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Autore: lady lina 77    11/09/2018    4 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina seguente era uscito presto, alle prime luci del sole. Come un ladro era scivolato fuori da Nampara quando tutti ancora dormivano e si era diretto a Trenwith. Era ora di affrontare l'inevitabile...

Aveva preferito andare via prima che Prudie, Jeremy o Demelza fossero svegli. Se li avesse visti, non avrebbe avuto il coraggio di andare via e avrebbe ancora prorogato una decisione che andava portata a compimento, anche se dolorosamente. Non poteva più aspettare...

Quando giunse a Trenwith, il portone principale era già aperto e un giardiniere era intento a sistemare le rose del roseto. Ross scese da cavallo e gli affidò l'animale, dandogli una leggera carezza sul muso nero. "La signora è già sveglia?".

"Sì signore, ha fatto colazione con Master Jeffrey Charles e poi è tornata a letto in preda a delle nausee".

Ross sospirò. Ogni fatto, cosa o persona sembravano volergli ricordare che stava per diventare padre di un bambino che MAI avrebbe voluto. "Vado da lei, ho bisogno di parlarle" – disse frettolosamente, in tono cupo. E poi entrò in casa, salendo a due a due le scale ed evitando di soffermarsi a vedere se zia Agatha fosse già in salotto coi suoi tarocchi. Non aveva la forza di affrontare anche lei e sentiva il suo cuore andare in mille pezzi per la direzione che, da quel giorno, avrebbe preso la sua vita.

Aveva desiderato tanto a lungo Elizabeth, l'aveva sognata anche dopo aver sposato Demelza, di nascosto, immaginandola come la realizzazione di una perfetta utopia. Con Demelza tante cose erano state dure, difficili: l'aveva sposata senza esserne innamorato, spinto dalle stesse motivazioni che ora lo stavano portando a sposare Elizabeth, avevano lottato contro la povertà e lo spettro della prigione che poteva portare a una condanna a morte, avevano pianto la morte della loro bambina. Non era così che aveva immaginato l'amore da ragazzo, quando incontrava Elizabeth e sognava un futuro con lei. Immaginava un amore da romanzo, romantico e sempre felice e ora si rendeva conto che quelle erano solo illusioni di un ragazzino non ancora cresciuto. Ora aveva imparato che l'amore non è quello perfetto e idilliaco ma piuttosto quello che sa affrontare le battaglie, i dolori, le lotte e le crisi uscendone più forte di prima.

Sposare Elizabeth, soprattutto ora, non gli avrebbe regalato la felicità perfetta ma avrebbe invece privato la sua vita di una moglie che amava e che lo amava nonostante tutti i suoi difetti, del profumo di Nampara e della salsedine, delle serate davanti al camino e dei pomeriggi nel suo studio passati a osservare mappe della miniera mentre Demelza lo guardava e poggiava una mano calda e gentile sulla sua spalla. Avrebbe perso le risate di Jeremy o il vederlo assonnato e spettinato la mattina mentre ciondolava per casa, i latrati di Garrick o le sue corse dietro ai poveri conigli che incrociavano il suo cammino, il calore della sua casa e di tutto ciò che amava...

Avrebbe perso il sorriso di Demelza, il sapore dei cibi che cucinava, la dolcezza del suo sguardo, la passione vera che solo lei riusciva a trasmettergli, la sua presenza al suo fianco, quando lottava con lui per qualcosa a cui teneva.

Elizabeth avrebbe fatto altrettanto per lui? Si sarebbe adattata al tipo di uomo che ora era, tanto diverso dal ragazzo che era stato e che lei credeva ancora esistente? Avrebbe fatto sua la povertà, la mancanza di certezze o la lontananza dalla vita frivola che avrebbe potuto offrirle George?

Ora che ci pensava, ecco qual'era stato il suo errore più grande: fermare un matrimonio fra due persone che, in fondo, volevano le stesse cose. Fermarlo per una sorta di predominio e possesso, per un diritto che si era arrogato senza averne motivo, spinto da un istinto cieco che non era stato capace di vedere le conseguenze di quel gesto e quanto male avrebbe fatto.

