Litha
Era
giunto il momento dell'azione, nessuna era più in grado di
aspettare: pianificare la mossa perfetta aveva fatto decadere le loro
azioni nella noia e, se non avessero agito in fretta, erano convinte
di poter perdere l'attimo fuggente del quale tanti avevano parlato.
Del
resto era stata fornita loro un'occasione d'oro che in alcun modo
avrebbero dovuto sprecare: avere l'effetto sorpresa sulle Trix, da
sempre sofferto a causa delle ben studiate iniziative di queste
ultime, rappresentava una svolta non indifferente nella loro eterna
guerra.
Per
una volta si figurava a loro la possibilità di fermare le
nemiche
prima che avessero compiuto ogni irreparabile mossa; qualsiasi
occasione poteva essere opportuna ed aspettare troppo le stava
logorando dall'interno.
Bisognava
passare all'azione. A tutti i costi ed ora.
In
modo particolare, non avrebbero potuto aspettare oltre il giorno in
cui la magia bianca avrebbe raggiunto il suo massimo apice:
perciò,
protette dalla tenue alba di Selvafosca, le fate s'erano incamminate
verso uno sconosciuto punto, non troppo lontano ma assai ben
nascosto.
La
giornata a venire sarebbe stata la più luminosa dell'intero
anno:
l'oscurità, schiacciata in poche ore notturne, avrebbe
rappresentato
un simbolo atto a rafforzare i loro animi in preparazione alla
battaglia che stavano per affrontare.
Litha,
del resto, era ritenuta la festività più
importante da molti
pianeti della Dimensione Magica per il trionfo della luce sulle
tenebre: i festeggiamenti si protraevano per più giorni in
onore del
Sole, esplodendo di vita e del calore così tipico della
mezza
estate.
Solaria
prima fra tutti – com'era prevedibile che fosse –
presentava
nella sua tradizione un'intera settimana di festival ininterrotto
nella venerazione dei due Soli nel tempo del loro massimo splendore:
le ombre, scacciate da essi, non sarebbero state temute per un breve
periodo durante l'anno.
Stella,
sorprendentemente, non s'era ancora lamentata di non essersi potuta
dirigere sul proprio pianeta natale e prender parte all'euforia che
ne occupava le vie; qualcuno avrebbe potuto dire che, in fondo, le
sarebbe rimasto il resto della settimana e si sarebbe trovato
spiazzato dalla sua risposta.
La
principessa di Solaria non avrebbe potuto trovarsi altrove, in
quanto, in un occasione del genere, il compito di ricacciare
l'oscurità sarebbe stato solo ed esclusivamente suo: avrebbe
fatto
brillare la propria energia nel buio com'era di usanza; spettava ai
reali, durante la notte del ventuno giugno, illuminare con il potere
donato loro dal Sole la mezzanotte.
La
magia, concentrata in una artificiale stella, ascendeva lentamente al
cielo rischiarando la città, il dorato e meraviglioso
palazzo: e
continuava nella sua ascesa, fino a fondersi e perdersi nel nulla
dell'universo.
Distruggendo
simbolicamente le paure e le incertezze di ognuno per una mistica
notte all'anno, negli animi avrebbe trionfato la benevolenza sul
male; la sincerità sulla menzogna; la purezza sulla
corruzione. Ben
distante da uno scopo vuoto ed inutile, era quindi concepito dalla
bionda come qualcosa di essenziale: qualcosa al pari nella sua eterna
ricerca della bellezza in un mondo che tendeva a celarla, della sua
sete di perfezione.
In
breve qualcosa capace di farla alzare alle quattro del mattino senza
troppe proteste e di renderla collaborativa sin dai primi minuti di
veglia.
In
fondo – pur isolando i sentimenti sgradevoli che provava
verso le
nemiche – l'azione era strettamente necessaria: doveva
farlo.
Per
principio.
Della
deconcentrazione parziale di Stella dal proprio intento si
occupò
Aisha che, con uno scarsamente delicato colpo di gomito sul suo
costato, la riportò con i piedi sul sentiero.
“Ahia!
Ma quanto
sei violenta!”
protestò, circondandosi il petto con le braccia in segno di
protezione e suscitando una trattenuta risata da parte dell'altra:
tuttavia, non era stata una vana motivazione ad averla spinta a
compiere tale gesto.
Infatti,
l'unica a non essersi voltata in seguito alle proteste della
principessa, era stata proprio una guardinga e manifestamente
inquieta Bloom. La
fulva non
aveva parlato dal momento in cui, insieme, avevano deciso di muovere
il primo passo al di fuori dalla loro scuola: ma, se nella prima ora
di cammino era stata accesa da un entusiasmo tale da farla marciare a
passo veloce, negli ultimi minuti
s'era fatta distratta ed inspiegabilmente attratta da una scura zona
fra gli alberi.
