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Autore: _Agrifoglio_    12/09/2018    16 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto dei capitoli precedenti
Da non leggere se si è dei nuovi lettori capitati qui per caso e non si vogliono spoiler
 
A metà maggio del 1788, Oscar e i soldati della Guardia Metropolitana parigina devono scortare alla frontiera franco – austriaca un gentiluomo straniero, il Conte di Falkenstein che altri non è che l’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo Lorena, recatosi in incognito in Francia per discutere di un argomento segreto col cognato.
Giunti sulle rive del Reno, alcuni sgherri – che lo stemma impresso sull’elsa di un pugnale rivelerà essere stati mandati dal Duca d’Orléans – cercano di uccidere il fratello della Regina, ma sono sconfitti e uccisi. Durante la colluttazione, un improvviso attacco di cecità di André rivela a Oscar e a tutta la compagnia le condizioni di salute dell’uomo che è congedato dall’esercito per infermità.
L’improvviso e inesorabile allontanamento da Oscar, il senso di colpa per averla assalita in occasione dello strappo, la consapevolezza di essere diventato un peso e un pericolo per lei e la convinzione di non poterla sposare per le insormontabili differenze di censo e di rango che rovinerebbero Oscar e tutti i de Jarjayes oltre che per la particolare situazione psicologica ed esistenziale di lei spingono André a ubriacarsi in una taverna. All’uscita dalla bettola, l’uomo è aggredito e derubato e, trovatosi riverso a terra, con la faccia nella polvere, giura solennemente a se stesso di non ridursi più in quello stato e di non prendere mai più in mano una bottiglia. Soccorso da Alain, l’uomo è trasportato a Palazzo Jarjayes da un vetturino di piazza pagato col denaro dell’amico.
Recatosi a casa di Alain – nel frattempo, finito agli arresti per una scazzottata in taverna – per restituire il denaro alla madre dell’amico, André arriva giusto in tempo per salvare dal suicidio la giovane Diane che si innamora, non ricambiata, di lui. Da quel giorno, Alain farà di tutto per indurre André a sposare la sorella.
Nel frattempo, dei balordi al soldo del Duca d’Orléans, travestiti da soldati della Guardia Metropolitana, stanno gettando discredito su Oscar e sulla compagnia da lei comandata.
Le indagini seguite ai disordini portano Oscar a scoprire un arsenale di armi rubate e una stamperia clandestina di libelli scandalistici. L’ultima serie di libelli stampati, raffigurante l’uccisione del Conte di Falkenstein sulla riva del Reno e rimasta inutilizzata grazie all’intervento di Oscar che ha scongiurato l’attentato, inchioda il Duca di Orléans alle sue responsabilità, in quanto Oscar trova nella stamperia un plico contenente una copia del libello e una lettera di accompagnamento, indirizzata a Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e firmata dal Duca d’Orléans in persona. Oscar, su invito di Maria Antonietta, conserva questa lettera presso di sé.
La scoperta dei libelli osceni induce la Regina a recarsi in incognito nei bassifondi parigini, scortata da Oscar e dai soldati della Guardia Metropolitana, allo scopo di sentire cosa la plebe dice di lei. Sollevato per un attimo il velo che le copriva il volto, Maria Antonietta è riconosciuta da Théroigne de Méricourt, un’esaltata agitatrice belga che passava di là.
Intanto, André conosce un medico veneto che gli medica l’occhio destro da un’infezione e gli opera quello sinistro da un ematoma che gli cagionava la cecità e che svela a Oscar che la tosse che l’affligge non è un sintomo di tubercolosi, ma una manifestazione psicosomatica di nervosismo, dovuto ai problemi di scarsa accettazione che la donna si porta dietro.
Durante la convalescenza, André accetta la proposta del Generale di diventare il nuovo amministratore delle proprietà della famiglia Jarjayes e contemporaneamente, pur continuando ad amare Oscar, decide di “rimettersi in carreggiata”, di vivere di realtà e non di fantasia e di non farsi condizionare da pensieri dolorosi e privi di sbocco.
La scoperta delle armi rubate, su molte delle quali è impresso il marchio del reggimento dei soldati di Oscar, induce il Duca d’Orléans a brigare per far deferire l’antica rivale alla Corte Marziale, con l’accusa di essere complice di quei traffici. Il tempestivo intervento della Regina, che offre all’amica l’incarico di Comandante Supremo delle Guardie Reali, salva la situazione, ponendo Oscar sotto la diretta protezione della Casa Reale e allontanandola dal focolaio del pericolo.
Tornata a prestare servizio alla reggia, Oscar fa due nuove conoscenze: il Conte Maxence Florimond de Compiègne, cugino di Girodel (nel frattempo promosso Colonnello), un brillante uomo di mondo dal fascino enigmatico che, in realtà, è uno spiantato cacciatore di dote e Mademoiselle Henriette Lutgarde de Chambord, una nuova dama di compagnia della Regina, amica di Madame de Jarjayes e segretamente innamorata di Girodel. Oscar sfrutta il suo ritorno alla reggia anche per rinverdire il rapporto con la madre.
Oscar, quindi, ha scoperto di non avere la tisi, André ha riacquistato la vista e ha un buon lavoro da amministratore e, fra i due, accantonate le incomprensioni, è tornata l’intesa di un tempo. Il destino, però, è ancora in agguato e si manifesta sotto le spoglie della forsennata e bellicosa Théroigne de Méricourt, decisa ad assaltare la reggia perché convinta che Maria Antonietta fosse andata nei bassifondi parigini per prendersi gioco delle sofferenze del popolo. Durante un evento mondano organizzato nei boschetti di Versailles a metà luglio del 1788, Théroigne de Méricourt piomba addosso ai cortigiani con una banda di facinorosi e, con una scorrettezza, riesce a prevalere su Oscar che sta proteggendo la Regina. André, avvertito del pericolo da Alain, venuto fortuitamente a conoscenza del folle piano, giunge in tempo per salvare Oscar, ma è colto da un malore e Théroigne de Méricourt ne approfitta per ferirlo. Oscar fa lo sgambetto alla donna e riesce a deviare il colpo, ma il giovane si accascia ugualmente al suolo, privo di conoscenza.






