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Autore: La_Sakura    12/09/2018    8 recensioni
Genzo Wakabayashi non è solo il portiere più acclamato e titolato del momento: è anche l’erede dell’impero della Wakabayashi Corp., una delle multinazionali più importanti sul mercato.
Non se n’è mai preoccupato troppo: con suo padre fisso al comando, e i fratelli già ampiamente attivi in varie filiali, non ha mai dovuto prendere le redini, riuscendo così a posticipare costantemente il suo completo inserimento in azienda. Forte della collaborazione della Personal Assistant di suo padre, ha continuato a concentrarsi sulla sua carriera di portiere paratutto del FC Bayern München, riuscendo pienamente a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato.
O, per lo meno, così è stato fino ad ora.
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Serie "Im Sturm des Lebens"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Im Sturm des Lebens'
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ET - Capitolo 1

Arrivata a casa, gettare la borsa sul divano e fiondarsi in bagno per riempire la vasca di acqua bollente e oli essenziali fu un tutt’uno. Indossando un accappatoio e raccogliendosi i capelli in una crocchia disordinata, tornò in salotto per prendere un cd di musica “chill out” e per grattare la testa a Romeo, accoccolato sul divano. Il felino emise un mugolio di piacere e sollevò il capo, mantenendo gli occhi chiusi, per seguire la mano della padrona che si allontanava da lui.

Prese il cellulare dalla borsa e lo portò con sé in bagno, per evitare di doversi alzare di scatto nel caso qualcuno l’avesse cercata, quindi tornò nella stanza piena di vapore acqueo, fece partire il cd nel lettore, si tolse l’accappatoio, chiuse il rubinetto ed entrò. Il contatto con l’acqua bollente la fece sobbalzare, ma appena finì di introdursi all’interno della vasca, gli oli essenziali la aiutarono a sciogliere la tensione della giornata e le impedirono di pensare che sì, in effetti era estremamente calda.

Ripensò alla giornata lavorativa appena trascorsa, il CdA era stato soddisfacente, nonostante le obiezioni mosse da Herr Hagner, e la stima che Herr Wakabayashi nutriva per lei aumentava di giorno in giorno, e faceva sì che lei ci mettesse anima e corpo in quel lavoro che era arrivato così, per caso, otto anni prima.

Chiuse gli occhi e appoggiò la testa al bordo della vasca, godendo del tepore dell’acqua, e ritornò con la mente al giorno del suo colloquio alla Wakabayashi Corp. Deutschlands: quel giorno decisamente la sua vita aveva iniziato a cambiare.

 

«Sei sicura che sia una buona idea?»

«Perché no? – la spronò Julia – In fondo è una festa di carnevale. A me come tema sembra ottimo.»

Martha giocherellò col cibo nel piatto per qualche istante, poi alzò lo sguardo verso Julia.

«Ho paura di fare brutta figura… Frau Wakabayashi è molto esigente e…»

«Martha, le feste di carnevale devono essere estrose. Secondo me la tua idea è valida, non è mai stato proposto un tema del genere, però ci sta. Spero solo che Magda quest’anno eviti di “farsi notare”…»

La receptionist ridacchiò ricordando quando, l’anno precedente, Magda Kleber dell’ufficio acquisti aveva iniziato a ballare sul tavolo dei cocktail, e nello scatenarsi ne aveva rovesciato uno sul vestito di Julia.

«Ci ho messo tre mesi per pulire quell’abito…» commentò Julia, scuotendo la testa.

«Stavi benissimo vestita da antica romana…»

«Pensavo preferissi Marcantonio.» sghignazzò Julia. In effetti Martha aveva passato la serata a sbavare dietro a Genzo, vestito da Marcantonio, mentre i signori Wakabayashi rappresentavano Cleopatra e Cesare.

«Ambigua la sua scelta, ma devo ammettere che stava molto bene. Chissà quest’anno cosa sceglierà.»

«Se vuoi vederlo ancora più nudo puoi sempre scegliere “Beach party” come tema della festa!» rispose Julia, e scoppiò a ridere vedendo l’amica arrossire vistosamente.

Finì il suo pranzo, riconsegnò il vassoio e tornò nel suo ufficio per concludere la relazione sul CdA che Herr Wakabayashi le aveva chiesto per quel pomeriggio stesso. L’inverno era nel suo pieno e una leggera neve stava ricoprendo col suo manto il capoluogo bavarese. Si ritrovò a pensare quanto sarebbe stato bello quella sera godersi una bella tazza di cioccolata calda con la panna avvolta nel suo plaid preferito sul divano, in compagnia di un buon libro. Si riscosse dai pensieri e rilesse le ultime righe del paragrafo, ma proprio non riusciva a concentrarsi, la settimana lavorativa era stata particolarmente stancante.