Proseguendo
fra le fitte fronde aveva perseverato nel guardarsi alla propria
destra con particolare interesse, scorgendo
chissà cosi di rilevante. Di
certo la principessa di Andros non era stata la sola ad essersene
accorta, date le regolari e ripetute occhiate che Tecna, di metro in
metro, rivolgeva con una punta di perplessità alla compagna:
la sua
logica non era
in grado di
arrivare allo spiegare l'innaturale comportamento dell'amica,
pertanto seguitava a chiedersi cosa effettivamente vedesse muoversi a
tal punto da catturare la sua completa attenzione.
“Bloom,
sarebbe per di qua.” fece Flora, ricevendo le indicazioni per
il
rifugio dall'albero più vicino: la sua mano era ancora
dolcemente
appoggiata sulla corteccia ed emanava le ultime scintille di un
bagliore verde oliva.
La
diretta interessata, ormai portata allo scoperto, si scosse
leggermente, annuendo un paio di volte e coprendo la distanza che la
separava dalle altre con pochi passi: ovviamente, non senza guardarsi
per bene alle spalle.
“Non
sarebbe il momento di spiegarci cosa ti succede?” disse
Musa una volta che questa l'ebbe raggiunta. La
fata della Fiamma del Drago si morse leggermente il labbro, restando
comunque all'erta.
“Ma
no, non è niente.”
Le
compagne si scambiarono uno sguardo capace di mille parole: tuttavia
la situazione non permetteva loro il tempo necessario per affrontarla
a dovere. Nessuna di loro avrebbe voluto lasciar decadere uno strano
avvenimento come quello, soprattutto nel momento in cui Bloom avrebbe
dovuto mantenere un'impeccabile concentrazione: eppure avanzarono
senza pronunciarsi.
Solamente
Flora osò voltarsi verso la fulva, seguendo con discrezione
il suo
lungimirante sguardo: seppure avesse cominciato a tenere il passo,
non aveva rinunciato a cercare con le azzurre iridi l'oggetto del
proprio interesse.
Nonostante
le fate all'infuori della principessa di Domino non la potessero
identificare, la figura che procedeva fluttuando di poco sopra alle
radici degli alberi era in grado di scorgerle e riconoscerle tutte:
affascinata, le seguiva poco lontano con come sola compagnia il tenue
bagliore delle proprie carni.
Le
sue vesti sfioravano con delicatezza le ruvide cortecce degli
aghifoglie nello snodarsi fra i tronchi, facendole pallidamente
rilucere per qualche secondo.
Miscelandosi
con gli arancioni e delicati raggi che incominciavano a filtrare fra
le fronde, avanzava verso la meta nel più completo silenzio:
alla
fata della natura parve di vederne un lembo di etereo tessuto.
Non
se ne stupì in modo particolare, in quanto era di usanza
cercare i
propri cari nelle foreste di Linphea, durante la notte di Litha:
festività conosciuta come tale per l'assottigliamento dei
confini
tra i mondi, non era insolito scorgere una qualsiasi figura
ricordante un defunto muoversi fra gli alberi, intenta ad osservare
quella vita che era ad esso venuta a mancare.
Alcuni
giungevano nuovamente vicini alla propria vecchia dimora, altri
girovagavano scrutando la terra che avevano per cause varie
abbandonato: approfittandosi dell'indebolimento delle barriere
giungevano nella Dimensione Magica, cogliendo l'occasione di vivere
di nuovo, anche se per una sera soltanto.
E
si guardavano bene dall'intrattenere contatti con chi vivo lo era
davvero, liberandosi dalla costrizione dell'aldilà, ma
finendo per
rimanere comunque distanti da chi non aveva tenuto il loro passo; e
chi aveva permesso loro di partire, conservandone il ricordo,
lasciava che si godessero il luogo al quale non avrebbero fatto
ritorno senza intromissioni.
Anche
Flora stessa s'era ritrovata a rispettare con rigore tale usanza,
limitandosi a seguire con lo sguardo chiunque le fosse parso di
vedere nella radura, al di là del proprio fiorito portico.
Per
tale motivo stette accanto alla fata della Fiamma del Drago in
silenzio, permettendole di voltarsi di tanto in tanto, ma non di
raggiungere la delicata e quasi invisibile figura.
Intromettersi
avrebbe solo causato ulteriori problemi; e, con la ormai presente
alba, non avrebbero avuto abbastanza tempo a disposizione per
distrarsi.
