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Autore: Myrddin Emrys    13/09/2018    0 recensioni
Los Angeles è una città magica, dove tutto può accadere e dove niente è come appare.
Lo sa bene Daisuke, che un giorno il destino pone davanti a Tiziano, un italo americano che non nasconde un certo interesse nei suoi confronti. Quando Daisuke scopre con orrore di essere attratto da lui, fugge e inizia a cambiare ragazza ogni settimana, fino al momento in cui il maledetto destino li fa incontrare di nuovo. E da quel momento Tiziano non se lo lascerà scappare una seconda volta, bensì gli farà una corte spietata, recitandogli la stessa dichiarazione d’amore che si erano scambiati Corrado e Hideyori un secolo prima.
Ma cosa hanno in comune Tiziano e Daisuke con Corrado e Hideyori, vissuti a Londra in un periodo in cui amare una persona dello stesso sesso era un reato?
Los Angeles è una città magica, dove tutto può accadere e dove niente è come appare.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Firenze, dicembre 1902
«Corrado! Corrado!»
            Il ragazzo si guardò intorno e quando vide Natalina sorrise, chiamandola a gran voce. La ragazza gli corse incontro, seguita dal marito e Corrado l’abbracciò felice.
«Che bello riaverti qui!» esclamò lei trattenendo le lacrime. «È da tanto che aspettavamo questo momento! Papà non vede l’ora di rivederti.»
«Come stai?» s’informò lui occhieggiando il ventre della sorella.
            Lei arrossì e sorrise raggiante.
«Sto benissimo. Spero tu abbia portato lo stetoscopio, voglio sentire il suo battito.»
«Sì, certo. Lo ascolteremo insieme.»
«Fatto buon viaggio?»
«Sì. Morino.» salutò.
«Bentornato, Corrado.» rispose il cognato stringendogli la mano. «La lettera che ci avvisava del tuo arrivo è stata come un balsamo per le nostre anime.»
«Gesù.» mormorò inspirando a fondo. «Sembra che qui faccia caldo.»
«Ma cosa dici?» ribatté Natalina. «Fa freddo.»
            Corrado rise e subito dopo si girò per osservare Morikawa scendere dal treno con i bagagli. Lo raggiunse sollecito per dargli una mano e quando Hideyori mise piede nella stazione, Corrado lo scortò, conducendolo dalla sorella.
«Natalina, Morino, lasciate che vi presenti Hideyori Yukihito e Morikawa Hiroyasu, studenti di Cambridge, nonché miei amici.»
            La ragazza sorrise e allungò la mano.
«È un piacere fare la conoscenza degli amici di mio fratello. Siete i benvenuti.»
            Hideyori e Morikawa deglutirono e strinsero la mano guantata.
Nonostante Corrado li avesse avvisati del comportamento espansivo degli italiani, erano rimasti spaesati dal dover toccare la mano di una persona, tralasciando che non avevano compreso una sola parola di quanto detto da Natalina. Tuttavia il suo sorriso e la sua cordialità li avevano in qualche modo portati a capire che si stava presentando e di riflesso ripeterono le sue mosse.
Lo stesso fecero con Morino, sotto lo sguardo compiaciuto di Corrado.
            Hideyori osservò la stazione, la gente che scendeva dal treno e che si salutava abbracciandosi e ridendo, l’aria piacevole, frizzantina quanto bastava e scambiò un’occhiata con Morikawa. C’era meno confusione rispetto a Londra, sebbene l’impossibilità di capire la lingua parlata rendesse le situazioni più cacofoniche.
«È molto bella la sorella di Corrado-san.» commentò Morikawa.
            Subito dopo si rese conto di quello che aveva detto e chinò la testa, mortificato. Hideyori lo guardò stupito e imputò la sfrontatezza dell’amico all’aria solare dell’Italia.
Tutto era così diverso dalla grigia Londra! Per un attimo gli era sembrato di tornare a casa; ma era stata solo l’impressione.
            Si accorse che gli altri guardavano Morikawa, chiedendosi cosa avesse detto e Hideyori si girò verso Corrado, rivolgendogli un impercettibile cenno con la testa.
«Bene. Giacché siamo giunti a destinazione, possiamo avviarci verso casa.» disse il ragazzo togliendo dall’imbarazzo i due giapponesi.
«Sì.» rispose Morino. «La macchina ci attende.»
            Fecero segno al facchino e si avviarono all’uscita della stazione, caricando i bagagli in macchina. Hideyori, Morikawa e Corrado presero posto sul sedile posteriore e quando partirono, il ragazzo indicò agli ospiti la cattedrale che si intravedeva sulla destra.
I due giapponesi rimasero abbagliati dalla bellezza della chiesa e del campanile e Corrado annunciò in inglese:
«Vi porterò a piedi nei vicoli della mia città per mostrarvi la nostra storia.»
            Hideyori distolse lo sguardo da S. Maria del Fiore e lo posò sull’altro. A dispetto della sua aria distaccata, Corrado capì che era emozionato e lo stesso vide in Morikawa.
            Felice e soddisfatto, chiuse un attimo gli occhi e annusò l’aria di casa.
 