Si guardò intorno, allungando le braccia avanti a sé per stiracchiarle; il suo ufficio era arredato in maniera molto sobria, non era abituata a certi sfarzi: una scrivania in mogano e due poltrone, poste di fronte alla porta d’ingresso ma leggermente spostate verso la parete alla sua sinistra, a ridosso della vetrata, mentre alla sua destra c’era un piccolo mobile anch’esso in mogano, contenente tutti i file e i dossier, accumulati in quegli otto anni di lavoro. Alle sue spalle, il muro bianco era completamente spoglio, se non per una gigantografia di New York al tramonto: sognava di visitare quella città più o meno dall’età di 11 anni, quando per la prima volta aveva avuto una professoressa proveniente dagli Stati Uniti.

Cercò di scuotersi nuovamente, doveva necessariamente terminare la relazione per Herr Wakabayashi, o sarebbe rimasto molto deluso da lei. Rilesse per l’ennesima volta gli appunti, e ricominciò a muovere velocemente le dita sulla tastiera per adattare i concetti buttati giù durante la riunione ad un linguaggio più formale. 

 

Romeo decise che il sonno di Julia era già durato abbastanza e la svegliò in malo modo, balzando sul cuscino e cominciando a miagolarle nell’orecchio. La ragazza aprì un occhio di malavoglia e lo osservò con aria minacciosa:

«Non ti azzardare, immondo ammasso di pelo. È sabato mattina.»

Il felino non si curò delle obiezioni della padrona e le avvicinò il naso al viso, per poi miagolarle di nuovo in pieno volto. Julia sbottò e si alzò dalle coperte, dirigendosi decisa verso la cucina, ben sapendo che cosa voleva il suo “adorato” micio. Riempì la ciotola rossa con i croccantini secchi e la pose a terra sulla tovaglietta plastificata, poi vi pose di fianco la ciotola azzurra e la riempì a sua volta con acqua fresca. Il gatto manifestò l’apprezzamento strusciandosi contro le sue gambe e riempiendola di fusa.

«Sì, sì… ruffiano…» mormorò sbadigliando.

Erano le otto e un quarto, e a dirla tutta non era neanche una levataccia così esagerata.

Si stiracchiò, sollevandosi in punta di piedi, e si diresse in bagno per concedersi una doccia prima di gettarsi sulle faccende di casa. La prospettiva di passare il weekend a pulire l’appartamento non la allettava, ma d’altronde non aveva altra scelta, dato che durante la settimana il tempo da poter dedicare alle pulizie era poco e la voglia era ancora meno. Tornò in cucina in accappatoio e il suo sguardo cadde sul dossier della Nihon no Wakabayashi Corp. che Herr Wakabayashi le aveva dato da studiare. Il capo aveva espresso il desiderio che lei lo accompagnasse al meeting che si sarebbe tenuto a Tokyo di lì a poco, e la cosa la onorava ed elettrizzava allo stesso tempo. Genzo si era dimostrato favorevole alla sua presenza, soprattutto perché, in questo modo, avrebbe potuto concentrarsi sull’amichevole di beneficenza a cui il Giappone partecipava per raccogliere fondi per il terremoto che aveva colpito Haiti. Due piccioni con una fava per il portiere. Mentre per lei, quel viaggio, significava un upgrade non indifferente all’interno della Wakabayashi Corp. Deutschlands. La stima che aveva di lei Herr Wakabayashi, tra l’altro fondata e ben ripagata, aveva raggiunto livelli ineguagliabili. E lei amava il suo lavoro, lo amava dal primo giorno in cui aveva messo piede all’interno dell’edificio. Non era stato facile trasferirsi a Monaco, aveva abbandonato il luogo in cui era cresciuta per crearsi la sua indipendenza e il suo futuro. Sorrise al pensiero del suo arrivo in quella grande città che non conosceva, senza un amico, senza nessuno che la potesse aiutare. Il fatto di avercela fatta da sola, con le proprie forze, la riempiva d’orgoglio.

Si accorse che il cellulare vibrava sul tavolino del salotto e si diresse velocemente a prenderlo: un sms della sua amica Heidi le preannunciava il suo ritorno in città e le chiedeva se avesse programmi per quella sera.