Per
quanto la curiosità stesse infastidendo anche lei, si
sforzò di
proseguire e di concentrarsi sul proprio, difficile obiettivo: le
Trix avrebbero già potuto mettere in atto il loro piano,
compiendo
azioni dalle quasi irreversibili conseguenze.
E,
figurandosi la via da prendere per evitare la distruzione, Flora
aumentò il passo.
Laddove
l'appena giunta luce non era in grado di arrivare, le ombre sostavano
immobili al riparo da essa: solamente una, in grado di muoversi in
modo quasi totalmente autonomo vi si distaccava, mostrandosi e
celandosi unicamente ad occhi molto attenti.
La
buia figura, dal pregiato vestito impreziosito dal pizzo nero,
proseguiva in un unica direzione, recuperando sul proprio cammino i
ricordi abbandonati fra le mani del tempo:
memorie
che aveva ormai dimenticato con la propria dipartita, ricordi che ora
appartenevano a qualcun altro.
Nell'unica
notte in cui le era permesso di far percepire la sua presenza nella
Dimensione Magica non poteva fare a meno di tornare dove ogni cosa
aveva trovato la sua fine: quieta e pressoché invisibile,
s'avvicinava alle figlie che, anni addietro, aveva abbandonato senza
guida alcuna in un mondo troppo complicato per le loro giovani menti.
E
vi faceva ritorno sperando in qualche maniera di aggiustare un
rapporto logorato fin dal principio, ma le parole le venivano
costantemente sottratte al momento opportuno: condannata a ripetere
ciclicamente l'esperienza, non aveva mai osato rinunciare ad
osservare con gli smeraldini e spenti occhi quelle vite che credeva
d'aver avviato, ma che non riconosceva affatto.
Nel
suo unidirezionale procedere, senza prestar attenzione ai dintorni,
non sarebbe potuta accorgersi del ragazzo che da principio l'aveva
scorta, seguendo i suoi delicati movimenti; del resto non era
certamente una delle prime volte che l'estrema attenzione di Helia
per l'ambiente circostante si fosse rivelata utile e quasi
indispensabile.
L'aveva
sorpresa avanzare alla sua destra, eretta e rigida; seguiva il
proprio percorso senza lasciare la posizione, lasciando intravedere
di tanto in tanto il suo volto coperto.
Era
certo di non conoscerne l'identità, ma sapere il motivo
della sua
visita l'aveva aiutato a non perdere inutilmente la testa: era
conscio dei fenomeni soprannaturali che parevano accadere ogni notte
del ventuno giugno, pertanto l'ennesimo avvistamento di una silente
anima non l'aveva scosso, bensì incuriosito.
La
misteriosa donna in nero percorreva la sua medesima strada mantenendo
una discreta distanza, facendo ondeggiare leggermente la lunga e
voluminosa gonna che sfiorava il muschio, ma non lo smuoveva: lo
Specialista percepiva qualcosa nella persona che un tempo era stata
ed avrebbe esitato ben poco a seguirla qualora avesse cambiato
direzione: nulla poteva sapere di lei e del fatto che, nel fidarsi in
modo cauto, avrebbe fatto più che bene.
Nonostante
ciò, osservando le tese espressioni dei compagni di squadra
con i
quali procedeva, decise di non accennare ad alcuno una così
delicata, ma inquietante presenza nelle immediate vicinanze:
finché
non l'avessero individuata con i propri occhi, le ombre l'avrebbero
tenuta a loro nascosta.
“Timmy,
ho capito che tutta questa merda è merito tuo, ma ti vuoi
dare una
mossa?”
La
appena innervosita voce di Riven fece rivolgere parte dell'attenzione
di Helia – perdere di vista una particolarità
simile sarebbe stato
un errore – al diretto interessato: lo Specialista dai
capelli
rossi s'apprestò a raggiungerli, allungando
considerevolmente il
passo.
Brandon
si voltò, cogliendo nuovamente il compagno perso nei propri
pensieri: l'aveva fatto da quando le streghe avevano portato a
termine la propria fuga da Fonterossa, ed aveva ripetuto tale funesta
serata con cadenza quasi giornaliera.
Per
qualche verso, senza eccessivi sforzi, il suo comportamento risultava
comprensibile: Timmy, seppure non si fosse mai riconosciuto la
maggior parte dei meriti che gli sarebbero spettati, era sempre stato
la mente del gruppo e si era dimostrato estremamente bravo nel
compito assegnatagli; tuttavia, quando nella notte di Beltane, quasi
d'impulso, aveva stretto il grilletto della propria pistola, non
aveva riflettuto sulle conseguenze che ciò avrebbe potuto
portare.