 
Gli ultimi giorni di luglio
 
A Sua Signoria Lord Cedric Highbridge dodicesimo Conte di Canterbury
 
Versailles, 28 luglio 1788
 
Eccellentissimo Cugino,
è per una questione di estrema delicatezza che Vi invio queste righe, affidate a un messo di mia fiducia anziché al servizio postale.
Mi servirebbero delle informazioni su Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi. Il suddetto gentiluomo è amico di vecchia data del Duca Luigi Filippo d’Orléans che ha più volte elaborato piani finalizzati a rovesciare il Re di Francia. Vorrei chiederVi se Vi è giunta voce di un coinvolgimento di Lord William Stratford nei progetti eversivi del Duca d’Orléans e se, a Vostro giudizio, la Corona Britannica vede di buon occhio un avvicendamento sul trono di Francia.
E’ tanta la confidenza che mi aspetto da Voi e di ciò mi scuso, ma enorme è il pericolo che ci sovrasta e massima è l’allerta. Un colpo di Stato messo a segno dal Duca d’Orléans ridisegnerebbe gli equilibri geopolitici dell’Europa e del mondo, con gravi e inaspettate ripercussioni per tutti, non esclusa l’Inghilterra. L’Europa non è nuova a sanguinose guerre di successione e mettere in discussione la legittimazione di un Sovrano potrebbe causare pericolosi fenomeni di emulazione.
Vi prego di porgere i miei omaggi a Lady Imogen e di accogliere i miei più cordiali saluti.
 
