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Autore: JAPAN_LOVER    11/09/2018    3 recensioni
~ E' meglio una vecchiaia tranquilla e serena o un'eterna giovinezza piena di rimorsi? ~
Vermouth aveva scelto la seconda.
Senza esitazione, aveva stretto il patto con il diavolo, del quale era diventata la Preferita.
Stanca della vita criminale e nauseata dal concubinato, Vermouth continuava a lavorare per il Boss ma, nel frattempo, nel suo cuore cominciava a confidare in quel ragazzo che, tempo prima, le aveva salvato la vita a New York.
Tutto sembrava procedere regolarmente, finché non entró in diretto contatto con il suo nuovo bersaglio: Shiuchi Akai ovvero il nemico mortale del Boss.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai, Vermouth
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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INDAGINI


Vermouth aveva appurato la presenza a Tokyo di altri agenti dell’FBI, ma del suo uomo ancora nessuna traccia.
La Preferita del Boss era perfettamente consapevole che, se quegli uomini non erano già sulle sue tracce, era solo questione di tempo. Doveva agire.
Nel cuore della notte, Vermouth se ne stava nell’ombra, appostata davanti all’Agenzia Investigativa di Goro Mouri. Aveva atteso pazientemente che le luci dell’appartamento al secondo piano si spegnessero, per poi salire furtivamente per le scale al primo piano, fino nell’ufficio del famoso detective.
Con l’ausilio dei grimaldelli, aprì la porta senza lasciare alcun segno di forzatura. Era abile nell’aprire le serrature tanto quanto era brava nei travestimenti.
Entrando, Vermouth aggrottò la fronte perplessa.
E questo sarebbe l’ufficio di quel detective?
Non si aspettava certo che l’ufficio di un detective tanto famoso potesse essere così disordinato: pantofole in giro, pile di carte sparpagliate sulla scrivania, lattine di birra vuote ovunque.
Quando Vermouth si avvicinò a quel tavolo da lavoro, dovette tapparsi il naso per l’odore nauseabondo di rimasugli organici nel cestino della spazzatura, dietro la scrivania.
Disgustoso! sbottò tra sé.
Spazientita, si affrettò nella ricerca del materiale. Nonostante quel caos, trovò subito quello che stava cercando. Soddisfatta, raccolse tutto in una cartella vacante, che infilò dietro nell’incavo del pantalone della tuta.
Quando uscì, si accertò che per strada non ci fossero nessuno e raggiunse l’Harley, che aveva lasciato posteggiata per sicurezza a qualche isolato.
Una volta tornata nel suo appartamento, versò del vermouth in un bicchiere di cristallo. Si inumidì le labbra scarlatte con il suo liquore preferito e, nonostante l’ora tarda, come da accordo, telefonò a lui .
“Non mi aspettavo più la tua telefonata!” le disse il Boss.
Il suo tono di voce era neutro come sempre. Non sembrava arrabbiato. D’altronde, a Vermouth non importava se lo avesse interrotto in un momento intimo con Kir, o qualsiasi altra sottoposta.
“Spero di non averti disturbato” replicò lei, simulando un tono quasi dispiaciuto.
“Tu non disturbi mai – rispose lui, come a volerla rassicurare – ci sono novità?”
“Volevo soltanto informarti che ho fatto un altro passo avanti!” disse Vermouth, mandando giù un altro sorso di Vermouth.
“Cioè? Sei già sulle tracce di Akai?”
Il tono di voce del Boss, sempre fermo e controllato, si era fatto improvvisamente impaziente.
“Non ancora! – rispose la bionda, divertita dalla quella reazione – ma ormai è solo questione di tempo”
Le era sempre più chiaro che, per il Boss, trovare Akai era una questione di vita o di morte.
“Mhm…. – il Boss emise un mormorio, lasciando trasparire un po’ di delusione – enigmatica come sempre”
In quel momento, Vermouth sentì dall’altro capo del telefono un gemito che senz’altro non proveniva dal Boss.
La bionda incurvò le labbra in un sorriso beffardo.
Allora è vero che ho interrotto qualcosa!
“Lo sai bene. Non scopro mai le carte finché non ho la certezza di non avere la vittoria in pungo” proseguì lei, con disinvoltura.
Il Boss fece una breve una pausa, sapendo che per il momento da Vermouth non avrebbe ottenuto altro.
