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Autore: badheadache    07/09/2018    2 recensioni
Draco semplicemente pensava che a Potter piacesse la loro competizione, e anche lui la trovava divertente e soddisfacente, anche se ogni volta arrivavano ad insultarsi le famiglie. Era qualcosa simile a una certezza. Peccato che quest'anno Draco avesse altro da fare rispetto a insultare Potter. Gli sarebbe mancato, sicuramente.
Mentre percorreva il corridoio del treno, penṣ a come sarebbe stato se lui e Potter fossero diventati amici. Draco l'avrebbe consegnato al Signore Oscuro? Era una bella domanda. Probabilmente, se Potter non fosse coś odioso, non l'avrebbe fatto. Ma era odioso, quindi Draco poteva anche non avere alcun rimorso, se avesse dovuto consegnarlo.
Forse.
(Warning: Slytherin Harry)
Genere: Dark, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Hateful
Capitolo 4 - Sporco


Perché...?"

Harry guardava Draco spaventato e spaesato. Gli occhi del biondo riflettevano la luce verdognola e malsana dell'acqua del lago nero, ed Harry cercava di percepire qualche reazione da parte del biondo, anche solo un muscolo teso, o uno sguardo traditore. Invece se ne stava lì, fermo nell'oscurità come una statua marmorea a fissarlo: chissà da quanto. Harry si toccò la guancia su cui si era addormentato e si rimise a posto gli occhiali per essere più presentabile, anche solo per darsi un tono; si sentiva nudo davanti uno sguardo così glaciale, privo di espressività corporea. 

"Sei davvero il prescelto?" 
La domanda arrivò talmente veloce che Harry non credette subito fosse partita dalla sua bocca; eppure Malfoy era lì ad aspettare una risposta, a pretenderla

"Perché esci tutte le notti?"
Gli occhi di Draco si assottigliarono. Harry non aveva mai avuto molto tatto a fare le domande, soprattutto in risposta ad altre domande. Sapeva di aver sicuramente toccato un tasto dolente, che voleva sviscerare ad ogni costo. 

"I cazzi tuoi, Potter?"
Harry percepì tutto l'astio che Malfoy cercò di inserire nel suo tono. Eppure sapeva che al biondo non piaceva uscire di notte per così tanto tempo. Sebbene suo nemico, da tempo lo conosceva abbastanza bene da dire che non avrebbe mai avuto il coraggio di avventurarsi così tante volte fuori dai sotterranei da solo, per non parlare dell'aspetto sciupato che aveva costantemente. Decise di mantenere una calma fredda, tipica del ragazzo biondo; quando sentì la propria voce, ebbe un fremito.
"So che c'entra Voldemort, Malfoy. Un patetico vigliacco come te non andrebbe mai così tanto tempo in giro per Hogwarts a notte fonda, se non sotto ordine".

Si dimenticò immediatamente ogni buon proposito verso il biondo. Malfoy si alzò dal divanetto, scagliandosi contro di lui, e gli piazzò un bel pugno in faccia. Harry, ancora assonnato, non riuscì ad evitarlo, ma per ripicca gli balzò addosso, bloccandolo a terra con uno schiaffo secco.

"Se proprio ti piace tanto stare dalla loro parte, Malfoy, potrei anche decidere di ucciderti qui, in questo momento. Che ne dici?"
Vide gli occhi di Draco dilatarsi dalla paura, mentre scalciava per liberarsi. "N-non ne saresti capace".
"Pensi? E chi ti dice che al tanto acclamato prescelto non venga fuori, molto spesso, il desiderio di uccidere coloro che gli hanno tolto una famiglia, e ora persino il padrino? Chi ti dice che ogni notte io non pensi a come desidero con ogni fibra del mio corpo di continuare a torturare la tua cara zietta purosangue, che ride mentre uccide?"