Quando fu davanti alla porta di quella camera dove si era introdotto a forza mesi prima, distruggendo tutto, si bloccò e stavolta bussò. Era strano agire così e pensare che forse, nel giro di poco, quella sarebbe stata casa sua.

Una domestica venne ad aprire e poi lo annunciò. Ross udì la voce di Elizabeth che la congedava e, chiedendosi come avrebbe dovuto rapportarsi con lei, entrò. La salutò con un cenno del capo e si accorse che era pallida quanto Demelza e che era a letto perché effettivamente non stava bene. Si sentì nuovamente in colpa, anche verso di lei... Santo cielo, cosa aveva combinato? "Il tuo giardiniere mi ha detto che non stai bene, quando sono arrivato".

"Nausee, dolori al ventre. Devo stare a riposo, dice il dottor Choake".

Ross sussultò. "Choake è stato quì? Che gli hai detto?". Se la notizia della gravidanza fosse trapelata, quel dannato ciarlatano l'avrebbe urlata ai quattro venti per tutta la Cornovaglia, rendendo quel dramma famigliare una farsa pubblica.

Elizabeth alzò le spalle. "Non si è accorto che ero incinta e del resto non mi aspettavo che capisse. Non ho detto nulla e lui ha scambiato i miei malesseri per influenza. Ma ho già avuto un figlio e so che questi dolori al ventre non vanno bene e voglio riposare. So di averne bisogno".

Ross si sentì sollevato. "Quindi, non lo sa nessuno?".

Lei aspettò qualche istante prima di rispondere, poi esibì uno strano sorriso. "Ci hai messo molto a tornare, mi stavo preoccupando..." - disse affabilmente, cambiando argomento.

"Beh, ci ho messo il tempo necessario. Ho una famiglia a Nampara e tu non hai risposto alla mia domanda. Chi sa di questa gravidanza, oltre a noi?".

"George Warleggan".

Ross spalancò gli occhi, inorridito e completamente spiazzato. Come aveva potuto dirglielo? Era impazzita? Come aveva potuto raccontarlo proprio a LUI? "Sei andata fuori di senno? A George, che non aspetta altro che un'occasione propizia per rovinarmi!? A lui?".

Lei sollevò le spalle, incurante del suo turbamento e assolutamente tranquilla. "Non c'è da preoccuparsi, Ross. Non dirà nulla, non si umilierà davanti a tutti raccontando che ancora una volta tu lo hai battuto sul tempo e che il nostro matrimonio non si celebrerà a causa tua e di un tradimento avvenuto alle sue spalle. Starà zitto, in disparte, aspettando che lo scandalo investa noi due ed uscendone pulito e senza nulla di cui vergognarsi".

"Ma perché glielo hai detto?" - urlò lui, esasperato ed arrabbiato.

"Ross, era venuto quì e pretendeva delle risposte! Avevo posticipato di un mese il matrimonio con lui ed il mese è passato senza che gli dessi notizie! Tu sei sparito, non ti sei fatto vedere per giorni e io ho dovuto essere sincera con lui".

Ross si mise le mani nei capelli, era un disastro. "Cosa gli hai detto?".

"Che sono incinta di tuo figlio e che ci sposeremo! Che tu hai forzato gli eventi e che ora ti prenderai le tue responsabilità! Gli ho detto che, in virtù dell'antico legame che ci univa e che ancora ci lega, è stato meglio così".

"Dannazione, Elizabeth!". Era annientato, come aveva potuto parlare in sua vece con George, senza nemmeno sapere cosa aveva deciso in merito a Demelza e Jeremy? Come poteva fidarsi di lei, ORA? "Avresti dovuto prendere tempo o dirgli che non desideravi sposarlo! Senza dargli spiegazioni".

"E lui mi avrebbe rinfacciato i debiti di Francis e ne avrebbe preteso il pagamento. Invece così, usando sincerità, è stato gentile".

Ross rise, non sapeva se lei lo stesse prendendo in giro o se davvero credeva alle frottole di quell'idiota. "Gentile? George Warleggan?".

