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Autore: Luxanne A Blackheart    04/09/2018    2 recensioni
"Amali con tutta te stessa e lasciati consumare, io l'ho fatto."
La Francia.
Patria dei più grandi filosofi e scrittori.
Parigi.
La città più bella del mondo, la più grande, la più popolata.
Amaryllis, scrittrice per diletto dalla personalità eccentrica e principessa di Danimarca per volere di Dio, figlia Di Zafiraa. Aveva lascitato la sua terra natia per recarsi in Francia per conoscere il suo futuro marito, Jean Paul de Conde.
Jean Paul, principe sesto in linea di successione al trono francese, musicista per vocazione dagli occhi azzurri e cuore di ghiaccio.
Albert de Camus, amico di infanzia del principe, nasconde un segreto scomodo.
Tre anime affini si incontreranno nella bella e sporca Parigi in quest'ultimo capitolo della saga di "Neve e Fuoco".
Nelle vene di Amaryllis scorre sangue di fuoco, passione e neve.
Il vaso di pandora verrà finalmente scoperchiato e tutti i segreti di generazioni passate con esso. L'eco di Costantinopoli risiede nei loro cuori così come nelle loro azioni.
Siete pronti a vestirvi come le belle dame e i gentiluomini francesi per immergervi in questa tragica e meravigliosa ultima avventura e farvi consumare da Amaryllis, Jean Paul e Albert?
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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II
 
Ci era voluto poco per vestirsi e scappare nel cuore della notte al villaggio più vicino alla tenuta. Fin da quando era bambina, le era sempre piaciuto indossare abiti maschili, poiché le calzavano a pennello e non doveva stringersi in inutili corpetti e stare attenta a non inciampare nelle innumerevoli gonne.
 
Nel corso di quei due anni, ovvero quando era cominciata la sua silenziosa ribellione al sistema reale, aveva imparato a sellarsi i cavalli da sola senza dover appositamente svegliare un servitore. In una piccola sacca in pelle, che si era fatta comprare dalla sua dama di compagnia, nascondeva il suo taccuino sul quale avrebbe proseguito la stesura di quello che lei considerava il suo romanzo. Il suo primogenito, la sua prima gioia.
 
Ci lavorava da quasi due anni, aveva cominciato quasi per gioco, per fuggire dalla noia delle lezioni e dallo stress di palazzo. Le principesse non avevano granché da fare, oltre cucire e trovarsi un marito. Tuttavia, la scrittura non era un affare per donne, figuriamoci per una principessa! Quindi l’unica soluzione era farlo di nascosto, senza attirare occhi indiscreti. Più lontana si trovava da tutti quelli che la conoscevano, meglio era.
 
Aveva trovato rifugio in una semplice e squallida taverna, utilizzata dai contadini per sbronzarsi e non pensare alle interminabili ore di lavoro che li avrebbero aspettati il giorno dopo. Erano animali travestiti da umani.
 
Si era nascosta in un vecchio mantello di suo fratello, aveva ordinato una bevanda alcolica e cominciato a produrre. Tutto il chiasso, il vociare, le grosse risate di uomini e puttane, non le davano fastidio; anzi poteva prendere spunto da tutta quella ilarità, dolore, stanchezza e povertà per scrivere di persone reali, che soffrivano e vivevano veramente. Le parole venivano da sé, così come i personaggi che le parlavano e le dicevano cosa fare.
 
Lei era una intermediaria, i suoi personaggi erano realmente vivi, una sorta di amici reali, veri, che potevano capirla come nessuno sapeva fare. Poteva rifugiarsi nelle loro azioni, nelle loro parole, nella loro realtà e trovare sempre un luogo sicuro.
 
—Oh, ma guarda un po’ chi abbiamo beccato in flagrante, Albert! — Amaryllis sussultò, avendone riconosciuto la voce.  Il principe Jean Paul e il marchese Albert de Camus si trovavano davanti a lei, sorridenti e sopresi allo stesso tempo, ma anche molto ubriachi, a giudicare dalla puzza di alcol e dal sorriso sghembo del principe. — Allora siamo proprio fatti l’uno per l’altra, principessa! Che cosa ci fate qui? È vestita da uomo! —
 
Quell’idiota praticamente urlava e stava attirando tutta l’attenzione su di loro.
 