***
 
            Natalina e Morino li lasciarono a casa Bardi, nei pressi di piazza della Signoria e li salutarono in attesa di rivedersi l’indomani.
La servitù provvide a trasportare i bagagli all’interno del palazzo medievale e i giapponesi rimasero sbalorditi nel constatare che c’era gente che potesse ancora abitare in simili dimore.
«Ho studiato qualcosa sui vostri castelli e sui palazzi rinascimentali, ma questo... questo è stupendo.» mormorò Hideyori guardandosi intorno con evidente meraviglia.
«Questa è casa mia.» rispose Corrado orgoglioso.
            Un valletto gli comunicò che il maggiordomo era andato ad avvisare il signor Bardi dell’arrivo del figlio e nel frattempo i domestici assegnarono le camere agli ospiti. Corrado notò le occhiate che tutti lanciavano verso i giapponesi e immaginò benissimo cosa stessero pensando.
            Diede ordine di preparare qualcosa da mangiare e nel frattempo mostrò la casa agli ospiti. Mentre giravano per i corridoi abbelliti da ritratti di antenati, da arazzi e panoplie, Corrado ripensò alla decisione di far venire Hideyori a Firenze.
Le vacanze di Natale non erano un periodo lungo e il ragazzo non sarebbe potuto tornare in Giappone a rivedere la famiglia: avrebbe trascorso le festività all’ambasciata, in attesa del Full Lent Term. Così, senza rifletterci troppo sopra, lo aveva invitato a trascorrere il Natale a casa sua.
Aveva già in mente tutto quello che gli avrebbe fatto vedere e mordeva il freno nell’attesa. Andava fiero della sua città e desiderava che Hideyori condividesse le sue stesse sensazioni.         
Non era stato facile convincerlo, soprattutto Morikawa che temeva per l’incolumità di Hideyori. Alla fine avevano accettato, convenendo di tenere nascosta l’identità del ragazzo per maggior sicurezza. Si sarebbero rivisti sul treno, durante il viaggio, per evitare che i giornalisti si accorgessero della partenza e la sventolassero ai quattro venti.
            Prima di lasciare Londra, Corrado aveva quasi litigato con Rosemary, convinta che lo avrebbe accompagnato in Italia. Gli era occorsa tutta la pazienza che aveva per dissuaderla, assicurandole che sarebbe andato da solo e che non la stava rimpiazzando con nessuno. E solo quando lei lo aveva accompagnato alla stazione e lo aveva visto partire in solitudine si era rasserenata.
            Quando il signor Bardi rientrò a casa, Corrado gli presentò i giapponesi e l’uomo, fiero di ospitare due persone così originali, decise di invitare una cospicua parte della famiglia per il pranzo di Natale.
            Nel frattempo, accompagnati come un’ombra da Morikawa, iniziarono a fare i turisti nella città del giglio.
 
