi tra di loro, per la precisione un oracolo dell’Antica Grecia, un cavaliere medievale inglese, un industriale scozzese del  ‘700 (e già questo dovrebbe denotare qualche problema), un gangster afroamericano, un informatico paranoico di non-si-sa-dove-perché-non-ce-lo-vuole-dire-porque- tienes -una- escopa- en-el-culo, e un vampiro che non vuole essere un vampiro e per questo viene bullizzato dagli altri vampiri. 

Viste queste premesse, sono davvero fortunato ad essere nelle condizioni in cui sono. Ammesso che io sopravviva.

L'auto parte con un leggero rombo, mentre l'altro uomo ha incominicato a tossire violentemente.

Mi volto verso di lui, e noto che ciò che sa tossendo è altro sangue. Altre goccie di sudore incominciano ad imperlare la mia fronte.

Non voglio morire.

<< Non c'è niente da fare, Irwin. Sei sicuro di non volerlo rendere un tuo ghoul? Forse potrebbe allungargli la vita, ma è un tentativo davvero disperato... >> Dice Paracelso, seduto davanti a me, mesto.

Il Bruto rimane in silenzio, ma avrei potuto giurare che sulla sua faccia si fosse dipinta un'espressione cupa.

Trattengo una risata, folle, mentre la rabbia mi invade. 

Paradossalmente mi sembra uno di quei bambini troppo cresciuti per la loro età, che una volta che gli è stato rotto il giocattolo, incomincia a dispiacersi.

Beh, la prossima volta potevi pensarci prima. Gli umani non sono giocattoli. Non sono burattini. 

Io non lo sono.

La mia vita vale molto più di un'attimo, nonostane quello che sembra pensare il mio domitor.

In quel momento sento squillare il mio telefono.

TAN TAN TAN TAN TA-TAN TAN TA-TAN.

La “Marcia di Darth Vader” incomincia a risuonare come una promessa.

Altri guai in arrivo, come se non fossero abbastanza.

TAN TAN TAN TAN TA-TAN TAN-TA-TAN

<< Qualsiasi cosa succeda non rispondete! >> Esclamo con voce rotta dal dolore.

E’ il Primo Malkavian, e non sto rispondendo al telefono da più di un’ora. Il mio datore di lavoro si starà già facendo prendere dal panico non sapendo come sta la sua preziosa sorellina. Sono in guai seri, ma se rispondo adesso lo sarò ancora di più.

La macchina è già partita da un po', quando il rumore di un'esplosione rimbomba alle nostre spalle.

L'uomo affianco a me spira, emettendo l'ultimo rantolo gorgogliando sangue.

Risponderò più tardi.

  
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