Oscar François de Jarjayes
 
Oscar ripose la penna d’oca nel supporto, richiuse il calamaio e controllò, un’ultima volta, le righe da lei vergate, prima di spargerci sopra la polverina e di sigillare il foglio di carta con la ceralacca.
Si augurava che la risposta del parente inglese dei de Jarjayes avrebbe contribuito a fare chiarezza su ciò che li attendeva. Lord William Stratford e il Duca d’Orléans erano degli intimi amici del Principe di Galles nella cui cerchia privata era ammesso anche il Conte di Canterbury. Se Lord William Stratford fosse stato un uomo influente e disposto ad aiutare il Duca d’Orléans e se il Principe di Galles o lo stesso Re Giorgio III avessero caldeggiato l’ascesa al trono del Duca, a causa delle idee liberiste di lui, la situazione del Re e della Regina sarebbe stata, forse, non disperata, ma, pur sempre, molto complicata.
Consegnato il plico a un messo di cui si fidava ciecamente, si diresse negli alloggi di André.
Subito dopo il ferimento, l’uomo era stato trasportato negli appartamenti della reggia assegnati a Oscar dove i medici lo avevano celermente raggiunto.
La stanchezza accumulata dal giovane durante la convalescenza postoperatoria, unita allo sforzo della cavalcata e all’oppressione del caldo, gli aveva provocato un capogiro nel bel mezzo del combattimento con la furia belga e il capogiro era evoluto in un vero e proprio svenimento, a seguito del colpo ricevuto. Lo sgambetto che Oscar aveva fatto a Théroigne de Méricourt si era, però, rivelato provvidenziale, perché aveva deviato un fendente che, altrimenti, avrebbe raggiunto André in pieno petto. La lama avversaria, di conseguenza, non aveva perforato gli organi vitali né aveva reciso le arterie e le vene principali, ma, dopo essere penetrata nel torace, era stata bloccata da una costola e ciò le aveva impedito di giungere in profondità.  
I medici avevano fatto rinvenire André, lo avevano medicato e ricucito e, sulla base delle condizioni generali, lo avevano giudicato guaribile nel giro di un mese, ammesso che, nei giorni immediatamente successivi al ferimento, le febbri non fossero sopraggiunte e la piaga non avesse suppurato. La buona stella che aveva assistito André nell’ultimo periodo, evidentemente, brillava ancora alta nel cielo, perché il giovane non ebbe una linea di febbre e la ferita di lui rimase pulita e inodore, tanto che, una settimana dopo l’attentato, i medici ne consentirono il trasporto a Palazzo Jarjayes, su un carro coperto che marciava a passo d’uomo. Quando, un paio di giorni dopo il trasferimento a palazzo, la nonna ebbe ripreso a bistrattarlo, fu chiaro a tutti che l’uomo sarebbe presto guarito. Era, cominciata, così, un’altra convalescenza, di durata più breve della precedente e da potere trascorrere, per fortuna, in piena luce, nel corso della quale Oscar suonava il violino o il clavicembalo per André oppure entrambi giocavano a dama o a scacchi, leggevano qualcosa insieme e, da un paio di giorni a quella parte, facevano anche qualche brevissima passeggiata nei giardini. André aveva preannunciato che, quando fosse tornato in sesto, avrebbe finalmente battuto Oscar in un confronto di scherma e, subito dopo, aveva riso, conscio del fatto che lei, piuttosto che farsi vincere, avrebbe rovesciato il mondo. Essendo scampati l’una al fantasma della consunzione e l’altro alla cecità e a una ferita al torace che, per un soffio, non era risultata letale, vivevano la vita con maggiore maturità e consapevolezza, riscoprendo mille motivi per godere ciascuno della vicinanza e dell’amicizia dell’altro.
Giunta nella stanza di André, la trovò vuota.
Interrogata una cameriera che era andata là per riporre della biancheria, venne a sapere che l’uomo si trovava nei giardini del palazzo, in compagnia di alcuni amici che erano venuti a trovarlo.
Presa dalla curiosità per quell’inattesa visita, Oscar si diresse nel punto preciso del parco indicatole dalla cameriera, con l’intenzione di unirsi al gruppo.
 