***
 
«Questo luogo è meraviglioso.» sussurrò Hideyori guardando l’interno della cattedrale.
            Corrado gli spiegò la storia di Brunelleschi e della cupola e si accorse che anche Morikawa sembrava impressionato. Raccontò che, durante una funzione nel 1478, alcuni sicari uccisero Giuliano de’ Medici, fratello del più celebre Lorenzo detto il Magnifico.
«Sì, ho studiato il Magnifico.» ricordò Hideyori meditabondo.
            Quando uscirono fuori, Morikawa rimase incantato a osservare il campanile e Corrado li invitò a salire per vedere la città dall’alto. E quando raggiunsero l’ultimo piano, dopo una serie infinita di scale, i due giapponesi furono intrappolati dal fascino della visuale. Rimasero senza fiato né parole e Corrado sorrise compiaciuto, tronfio come un pavone.
«La tua città è molto bella.» commentò Hideyori commosso. «È imponente. Noi non abbiamo niente di simile in Giappone.»
«Sì, ma sono certo che avrete altri tipi di bellezze che noi non abbiamo.»
            In quell’istante Morikawa si girò verso Corrado, impettito e altero, e all’improvviso si inchinò, rimanendo prostrato. Il ragazzo lo guardò, sorpreso, poi capì e s’inchinò a sua volta.
            Il samurai esitò, quindi raddrizzò la schiena e disse:
«Grazie per concedere noi questo.»
«È un onore per me.» rispose lui, impossibilitato a contenere l’orgoglio.
            Quando scesero dal campanile, fecero un giro per il mercato vecchio e si diressero in piazza della Signoria, fermandosi ad ammirare il David. Hideyori e Morikawa arrossirono dinanzi alla scultura priva di abiti e Corrado rimase perplesso. Com’era possibile che loro, abituati alle piscine e alla nudità, mostrassero imbarazzo di fronte a un’opera d’arte? Cosa c’era che non andava?
Non capendo, li fece proseguire oltre, fino agli Uffizi e da lì a Ponte Vecchio.
Il sole li accompagnava, accarezzandoli con i suoi raggi tiepidi, mentre i bambini li guardavano incuriositi, seguendoli e sghignazzando tra loro. Dalle botteghe si udivano i richiami delle madri, accomunati alle grida degli ambulanti che trainavano a mano il carretto di merce.
            Mentre erano intenti a osservare l’Arno scorrere placido, Corrado si sentì chiamare. Vide due giovani avanzare sul ponte, coperte da pesanti mantelli con il collo in pelliccia, i cappelli larghi a coprire parte dell’elaborata acconciatura e le riconobbe.
            Sorrise e si chinò per baciar loro le mani guantate, mentre le presentava come sue cugine.
«Hajimemashite. Dōzo yoroshiku.» risposero Hideyori e Morikawa inchinandosi.
            Corrado notò lo stupore sul volto delle ragazze e spiegò che era il loro saluto di presentazione. A forza di sentirlo lo aveva imparato a memoria. Come stava imparando altri vocaboli.
«Lo zio ci ha detto che eravate in giro.» esordì Anna, la più grande, senza staccare lo sguardo dai giapponesi.
«Non riesco ancora a crederci che a Natale pranzeremo con loro!» esclamò Elena ridendo.
            Corrado tradusse in inglese e Hideyori e Morikawa s’inchinarono. Le due ragazze li guardarono sorprese, non sapendo se inchinarsi a loro volta.
«Ah, tranquille. Lo fanno spesso.» le rassicurò.
«Oh, ma Corrado,» cinguettò Anna, «dovete raccontarci come avete fatto a diventare amico di queste piacevoli persone.»
«È presto detto: studiano come me a Cambridge.»