—State zitto o così attirerete tutta l’attenzione su di noi. Non voglio essere messa in mezzo a qualsiasi cosa voi due stiate facendo qui. — Amaryllis serrò il taccuino, lanciando un’occhiataccia al principe e al marchese. Le avevano appena rovinato la serata quei due.
 
—Vi prego, chiamatemi Jean Paul e non in qualsiasi altro modo, considerato che vivremo molti anni assieme felicemente sposati e con tanti pargoli franco-danesi che scorrazzeranno in giro per la tenuta! —
 
—Jean Paul, stai zitto, non dare spettacolo come tuo solito! — Il marchese lo tirò per un braccio, sia per sorreggerlo che per farli uscire dalla taverna. Era talmente ubriaco che a stento riusciva a reggersi in piedi. — Amaryllis, vi prego, seguiteci. Mi dispiace avervi rovinato la serata, ma Jean Paul sa essere un vero cretino quando esagera con il vino. —
 
—No, non fa nulla. — Mentì la principessa danese, raccogliendo tutto ciò di cui disponeva e inghiottendo l’ultimo sorso di birra.
 
—È la mia donna ideale, Albert! Hai visto cosa ha fatto?! Sposiamoci adesso, principessa, troviamo un prete! — Jean Paul cercava di oltrepassare l’amico marchese per raggiungere la principessa, ma Albert glielo impediva, alzandolo di peso da terra, issandoselo su una spalla e poi uscendo dalla taverna, seguiti da Amaryllis.  —Oh, mon Dieu! Vedo la terra sottosopra, che cosa sarà mai successo al mondo? —
 
Albert sospirò, anche se aveva un leggero sorrisetto che non riusciva a trattenere. Probabilmente se non l’avessero incontrata avrebbero fatto qualcosa di proibito, esattamente come stava facendo lei.
 
—Vi prego marchese di scusarmi, non volevo rovinarvi la serata. — Amaryllis si avvicinò al marchese, che nel frattempo aveva posato il principe per terra, preso da orribili attacchi di vomito.
 
L’aria e la tranquillità notturna erano una vera e propria benedizione per i sensi.
 
—No, dovete scusare lui. Voi non avete nessuna colpa, sua altezza. —
 
—Vi prego di chiamarmi Amaryllis quando siamo soli o durante queste circostanze, marchese. Non sopporto tutte queste formalità, le reputo inutili. —
 
—Questo vale anche per voi, Amaryllis, noi per lei siamo Albert e Jean Paul. — Le sorrise e subito la fossetta si formò al lato della bocca, donandogli quell’aspetto da tenero uomo che sicuramente sfruttava con le gentildonne.
 
—Oh, Jésus Enfant, giuro che non berrò mai più! — Urlò Jean Paul, sollevandosi da terra con gran fatica. Amaryllis lo guardò quasi schifata.
 
Era esattamente come tutti gli altri, probabilmente quella mattina si sentiva poeta e meno ignorante del solito per risponderle in quel modo.
 
—Lo giuri ogni sera, Jean Paul. È un ciclo che non terminerà mai con te, caro amico mio. — Albert si chinò pazientemente e lo aiutò a rimettersi in piedi.
 
—Be’, vi lascio alle vostre goliardate, signori. Io ritorno alla tenuta, non vorrei che qualcuno non mi trovasse nel letto. —
 
—Potete sempre dire che eravate nel mio, di letto, principessa! — Amaryllis scosse il capo e salì sul cavallo, quasi disgustata. Erano tutti uguali, non c’era nulla da fare. — No, vi prego! Non andatevene! Cosa ne sarà del nostro matrimonio?! Io mi sono innamorato di voi, stasera non mi rifiutate così! —
 
—Fate attenzione e scusatelo, domani si pentirà di tutto ciò che ha detto. —
 
—Non ho dubbi, Albert. — E senza aggiungere altro, la rossa Amaryllis cominciò a cavalcare verso la tenuta.
 
—Amico mio, questa donna ci darà un sacco di problemi. — Albert sorrise, osservando il suo amico, ormai ricaduto al suolo, intento nel cercare di afferrare una stella.
 