Draco tacque, in preda al terrore. Tentò di liberarsi scalciando ancora, ma fu tutto fallimentare. Quasi singhiozzò, quando lo guardò negli occhi. Erano follia pura, si disse Draco, e ne era dannatamente spaventato.
"Tu non sei così".
A quell'affermazione, quasi si vergognò, tentò di distogliere il suo sguardo da quello del moro, che logorava ogni suo ragionamento. "Non avresti salvato mia madre, se pensassi davvero a tutte queste cose". 
Harry voleva credere a Draco. Voleva, ma nel suo intimo sapeva che questi pensieri li aveva avuti, eccome. Per la prima volta li aveva detti ad alta voce, a una persona di cui non si fidava, per giunta: farlo gli aveva dato un senso di adrenalina che gli aveva lasciato il fiato corto, sudore sulla fronte e nervi scattanti, vigili. 
Era una sensazione di potere mai provata, costantemente rifiutata dal buonsenso Grifondoro che caratterizzava ancora -sebbene in parte- Harry. 
Di notte, chiuso nel dormitorio Serpeverde, lontano almeno sette piani da tutti i suoi affetti più cari, il prescelto aveva rimosso completamente ogni freno inibitorio, prendendosela col Principe delle Serpi. 

"Se io non sono così, allora nemmeno tu lo sei - anche se dubito, di entrambi". Afferrò la costosa maglietta di Draco, lo rialzò e lo spinse verso l'uscita della Sala Comune. Non aggiunse niente, perché esattamente in quel momento sentì la cicatrice dolergli: mascherò come poté il dolore e cercò di concentrarsi su cosa stava vivendo in quel momento. Draco però, esperto in mascheramento di emozioni, capì subito che qualcosa - oltre alla follia di Potter manifestatasi poco prima - non andava. Cogliendo al volo l'occasione, riuscì con il suo corpo molto magro a fuggire dalla presa di Potter. Dopo avergli scoccato un'occhiata tra la rabbia, il risentimento, e una sorta di tristezza, se ne andò dal dormitorio.
Quando la porta si chiuse, Harry cadde in ginocchio, tremante.

*

Draco correva, infischiandosene del pericolo di Gazza e di qualsiasi altro rumore che le altre notti, mentre andava nella Stanza delle Necessità, lo facevano sobbalzare. Nella Sala Comune di Serpeverde aveva provato una genuina paura; non terrore, sentito solamente davanti al Signore Oscuro, ma qualcosa che probabilmente gli si avvicinava. Aveva visto una somiglianza tra Potter e il Signore Oscuro che non aveva mai notato. Aveva incontrato Potter ormai sei anni fa, e, seppur sempre stato sua nemesi, poteva dire di conoscere tutti i suoi atteggiamenti, soprattutto il comportamento che aveva quando si arrabbiava con lui. 

Eppure quella sera Potter aveva ribaltato le carte in tavola. Draco sentiva dentro di sé qualcosa che si stava rompendo: non aveva mai pensato ad Harry come una persona cattiva. Era lui il cattivo, quello che lo scherniva e lo invidiava, nel profondo del cuore. Aveva accettato questa parte. Perché, proprio in questo periodo di merda che stava passando, una delle sue grandi certezze era venuta a mancare così di colpo? 
Si era accorto che Harry non era solamente un colore, ma una vasta sfumatura di tutto, mentre Draco lo aveva sempre visto come il bianco, e di conseguenza lui il nero. Aveva qualcosa di nero dentro - ce l'hanno tutti, si ripeteva; ma mai aveva pensato di scorgerlo in Potter. Senza volerlo, le sue gambe iniziarono a camminare sempre più velocemente fino a farlo correre a perdifiato nei corridoi bui che ormai conosceva a memoria. 

Trovandosi davanti a quel corridoio purtroppo familiare, Draco ebbe un altro momento di debolezza: senza neanche porsi la domanda, si rispose. Nonon voglio farlo. Si stava per accasciare su quel muro freddo, quando comparve una porta. Draco la guardò allibito: non aveva pensato la stessa cosa, e nemmeno per tre volte. Possibile? Mosso dalla curiosità, abbassò la maniglia della porta, per aprirla lentamente e infilarcisi dentro. 

Si trovò in una stanza impolverata, rotonda, con una finestra. La luce della luna entrava attraverso un fascio che accarezzava delicatamente un grande oggetto, posto in fondo. Draco si avvicinò, timoroso. Si trovò davanti a un grande specchio, talmente sporco da riuscire a malapena a scorgere la sua figura. Era alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata, seppur polverosa. Il biondo lesse un'iscrizione incisa in alto, "Erouc li amotlov li ottelfirnon".

