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Autore: Lady_Night    09/09/2018    1 recensioni
Ho sempre voluto scrivere la mia storia. Far conoscere agli altri ciò che sono e ciò che ho passato per diventare la me stessa di adesso. Spero di potervi aiutare a vedere la vita come il dono prezioso che é.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La morte molto spesso viene citata come “una vecchia amica”, per alcuni può non significare nulla, ma per persone come me, questa frase rappresenta tutta una vita. Ho scoperto cosa voleva dire morire all’età di 5 anni, in un vocabolario troverete la dicitura “cessazione definitiva di tutte le funzioni vitali”, ma io la interpretai in modo diverso. La pace, pura e semplice. Niente dolore, niente rabbia, niente tristezza. Ora, non pensiate io abbia qualche malfunzionamento cerebrale, ma la prima volta che pensai al suicidio fu a 6 anni. E non ci pensavo come fosse un gioco, o uno scherzo. Ci pensavo seriamente. Non so da dove mi fosse venuta quell’idea folle e assolutamente strana per una bambina di quell’età. Sta di fatto che da quel momento in poi la morte divenne come la mia ombra. Il mio primo vero tentativo di porre fine alla mia vita lo misi in atto ad 11 anni. Ero così triste, così apatica che mi sentii inutile. Mi chiesi perché vivessi se l’unica cosa che facevo era soffrire. Ci provai con una lametta, avete presente? Insomma, il solito cliché da film dramma. Ci ero andata molto vicina, ma i miei fratelli mi interruppero prima che compissi quel gesto così stupido. Non scoprirono niente ed io feci finta di nulla. Divenne una specie di rito. Ogni giorno tornavo a casa da scuola e poggiavo la lametta sul polso e mi ripetevo come un mantra “presto potrai farlo, abbi pazienza”. Mi faceva sentire più vicina all’unica cosa che credevo potesse arrecarmi sollievo. Provai in tutti i modi ad uccidermi, cercai di farmi investire, cercavo con lo sguardo i palazzi più alti da cui avrei potuto buttarmi. Ogni cosa mi riportava a quell’unico obbiettivo, ero ossessionata. Poi, un giorno, scoppiai. Era l'anniversario della morte di mia mamma, ero triste e mi ero messa in disparte a pensare. Poco dopo arrivarono dei ragazzi di terza, cominciarono a prendermi in giro imitandomi e facendomi i versi. Quando tornai a casa ero distrutta. Si erano presi gioco del mio dolore, erano degli stronzi, eppure per qualche insano ragionamento pensai che avessi fatto qualcosa per meritarmelo. Quel pomeriggio quando mio padre andò al lavoro presi la lametta, e mi incisi la pelle, era la prima volta che osavo così tanto. Fu un dolore bruciante che si propagó per tutto il braccio, non era una ferita profonda, ma il sangue si vedeva già. Mi fermai un attimo, ed in quei pochi secondi mi guardai allo specchio. Odiai con tutto il mio corpo e la mia anima ciò che vidi riflesso in quella superficie. Mi fermai. Mi resi conto in quel momento di cosa stessi effettivamente facendo. Corsi fuori dal bagno gettando via la lametta, e mi fiondai in camera. Non piansi, rispettai la promessa che avevo fatto da bambina. Non so cosa successe, so solo che ero raggomitolata su me stessa. Le ginocchia erano schiacciate sul petto e la mia testa era affondata tra le gambe. Il mio corpo era percosso dai brividi ed il mio respiro era così affannoso e affaticato che per un attimo smisi di assimilare ossigeno. Avevo la nausea ed tutta me stessa era invasa da una folle paura. Non so se si possa definire propriamente un attacco di panico, ma fu orribile. Da quel momento decisi che sarei cambiata, ad ogni costo. Non importa quanto ci sarebbe voluto, o quanto avrebbero sofferto gli altri. Ero stanca di essere l’unica ad essere trattata male, quando tutto ciò che facevo era essere il più gentile possibile nonostante covassi troppa rabbia per il mio piccolo corpo. Un giorno avrei dimostrato che ero capace anche io di infliggere dolore. E lo dimostrai, eccome se lo dimostrai. Divenni una persona orribile senza nemmeno rendermene conto. Mi spiace solo che la persona che mi ha incontrata in quel momento, ora mi odi troppo per poter ascoltare la mia storia e potergli spiegare perché. Non mi sentirò mai abbastanza in colpa, e tutto ciò che sto passando adesso non sarà mai abbastanza. Ma parlerò di tutto ciò nel prossimo capitolo.
   
 
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