—Uh, guarda, una farfalla! —
 
—Che cosa avrò mai fatto di male? — Domandò ironico il marchese, riabbassandosi ad afferrare l’amico.
 
 
 
 
—Vedo che i nostri cari amici ci abbiano abbandonato, Ágnès, questa sera siamo rimasti solo in due. — La contessa sussultò, nel venire assalita alle spalle dal marcato accento russo di Dimitri Ivanov.
 
—Potete sempre raggiungerli al villaggio, Dimitri. Si staranno sicuramente sbronzando, tra poche ore saranno di ritorno. —
 
Le poche candele che illuminavano l’ampio corridoio, avevano donato all’ambiente un colore giallastro e i due sostavano nella penombra. Ágnès non voleva voltarsi a guardarlo o semplicemente parlarci, poiché lo considerava ancora uno sconosciuto. In quei due anni, da quando Dimitri si era aggiunto alla loro combriccola, non avevano mai effettivamente legato; il gentiluomo russo non le era mai piaciuto, sebbene lui avesse cercato in tutti i modi di creare un legame.
 
—No, non mi piace bere. —
 
—Un russo a cui non piace bere? Siete molto strano, Dimitri. —
 
—Noi russi non siamo tutti ubriaconi, poveri e mangiatori di patate come voi ci immaginate, sapete? Avete molti pregiudizi. —
 
—Non volevo offendervi, signor Ivanov. —
 
Lui era ancora dietro di lei, poteva sentire il suo alito sfiorarle il collo pallido, ogni volta che apriva bocca, mentre lei osservava il cortile che si affacciava sull’entrata. Un uomo, che non aveva mai visto, si fermò e scese da cavallo.
 
Aggrottò le sopracciglia, era una cosa fuori dal comune che non aveva mai visto fino a quel momento e inoltre non sembrava affatto un uomo dal modo in cui camminava.
 
—Chi è quell’uomo? —
 
—Chi? — Chiese, affacciandosi e poggiando le mani accanto alle sue. Ágnès si ritrasse, avendo sentito il suo tocco sfiorarla.
 
—Quello che è appena sceso da cavallo. Passo qui ogni sera ad aspettare quell’irresponsabile di Jean Paul e il povero Albert e ogni sera sono gli unici a varcare la soglia del castello. —
 
—Strano. —
 
L’uomo accarezzò il collo del cavallo e con un gesto secco si levò il cappello e una folta chioma rossa si aprì sulle spalle di questo, che però era una donna, la principessa Amaryllis.
 
—Ecco spiegato il mistero. — Aggiunse ridendo Dimitri. — Mi sarei aspettato chiunque, ma non lei. Si era ritirata nelle sue stanze molto presto, ecco spiegato il perché. —
 
—E lei sarebbe una principessa? — Domandò in tono di scherno la contessa. Non aveva un’alta opinione di Amaryllis, sembrava guardare tutti dall’alto in basso.
 
—Non siate dura con lei, Ágnès. Almeno avrete un po’ di sana competizione femminile. — Dimitri la guardò, sentiva i suoi occhi di ghiaccio addosso, ma lei continuò a guardare la principessa. Alzò lo sguardo e li vide, li salutò timidamente con la mano e loro ricambiarono. —Ma se avete paura che ella prenderà il vostro posto, state sicura che siete scolpita nel cuore di tutti. —
 
La contessa sussultò, quando lui le accarezzò il dorso della mano con le dita. Involontariamente lo guardò negli occhi, ma se ne pentì raramente.
 
—Smettetela, Dimitri. —
 
—Di fare cosa? — Ágnès ritirò la mano con fare superiore e lo guardò male. Odiava i finti tonti.
 
—Di fare qualsiasi cosa voi stiate facendo. Smettetela. Dovete sempre rovinare tutto! — Sbuffò la contessa e senza aggiungere altro, fuggì via verso le sue stanze.
 
Le aveva rovinato la serata. Se c’era una cosa che odiava più delle principesse saccenti e snob, erano propri i russi dagli occhi di ghiaccio che non sapevano stare zitti e al posto loro.
   
 
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