“Fa attenzione – si raccomandò lui, prima di riagganciare – sii prudente e, per qualsiasi evenienza, rivolgiti a Gin o direttamente a me. Questo è un ordine!”
“Si. Lo farò, Capo!” rispose lei, prima di riagganciare.
Vermouth mandò giù, tutto d’un sorso, il vino liquoroso aromatizzato rimasto.
Attese un moto di rabbia e di gelosia, che però non arrivò. Rimase quasi delusa della totale assenza di quelle emozioni, del tutto umane e lecite.
Poi, tirò fuori la refurtiva di quella notte e la lasciò cadere lì sul bancone, proprio accanto al bicchiere di vermouth ormai vuoto.
Certa che ad attenderla ci sarebbero state delle giornate lunghe e impegnative, Vermouth si ritirò nell’intimità della sua camera da letto, lasciando fuori ogni cosa.

UNA SETTIMANA DOPO


Suonò il campanello a casa Mouri.
“Conan, vai ad aprire!” ordinò Goro, senza molta gentilezza.
Il bambino con gli occhiali corse alla porta. Dovette reggersi sulle punte, per riuscire ad arrivare alla cornetta del citofono.
“Sì? Chi è?” domandò il piccolo.
“Ciao, Conan – rispose un’allegra voce maschile – sono il dottor Araide”
“Ah, dottore! – esclamò Conan, premendo il pulsante – la stavamo aspettando!”
Pochi secondi dopo, un ragazzo di appena 25 anni varcò la soglia dell’appartamento del detective Goro. Il dottor Tomoaki era un uomo affabile e gentile; aveva occhi castani, capelli chiari e il sorriso dolce e rassicurante, che ci si aspetterebbe da un buon medico curante.
“Ciao, Conan, ho fatto il prima che ho potuto. Qual è l’emergenza?” domandò l’uomo, sistemandogli gli occhiali sul naso e togliendosi il cappotto.
“Si tratta di Ran!” rispose il bambino, accogliendo servizievolmente tra le braccia il soprabito del dottore.
La camera di Ran si trovava in fondo dal corridoio. Da lì di affacciò Goro, con l’aria preoccupata:
“Dottore, da questa parte!”
Medico raggiunse subito la stanza, trovando Ran a letto, sotto le coperte, con un impacco sulla fronte.
La ragazza si agiva debolmente nel letto, pervasa da brividi di freddo. Tossì ripetutamente, cercando di portarsi su, in posizione seduta.
Con premura, il piccolo Conan l’aiutò a sistemarsi il cuscino dietro la schiena.
“E’ da giorni che dice di non sentirsi molto bene – spiegò Goro, con apprensione – poco fa le ho misurato la febbre, la temperatura è a 38 e mezzo!”
Il dottore si avvicinò alla paziente e le toccò la fronte. Scottava.
“Accidenti! – esclamò il medico – ha tutta l’aria di trattarsi di quella brutta influenza che c’è in giro!” disse il dottore.
Goro e Conan uscirono, lasciando che il dottore estrasse dalla borsa l’attrezzatura e svolgesse il suo lavoro. Quando furono richiamati in stanza da quest’ultimo, il dottore confermò la diagnosi:
“Era come temevo – disse l’uomo – si tratta di un’influenza che porta febbre e coinvolge il sistema respiratorio. Posso solo prescriverle un antibiotico, da prendere due volte al giorno, e uno sciroppo per la tosse grasse. Mi raccomando, Ran, la prossima volta non prendere sottogamba i primi segnali. Chiamami subito!”
“Grazie – rispose la ragazza, grata – grazie mille, dottore!”
“Grazie per essere venuto subito, dottore!” esclamò Goro, grato, riaccompagnando il medico alla porta.
Il dottor Araide salutò il detective, scese le scale ed entrò nella sua auto. Mettendosi la cintura di sicurezza, notò quattro bambini avvicinarsi lungo il marciapiede. Incredulo, aguzzò la vista: fra questi c’era una bambina con gli occhi versi, il caschetto color nocciola e lo sguardo impassibile, che catturò l’attenzione del dottore.
Incredibile!
L’allegro gruppetto svoltò e salì lungo le scale che conducevano all’appartamento del detective Goro.
Quindi, il dottor Araide mise moto la Nissan grigia e si diresse in direzione di Shibuya.
