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Autore: Demigod97    13/09/2018    2 recensioni
Una breve avventura di Percy nell' oceano, ambientata durante la guerra contro Crono, alla ricerca del fratellastro.
Dal testo (prologo):
Si fece serio. “Papà, che sta succedendo?”
Sapeva bene che un dio non si scomodava per chiedere come stesse andando il week-end, nemmeno al figlio.
“Tyson… è scomparso.”
“Scomparso?” proruppe Percy. “Come scomparso?!”
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Tyson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cavolo, gli ippocampi erano davvero veloci. Qualche volta, a Percy sarebbe piaciuto sfidarli in una gara. In altri tempi, magari.
Annabeth era al suo fianco, silenziosa. Le aveva raccontato cosa stava succedendo, visto che Chirone aveva avuto giusto il tempo di dirle le cose essenziali, e da allora non aveva più detto nulla, immersa nei suoi pensieri.
“A che pensi?” le chiese Percy.
“Come?” fece la ragazza, visibilmente nel suo mondo. “No, a nulla.”
A Quella affermazione, Percy non rispose. Inarcò semplicemente le sopracciglia.
“No, davvero. Cioè, stavo riflettendo su cosa stesse succedendo, ma onestamente non ho nessuna idea. Non so chi ci sia dietro, né il suo piano, nulla” rispose Annabeth, seccata.
Percy la capiva. Assieme, erano stati fuori dal Campo, nel mondo reale, a compiere imprese innumerevoli volte, e la figlia di Atena aveva sempre qualche idea sulla situazione. A volte ci azzeccava fin dall’inizio, altre la sua idea si evolveva durante il corso degli avvenimenti, ma non era mai troppo lontana dalla verità. Questo spaventava Percy, e non poco.
O la situazione era davvero complicata, il che non era un bene, oppure Annabeth non voleva spaventarlo e considerando le pessime notizie che gli aveva dato nel corso degli anni, era anche peggio.
“Pensi che io c’entri qualcosa, con tutto ciò?” disse Percy, pensieroso. Poi aggiunse: “insomma non voglio darmi più importanza di quanta ne abbia, ma ho parecchi nemici in giro.”
“Credi che il fatto che sia stato rapito proprio Tyson non sia una coincidenza?” domandò Annabeth, curiosa.
“Credo che se qualcuno volesse attirarmi in questo modo, funzionerebbe” disse Percy, serio.
La serietà però, non venne mantenuta dalla ragazza, che sorrise.
“Cosa c’è?”
“Oh, Testa d’Alghe, hai tanti pregi, ma non puoi negare di essere terribilmente ingenuo. Se volessero attirarti potrebbero farlo senza che tu te ne accorga.”
A quella frase, anche se detta quasi in modo dolce, il ragazzo sbuffò e guardò dall’altra parte, quasi offeso, ma non disse nulla. In fondo sapeva che era vero.
Visto che non arrivò nessuna risposta, Annabeth continuò con il suo discorso: “ma ciò non significa che tu possa stare tranquillo. Se sapevano che Tyson seguiva gli ordini di Poseidone, il che è pressoché scontato, visto che si tratta di un ciclope in mare, e gli hanno fatto qualcosa, forse sono in conflitto con Poseidone, e tu come figlio rientri nella categoria degli obiettivi ideali.”
“E credi che sia possibile che mio padre abbia dei nemici nell’oceano?” Percy era stupito.
“Si, credo che ne abbia anche molti. Ma se consideriamo quelli così audaci da affrontarlo apertamente, il campo si restringe moltissimo.”
“Quindi finiremo in trappola anche se non è una trappola. Fantastico, un altro dei miei sogni che si realizza” rispose il figlio di Poseidone, altamente sarcastico.
I due avevano parlato per tutto il tragitto, ma ora erano arrivati a destinazione e le loro cavalcature si erano fermate. Non alla miniera ovviamente, quella non sapevano dove si trovasse, ma quello era il punto che Poseidone aveva consigliato a Tyson come luogo di partenza, e avevano pensato che la cosa più sensata fosse partire da lì.