"Sì! LUI. Mi ha detto che è dispiaciuto che tu abbia attentato alla mia moralità e che apprezza il fatto che mi sia confidata con lui. Ora non potrà ovviamente sposarmi ma mi avrà sempre a cuore e non pretenderà nulla dei suoi diritti su Trenwith fino alla nascita di nostro figlio. E' stato caritatevole e potrò vivere tranquillamente quì, nella tua casa di famiglia, la mia gravidanza. Vivremo quì, il nostro bambino nascerà quì e magari, ora che la Wheal Grace va bene, potremo saldare i debiti di Francis e riscattare la proprietà. O, se non ce la faremo, allora ci trasferiremo a Nampara col nostro piccolo".

Ross la guardò, con odio. Per la prima volta in vita sua sentì di odiarla e di non aver mai capito nulla di lei. Aveva deciso tutto e come un'abile giocatrice d'azzardo, lo aveva messo al palo e senza possibilità di replica. Anche se... "Hai detto a George che ti avrei sposata? Come hai potuto farlo, visto che non ti ho ancora dato una risposta?".

"E' OVVIO che mi sposerai. Perché è quello che devi fare e quello che desideriamo da sempre. Non ci sono più ostacoli ormai e anche il fato, tramite questo bambino, ci è venuto incontro".

Ross la fissò, freddamente, impedendo ai sensi di colpa per i pensieri malati che aveva nutrito per lei da mesi, prendessero il sopravvento. "Non ci sono ostacoli? E Demelza? E Jeremy? E il bambino che mia moglie aspetta?".

Elizabeth rise. "Ross, pure George non si è stupito del fatto che finalmente avresti colto la tua occasione di lasciare quella donna. E' la figlia di un minatore, le devo tanto ma non è e non sarà mai al tuo livello. Dal punto di vista burocratico, il notaio che ho contattato, farà tutto il necessario per annullare il matrimonio e non ci saranno problemi perché il matrimonio è nato sotto il segno di una menzogna".

Lui scosse la testa, era così difficile sentirla parlare così e paragonarla alla sedicenne piena di sogni che era stata e che aveva amato. Capiva che Elizabeth voleva proteggere suo figlio ma quella supponenza e quella voglia di schiacciare la sua famiglia come se fosse un insetto molesto, lo ferivano. "Io amo Demelza e la famiglia che ho creato con lei".

"Tu hai creduto di amarla quando hai pensato di aver perso tutto". Elizabeth gli prese le mani e tentò di stringerle ma Ross si divincolò. "Tesoro, mi hai desiderata per tutti questi anni e ora sarò tua. Come avrebbe dovuto essere dall'inizio... So che ti ferisce lasciare Demelza, ma lei saprà cavarsela e anche i suoi bambini. Sono nipoti di un minatore, hanno una madre forte e presto potranno lavorare per aiutarla a mantenersi. Tu non hai doveri verso di loro o quanto meno, non li avrai dopo l'annullamento del matrimonio".

Ross le rise in faccia, senza temere di ferirla. "I miei bambini NON lavoreranno per molto tempo ancora. E staranno a Nampara, dove cresceranno sereni e tranquilli. Io e te non vivremo MAI a Nampara, Nampara resterà sempre di Demelza e dei bambini e su questo non transigo".

Elizabeth spalancò gli occhi e la sua certezza parve vacillare. "Stai dicendo che resterai con lei?".

"Sto dicendo che non abbandonerò a se stessa la famiglia che amo. Prenderò le mie responsabilità e tu avrai ciò che vuoi ma per quanto riguarda Demelza e i bambini, su di loro tu non hai voce in capitolo".

"Che vuoi dire?".

"Che ti sposerò, Elizabeth perché ho fatto tanti errori e da uomo, ora, me ne prenderò le responsabilità. Che farò come vuoi e che questo mi fa star male perché spezzerò il cuore di Demelza e distruggerò tutto quello che ho costruito con lei e che amo. Che perderò tante cose dei miei bambini che per te forse non contano nulla ma che sono la mia ragione di vita e rappresentano il futuro. Che lascerò la casa che amo. Ma Nampara resterà a loro, io pagherò le loro spese e il loro mantenimento e quando potrò farlo, andrò da loro a far visita. E sarò presente per i miei figli, ogni volta che avranno bisogno di me, così come per Demelza. Prendere o lasciare mia cara, queste sono le mie condizioni e ti avverto che non sono trattabili".