Draco, essendo un mago purosangue cresciuto insieme alla magia, capì immediatamente di aver trovato un oggetto leggendario quanto il Cappello Parlante. Eppure, non capiva che tipo di specchio era. Era troppo grande per essere un Avversaspecchio, e non sembrava neppure maledetto come quelli da Magie Sinister. Fissò la sua immagine, riconoscendosi a malapena. Pensava di avere un labbro rotto dallo scontro con Potter, e toccandosi effettivamente scoprì di averlo. Perché lo specchio non lo rifletteva? 
Inoltre, allo Specchio Draco non stava sicuramente sorridendo, ma il suo riflesso aveva un sorriso talmente spensierato che pensò non gli fosse mai appartenuto. Draco, di primo avviso, pensò che lo specchio fosse incantato per fare in modo che il riflesso rispondesse al proprietario, come era solito fare un normale riflesso nel mondo dei maghi. Ma, seppur passasse il tempo, il riflesso non dava segni di risposta, neanche di volersi prendere gioco di lui. Lo fissava con quell'aria felice, che Draco, dopo lungo tempo, si scoprì invidiare. 

Perché era così felice? Draco osservò attentamente il resto. L'iscrizione, seppur senza un senso di primo impatto, letta al contrario significava... "Non rifletto il volto ma il cuore".
Draco sbarrò gli occhi verso il suo riflesso, che non fece altrettanto. Lentamente, il braccio destro andò a sollevare la manica sinistra, e il riflesso, questa volta, fece altrettanto, rivelando un braccio pallido e non marchiato, a differenza del suo. 
Draco scagliò un debole pugno allo specchio, inginocchiandosi. Due lacrime gli rigarono l'espressione triste.

 

Tornò nel dormitorio dopo un tempo indefinito, seppur lunghissimo. Draco sarebbe rimasto lì per almeno una settimana, ma si costrinse a mollare la presa su quel sogno possibile solo attraverso un riflesso. Subito dopo aver passato la porta della stanza misteriosa, Draco si sentì come un vaso ridotto in mille pezzi. Talmente tanti da non potersi riassemblare, se non davanti a quello specchio. 

*

Il giorno dopo si alzò prima di tutti - di vedere la faccia di Potter ancora non se ne parlava - si preparò al meglio, cercando di sentirsi dentro sistemato bene come il suo aspetto esterno, e si posizionò in Sala Grande ad aspettare i suoi compagni, sorseggiando caffè. Era una quotidianità che tranquillizzava Draco, quella. Si promise di farlo più spesso, seppur avesse dovuto dormire circa tre ore a notte. 
Blaise lo raggiunse quando la Sala iniziava a riempirsi di vita. Si mise davanti a lui - non al suo fianco - e lo guardò negli occhi finché Draco dovette sputargli i suoi pensieri addosso. Con Blaise o parlava ad enigmi, o a cuore aperto, ed andava bene così.
"Ieri è stata una delle serate peggiori della mia vita".
"Bell'inizio". Si mise comodo.
"Ho litigato con Potter, cioè, l'ho trovato in Sala Comune, addormentato sui libri. Mi stava per forza aspettando".
"Perché il mondo gira attorno a te, vero?"
"Una cosa del genere". Si concesse un sorriso. "Si è svegliato, e io sono rimasto fermo a guardarlo perché non riuscivo a muovermi, quello Sfregiato, mi ha messo ansia ieri sera.
Abbiamo litigato pesantemente, siamo arrivati alle botte Blaise, mi ha minacciato - ha minacciato di uccidermi".
Blaise era tutt'orecchi, e all'ultima frase fece una smorfia uguale a quella che faceva Pansy quando le compagne le raccontavano i gossip più shockanti.
"Salazar, Blaise!" Gli diede un calcio da sotto il tavolo. "Cazzo, era serio quando me l'ha detto!"
"Sei sicuro? Non riesco ad immaginarmi Potter che ti minaccia sul serio Draco".
"Nemmeno io, fino a ieri! Per fortuna, poi credo che gli abbia fatto male la cicatrice, e io ne ho approfittato per scappare e anche a gambe levate".
Draco stava per continuare a raccontare, ma si rese conto di non voler far sapere dell'episodio dello specchio nemmeno al suo più grande amico. Era una cosa intima, riservata, quasi una debolezza. Per fortuna, arrivò Pansy di umore incredibilmente più nero del suo. 
"Hai fatto dei bei sogni, Pans cara?"
Lei si mise di fianco a Draco, e tirò un calcio a Blaise da sotto il tavolo.
"Non è giornata".
"Quando mai è giornata per te, di mattina?"
Pansy gli sferrò un altro calcio, più scherzoso.
"Mai". E tutti e tre si misero a sghignazzare.