            Mentre traduceva, si accorse che la cugina più grande non staccava gli occhi da Morikawa, rapita dal portamento dell’uomo.
            Il samurai si rivolse a Hideyori e questi osservò le due ragazze.
«Hiro-san domanda come mai le tue cugine hanno capelli e occhi scuri mentre tu e tua sorella siete chiari.»
«Mia nonna era finlandese. Ci ha trasmesso i suoi geni.» spiegò.
«Li avete condotti a visitare Santa Croce?» s’intromise Anna.
            Corrado scosse la testa e la cugina propose:
«Potremmo andarci insieme.»
            Il ragazzo si accorse che sorrideva a Morikawa in maniera piuttosto plateale e con tono calmo le disse:
«Fossi in voi non insisterei troppo. Sono piuttosto suscettibili.»
            La ragazza piegò di lato la testa e Corrado continuò:
«Anna, vi assicuro che si è accorto del vostro interesse.»
            A quel punto lei arrossì e abbassò lo sguardo.
            Corrado guardò Morikawa, temendo si fosse offeso; il giapponese, invece, sembrava tranquillo. Malgrado ciò, aveva imparato che la realtà non era mai quello che mostravano e sperò che non se la prendessero per l’atteggiamento sfrontato della cugina.
«Poiché è da un bel po’ che stiamo girando,» propose Corrado, «io suggerirei di fermarci a un caffè.»
            Hideyori annuì e il ragazzo tradusse per le cugine.
«Ce n’è uno che fa un caffè buonissimo ed è un locale alla moda.» disse Elena ammiccando verso l’altra sponda del fiume.
«Sì, è un bistrot che ha aperto quando siete partito per Londra ed è diventato famoso.» convenne Anna.
            Così, nel giro di pochi minuti, si ritrovarono nel locale, seduti a un tavolo con una tazza di caffè bollente da sorseggiare.
Inevitabilmente gli sguardi degli avventori si posarono sul quintetto pittoresco e Corrado si accorse che molti sussurravano tra loro, curiosi. Del resto, sembrava diventata una situazione ricorrente: i fiorentini rimanevano incantati e stupiti davanti agli orientali, non avvezzi a una società multietnica come Londra. Per loro un orientale era un personaggio visto solo sui libri.
«Spero che il sapore del nostro caffè sia di vostro gradimento.» disse prendendo la tazza in mano.
            Hideyori e Morikawa annuirono, eppure Corrado percepì che per loro fosse un sapore forte. Forse avrebbe fatto meglio a ordinare del tè.
            Un cameriere portò un vassoio con alcuni dolci e le ragazze ne presero un po’, gustandoli con espressione rapita. Hideyori lanciò un’occhiata a Morikawa e questi allungò una mano per assaggiarne uno. Esitò, avendo imparato a proprie spese che non tutto quello che veniva offerto era di loro gradimento e quei biscotti erano orrendi a vedersi.
Trattenne il respiro e diede il primo piccolo morso.
Corrado sorrise tra sé e sé, in attesa della sua reazione. Anche Hideyori lo fissava, sperando in un responso positivo. All’improvviso Morikawa raddrizzò la schiena e masticò più velocemente, per poter addentare il resto del biscotto.
Allora Corrado mise un brutto-ma-buono su un tovagliolo e lo porse a Hideyori con un sorriso. Il giapponese lo ringraziò e assaggiò il biscotto, sorpreso da quel sapore dolce.
            Quando infine decisero di rientrare a casa, il giorno volgeva al termine e, sebbene provati, erano felici ed eccitati come adolescenti.
 