Lei lo guardò, inorridita. "Vorresti dire che mi sposerai e che terrai Demelza come amante e seguirai due famiglie?".

Per un attimo, a Ross mancò il fiato. Certo che no, non avrebbe mai agito a quel modo e il solo pensiero che lei lo credesse capace di qualcosa del genere lo inorridiva, ma c'era dell'altro che si agitava in lui. Fino a quel momento non aveva pensato a cosa stesse perdendo, a cosa sarebbe successo sposando Elizabeth e a come sarebbe cambiata la sua vita ma ora quella semplice domanda aveva scoperchiato un vaso di Pandora pieno di dolorose incognite per il futuro da cui non poteva fuggire: avrebbe dovuto rinunciare a Demelza, alla sua vicinanza, all'intimità che condividevano... Non aveva mai voluto ammetterlo a se stesso, fino a quel momento. E il pensare che non avrebbe più assaporato il sapore dei suoi baci e dei suoi abbracci, il calore dei loro corpi fusi, la passione che condivide con lei soltanto lo annientava. Avrebbe dovuto vivere un'intera vita senza di lei, come avrebbe fatto? Era strano ma la sua mente, cedendo alle richieste di Elizabeth, si era cullata nella malata illusione che sarebbe stato un sacrificio temporaneo ma non era così. Un matrimonio era per sempre, non c'era via di ritorno...

"Ross?!" - urlò Elizabeth, stizzita.

Lui sussultò e i suoi occhi scuri divennero ancora più cupi. "Certo che no" – disse infine, col cuore a pezzi – "Non avrò amanti, non è quello che intendevo. Volevo solo dire che sarò sempre disponibile per Demelza e per ogni suo bisogno materiale. E che per i miei figli, io resterò un padre. Un pezzo di carta non può cambiare questa cosa, sono miei!".

Elizabeth balzò a sedere, sul letto, stizzita. "Ross, come puoi pensarlo? Sarai MIO marito! MIO!!! E mantenere i legami con Demelza e con la tua vecchia famiglia farà solo del male al nostro matrimonio. Avrai dei doveri che per legge ti verranno attribuiti, verso di me! Non verso Demelza e non verso i suoi figli!".

"E io onorerò i miei doveri verso di te!" - ribatté Ross, secco.

"Il tuo dovere, Ross, è far star bene la tua famiglia. George è stato gentile ma Trenwith...".

A quelle parole, al sentire ancora quel nome, Ross non seppe più trattenersi e scoppiò a ridere. "Una volta per tutte, mettitelo in testa! GEORGE NON E' GENTILE! Vuole apparirti come il principe azzurro da cui trovare rifugio dal pessimo marito che sposerai, vuole fare solo bella impressione e tenersi una porta aperta con te. Ma non lo fa per gentilezza, lo fa per suo tornaconto. E per dimostrare a se stesso e al mondo quanto migliore sia di me".

Lei divenne rossa di rabbia. "Beh, non ha importanza! Potremmo perdere Trenwith se non pagheremo i debiti di Francis e tu vuoi lasciare Nampara a Demelza? E io? E i miei figli?".

"Ho dei cottage! Se perderemo Trenwith, ne sistemeremo uno e ci andremo a vivere".

Lei si morse le labbra, trattenendo a stento la rabbia. "Demelza a Nampara e noi in un cottage? Non sono nata per questo, Ross".