 

Durante la giornata Potter appariva serio e distaccato - lo era sempre, in realtà, quando frequentava le lezioni coi Serpeverde senza essere in comune coi Grifondoro. Draco quel giorno lo studiò più a fondo. A volte, cercando di non essere visto da nessuno - o al contrario, facendo finta di niente - scarabocchiava una frase e la cancellava subito con la piuma. Era già la seconda che cambiava in giornata, e durante Pozioni che piuma gli serviva? Era già incredibilmente bravo così, di colpo, dal sesto anno di scuola. Eppure durante quella lezione non faceva niente per aiutare il suo compagno Tassorosso, tra l'altro in grave difficoltà. Sedeva mogio, con la testa appoggiata al braccio, mentre teneva l'altro floscio per tutta la lunghezza del banco, la piuma adagiata in mano. La divisa gli stava leggermente stretta, ma Draco era sicuro che non gli importasse - forse nemmeno se n'era accorto. Dal nero del tessuto spiccava un braccio lievemente abbronzato, tonico, simile a un dipinto del rinascimento, a causa del chiaroscuro presente nell'aula di Pozioni. Quello stesso braccio che ora Draco stava osservando con tanta morbosità, ieri sera stava per strozzarlo, eppure non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Rimaneva un braccio così... puro. Non marchiato. 
Potter finalmente si accorse che Draco lo stava guardando, e il biondo decise di non distogliere lo sguardo. Era una rivincita personale rispetto a ciò che era accaduto ieri sera, seppur minima: detestava farsi vedere debole, soprattutto agli occhi di Potter. Dal canto suo, il ragazzo riccio non distolse lo sguardo, ma nemmeno aveva un'aria di sfida. Si limitava a guardarlo. 
Draco sarebbe rabbrividito se non avesse avuto autocontrollo.

Potter schiuse le labbra e gli disse qualcosa. Draco non aveva intenzione di posare lo sguardo sulle sue labbra, ma lo fece, vinto dalla curiosità. 
"Dobbiamo parlare".
Draco venne preso in contropiede per la seconda volta in poche ore. Voleva stare alla larga da Potter, con tutta la mente, ma nel frattempo non riusciva a girarsi e ignorarlo. Perché Potter voleva parlargli? Non erano amici, e mai avrebbero dovuto esserlo, anche se Draco ci aveva sperato, una volta. Inoltre, ora non riusciva più a... fidarsi. Già, due nemici non si dovrebbero fidare tra loro, ma in ogni litigata, sia piccola che plateale, entrambi stavano attenti a non ferirsi a morte; esageravano solo con il linguaggio. Era una piccola regola insinuatasi tra loro sin dai primi giorni di scuola, e che da poco si era estesa pure su argomenti che non dovevano assolutamente toccare. Anzi, ormai le loro liti erano un lontano ricordo: entrambi avevano qualcosa di più importante, incombente, di cui occuparsi. 
Eppure Draco, in quel momento, decise che anche lui voleva parlargli. Era un'idea folle, uno slancio di coraggio, una testardaggine degna di un Grifondoro, ma si ritrovò ad annuire leggermente, e a lasciare che Potter gli dicesse di organizzarsi per fare in modo di rimanere soli in dormitorio. Era inutile gironzolare per Hogwarts, visto che il moro era effettivamente un Serpeverde.

La lezione finì, e Draco si lasciò avvicinare all'orecchio di Potter, in un modo talmente casuale che lui stesso si complimentò con il suo talento nel rimanere discreto.
"Non farmici pentire".

Il moro sussultò, e, incontrando i suoi occhi smeraldini, Draco lesse determinazione e pentimento. Scosse la testa piano, riabbassandola subito dopo. 

Draco si affrettò a raggiungere i suoi compagni di una vita.
Cosa ho fatto?

 

 

Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Dopo due mesi riesco finalmente ad aggiornare questa ff che amo sempre di più. Sviscerare un OCC di Harry sembra facile, rispetto ad analizzare il caratteraccio di Draco, eppure proseguo imperterrita. Li amo troppo.
Questo capitolo è incentrato sulle debolezze di Draco, con le quali non riesce a convivere, seppellendo la testa nella terra; ma Harry arriverà ancora -tra pochissimo- a sbattergli la realtà addosso. 
Nel mentre che aspettiamo, donatemi una recensione! Farete felice un autore (me) e lo spronerete a scrivere la storia in meno tempo.
Ci sentiamo nelle recensioni!
howdigetsofad
  
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