***
 
            Indossò la vestaglia da camera, abbassò la fiamma della lampada a olio e bussò alla porta che immetteva nella camera di Hideyori. Il ragazzo andò ad aprirgli e gli gettò le braccia al collo.
«È un’agonia starti vicino e non poterti toccare.» mormorò baciandolo.
            Corrado lo strinse a sé e passò le dita tra i suoi capelli.
«Ssst! Qui non siamo all’ambasciata, siamo in territorio nemico.» scherzò.
            Hideyori lo condusse accanto al letto e iniziò a sciogliere la cintura della vestaglia. Ma prima di lasciarsi sedurre, Corrado tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e lo posò sul comodino. L’altro vide che era rigonfio, come se all’interno vi ci fosse stato racchiuso qualcosa e guardò Corrado con una muta domanda nello sguardo.
            Per tutta risposta lui sghignazzò e iniziò a spogliarlo, e Hideyori dimenticò il fazzoletto, fin quando, tra un bacio e l’altro, Corrado gli disse:
«Chiudi gli occhi.»
            Ubbidì, sentendo il corpo bruciare abbracciato a quello dell’italiano e attese.
«Apri la bocca. No! Non aprire gli occhi.» intimò Corrado ridendo.
            All’improvviso Hideyori sentì qualcosa di rigido tra le labbra e un attimo dopo sorrise addentando il biscotto.
«Sugoi! Oishii desu.» esclamò riaprendo gli occhi. «È delizioso.»
            Corrado gli accarezzò il volto, il cuore che si sarebbe sciolto nella dolcezza dell’altro e mormorò:
«Te ne comprerò un vagone intero prima di ripartire.»
            Hideyori rise e lo tirò a sé.
 
***
 
            Morikawa bussò alla porta comunicante con la propria stanza e non ricevendo risposta provò di nuovo. Preoccupato, aprì e vide la stanza di Hideyori avvolta nella penombra. Doveva essere molto stanco se ancora dormiva.
Aveva ricevuto l’ordine di svegliarlo per le otto, poiché si dovevano preparare per il pranzo di Natale. Non aveva idea di cosa significasse il Natale a livello emotivo: sapeva solo che era una festa cristiana e come tale andava rispettata.
            La sera prima si era accorto che quasi tutti erano usciti per recarsi a quella che chiamavano messa, tranne Corrado che aveva promesso si sarebbe recato alla funzione il giorno dopo.
Si era addormentato riflettendo che quel giorno avrebbe rivisto la bella cugina di Corrado e quel pensiero gli aveva fatto ricordare che da un po’ non si concedeva la compagnia di una donna. Chissà se lì esisteva qualcosa simile alla casa da tè?
            Mentre ragionava, si accostò agli scuri e li aprì, lasciando entrare un bellissimo sole. Quando si volse per svegliare Hideyori, si accorse che non era solo.
Per un attimo rimase a osservarli dormire rannicchiati sotto le coperte e si domandò cosa ci trovasse il suo signore in quell’essere privo di attrattive. A suo modesto giudizio era meglio la cugina, con quella pelle bianca che contrastava con i capelli scuri; ma lui non era nessuno per giudicare.
Sapeva solo che da quando era apparso Corrado, il suo signore era felice come mai lo aveva visto e questo era il solo motivo che lo aveva trattenuto dal decapitarlo.
«Yuki-sama.» chiamò.
            L’interpellato mugugnò qualcosa, senza svegliarsi. Morikawa fu sul punto di lasciarli dormire ancora, quando vide che l’orologio era andato ben oltre le otto; allora chiamò di nuovo con tono più alto.
            Fu Corrado a svegliarsi per primo, la mente insonnolita che registrò la voce estranea. Sussultò e spalancò la bocca dinanzi al samurai. Deglutì e farfugliò qualcosa arrossendo come un peperone.
«Ohayō gozaimasu, Corrado-san.» salutò il giapponese.
«Bu... buongiorno Morikawa-san.» balbettò.
            Hideyori aprì gli occhi, ancora intontito dal sonno e salutò con voce strascicata. Sapeva che quel giorno sarebbe stato impegnativo, ma lui e Corrado non erano riusciti a dormire fino alle cinque e la stanchezza era evidente.
Gemendo si alzò dal letto e mormorò:
«Hiro-san, vado a fare un bagno. Preparatemi gli abiti per favore.»
            Il samurai annuì e fissò torvo Corrado, ancora sotto le coperte. Questi sorrise, sperando di rabbonirlo e quando si accorse che Morikawa stava per perdere la pazienza, ruppe gli indugi e si alzò, correndo verso la propria camera.
 