Per
la missione e per scongiurare la minaccia delle nemiche s'erano
rivelate di gran lunga positive: in fondo aveva svolto un lavoro
impeccabile nell'elaborare l'unica contro-strategia in grado di
rintracciare le Trix qualora fossero riuscite a sottrarsi al
conflitto.
Lui
per primo non si sarebbe mai aspettato di riuscire ad innestare un
localizzatore nel corpo di una di loro con il proprio proiettile: e,
di certo, non avrebbe creduto d'esser in grado di spararlo. Nel
momento in cui esso aveva perforato la carne di un corpo in movimento
nell'oscurità – non era ancora stato capace di
comprendere chi fra
le tre potesse esser stata – dei forti brividi gli si erano
rampicati lungo la schiena: doveva esser svenuto alla vista di tutto
quel sangue, siccome le sue memorie non facevano altro che
evidenziare il rossore della pelle lesa, la nausea generata
dall'accennato odore del liquido che lento colava dal foro e che
dalle sue narici era stato percepito in modo a dir poco amplificato.
Ciò
che aveva portato il successo e risvolti positivi aveva anche
richiamato alla mente il terribile attimo in cui il suo istinto aveva
prevalso. Seppur altamente improbabile, il colpo da lui sparato
avrebbe potuto mietere una vita ed il solo pensiero teneva occupato
il suo intelletto giorno e notte: in tali condizioni, non sarebbe
stato di grande utilità in una missione importante come
quella in
svolgimento.
“Riven,
lascialo in pace.” disse Helia in difesa dell'amico, con tono
leggermente assente: il diretto interessato emise un sonoro sbuffo,
ma non si pronunciò oltre.
Il
rischio che tirassero fuori nuovamente la ripetuta storia –
veritiera, fra l'altro – in cui la sua frustrazione era
derivata
dal fatto d'esser caduto nuovamente vittima dei giochetti di Darcy
era troppo alto per poter continuare con le proprie accuse, quindi
ben scelse di ingoiare qualche insulto di troppo.
In
fondo, anche lui era abbastanza deciso a porre la parola fine a tutta
la storia della latitanza delle streghe: sarebbe stato meglio per
tutti e soprattutto non avrebbe più dovuto sentir parlare di
quella
persona in particolare.
Perciò
ognuno, per motivi diversi, validi o meno che fossero, aveva
accettato di buon grado tale compito difficile: inoltre, per una
volta che s'erano rivelati essenziali alla causa, le fate avevano
deciso di non tenerli all'oscuro di tutto com'erano solite fare;
senza il loro intervento sarebbe andata diversamente e, con ogni
probabilità, una delle ragazze avrebbe potuto rimetterci la
vita.
Oppure,
la Dimensione Magica avrebbe potuto rimetterci la pace.
“Timmy,
il localizzatore è in posizione?” ruppe il
momentaneo silenzio
Sky, sporgendosi per poter osservare lo schermo del dispositivo
elettronico fra le mani del compagno. Questo annuì appena,
sistemandosi gli occhiali nell'abbassare lo sguardo verso il
pressoché fermo puntino sulla sua stilizzata mappa.
“Si
sposta solo di qualche metro. E' sveglia, ma la posizione deve essere
senz'altro quella indicata.”
“Bene.
Fra poco dovremmo trovarci con le ragazze. Vedrai che filerà
tutto
liscio.” e con un leggero sorriso appoggiò la mano
sulla spalla
del compagno, che si rilassò leggermente e lasciò
andare per
qualche attimo l'immagine del sangue che lento scivolava al di sotto
di una chiara clavicola.
Helia
percepì appena le loro voci in quanto, voltatosi,
riuscì a scorgere
il viso della donna ancora intenta a seguire i loro passi: i verdi e
spenti occhi si persero per un attimo nei suoi, con una fioca
espressione di chi, con il senno di poi dentro di sé, era
già
conscio di come si sarebbe caratterizzata la fine di tutto.
Oppure
con lo sguardo di chi possedeva la conoscenza del futuro, avendo
scorto da tempo tali scene, e facendo percepire la propria presenza
come a ricordare la ciclicità del mondo.
Qualsiasi
cosa fosse, finalmente, l'avrebbero scoperta presto.
Come
regola generale svegliare Stormy in modo brusco – spesso
semplicemente svegliarla prima delle canoniche nove ore di sonno
–
era un'azione assolutamente da evitare; soprattutto durante la
mattina di un qualsiasi Sabbath che, come da tradizione, l'aveva
tenuta sveglia fino allo schiarirsi del cielo.