Era ormai sera quando aprì la porta dell’appartamento. Chiusa la porta alle spalle, tirò via quel cerone dalla faccia e sciolse i lunghi capelli color platino che, liberi, scesero lungo la schiena.
A Vermouth bastò qualche attimo, prima di accorgersi che si era intrufolato nel suo appartamento. La porta non presentava segni di scasso e tutto era come lo aveva lasciato, ma il suo fiuto l’avvertiva che qualcuno era stato lì, mentre lei aveva passato la giornata in ambulatorie, vestendo i panni del dottor Araide.
Respirò profondamente e cercò di comportarsi esattamente come avrebbe fatto, se non si fosse accorta dell’intrusione.
Si tolse la giacca di qualche taglia più grande e l’attaccò all’appendiabiti all’ingresso. Poi, andò in cucina e, vedendo il frigo, ricordò di aversi affisso le foto dei suoi bersagli: la foto della bambina incredibilmente somigliante a Sherry e di Shuichi Akai.
Da brava attrice quale era, Vermouth mantenne la calma. Il nemico adesso conosceva i suoi obbiettivi ma, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto sfruttare questo punto a suo favore in un punto di forza.
Si versò del succo d’arancia e cominciò a ispezionare l’appartamento. Lo rivoltò in lungo e in largo come un calzino, ma non trovò traccia di cimici o microspie. Tutto era al proprio posto, anche il dossier sottratto al detective Goto
Chiunque si fosse introdotto lì dentro non puntava a tenerla sotto sorveglianza.
Vermouth odiò l’idea che qualcuno fosse stato in casa sua a sua insaputa. Il suo appartamento era il riparo da tutto. Era il suo rifugio dal lavoro, dall’organizzazione, dal Boss e odiava che fosse stato violato.
In quel momento, suonò il cellulare placandola dalla sua furia.
Era lui .
“Pronto?” rispose.
“Che succede? – domandò il Capo – qualcosa non va?”
Vermouth cercò di schiarirsi la voce. Non immaginava di essere rimasta scossa fino a quel punto.
“No, capo – gli assicurò lei – va tutto bene!”
“Ti sento strana!” osservò lui. Non sembrava molto convinto.
Lei rise, cercando in tutti i modi di persuaderlo del contrario.
“Sono solo un po’ stanca – rispose Vermouth – fingere ogni giorno di essere il dottor Araide è decisamente stancante”
“Dì un po’, che fine avrebbe fatto quel tizio? – replicò l’uomo – spero solo che tutto questo ci conduca al nostro vero obbiettivo”
Vermouth portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lanciò un’occhiata alla foto appesa al frigorifero, restituendo un’occhiata di sfida all’uomo che vi era raffigurato.
“Non ti preoccupare, il caro dottor Tomoaki Araide è in un posto migliore, dove non potrà nuocerci in alcun modo. Ti assicuro che catturerò Akai, non ha scampo – promise lei – piuttosto, perché hai chiamato?”
“Ti ho telefonato per avvisarti che d’ora in avanti sarai affiancata da Calvados – la informò lui – per cui non spaventarti se ti ritroverai attorno un omaccione armato fino ai denti”
Per un momento a Vermouth balenò l’idea che potesse essere stato Calvados ad intrufolarsi in casa sua, ma ben presto scartò questa ipotesi.
Calvados non avrebbe avuto nessun motivo per farlo. Lui era un abile cecchino, ma non era altrettanto abile nel valicare porte e sistemi di sicurezza.
“I giochi cominciano a farsi pericolosi, Vermouth – disse il Boss – Calvados ti guarderà le spalle, ma tu fai attenzione!”
“Tranquillo, Capo – gli rispose lei – ho tutto sotto controllo!”
“Lo spero – replicò lui – domani notte ti aspetto al solito posto!”
Vermouth fu percorsa da un brivido di repulsione.
“Non vedo l’ora!” mentì, simulando un languido tono di voce.
***
***
***
BUONASERA A TUTTI!
ECCOMI TORNATA CON UN NUOVO CAPITOLO.
CREDO CHE VI SIATE ACCORTI CHE – IN LINEA DI MASSIMA – TENDE A REPLICARE I FATTI PRECEDENTI LE PUNTATE DI “MISTERI IN UNA NOTTE DI LUNA PIENA” (VOLUME 42 DEL MANGA).
SPERO CHE LA STORIA VI STIA PIACENDO, BUONA LETTURA! : )
A PRESTO,
JAPAN_LOVER < 3
   
 
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