***
 
            Mentre Corrado assisteva alla messa, Hideyori approfittò per fare due passi sotto il sole con Morikawa.
Passeggiarono tra i vicoli, tra le botteghe che confezionavano bellissimi cappelli di paglia e si soffermarono a osservare le dita delle donne lavorare veloci per formare lunghe trecce.
«Trovo questa temperatura piacevole, molto più di Londra.» mormorò Hideyori camminando lungo l’Arno.
            Il samurai annuì, ammirando i gabbiani volare e stridere e rispose:
«Sì, molto più simile a casa.»
            Nonostante gli abiti occidentali, molti dei passanti si giravano a guardarli e Morikawa iniziava a non sopportare più quelle occhiate che li etichettavano come fenomeni da baraccone.
«Yuki-sama...»
            Hideyori inspirò a fondo chiudendo gli occhi per godersi quell’aria magica e rispose:
«Sì?»
            Il samurai si fermò, s’inchinò appena e disse:
«Avete mai pensato a Kayoko-sama
            Hideyori si bloccò e sgranò gli occhi, espirando come se gli avessero conficcato un pugnale nei polmoni. Guardò Morikawa con sguardo omicida e domandò con tono freddo:
«Cosa c’entra?»
            L’altro s’inchinò ancora e rimase piegato, catturando lo sguardo di alcuni passanti.
«Perdonatemi, mi preoccupo per voi.»
«Lo so. Ma cosa c’entra Kayoko-sama?» ribatté Hideyori irritato.
«Sì, avete ragione, perdonatemi.»
            Il ragazzo strinse gli occhi, comprendendo cosa intendesse Morikawa.
Kayoko era la ragazza che avrebbe sposato appena terminati gli studi e il suo amico si stava chiedendo fino a che punto fosse coinvolto con Corrado. Era lecito che si preoccupasse. Ma non voleva pensare al momento in cui inevitabilmente avrebbe dovuto dire addio alla persona che amava.
            A essere sinceri, non aveva alcun desiderio di sposarsi.
            Guardò Morikawa, ignorando i passanti curiosi, e fece una smorfia.
«Sono un pazzo, Hiro-san.» ammise. «Per quale motivo deve essere sbagliato amare una persona? Qui, in questa città magnifica, dove il tempo sembra essersi fermato, sento come se potessi vivere con lui per sempre. Sento che non è sbagliato, che è possibile.»
«Cosa dite?» esclamò preoccupato.
            Hideyori portò una mano sul volto, chiuse gli occhi e sospirò appena.
«Mi è concesso vivere,» continuò malinconico, «ma la realtà è che una parte di me è già sepolta.»
            Morikawa trattenne il fiato e per la prima volta non seppe cosa rispondere.
 
***
 
            Per il pranzo di Natale il signor Bardi aveva riservato una sorpresa per tutti: un fotografo che avrebbe perpetuato le loro immagini a ricordo della giornata.
            Così, dopo aver dato fondo alle innumerevoli portate, il fotografo li immortalò in una foto di gruppo nel salone di rappresentanza. Corrado approfittò per chiederne una che lo ritraesse da solo con Hideyori ed entrambi si misero in posa, uno di fianco all’altro, il limite concesso.
            Nei giorni seguenti Corrado accompagnò Hideyori e Morikawa nei dintorni di Firenze, usando l’autovettura del padre. Nei pressi di piazzale Michelangelo, seduti sotto un pino ad ammirare la vista della città, Morikawa accusò un malessere e, con quella scusa, li lasciò soli.
Con il tramonto che infuocava la cupola del Brunelleschi e i loro cuori, Corrado abbracciò Hideyori e lì rimasero, incantati dalla palla di fuoco incandescente che scendeva lenta ad accarezzare i tetti della città del giglio.
   
 
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