Talvolta
la stanchezza era tale da coglierla prima ancora che potesse
togliersi le auricolari dall'orecchio: in casi simili toccarle era
severamente vietato.
Perciò,
quando un paio di mani non ben identificate gliele sottrassero con un
brusco gesto, la sua reazione non fu esattamente piacevole; Aisha
stessa si vide costretta a ritrarsi leggermente quando la strega
delle tempeste le sputò una bestemmia dritta sul volto.
Effettivamente
ognuno dei presenti si sarebbe dovuto aspettare un'azione
involontaria simile da parte della minore, tuttavia il fatto stesso
di non averla trovata sveglia e pronta a combattere li aveva
spiazzati: eppure era risultato in uno svolgersi degli eventi
favorevole alla loro causa.
Avere
un problema in meno – con suddetto problema intento a
sbraitare ed
agitarsi con lo scopo di ottenere la propria libertà
– avrebbe di
certo influito positivamente sull'andamento della missione; con il
sole che timidamente filtrava dalle finestre del nascosto alloggio
gli animi degli individui votati al bene si riempirono di speranza,
anche con il lieto fine ancora fuori dalla loro portata.
Musa
riportò lo sguardo all'interno, volgendo per quale istante
la
propria attenzione sull'ombra proiettata dal disordinato appendiabiti
di Stormy.
Ignorando
i suoi schiamazzi provenienti dal piano di sotto osservò i
dintorni
con fare circospetto; storse leggermente il naso pensando a come, a
detta di Tecna, avrebbe potuto trovare qualcosa di utile in mezzo
all'immensa confusione della stanza: non si sarebbe permessa di
spostare i cumuli di vestiti nemmeno qualora avesse saputo che
nascondessero un oggetto importante.
Tuttavia,
trovandosi lì, sarebbe stata in grado di svolgere una parte
di
compito e trovare ciò che aveva cercato dal pomeriggio di
Yule: e la
cosa bastò a sollevare leggermente il suo umore. La soffusa
luce,
resa di un pallido rosso dalle sottili tende, rendeva visibile la
disordinata, ma perfettamente pulita, pila di cd e dischi in vinile
posizionata a lato del letto; il giradischi, dall'aspetto costoso,
sostava silente pochi metri più a destra.
Non
v'era abbastanza tempo per permetterle di smarrirsi nei particolari,
quindi si chinò subito alla ricerca dei suoi dischi: dopo
averli
trovati sarebbe andata avanti alla ricerca di eventuali indizi sulla
posizione delle due nemiche ancora assenti.
Chinò
da un lato il capo, assottigliando gli occhi per poter metter bene a
fuoco i titoli che veloci passavano sotto al suo attento sguardo,
senza corrispondere alle sue proprietà: i dischi, per la
maggior
parte di colore nero, non presentavano il nome degli album che ormai
da mesi le mancavano e passare alla colonna accanto non
portò nessun
soddisfacente risultato.
Chi
usava conoscerla sapeva che Musa, spesso e volentieri, aveva il
difetto di perdere la concentrazione un po' troppo facilmente: in tal
caso alzare lo sguardo sull'inconfondibile ombra che stava
avvicinandosi alle sue spalle e distrarsi dalla propria ricerca le
aveva, con ogni probabilità salvato la vita.
A
nulla sarebbe servito voltarsi per confermare la propria ipotesi,
data la ben definita proiezione che si stagliava sul letto e sul muro
al di sopra di esso; i loro attacchi, partiti simultaneamente,
impattarono l'uno sull'altro, provocando una reazione repulsiva tale
da sbalzare la strega contro il massiccio armadio della sorella.
Essa
parve non subire alcun danno e drizzò la schiena con un
lento e
controllato movimento, puntando immediatamente il proprio sguardo
sulla fata; trasformatasi, sostava a mezz'aria con il delicato viso
dai tratti orientali contratto dalla determinazione.
“Hai
deciso finalmente di farti vedere.” sbottò senza
paura alcuna,
mantenendo gli occhi fissi sulla delicata figura, ancora priva del
trucco atto ad affilare i suoi dolci lineamenti; Darcy non si
scompose, limitandosi a concentrare il proprio potere nel sferrare un
ulteriore attacco: data la situazione d'emergenza nella quale si era
trovata – e sì, aveva perfettamente sentito le
fastidiose
lamentele della sorella minore – cercare di prendere ogni
nemico
singolarmente le era risultata la scelta migliore.
Non
avrebbe potuto permettersi uno scontro diretto dove numericamente era
svantaggiata; dov'era andata a finire Icy poi, era stato un mistero
da quando aveva aperto gli occhi, in seguito ai primi suoni
provenienti dall'esterno.