Gli ippocampi si allontanarono, visto che la situazione poteva diventare pericolosa da un momento all’altro e a Percy non sembrava il caso che loro corressero rischi inutili. Lui e Annabeth invece proseguirono, camminando sul fondo dell’oceano, come se fosse normale. Per lui in effetti lo era, lo aveva già fatto talmente tante volte da non farci nemmeno più caso, ma anche con un’occhiata distratta poteva accorgersi che la ragazza era parecchio stranita dalla cosa.
“Tutto bene?” le chiese.
“Si, solo che è parecchio strano” rispose, quasi meravigliata. Percy immaginava che non molti non figli di Poseidone potessero parlare e camminare in fondo al mare. Per la prima faccenda ci aveva pensato lui, creando una bolla intorno alla figlia di Atena, ma il resto era opera di suo padre in persona. Voleva davvero che il suo fratellastro venisse ritrovato. O forse voleva il bronzo celeste, ma poco importava, le due cose erano collegate.
Anche la visibilità era buona, visto che la profondità non era eccessiva ed era giorno. Una miniera non poteva essere così difficile da trovare.
“Tu che sai tutto, come si trova una miniera?” scherzò Percy.
“Semplice, si sale sul punto più alto” spiegò Annabeth, indicando una sorta di collinetta nelle vicinanze, “e poi ci si guarda in giro.”
“Guarda che era per dire, non volevo una risposta seria” replicò il ragazzo, muovendosi però nella direzione puntata dal dito dell’amica.
Impiegò meno di un minuto per raggiungere la cima, poi si rivolse ad Annabeth, subito dietro di lui: ”la cosa non mi piace per nulla”.
Annabeth annullò la breve distanza che li separava e guardò oltre Percy, capendo ciò a cui si riferiva il ragazzo: la miniera era proprio oltre la collina, in bella vista. Troppo facile da trovare perché Tyson non ci fosse riuscito. Era sicuramente successo qualcosa.
“No, nemmeno a me.”
Ancor prima che finì di parlare, Percy era già partito, di corsa, giù dalla discesa verso la miniera.
“Dove vai idiota?” gridò la figlia di Atena, correndo a sua volta, dietro al ragazzo. “Dobbiamo valutare la situazione e capire se c’è qualcuno all’interno, non possiamo andare così. Fermati!” lo implorò. Percy sapeva che aveva ragione, ma la ignorò completamente, sapendo che forse ogni secondo era decisivo per Tyson. Sguainò Vortice ed entrò, pronto a combattere, pronto a tutto pur di salvare la vita del fratello. Solo che non c’era nessuno da combattere, almeno non in quella parte della struttura.
“Incredibile, ti è andata bene anche questa volta!” esclamò Annabeth scioccata alle sue spalle, avendolo raggiunto.
“Già. Mi aspettavo un bel comitato di benvenuto, ma invece è una bella delusione. Dove pensi che siano tutti?”
“Se non sono nascosti significa che se ne sono già andati. Diamo un’occhiata in giro, ma veloci” ordinò Annabeth, iniziando già a muoversi.
“Ma se loro se ne sono andati come faremo a ritrovarli?” chiese Percy, terrorizzato.
“Una cosa alla volta. Intanto cerchiamo.”
La risposta non lo tranquillizzò per nulla, ma si diede comunque da fare. Salirono e scesero scale per visitare più piani, cercarono in tutte le stanze che trovarono, anche sfondando porte, cercarono anche passaggi fra le rocce, ma nulla. Tyson non era lì, ma non c’era nemmeno nessun’altro.
Aiuto
Percy sbatté le palpebre, ma aveva chiaramente avvertito una voce. Qualche creatura marina, solo loro potevano comunicare con lui in quel modo.