********
 
Oscar impiegò pochi minuti per raggiungere il gazebo di marmo, ricoperto da glicini e da edere rampicanti, sotto il quale sedevano, intorno a un tavolino rotondo, André, Alain e Diane.
La giovane sorella di Alain era particolarmente carina, perché aveva gli occhi raggianti di felicità ed era abbigliata col suo miglior vestito, un’andrienne di seta azzurro cielo, ornata, sulle maniche e sul corpetto, da pizzi di filo di seta écru. Il collo era cinto da un nastro di seta e di pizzo, sempre blu ed écru, al quale era cucita una perla di medie dimensioni mentre i capelli erano acconciati con fiorellini di stoffa dello stesso colore del nastro e del vestito, intrecciati in ordine sparso.
Nel vedere Oscar, André e Alain si alzarono e la salutarono con un inchino mentre Diane, che era andata a bagnarsi le mani alla vicina fontana ed era già in piedi, accennò una graziosa riverenza.
La donna si sedette accanto al trio e salutò cortesemente i due ospiti.
Sul tavolino, erano appoggiati dei bicchieri di cristallo e delle caraffe di limonata e di latte alla menta. Accanto alle caraffe e ai bicchieri, c’era un piattino di porcellana colmo di palline di cioccolato.
– Sono dei pasticcini di cioccolato al rum che la mia sorellina ha preparato con le sue mani e portato in dono al nostro infermo – disse Alain, dopo essersi accorto che Oscar li guardava – Assaggiateli, Comandante, perché neanche nella reggia di Versailles ne troverete di così buoni!
– Oh, Alain, ti prego, non esagerare! – si schermì Diane.
– Non esagero, perché sei la migliore cuoca del regno e, per confezionare quei dolcetti, hai acquistato il cacao più aromatico e pregiato in circolazione, pagandolo un occhio della testa mentre io ti ho procurato il rum più costoso di Parigi!
Diane avvampò alla gaffe del fratello mentre Oscar e André fecero finta di non coglierne l’indelicatezza. Per evitare ulteriori imbarazzi alla giovane ospite e concludere in fretta il discorso, Oscar prese un dolcetto e lo portò alla bocca. Gustarlo e complimentarsi con Diane fu un tutt’uno, perché il pasticcino era davvero delizioso.
– Ecco, che ti avevo detto? Sei una cuoca provetta e non badare a spese è utile in certe circostanze, se si vuol fare bella figura!
Diane era rossa come un peperone mentre Oscar e André non sapevano più cosa fare per fingere noncuranza.
A parte gli atteggiamenti goffamente celebrativi di Alain, il gruppo trascorse insieme una piacevole mezz’ora.
Diane era la gioia di vivere in persona, con la mente effervescente e il cuore leggero come una piuma. Ogni cosa ne suscitava l’allegria e l’infantile ammirazione: la forma nodosa e pittoresca di un albero, la scoperta, in un cespuglio, di un fiore che, in precedenza, non aveva notato, la brezza che trasportava l’odore delle rose, dei gladioli e dei garofani e alcuni passerotti e merli che si abbeveravano alla fontana, cinguettando e agitando le ali sotto gli zampilli.
Alain era più scherzoso e loquace che mai mentre André, pur serbando, come di consueto, educazione e gentilezza, parve a Oscar stranamente taciturno e trattenuto. La donna imputò questo inusuale atteggiamento alla stanchezza e ai postumi delle due convalescenze ravvicinate mentre non riusciva a spiegarsi l’insistenza di Alain: “Di’ a Monsieur Grandier quanto si è complimentata con te la moglie del Notaio de Hauteville per il velo da sposa che hai cucito alla loro figlia”, “Riferisci a Monsieur Grandier gli elogi che ti ha fatto la moglie del Farmacista de Cluny per il banchetto che hai preparato per il battesimo del loro primogenito”, “Racconta a Monsieur Grandier di quando Mademoiselle Bertrand, ha detto che, senza di te, non sarebbe mai riuscita a terminare in tempo il corredo per Mademoiselle de Clairmont”. Oscar non capiva il motivo dell’ostinazione con cui Alain ingiungeva alla sorella di dire questa o quella cosa a Monsieur Grandier né riusciva a spiegarsi l’atteggiamento impacciato di lei nel rivolgersi ad André.
– Generale – chiese Diane a Oscar – Quanti cavalli avete nelle scuderie?