Sorrise ripensando all’amica così non perse tempo e la chiamò:

«Sei già sveglia?»

«Sì, non preoccuparti… sei rientrata?»

«Sono appena arrivata. Il tempo di riposarmi poi sono tutta per te! Non ci vediamo da troppo tempo e mi devi raccontare! Ti va di andare al ristorante giapponese stasera?»

Julia sorrise al pensiero della combinazione ma non disse nulla: avrebbe aggiornato la sua amica quella sera davanti a un bel piatto di hosomaki e uramaki misti.

 

«Un altro brindisi a questa splendida notizia!»

Heidi le riempì nuovamente il bicchiere con la weiss che aveva ordinato per accompagnare la loro cena: sorrise all’amica, bevve un altro sorso di birra, poi posò il bicchiere e la fissò dritta negli occhi:

«Avanti, racconta: hai fatto progressi con J.R.(1)

«Oh Heidi, non ricominciare ti prego. Tra me e Genzo non c’è nulla.» sbuffò, non potendo però fare a meno di sorridere dell’appellativo che l’amica aveva usato.

«Julia, tra te e NESSUN uomo c’è nulla. Te ne stai chiusa in casa, passi le tue giornate al lavoro.»

«Il lavoro mi impegna molto, la sera sono stanca, non ho molta voglia di uscire.»

«E durante i fine settimana?»

«Durante i fine settimana a volte esco con Martha, altre volte me ne sto in casa. Tutto nella norma direi.»

«Eh no, non c’è niente nella norma. Tesoro, perché ti chiudi così?»

«Io sto bene! – calcò sull’ultima parola – Non vi dovete preoccupare per me.»

Heidi voltò lo sguardo verso il kaiten sushi che girava accanto a loro e sospirò.

 

«A dir la verità… anche io devo dirti una cosa…»

Julia sollevò il sopracciglio con aria perplessa e appoggiò il bicchiere col cocktail che stava bevendo. Si erano spostate in un pub in centro, dalle parti della Marienplatz.

Heidi si mosse sulla sedia e iniziò a giocherellare con il sottobicchiere della propria birra. Era nervosa, si vedeva.

«Mi devo preoccupare? Qualche problema con Daniel?»

«No, anzi… – arrossì vistosamente – È proprio di questo che ti volevo parlare… io e lui… ecco… – prese una scatolina dalla borsa e la aprì di fronte all’amica, mostrandone il contenuto – Mi ha chiesto di sposarlo…»

«Oh mio Dio! – esclamò Julia afferrando l’oggetto e osservando lo splendido diamante che portava – Heidi, ma è meraviglioso! È una notizia fantastica! Avete già fissato la data?»

«Sì, pensavamo a Settembre, così nel frattempo i suoi finiranno di ristrutturare l’appartamento qui a Monaco e noi potremo andarci a vivere.»

«Oh Heidi! – Julia la abbracciò di slancio con gli occhi pieni di lacrime – Mi sembra ieri che vi siete conosciuti!»

«Ed è stato tutto merito tuo. Proprio per questo io vorrei chiederti se vuoi farmi da testimone.»

«Io? Da testimone alle tue nozze? Ma sei sicura?»

«Non vorrei nessun altro…» disse sorridendo.

«Per me è un piacere e un onore.» rispose Julia, annuendo e porgendo il bicchiere verso l’amica per brindare.

Mentre stavano chiacchierando delle dinamiche della proposta, Julia sentì una presenza alle sue spalle, e una voce la distrasse.

«Credevo che tu fossi tutta casa e lavoro!»

Si voltò e incrociò le iridi ebano di Wakabayashi, che la fissavano sorridenti.

«E tu non dovresti essere a letto? Domani poi ti addormenti tra i pali.»

Il ragazzo scavalcò i divanetti e si sedette tra le due ragazze.

«Non ti preoccupare per me, so quello che faccio. – le fece l’occhiolino – Sono qui con un paio di compagni di squadra, tra poco rientriamo.»

«Ti presento Heidi Weber, la mia ex coinquilina.»

«Molto lieto, Genzo Wakabayashi.»

«È un piacere conoscerti, Genzo. Julia mi ha parlato molto di te.»

La ragazza fulminò l’amica con lo sguardo proprio un attimo prima che lui si voltasse verso di lei con aria sorpresa, per poi tornare a guardare Heidi.

«Veramente? Non sapevo di essere così famoso.»