"Mi volevi come marito e io sono quello che vedi! Non mi interessano le feste, né i balli e nemmeno il lusso. Voglio far fruttare la mia miniera e rendere migliore la vita di chi ci lavora, voglio un mondo dove non esistano privilegiati o emarginati, voglio essere un uomo che, quando si guarda allo specchio, non provi vergogna per se stesso. Non mi piace ciò che sono diventato e ciò che ho fatto a te e a Demelza e ti sposerò per rimediare in parte al torto che hai dovuto subire a causa mia. Sarò tuo marito e sarò il padre del bambino che aspetti e quando usciremo di casa insieme non dovrai vergognarti di me. Questo te lo prometto. Ma per il resto, non abbandonerò chi amo e mi ama! O mi ha amato..." - ammise, rendendosi conto che probabilmente Demelza avrebbe potuto odiarlo, ormai.

Elizabeth si alzò dal letto e, cercando di apparire più calma, si avvicinò a lui vestita della sola camicia da notte di seta azzurra. Ora non sembrava più arrabbiata ma pareva volersi dimostrare seducente e ammaliante. "Ross" – tentò, in tono più dolce – "So che ti senti in colpa adesso ma riuscirò a farti sentire meglio, te lo prometto. E presto Demelza e la tua vecchia vita ti sembreranno fantasmi lontani incapaci di toccarti. Saremo felici e avremo tutto ciò che abbiamo sempre desiderato e sognato. Non sono arrabbiata con te per quella notte e sono felice di portare nel grembo il tuo bambino, non devi sentirti in colpa verso di me. Per quanto riguarda Demelza, lei lo ha sempre saputo, lo sa che l'hai sposata come ripiego e che il vostro matrimonio non avrebbe mai dovuto essere celebrato. Se la caverà e non dovrai preoccuparti troppo per lei, vedrai".

Ross scosse la testa, come faceva a non capire? "Ma io voglio occuparmi di lei. Non è Demelza che me lo ha chiesto, sono io che sento di doverlo fare. Sto per togliere il mio cognome ai miei figli, sto per sparire per gran parte della loro vita e questo mi tormenterà, sempre... Uscirò con nostro figlio tenendolo per mano e non potrò farlo con Jeremy o col bimbo in arrivo e magari loro lo vorranno e io non potrò essere lì. Sono una persona orribile Elizabeth, molto diversa da quella che pensi tu. Te ne accorgerai e non sarai capace di farmi cambiare idea".

Elizabeht rimase in silenzio per un pò, poi decise di non insistere, almeno per il momento. "Quando ci sposeremo, quindi?" - chiese, cambiando argomento.

Quella domanda gli gelò il sangue nelle vene. "Non lo so, non sei tu quella che ha contattato un notaio per gestire la parte burocratica?".

"Sì. Se allora sei d'accordo, gli dirò di proseguire con la pratica. A breve avremo l'annullamento, poi dovrai solo firmarlo e farlo firmare a Demelza. Dopo di che potremo procedere alle pubblicazioni e sposarci".

"Sembra facile" – ammise lui, amaramente.

"Lo sarà". Elizabeth gli sfiorò il braccio, gentilmente. "Forse, già da ora, potresti trasferirti quì. Jeoffrey Charles ne sarà contento e io potrò averti vicino. Questa gravidanza è così difficile...".

Ross inspirò profondamente. Sì, forse sarebbe stato meglio, per tutti. Rimanere a Nampara in quei giorni sarebbe stata una agonia e avrebbe aggiunto dolore al dolore. Ogni parola, ogni gesto, ogni abitudine ripetuta nella giornata, avrebbe ricordato costantemente a tutti che ogni cosa stava per finire. "Farò preparare i bagagli a Prudie ma voglio la tua parola! Non mi impedirai di far loro visita".

Elizabeth lo fissò con freddezza. "Certamente..." - rispose, con un tono insolitamente glaciale e apparentemente tranquillo.

Ross non seppe interpretarla. Fece un leggero inchino, la salutò frettolosamente e poi, con la morte nel cuore, tornò verso Nampara. Vi giunse che il sole era ormai alto e la trovò insolitamente silenziosa. Uno strano timore si impossessò di lui, che stava succedendo? A quell'ora Jeremy di solito giocava nell'aia e Prudie dava da mangiare agli animali in stalla mentre ora tutto pareva deserto.

Entrò in cucina temendo che se ne fossero andati tutti e sospirò sollevato quando vide Prudie seduta al tavolo, intenta a rammendare delle vecchie calze.