– Mia sorella è un’appassionata di piante, di fiori e di animali, eccettuati scarafaggi, ragni, scorpioni, scolopendre e altre schifezze del genere che, invece, la disgustano, ma che, con l’animo sensibile che ha, non vuole mai uccidere. Tocca sempre a me! Ah! Ah! Ah! Ah!
– Attualmente, una ventina – rispose Oscar – Volete vederli?
– Oh, sì, Ve ne prego!
André rivolse un’occhiata supplice a Oscar, per chiederle di restare e di non lasciarlo solo con Alain, ma, accorgendosi che lei non aveva colto, tentò di inserirsi nella comitiva.
– Verrò con voi. E’ un po’ che non faccio visita ai cavalli.
– Oh, no, André – lo bloccò Alain – Conosci a memoria quegli equini. Piuttosto, resta con me, così ti racconterò le novità sui ragazzi in caserma.
André non poté esimersi dal rimanere e, sconfitto, tornò a sedere sulla poltroncina.
Quando Oscar e Diane si furono allontanate, Alain iniziò a parlare, non dei soldati, ma della sorella.
– Hai visto quanto è bella la piccola Diane, André? E’ tutto merito tuo! Dovessi viaggiare per tutta l’Europa e cercare pure sotto i sassi, non troveresti mai una sposa così bella, virtuosa, innamorata e remissiva! Vieni in Rue Bourbon e chiedi a chi ti pare. Chiunque interrogherai non farà altro che tessere le lodi di lei!
– Ne abbiamo già parlato, Alain. Tua sorella potrebbe essere mia figlia.
– E allora? Chi vorresti sposare? Una vecchia? Proprio perché è così giovane, ti partorirà una nidiata di marmocchi! Non farti ingannare dall’aspetto esile e dai fianchi stretti. Alla prova dei fatti, le donne della mia famiglia si sono sempre rivelate delle rocce!
– Il mio cuore appartiene a un’altra.
– A un’altra che non puoi avere e che, pur senza volerlo, ti sta facendo soffrire. A questo punto, fatti prete, almeno la gente ti rispetterà e ti rimpinzerai quanto vorrai!
– Alain, non sono un ingenuo e so benissimo di non avere alcuna possibilità con Oscar. Nulla ho da offrirle e la nostra unione sarebbe una mésalliance che coprirebbe di vergogna lei e tutta la famiglia de Jarjayes.
– E’ quello che dicevo io mentre Diane….
– Tua sorella – proseguì André, interrompendo l’amico – merita molto di più che essere un ripiego nella vita di un uomo. Merita un marito per cui essere il sole a mezzogiorno e la luna che rischiara le tenebre.
– Piantala di fare il poeta, André e ragiona sensatamente! Il sole a mezzogiorno…. La luna che rischiara le tenebre…. Apri gli occhi e mettiti in testa che un ottimo ripiego è infinitamente migliore di una prima scelta inarrivabile. Diversamente, rimarrai solo. Mia sorella non si offenderà, ti amerà per entrambi e, col tempo e coi figli, l’amore verrà anche da parte tua e ti accorgerai di non poterne più fare a meno mentre il Comandante rimarrà confinata in un sogno evanescente che evaporerà al sopraggiungere del lucore lattiginoso dell’aurora.
– Adesso sei tu il poeta – disse André, sorridendo amaramente.
– Ho sentito questa frase domenica scorsa, in bocca a un poetastro che la declamava in piazza e questa è la prima e l’ultima occasione che avrò di ripeterla! Ah! Ah! Ah! Ah!
Mentre Alain rideva rumorosamente e André guardava in basso e non parlava, Oscar e Diane fecero ritorno dalle scuderie.
– Oh, Alain, vedessi che bei cavalli! In una fattoria situata a un paio d’ore da qua, ci sono anche i cavalli anziani e i puledrini! Il Generale mi ha promesso che, un giorno, mi ci porterà!
– E’ magnifico, Diane, ma, adesso, andiamo. Questo pomeriggio, sono di guardia.
I due fratelli si accomiatarono e Oscar e André rimasero soli sotto al gazebo mentre il frinire dei grilli e delle cicale faceva da sottofondo.
– Ehi, André, hai trovato un’ammiratrice! La piccola Diane ha una bella cotta per te! – disse Oscar, con una risata canzonatoria e un’espressione impertinente – Inizialmente, non capivo, ma, poi, mi è stato tutto chiaro. Nelle scuderie, parlava sempre di te, oltre che dei cavalli, con l’entusiasmo e l’esaltazione con cui la Delfina, tanti anni fa, discorreva del Conte di Fersen.
André non rispose, ma arrossì violentemente, non riuscendo, per tutto il tempo, a distogliere lo sguardo dalla punta delle scarpe.
 
