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Autore: jarmione    10/09/2018    1 recensioni
Michael ed Amy vengono mandati a Dallas per fare delle indagini e con la scusa di farsi una "mezza vacanza".
Nonostante le difficoltà iniziali, per i nostri protagonisti sarà anche l'occasione per conoscersi meglio.
Ma c'è qualcosa che non va a Dallas e la "mezza vacanza" rischia di tramutarsi in una tragedia.
Riuscirà Michael a concludere le indagini senza perdite?
Genere: Azione, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Knight family '
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“Michael!” La voce di Walker risuonò per tutto l’abitacolo di KITT “cosa hai scoperto?”
“Ho una pista e la sto seguendo” rispose Michael “mi farebbe comodo un po’ di aiuto”
“Dove?”
“1700 Pacific Ave”
“Vengo subito” e KITT chiuse il collegamento.
Raggiunto l’edificio corrispondente all’indirizzo segnato, Michael avvertì un brivido lungo la schiena.
Sentiva di essere vicino...fin troppo vicino.
La cosa che doveva fare, prima di ogni altra, era calmarsi e concentrarsi su quello che stava per fare.
KITT era con lui e teneva d’occhio la situazione di Amy tramite l’orologio della Fondazione ed infine il ranger Walker stava arrivando per dargli una mano.
Era tutto sotto controllo e non doveva lasciarsi sopraffare dalla rabbia, nonostante fosse difficile in quella situazione.
Fece un profondo respiro e si calmò.
Poco dopo, un bip lo ridestò dai suoi pensieri.
“Michael, Devon è in linea” annunciò KITT.
Michael chiuse gli occhi, non poteva ignorarlo per sempre.
Attivò il collegamento sul monitor, aspettandosi qualche predica.
“Ciao Devon”
“Michael! Sei sparito e non hai risposto alle mie chiamate!” Esclamò l’anziano “siete entrambi sotto la mia responsabilità ed ho il diritto di sapere come sta Amelia! E se fosse successo qualcosa anche a te? Ti rendi conto che mi hai fatto stare in pensiero?”
Michael sospirò, Devon era davvero infuriato e ne aveva tutto il diritto.
“Hai ragione, Devon” si arrese.
L’anziano fece per ribattere, ma sospirò e si sistemò la camicia “Dimmi solo che è fuori pericolo” implorò.
“Stanno cercando la cura” rispose Michael “per ora siamo in un vicolo cieco”
“Santo Dio” Devon era evidentemente preoccupato ed immaginava come si sentiva Michael.
Poi scosse la testa “Il monitor segna che ti trovi a Pacific Ave, è lontano dall’ospedale e dalla pensione che vi ho prenotato”
“Lo so”
“Che stai facendo?” domandò, aspettandosi tutto tranne che un “niente”
“Ho una pista e...”
“E...” incalzò Devon
“So che c’è Austin di mezzo” concluse Michael “se riesco a smascherarlo io...”
Devon sospiró e non osò fargli altre ramanzine.
“Mi raccomando stai attento, Michael” si raccomandò Devon “non farmi stare in pensiero e…non abbandonare Amy”
“Non intendo farlo” ma che razza di raccomandazione era?
“A presto Michael” e chiuse il collegamento.
Rimasto nel silenzio, Michael avvertì un altro brivido e, prima che potesse sfogare la sua rabbia appena risalita, dei colpi sul finestrino lo costrinsero a fermarsi.
Walker era arrivato e con lui il ranger Trivette.
Michael scese dalla macchina “Sei stato veloce”
“Posso esserlo di più, pur di aiutare quei ragazzi” disse Walker.
Osservó l’enorme edificio.
“Sei sicuro che sia qui?” Domando Trivette 
“Più che sicuro” Michael avanzò, raggiungendo l’ingresso.
Dentro era buio e pareva deserto.
“KITT aprimi” avvicinò l’orologio alla serratura ed essa scattò pochi istanti dopo “grazie amico, resta in allarme e guidaci”
“Subito, Michael”
Il trio entrò, osservando tutto intorno e assicurandosi che non ci fosse nessuno.
Le telecamere di sicurezza erano la loro unica compagnia, ma poco gli importava.
“Qui non c’è nessuno” commentò Trivette “da dove cominciamo?”
“Dovremo provare ai piani superiori”
“Michael” chiamo KITT dall’orologio “rilevo qualcuno all’ultimo piano dell’edificio”
“All’ultimo piano?” Trivette sgranò gli occhi “ditemi che l’ascensore funziona anche di notte”
“Andiamo” Walker li condusse verso l’ascensore.
Una volta dentro, Michael dovette resistere dal distruggere l’altoparlante che trasmetteva la classica musica da sala da attesa.
Era fastidiosa e subirla per quaranta piani era un vero e proprio inferno.
Pensò che quella musica fosse a giusta penitenza per tutte le sue colpe da sedici anni a quella parte.