“Di qua” fece ad Annabeth, prima di dirigersi verso la provenienza della voce. Arrivava da un insieme di rocce, che in ombra erano sembrate un pezzo unico e che quindi avevano ignorato, ma che in realtà si rivelarono delle macerie. Percy iniziò a sollevarne una, da solo, credendo, essendo in acqua, di riuscire a spostarla senza problemi, ma quella era più pesante di quanto sembrava e se Annabeth non gli avesse dato una mano avrebbe rischiato una figuraccia.
La creatura sotto le macerie era così libera e Percy poté notare che si trattava di un polipo.
“Che ti è successo? Come sei finito lì sotto? Hai visto un ciclope?” lo incalzò Percy.
Ero semplicemente qui, a farmi gli affari miei, quando un ciclope, uno giovane, ha iniziato a fare a botte con due ragazze. Mentre passavo hanno fatto crollare delle rocce, e ci sono finito sotto. Credo che siano riuscite a portarlo via. Grazie per l’aiuto, comunque, mio signore.
Poi se ne andò.  
“Ha detto qualcosa?” chiese Annabeth.
Percy la prese per mano e iniziò a correre, mentre le ripeteva le parole del polpo. Evidentemente Poseidone non le aveva concesso anche questo dono. Si diressero verso l’uscita ma prima di raggiungere l’altra parte risuonò un boato, seguito immediatamente da un crollo che ostruì la via di uscita. Erano bloccati.
“Che diavolo succede?” esclamò Annabeth.
“Succede che siete in trappola, piccoli semidei. Gli dei non avranno mai il metallo di questa miniera, e il loro esercito combatterà senza armi!”
Entrambi si voltarono all’unisono, per ritrovarsi davanti due ragazze.
“Dov’è mio fratello?” si rivolse loro Percy, minaccioso.
“E io come potrei saperlo?” fu la risposta di una delle due.
“Non saprei, quanti ciclopi rapite al giorno?”
“Ah, il ciclope! Potevi dirlo subito. Non è con noi, le nostre sorelle lo stanno portando via” gongolò l’altra, concludendo il tutto con una inquietante risata malvagia. “Così non andrà in giro a dire dove si trova la miniera.”
Se era vero, allora non erano loro le nemiche che Percy doveva e voleva affrontare. L’ideale era evitare di combatterle, sarebbe stata solo una perdita di tempo.
“Hai qualche idea per andarcene da qui?” sussurrò alla figlia di Atena, attento a non farsi sentire dalle due nemiche.
“Ho intravisto una fessura prima, nella seconda stanza a sinistra di questo livello, ma era in alto e bisogna arrampicarsi per raggiungerla. Non è difficile, ma è del tutto infattibile con queste due pazze alle costole” propose la bionda, con lo stesso tono di voce.
“Bisogna guadagnare tempo, ricevuto” concluse il discorso, lasciando intendere di aver capito. Poi manovrò la corrente verso la ragazza più vicina, sbalzandola all’indietro. Fece lo stesso anche con l’altra, ma il movimento della corrente si arrestò a metà.
“Cavolo Ianira, prova a rimanere concentrata per una volta!” fece quella che era rimasta in piedi.
“Prendi tutto troppo sul serio Admeta. Divertiti un po’ qualche volta” rispose l’altra, che evidentemente si chiamava Ianira. Quest’ultima si mosse verso Percy, che era impegnato nella prova di forza con Admeta, ognuno impegnato nel tentare di direzionare la corrente verso l’altro.
Annabeth affiancò Percy e con il pugnale intercettò Ianira, che altrimenti non avrebbe trovato nessun ostacolo nell’ infilzare Percy.
“Testa d’Alghe, direi che hai appena fatto evaporare il nostro piano di fuga rapida”.
“Pensavo di coglierle di sorpresa, e per metà ha funzionato, quindi niente commenti sarcastici. Stai attenta piuttosto.”