Con
il giorno sfavorevole alla propria magia le rimaneva agire cautamente
e non far dispendio di troppe energie: altrimenti poche
possibilità
si sarebbero trasformate in una battaglia che non sarebbe mai stata
in grado di vincere.
Restò
in allerta, appena prima di attaccare: nel corridoio antecedente alla
stanza dei passi si fecero più chiari e pesanti, annunciando
l'arrivo di almeno un paio di altri fastidiosi ragazzini. E,
essendone conscia, direzionare un attacco a sorpresa verso questi
ultimi le avrebbe giovato.
Quindi
lasciò che un malevolo sorriso s'allargasse sul suo volto,
nel
momento in cui Brandon spalancò la porta e
preparò la massiccia
spada a sferrare un fendente nella sua direzione; sorrise e permise
che esso rimanesse sull'ombra che divenne.
La
spada affondò nell'oscurità della quale s'era
composta e lì vi
rimase, intrappolata; se Stella non fosse giunta a destinazione in
quel determinato attimo, non sarebbe riuscita a contenere i danni che
le sfere oscure in cui la figura esplose avrebbero causato ai suoi
compagni: eppure fu imprudente allo stesso modo.
L'arma,
infatti, fluttuò per qualche secondo avvolta da un leggero
bagliore:
il brillante color smeraldo arrivò a riflettere un raggio di
sole
sfuggito al controllo del morbido tessuto delle tende prima di
spostarsi velocemente dalla propria posizione. Con un sibilo la lama
tagliò di netto l'aria, calando come una ghigliottina sul
collo
della principessa di Solaria; Musa giurò di vedere la testa
dell'amica impattare al suolo, seguita un secondo dopo dall'inerme
corpo: e non le volle così bene come allora, pentendosi di
averla a
più riprese provocata quando avrebbe potuto impiegare meglio
il
tempo in sua compagnia.
Tuttavia
non accadde, in quanto la traiettoria fu modificata da un
precisissimo attacco di Aisha: ormai fuori controllo la spada si
conficcò di punta nel pregiato legno del giradischi.
“Cazzo,
Stella, ti ho vista morta.” si pronunciò la nuova
arrivata,
rilassando leggermente i muscoli e riprendendo un po' di colore;
Stella aveva rivolto lo sguardo all'arma solamente nell'attimo in cui
essa era stata ormai neutralizzata e non sembrava riuscire a
staccarlo da essa.
“Io
non l'ho neanche vista.” disse, cercando di ricostruire la
troppo
veloce vicenda. Brandon le si era fatto subito vicino, sentendosi in
parte colpevole del forte rischio al quale la sua fidanzata era stata
esposta: la teneva a sé, nonostante ella non guardasse altro
che
l'arma, e non osava proferir parola.
La
fata di Andros prese a respirare nuovamente solo allora, dopo quasi
un minuto di forzata apnea; volse anch'essa qualche occhiata
all'immobile scena: la plastica protettiva del bell'oggetto era stata
lacerata proprio al centro dalla lama, tenuta ferma dal pregiato
legno di ebano ormai per gran parte rovinato.
“Volete
dirmi che abbiamo appena dato un altro motivo a quella pazza isterica
per mettersi a strillare ancora più forte?”
sospirò per
sdrammatizzare, riuscendo ad alleggerire di poco l'atmosfera;
l'asiatica, dopo aver scongiurato il pericolo, aveva pensato alla
stessa cosa nello stesso istante e si era passata una mano sul viso
con fare sconsolato.
Capendo
all'unisono che non si sarebbero dovuti lasciar scoraggiare
dall'attacco di Darcy, si destarono dal loro momentaneo torpore e
distolsero lo sguardo insieme: Brandon recuperò in fretta la
propria
spada abbandonando il profondo solco nel giradischi e si decise a
raggiungere i compagni, seguito dalla propria ragazza che, essendosi
ripresa completamente dalla scampata morte, era decisa più
che mai a
porre la parola fine sulla storia di rivalità che si era
protratta
per troppo tempo.
Aisha
scostò di poco le tende, osservando l'inizio della foresta
all'esterno del perimetro della casa, prima di voltarsi nuovamente
verso la compagna rimasta con lei.
“Scendiamo
ed evitiamo di separarci. Il suo unico modo per vincere è
attaccarci
singolarmente e, contando le condizioni di Icy, non può
farcela da
sola – disse, accennando un incoraggiante sorriso nella sua
direzione – Quindi spacchiamole il culo, Musa.”
La
diretta interessata sorrise a sua volta prima di alzarsi.
“Sì,
spacchiamole il culo.”