"Signore".

"Dov'è Jeremy? E Demelza?".

Prudie guardò verso le scale. "Master Jeremy è con sua madre, a letto. La signora non è stata di nuovo bene, ha avuto nausea e vomito ed è a letto. E il piccolo, anche se è tanto piccolo, sembra capire che sua madre ha bisogno di lui e si è accoccolato buono buono a letto vicino a lei per tenerle compagnia".

Ross sorrise dolcemente, orgoglioso di Jeremy e intristito dal fatto che suo figlio, di due anni e mezzo, sopperisse da solo alle sue mille mancanze. "Dormono?".

"Non lo so, ma tutto è molto silenzioso".

Ross sospirò. "Vado da loro, devo parlare con lei. Tu, nel mentre, prepara il baule con le mie cose. E' ora che inizi a prepararmi per andare via e prima lo faccio e prima Demelza potrà stare tranquilla. Questo momento così confuso non le fa bene e non ne fa nemmeno a Jeremy. Non possiamo posticipare l'inevitabile".

Gli occhi di Prudie divennero lucidi. "Andrete davvero a Trenwith? Ma è un errore e non ne uscirà nulla di buono. Per voi, per la signora, per i bambini... Un matrimonio fatto per forza porta solo infelicità".

"Lo so, ma non posso fare altro. Devo dirlo a Demelza".

Prudie scosse la testa. "Non vuole vedervi, lei lo sa già. Lo sa che siete uscito per andare da quella la a Trenwith per dirgli che l'avreste sposata. Sta male per questo, che credete?".

Ross abbassò il capo, era a pezzi. Stava facendo del male, tanto male, proprio a coloro che non se lo meritavano e non poteva fare nulla per evitarlo. "Devo parlarle, almeno un'ultima volta".

Prudie non rispose, non poteva opporsi alla sua volontà. E Ross si avviò per le scale.

Quando entrò in camera, trovò Demelza sveglia, a letto, che cantava una canzone a Jeremy steso accanto a lei, rannicchiato sotto le coperte e felice di farsi coccolare dalla sua mamma.

Rimase per lunghi istanti fermo, nascosto dietro la porta, a guardarli. Cercò di imprimersi nella mente il suono dolce della voce di sua moglie che cantava, quella sensazione di pace e famiglia che impermeava la stanza, la dolcezza di quella donna che aveva sposato per caso e che gli aveva insegnato cos'è l'amore rendendolo un uomo migliore e un padre. E lui aveva gettato via tutto in un attimo e in una notte di follia.

La porta scricchiolò e Demelza e Jeremy si voltarono di scatto.

Appena il bimbo lo vide, gli si illuminò il viso. "Papà".

Ross gli si avvicinò, sorridendogli. E lo prese in braccio. "Ciao piccolo! Prudie mi ha detto che oggi sei stato davvero bravo ad aiutare la mamma".

"Sì".

Demelza, in silenzio, lo guardò senza parlare. Era pallida, i capelli le ricadevano disordinati sulla schiena e sembrava sofferente e smagrita. Non aveva nulla dell'aspetto radioso delle donne incinta. "Allora, tu e Elizabeth vi siete messi d'accordo?".

Deglutì, colpito dalla sua fierezza e dal coraggio che sembrava voler dimostrare. Mise Jeremy a terra, lo guardò e si rese conto che a pagare dei suoi errori sarebbero stati lui e Demelza. "Sì. Penserà a tutto un notaio che lei ha ingaggiato. Dovremo solo firmare i documenti quando saranno pronti". Sembrava tutto tanto freddo, burocratico, ovattato... Ma se avesse fatto trapelare i suoi sentimenti, tutti i suoi proponimenti sarebbero venuti meno e avrebbe gettato all'aria il suo senso di responsabilità scegliendo la strada che più voleva il suo cuore ma che era quella più egoistica per lui, dopo quello che aveva combinato.

"Hai detto a Prudie di farti i bagagli?".