«Non ti montare la testa, avrò parlato male di te un paio di volte, non di più.» lo schernì Julia, bevendo un sorso di cocktail. Genzo scoppiò a ridere gettando la testa leggermente all’indietro.

«Su quello non avevo dubbi! Che fate di bello, ragazze?»

«Heidi mi ha appena comunicato che a settembre si sposerà.»

«Veramente?»

«Eh sì… – mormorò la futura sposa, arrossendo – Dopo tanto…»

«State insieme da molto?»

Genzo sembrava seriamente interessato, la cosa impressionò Julia, che rimase in disparte in silenzio ad osservare la scena con una punta di scetticismo.

«Da sei anni. È stata lei a farci conoscere.»

«È stata lei? A quei tempi allora ancora usciva e conosceva gente?»

Julia incassò il colpo, ma non disse nulla: si limitò a fulminarlo con lo sguardo mentre lui la prendeva in giro.

«Oh sì, eravamo uscite io e lei, serata sole donne. Siamo andate in discoteca, non ci andavamo mai, Julia non poteva…»

«Heidi!» la ammonì. Il nipponico si voltò a guardarla ma lei ricominciò a parlare subito.

«Beh praticamente lui era lì, bello come il sole, con dei suoi amici. Io non mi attentavo ad avvicinarmi e così lei è andata là e gli ha chiesto se poteva presentargli una sua amica!»

«Lui l’ha vista e il suo sguardo si è illuminato. Il resto l’avete fatto tutto voi.» terminò Julia.

«Bella storia. – annuì Genzo – Starei qui a chiacchierare tutta sera con voi, mie care, ma il dovere mi chiama. Arrivederci! – disse a Heidi facendo l’occhiolino – Cupido, noi ci vediamo lunedì mattina.»

«Vieni in ufficio?»

Annuì e salutò le ragazze, agitando la mano;  non appena fu abbastanza lontano, Heidi si voltò verso Julia con aria sognante.

«Ma è sempre più figo!»

La ragazza scoppiò a ridere di gusto.

«Non esagerare: è un bel ragazzo ma niente più.»

«Tu non sei normale, lo sai? Ma lo vedi come ti tratta? È come se avesse un occhio di riguardo per te.»

«Per forza: sono otto anni che mi faccio il mazzo nell’azienda di suo padre, e sinceramente sono brava nel mio mestiere.»

«In compenso in quanto a relazioni umane sei scarsa…»

«Sempre lì andiamo a sbattere, eh? Non ho fretta, arriverà.»

«Julia, hai 27 anni! Che c’è che non va in te?»

«Non c’è nulla che non vada in me, Heidi! Semplicemente non corro dietro agli uomini come fanno tante mie coetanee solo perché i “famigerati trenta” si avvicinano e han paura di rimanere zitelle. Ho ottenuto la mia indipendenza e non ci tengo così tanto a perderla, lo sai.»

Heidi aprì bocca per contraddirla, per dirle che un rapporto amoroso non sempre implica la perdita di indipendenza, anzi! Ma sapeva bene che per l’amica quell’argomento era chiuso, così si limitò a sospirare e finire di bere la sua birra.

 

 

1J.R. – il riferimento è alla serie televisiva Dallas. Primogenito di Jock e Miss Ellie, affarista senza scrupoli, lingua tagliente, ambizioso, diabolico. È il simpatico cattivo della serie. (cit. da Wikipedia). Essendo Genzo figlio del magnate Wakabayashi, Heidi, non conoscendolo, l’ha assimilato a questo personaggio.

 

 

Non mi sarei mai aspettata un’accoglienza così calorosa come quella che mi avete riservato. Dire che sono commossa è un eufemismo, vi sono davvero grata per tutti i messaggi di supporto che mi avete inviato.

In questo secondo capitolo, veniamo introdotti un pochino nella cosiddetta sfera privata di Julia, e continuiamo a scoprire questo Genzo così scanzonato, come l’avete definito (ADORO!) e su di giri.

Sono contenta che abbiate anche apprezzato la mia Julia, è una ragazza semplice ma che rispecchia molte di noi: per quanto mi riguarda, è un mix di ciò che sono, ciò che avrei voluto essere, chi ho incontrato lungo il mio percorso. Il tutto con un’aggiunta di cannella, che non fa mai male XD

Bene, vi lascio e torno nei miei meandri, perché vi ricordo che, sì, questa fanfiction è terminata, ma il calderone bolle, bolle, bolle! E chissà cosa ne uscirà MUAHAHAHAHAHA

Un grosso abbraccio

Sakura

 

   
 
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