L'unico
attimo in cui la strega, senza ricevere una pugnalata troppo violenta
all'ego, avrebbe potuto ammettere a sé stessa di aver
calcolato male
i tempi era nella più completa solitudine, in un orario nel
quale
nessuna delle sorelle l'avrebbe raggiunta.
L'idea
di arrivare fino all'estate era stata considerata solamente in una
delle versioni disfattiste del piano, piano che ormai da anni
inseguiva senza permettersi un misero secondo di riposo. Eppure, a
causa di qualche mossa azzeccata delle fatine, non aveva potuto far
altro che dilatare i tempi, resistendo alla tentazione di qualche
violenta ed avventata presa di potere.
Con
la fortuna dalla loro parte non avrebbe potuto permettersi mosse
dettate dall'impulso; l'adrenalina provata nel momento in cui le sue
dita avevano retto in una morsa il collo di Bloom era scemata in
fretta, con un singolo sparo che le aveva dolorosamente penetrato le
carni del petto. Uno sparo nella più completa
oscurità, talmente
vicino al cuore che, per qualche millesimo di secondo, le aveva fatto
credere di essere finalmente riuscita a morire.
Invece,
come volevasi dimostrare, la fittizia figura della dea bendata non
aveva agito mai una volta in suo favore.
S'era
ritratta di colpo ed aveva lasciato andare il debole corpo cosparso
da brune lentiggini, la ferita bruciante ed improvvisa aveva
cominciato da subito a perdere una discreta quantità di
sangue.
Niente
panico, né una briciola di disgusto: e l'aveva nascosto ai
propri
occhi come a quelli delle sorelle.
Del
resto, una volta fermato il flusso e sopportato il pungente dolore,
si trattava di una ferita da nulla. Aveva subito ben di peggio, s'era
ripetuta nella mente: peggio di ciò che le insulse fatine
avrebbero
potuto immaginare.
Così
continuava a ripetersi, chinandosi appena sullo specchio d'acqua che
le sfiorava le pallide gambe nude: l'instabile riflesso mostrava il
candore costantemente celato dal trucco e macchiato dal rossore
dell'infezione. Lasciare che i dubbi s'insinuassero nella sua mente
non avrebbe fatto altro che distruggerla, renderla vulnerabile agli
attacchi nemici; l'idea che avesse sviluppato con il tempo un metodo
sbagliato di affrontare le situazioni l'aveva sfiorata qualche volta,
ma era stata eliminata prima di rappresentare un pensiero
lontanamente considerabile.
Era
forte ed era destinata a grandi cose.
Ed
il graffietto che aveva riportato non l'avrebbe limitata.
La
dimostrazione si sarebbe presentata una manciata di minuti dopo,
quando dei passi che nemmeno si sforzavano d'essere leggeri si
avvicinavano progressivamente alle sue spalle: concentrandosi sul
loro suono, s'era fatta un'idea di chi sarebbe potuto essere; e
confermare la sua ipotesi le fece nascere un compiaciuto sorrisetto
sul chiaro volto.
“Non
credevo avresti avuto tanta incoscienza da presentarti da solo.
Oppure hai finalmente deciso di porre fine alla tua inutile
esistenza?” senza voltarsi, Icy si pronunciò: le
aspre parole,
come uno schiaffo, colpirono al volto il ragazzo che era giunto a
sostare immediatamente dietro di lei. Il suo viso si contrasse
leggermente nel disgusto provato nel sentire una delle voci che
più
odiava al mondo; eppure non rispose ancora.
Dopo
tale insolito comportamento, la strega si degnò di
rivolgergli il
suo glaciale sguardo, alquanto ammorbidito dall'assenza
dell'ombretto: appoggiando fiaccamente il mento alla spalla sinistra,
assunse un'espressione scettica che non mancò d'innervosire
lo
specialista.
Tuttavia
qualcosa era celato dal fastidioso atteggiarsi dell'albina anche in
una situazione simile: il persistente dubbio che la presenza di Riven
aveva portato con sé era stato in grado di spazzare via la
sua già
precaria tranquillità in un soffio.
Cosa
ci faceva lì e come le aveva trovate.
“Immagino
tu sia qui per farmi fuori.” la falsata ed asciutta risata
seguente
alla frase finalmente colpì nel segno, provocando
più soddisfazione
nella ragazza: non abbastanza da coprire l'angoscia di aver fatto
male i calcoli.
“Guarda
che non è così impossibile come credi –
le rispose con rabbia,
sguainando la sciabola e mantenendo estremamente tesi i propri
muscoli, pronti all'azione – Sei debole perché non
ti sei neanche
sbattuta a togliere il proiettile dal corpo. In queste condizioni
potrei ammazzarti ad occhi chiusi.”