"Sì" – rispose, ferito di vederla così distante, fredda e rassegnata al fatto che lui stesse scegliendo un'altra. Faceva male rendersi conto che, in fondo, Demelza se lo era sempre aspettato. Eppure, in quel momento, fra loro due era lei che mostrava più dignità di tutti, lei che sarebbe stata ripudiata e avrebbe cresciuto i suoi figli principalmente da sola.

"Quando andrai via?".

"Credo entro sera. E' meglio per tutti".

Sua moglie sorrise tristemente. "Di certo è il meglio per quelli di Trenwith...".

Lui sussultò, a quelle parole. "Demelza, potrai stare più tranquilla con una situazione definita fra noi e sarò comunque quì vicino".

Lei scosse la testa. "Ci credi davvero a quello che dici?".

"Ci sarò, fidati di me".

Demelza guardò Jeremy e il suo sguardo divenne ancora più sofferente e pallido anche se, ancora una volta, si impedì di piangere. "Non lo farai, non ci sarai e non perché non mi fidi della tua parola ma perché è impossibile far funzionare le cose come credi tu. Non ci riuscirai ed Elizabeth te lo impedirà".

"Lei non si intrometterà, in questo! Sono stato chiaro con lei, oggi".

"Va bene, sì Ross... Voglio crederti, voglio provarci per Jeremy. Se non ci fosse lui, me ne sarei già andata" - rispose, in quel tono stanco e rassegnato che spesso aveva usato nei suoi confronti, ultimamente.

Ross tentò di avvicinarsi, di abbracciarla, di stringerla a se per un'ultima volta ma Demelza si ritrasse, allontanandolo con le poche forze che le restavano. "No, non puoi più farlo. Nemmeno ora che siamo ancora sposati! Non puoi farlo più!".

Aveva ragione, non poteva essere ipocrita e forzarla ad averlo vicino anche se darle un gesto di affetto e sentirla vicina per un'ultima volta era quello che più voleva. Ma lei si sarebbe arrabbiato e non voleva che il loro bambino assistesse a un litigio. Si chinò per essere all'altezza di Jeremy, guardando suo figlio negli occhi. "Papà deve andare via e dormirà da un'altra parte. Mentre non ci sono, posso fidarmi di te? Ti prenderai cura della mamma e del fratellino in arrivo?".

Jeremy lo fissò accigliato. "Dove vai?".

"Sarò quì vicino e verrò spesso a trovarti. Semplicemente, non dormirò quì ma tu non devi preoccuparti per questo".

Il bimbo si imbronciò. "Quanno veni?".

"Presto, presto piccolo mio" – sussurrò, chiedendosi come avrebbe spiegato ai suoi figli, un giorno, quella difficilissima situazione.

"Davvelo?".

"Certo, davvero. Io verrò sempre da te".

"Sul cavallo?".

"Certo, sul cavallo. Ci andremo sopra insieme e quando sarai più grande ti insegnerò a cavalcare come ti ho promesso". Lo baciò, deciso a tenere fede a quella promessa, qualunque cosa fosse successa. Poi lo strinse a se e, guardando Demelza, si accorse che aveva gli occhi lucidi...

Voleva abbracciarla ma non poteva...

Voleva stringerla a se ma non le era più concesso... "Non fare così".

"Vattene, per ora vattene e basta. Se avrò qualcosa da dirti, manderò Prudie a Trenwith con un messaggio. Tu fai lo stesso con qualcuno della servitù che avrai laggiù".

Lasciarla in quello stato era la cosa più difficile che avesse fatto e nel viso sconvolto di Demelza e in quelle lacrime che si stava costringendo a non versare, vide tutta l'entità dei suoi errori. Avrebbe voluto tornare indietro, essere un marito diverso. Ma non si poteva e l'unica speranza che nutriva era che lei, un giorno, l'avrebbe potuto perdonare.

Ma ora, era il momento di andare...

Aveva solo Jeremy da salutare ed abbracciare e per il momento si sarebbe concentrato su di lui.

Lo strinse forte, ancora. Ross non poteva saperlo ma quell'abbraccio era un addio. La vita e il fato lo avrebbero allontanato a lungo da Jeremy e sarebbe passato molto tempo prima che potesse rivedere suo figlio.

  
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