“Quanto manca?” Si lamentò Trivette, anche lui visibilmente stanco.
“Siamo solo al ventitreesimo piano...ventiquattro” preciso Walker, sorridendo appena.
Dopo dieci minuti buoni, finalmente, raggiunsero l’ultimo piano ed emisero un sospiro di sollievo.
All’uscita non si trovarono in un corridoio con tante porte, ma direttamente all’interno di un ufficio.
L’unica porta doveva essere, probabilmente, il bagno.
Enormi piante, riposte in altrettanto grandi vasi, delimitavano il perimetro della stanza.
La luce era accesa e in fondo vi erano due enormi armadi, misti a scaffali, pieni di faldoni ed anche una scrivania con la sedia rivolta verso le finestre dietro essa.
Walker e Trivette fecero per avvicinarsi, ma Michael li bloccò.
“Sapeva che il mondo è piccolo” disse “ma per i miei gusti anche troppo”
La sedia si mosse e si voltò verso i tre, mostrando un uomo anziano e dall’aspetto distinto.
Le mani incrociate sotto al mento.
“L’ho sempre pensato anche io” disse “è un piacere rivederla, signor Knight”
“Non posso dire lo stesso...Austin” strinse i pugni.
“Come sta Amelia?”
La domanda sarcastica fece ribollire il sangue a Michael, che stava per scagliarsi contro Austin.
Walker e Trivette lo bloccarono appena in tempo.
Ci vollero alcuni istanti per farlo stare fermo, sotto la risata divertita dell’anziano.
“Come hai fatto ad uscire...”
“Di prigione?” Michael venne zittito “ti basti sapere che non esistono guardie penitenziarie oneste, figuriamoci i direttori dei carceri e superiori”
“Sapevo che avrei dovuto ucciderti quando ne avevo l’occasione”
Austin rise di nuovo, quasi a volerlo schernire “Ce l’hai ancora con me per quello che è accaduto un anno fa?” Domandò sarcastico “è acqua passata, adesso mi dedico ad altro”
Michael fece rischiamo a tutte le sue forze per evitare di tirargli un pugno in faccia, stessa cosa Walker e Trivette.
Questi ultimi sapevano che la situazione si stava trasformando in una battaglia di interessi fra i due.
Ma le indagini dovevano andare avanti.
“Perché fare del male a dei ragazzini?” Chiese Walker.
“Niente?” Sbottó Austin “quei ragazzini, come dite voi, sono stati la mia rovina” disse “essendo un uomo molto influente ero perfetto per fare il tutore legale di quei mocciosi, ma loro non pensavano a me, loro volevano cercare famiglia o tornare dalla loro” si alzò dalla sedia e superò la scrivania “c’erano delle percentuali che mi spettavano in base a ciò che accadeva ai ragazzi e la loro morte mi avrebbe fruttato parecchio, circa il dieci percento della somma assicurativa”
Sia Walker che Trivette ebbero un sussulto nel vedere e sentire tanta meschinità.
Non avevano mai visto un essere così infimo e disgustoso.
“Ma Amelia...” sospirò “lei è sempre stata una spina nel fianco e per colpa sua, nonché della Fondazione, ho perso ogni possibilità di riscuotere ciò che mi spetta”
“Perché uccidere?” Chiese Trivette “quei ragazzini sono innocenti e lei non ha nulla da riscuotere”
“Lei crede, ranger?” Austin si avvicinò a passi lenti “il mio orgoglio, il mio onore e la mia dignità, ecco che cosa riscuoto” quando fu vicino a Michael, sorrise malignamente “ma niente mi darà più soddisfazione di questo...” frugò nella tasca, mettendo in allarme Walker e Trivette che misero le mani sulle pistole.
Austin, che non era minimamente colpito, prese un telecomando e lo puntò verso il monitor del televisore appeso su una delle pareti.
Esso si accese e mostrò una schermata con scritto “play”
“Volete vedere il resto?” Chiese.
“Michael!” Era KITT “alla porta!”
Si voltarono e la porta si spalancò e fecero capolino cinque uomini alti e robusti.
Erano persino più grossi di Walker.
I due ranger cercarono di estrarre la pistola, ma vennero bloccati e disarmati dovendo difendersi a mani nude.
Michael si sorprese nel vedere quanto fossero bravi nelle arti marziali, mentre lui si arrangiava come se stesse facendo una rissa di strada.
Erano, però, più i colpi che incassava che quelli che dava.
Nel giro di poco si ritrovò steso a terra, seguito pochi istanti dopo da Trivette e Walker.
Austin rise, circondato dagli energumeni “Ci vediamo Signor Knight” premette il pulsante sul telecomando ed entrò nell’ascensore, scendendo da basso.
Una volta a pian terreno, osservò la pulsantiera di richiamo della cabina.