********
 
In un altro angolo dei giardini, il Generale de Jarjayes e la moglie stavano percorrendo un viale ghiaioso, costeggiato da siepi di bosso. Lui camminava con il busto dritto e le mani intrecciate dietro la schiena mentre lei “scivolava” con la tipica andatura delle dame alla moda, riparando la testa sotto un cappello di paglia, ornato da nastri di seta e da fiori di stoffa e procurandosi refrigerio con un elegante ventaglio.
– E’ sempre più raro vederVi qui, Madame – disse il Generale, con voce bassa e cupa.
– Sto dove c’è bisogno di me, Monsieur – rispose lei, corrugando la fronte e stringendo le labbra.
Erano passati più di quarant’anni da quando i due coniugi si erano conosciuti e amati e, da allora, un oceano di dolore, di silenzi, di delusione, di tentativi inesperiti e di incomprensione li aveva allontanati. Le differenze di temperamento, di vedute e di obiettivi, se, inizialmente, avevano favorito la felicità di quell’unione, facendo incontrare il polso di ferro di lui con la docilità di lei, nel lungo periodo, avevano, invece, evidenziato delle grandi incompatibilità caratteriali, scavando un solco divenuto, di giorno in giorno, più profondo. L’affetto, la stima, la fedeltà e l’amicizia reciproci perduravano, ma erano coperti dalla patina della disillusione. Oscar era fonte di rimorso per entrambi oltre che punto di divisione. Il Generale era, ormai, consapevole di avere offerto alla figlia una vita anomala che, pur essendo adattissima all’indole di lei, ne aveva fatto una diversa e un’esclusa, come tale esposta a ogni sorta di insidie. La Contessa, dal canto suo, si sentiva in difetto, perché pensava di non essersi imposta e prodigata a sufficienza per arginare l’eccentricità del marito. Il complesso di colpa e di inadeguatezza che l’aveva pervasa a ogni reiterato, fallito, tentativo di mettere al mondo un erede, unito alla spossatezza fisica e alla melanconia spirituale, l’aveva fatta ripiegare su se stessa. Si era trincerata dietro a un silenzio che ella stessa non avrebbe saputo se ascrivere all’obbedienza muliebre o a un opportunistico anelito al quieto vivere. L’anomala condizione di Oscar l’aveva preoccupata e addolorata, ma anche fatta sentire a disagio di fronte a conoscenti e amici. Quando stava in società, aveva la perenne sensazione di trovarsi su un grottesco palcoscenico, intenta a recitare una pièce che avrebbe dovuto essere seria, ma che tutti, in realtà, consideravano farsesca. Il senso di impotenza, di avvilimento e di inutilità e la convinzione di essere di troppo in un rapporto fra padre e figlia claustrofobico ed esclusivo l’avevano indotta ad allontanarsi e a considerare la reggia di Versailles un’oasi di pace, se confrontata a Palazzo Jarjayes.
– Di questo palazzo Voi siete la Signora – continuò il Generale, con intonazione profonda ed espressione invariata.
– In questo palazzo, io sono inutile e, fra mio marito e mia figlia, sono un ingombro – rispose lei, con voce malinconica e sguardo appannato mentre la brezza le scompigliava i boccoli e faceva ondeggiare i nastri del cappello.
– La Vostra presenza saggia e quieta non potrebbe che giovare a nostra figlia, bilanciando la mia irruenza e la mia imperiosità.
– Da quando avete iniziato a parlarne al femminile? – chiese la Contessa, con un amaro sorriso, mentre si riavviava una ciocca di capelli – Più o meno, da quando avete deciso di farle cambiare vita all’improvviso, trovandole un marito? – concluse, poi, rispondendosi da sé, ma immediatamente guardando di sottecchi il marito, nel timore di avere ecceduto in sarcasmo.
– Si è trattato di un tentativo fallito, come ben sapete. Non si cancellano, in un istante, anni di educazione maschile, di libertà e di indipendenza. Cosa fatta capo ha.
– Forse, il fallimento non è dipeso dall’idea del matrimonio, ma dall’identità dello sposo.
– Cosa intendete dire?
– Che avreste potuto proporle un altro candidato.
– Chi?
– Credo che una sola persona sia adatta ad affiancare Oscar, date le peculiarità di lei e la reciproca consuetudine di vita. Una persona che, più volte, anche di recente, ha spinto la sua devozione fin quasi al sacrificio estremo.
– Non Vi starete riferendo a….
– Ad André.
– Madame, quello che dite è impossibile. André è un plebeo e non garantirebbe a Oscar ricchezza e rango. I loro figli non sarebbero nobili e non potrebbero aspirare ad alcuna carriera, sia essa nell’amministrazione o nell’esercito. E le altre nostre figlie? E i nostri nipoti? Sarebbero messi all’indice come un libro proibito. Con uno zio plebeo, i giovani della nostra famiglia non potrebbero contrarre un buon matrimonio né aspirare a una conveniente posizione.
– Purtroppo, avete ragione, Monsieur. André è un bel miraggio, ma non una soluzione praticabile – rispose la Contessa, stringendo il ventaglio, ormai chiuso, fra le mani.
– Il destino ci ha sempre posto innanzi a situazioni incomplete.
– Il destino ce lo creiamo noi, Monsieur, bruciandoci i vascelli con incoscienza e ostinazione. Voi avete sfidato Dio e io mi sono voltata dall’altra parte. Il risultato è che l’unica vita che piace a nostra figlia l’ha condotta all’isolamento e all’estraniazione mentre il solo uomo che, giunti a questo punto, potrebbe starle accanto non è adatto a lei né a noi.
Il Generale non rispose, ma continuò a scrutare l’orizzonte, afflitto dai rimorsi e concentrato nei suoi pensieri. Offrì il braccio alla moglie che vi si appoggiò e, insieme, tornarono a palazzo.
   
 
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