Ma era chiaro che non era questione di attenzione. Dei quattro, l’unica a non avere affinità con l’acqua era proprio la figlia di Atena, che non riusciva a muoversi con la fluidità e l’efficacia degli altri e rischiava seriamente di avere la peggio. Percy rotolò di fianco e tentò di affondare Vortice, ma Ianira si spostò di qualche centimetro, abbastanza da far si che la lama procedette senza ferirla. Poi, con una rapidità impressionante mosse la mano verso i due semidei. Al gesto seguì uno spostamento delle correnti, che sbalzò i due indietro.
“Chi la fa l’aspetti” fu l’esultanza che seguì.
“Voi due potete controllare le correnti! Siete delle Nereidi”. Percy aveva parlato ancor prima di essersi rialzato.
“Cosa? Nereidi? Ti sembra che passiamo il tempo a sbavare ai piedi di tuo padre?!” gridò Admeta, in un misto di rabbia e sdegno.
Guidata da quelle emozioni provò un nuovo attacco e Percy si preparò nuovamente a controllare l’acqua. Aspettò che la distanza fosse davvero minima per non darle il tempo di reagire e poi diede l’ordine, ma stavolta nel senso opposto, quindi aumentò la velocità della ragazza che non riuscì a rallentare e si ritrovò contro la parete. L’impatto sarà pur stato in acqua, ma fu di una violenza tale da farla cadere svenuta.
Ora rimaneva Ianira. Si mosse per affrontarla, ma Annabeth lo fermò.
“Possiamo riuscirci” lo incoraggiò, portandolo nella direzione della fuga. In effetti avevano parecchi metri di vantaggio, che forse potevano risultare pure sufficienti. Solo che quando qualcuno è in grado di controllare le correnti, può farti tornare indietro di parecchi metri. Così si ritrovarono a venir risucchiati verso Ianira, che si stava già preparando a colpirli. Poco prima che ciò avvenisse, però, Annabeth sfruttando la spinta, le sferrò un calcio sul viso on una rapidità per lei impensabile fino a poco prima. Percy, che anche si era preparato a colpire, le sferrò un colpo sul capo con l’elsa di vortice, facendola svenire. La figlia di Atena si piegò sulle ginocchia, per riprendere fiato.
“Coraggio, dobbiamo muoverci” la spronò Percy. “Non resteranno svenute a lungo.”
La fessura era dove si ricordava Annabeth, che la raggiunse con l’aiuto di Percy e poi a sua volta aiutò il ragazzo a issarsi e uscire.
 
Lo squalo mako sfrecciava nell’oceano, senza badare a Percy e Annabeth sulla sua schiena. A Percy continuavano a non piacere gli squali, ma quando Annabeth gli aveva spiegato che quella specie era una delle più veloci dei mari, aveva acconsentito a usarlo come passaggio. Sperava solo fosse abbastanza veloce da raggiungere Tyson in tempo.
“Ma chi erano quelle due pazze?” domandò Percy. La domanda gli frullava in testa da un po', ma all’inizio era talmente stanco da non avere fiato. Era la prima volta che si sentiva stanco nell’acqua del mare.
“Non hai riconosciuto i nomi?” fece Annabeth, con la solita aria da sapientona. “Ianira e Admeta sono due delle Oceanine.”
“Avrei potuto arrivarci anche da solo, a pensarci. Due ragazze che vivono nell’ oceano, come altro potevano chiamarsi?”
“No, Testa d’Alghe. Si chiamano così non perché vivono nell’oceano, ma perché sono figlie di Oceano.”
 

 

Angolo Autore: Eccoci qui, con il primo capitolo vero e proprio, la prima parte della storia. Ho quasi temuto di non riuscire a rispettare la scadenza che mi ero imposto, ma invece ho fatto in tempo. Ho dovuto accelerare ma credo che il capitolo sia pronto. Ci leggiamo nelle recensioni (se vorrete). Buona lettura
Ci rivediamo il 20/09/18, per la conclusione!
-Matteo

 
  
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