Prese la pistola e la puntò contro colpendola, mandando in fumo il pannello ed impedendo l’eventuale richiamo dell’ascensore da parte di Michael “A mai più signor Knight” ed uscì dall’edificio.
Michael, per l’appunto, tentò di chiamare l’ascensore ottenendo solo la scritta a led di emergenza “FUORI USO”.
Diede dei colpi alla porta scorrevole, come se volesse sfondarla, ma non ottenne altro che un rimbombo assordante ed un forte dolore alle nocche.
“Michael...” la voce grave di Walker lo obbligò a voltarsi.
Michael sbuffò ed eseguì avvicinandosi ai due ranger, che osservavano lo schermo.
“Ma quella è...” Trivette osservó meglio “oh santo cielo! È Amy!”
Michael sgranò gli occhi e si sentì morire “Amy!” Deglutì.
Lo schermo mostrava il video in tempo reale della camera di Amy.
La ragazza era sdraiata, attaccata ad un respiratore e con l’appendi flebo al suo fianco “KITT dammi la situazione di Amy”
“Risulta stabile, Michael”
“Tieniti pronto a far scattare l’allarme della sua stanza e chiamare i rinforzi”
“Agli ordini Michael”
Chiuse il collegamento con KITT e lo apri con l’orologio di Amy.
“Amy! Amy, tesoro, riesci a sentirmi?” Ovviamente no, ma aveva bisogno di farle sentire che non l’aveva abbandonata.
Parlare con lei era come parlare con Bonnie, si sentiva libero.
“Non temere, papà sta venendo a prenderti” chiuse il collegamento e si osservó attorno.
Non c’erano vie d’uscita, nemmeno monta carichi e le finestre non erano così basse da permettergli di saltare dentro KITT senza morire spiaccicato sulla carrozzeria.
Erano bloccati...a meno che...
“Walker, Trivette, dobbiamo trovare qualcosa per aprire queste porte” disse riferito alle porte scorrevoli dell’ascensore.
I due ranger non fecero domande e si misero subito alla ricerca di qualcosa per aiutare Michael.
Fu Trivette a trovare l’arnese giusto.
Un pugnale risalente all’epoca medioevale, che era chiuso in una scatola dentro al cassetto della scrivania.
Aveva la lama ondulata, ma affilata abbastanza da uccidere il malcapitato al primo colpo
“Ho quasi paura a chiedere perché lo avesse”
“Non penso di volerlo sapere” Walker lo prese e lo passò a Michael, che lo piantò in mezzo alle due porte e fece leva per aprirle.
Aveva talmente tanta rabbia in corpo da riuscirci quasi subito.
Walker e Trivette accorsero e lo aiutarono a spalancarle.
Per un attimo ebbero tutti le vertigini nel guardare il vuoto dei quaranta piani.
“E’ l’unica via d’uscita” mormorò Michael, facendo annuire Walker.
Trivette deglutì “Te l’hanno mai detto che sei completamente fuori?”
“No” rispose Michael “ma lo prendo come un complimento”
Frugò nelle tasche della giacca e trovò una bandana, che utilizzava nel caso dovesse fare colpo.
La divise a metà e se l’avvolse sulle mani, poi fece un profondo respiro e sciolse le braccia.
Saltò e si aggrappò alla corda metallica di scorrimento centrale della tromba dell’ascensore, iniziando a scivolare sempre più giù.
“Devo prorpio?” domandò Trivette, che non amava le altezze ed era poco convinto della stabilità di quella corda.
“A meno che non vuoi attendere che lo riparino…” Walker schioccò le dita e saltò iniziando a scendere, più lentamente di Michael in quanto non aveva protezioni sulle mani.
“Non bastava lui” si lamentò Trivette “anche uno della Fondazione doveva farmi fare pazzie” prese coraggio e saltò.
Nel frattempo, Michael era giunto a terra ed era corso verso KITT.
“Riesci a vedere dov’è andato?”
“Sta andando verso l’aeroporto”
“Inseguiamolo!” ordinò salendo in macchina mettendo in moto e sgommando a tutta velocità.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che Austin gli rovinava la vita.
L’ultima volta che avrebbe toccato Amy.
 
I know a girl
She puts the color inside of my world
But, she's just like a maze
Where all of the walls all continually change
And I've done all I can
To stand on her steps with my heart in my hand
Now I'm starting to see
Maybe It's got nothing to do with me

 
 
Ciao a tutti! Nuovo capitolo, ne mancano due e poi stop! (Sempre che non mi giri di fare un eventuale super epilogo, ma dubito…restiamo che sono due e bon)
La canzone alla fine è di John Mayer e si intitola “Daughetrs” e l’ho trovata adatta alla situazione in quanto Amy, per Michael, è colei che ridà colore al suo mondo ormai grigio.
Spero vi sia piaciuto.
A presto!
  
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