“Cosa
potrai mai sapere delle mie condizioni, idiota.”
Il
ghigno che esibì non le piacque per niente.
Eppure,
non osò proferir parola in merito a ciò che lei
non poteva sapere:
avrebbe usato tale arma a suo vantaggio quando l'avesse scoperto lei
stessa; rivelarle ora che qualsiasi sua azione sarebbe stata tardiva
– cosa che con ogni probabilità era già
ben presente nei suoi
sospetti – l'avrebbe messa in allarme.
Inoltre
avrebbe preferito godersi la sua scomposta espressione nello scoprire
di aver pagato cara una alquanto grave disattenzione.
La
strega si limitò a controllarlo con lo sguardo, un
espressione
scettica ad indurirle appena i lineamenti: situazioni del genere
parevano esser create appositamente per farle perdere la pazienza;
soprattutto se in tali era presente colui che non poteva sopportare.
Dopo
il principino, ovviamente.
Ed
era ben conscia di non aver bisogno che di un quarto delle proprie
capacità per metterlo a tacere, nonostante avesse visto
nella sua
irritante espressione qualcosa che non le piaceva per niente.
“A
quanto vedo la tua strategia prevede il farmi morire di
vecchiaia.”
il susseguirsi di interminabili e noiosi secondi la costrinse a
rompere il silenzio per riportare l'attenzione dello specialista su
di lei: con il tempo avrebbe potuto aspettare i rinforzi e, per
quanto negativa tale eventualità fosse, era un'opzione da
tenere in
considerazione nel riuscire a preservare la propria libertà.
“Sto
aspettando che ti alzi, altrimenti batterti sarebbe troppo facile e
noioso.” la schernì lui, preparandosi ad
attaccare: colse un
malizioso sorriso farsi strada sul volto dell'albina, prima che
questa lo disarmasse con l'ausilio di un solo incantesimo.
“Forse
sarei dovuta restare seduta, hm?”
E
detto ciò si pregustò l'attimo in cui avrebbe
lacerato a morte le
carni di quell'idiota.
Il
silenzio quasi innaturale della mattina era stato giustificato dalla
ormai confermata presenza di Darcy: restando almeno in coppia le Winx
e gli Specialisti seguitavano a guardarsi le spalle ed a cercare la
sfuggente figura della strega; Stormy giaceva su un fianco nella
robusta sfera contenitiva creata da Tecna, ormai schiacciata
completamente da un potere che non era in grado di contrastare,
controllata strettamente dalla stessa e da Helia.
Dal
canto suo la strega sperava che la sorella riuscisse a venire fuori:
e si stava pentendo di non averle parlato del foro da proiettile che
aveva notato sulla pelle della maggiore; si stava pentendo di essersi
limitata ad insultarle entrambe per non averle permesso di
distruggere tutto e per aver scaricato la colpa sulla ferita
dell'albina. Non si sarebbero trovate in una situazione simile se,
per una volta, avesse mantenuto la calma – e chiaramente se
non
avesse avuto un sonno così pesante.
Qualora
avessero fallito sapeva a chi dar la colpa: come sempre, del resto.
La
fata della tecnologia, pur restando guardinga, non staccava lo
sguardo dal piccolo schermo che saldamente reggeva nella mano destra:
i dati variavano sotto il suo attento sguardo che niente si lasciava
sfuggire.
“E'
incredibile come sia arrivata a questo punto senza pensare di
curarsi.” ruppe il silenzio, continuando a tenere d'occhio il
palmare. Helia la osservò appena con la coda dell'occhio,
prima di
riportare lo sguardo ai dintorni nel tentativo di individuare un
qualsiasi movimento.
“Credo
potrebbe sembrare incredibile qualsiasi aspetto.” disse dopo
una
breve riflessione; il vento si era placato da poco ed aveva reso
l'atmosfera ancora più sterile ed immobile.
Per
qualche motivo tale fatto lo stava mettendo più a disagio di
un
eventuale agguato da parte della mezzana.
“Effettivamente
hai ragione; tuttavia mi stupisce perché è poco
comune. Chiunque
invece di sopportare il dolore se ne sarebbe liberato il prima
possibile. Potrebbe esserne abituata, ma ciò non toglie che
sia
comunque strano – e dopo una breve pausa, sollevò
finalmente lo
sguardo – Poco importa a questo punto: abbiamo un vantaggio
su di
loro talmente importante che potrebbe far chiudere la questione
almeno per un po'.
In
ogni caso non dobbiamo abbassare la guardia.”
Il
ragazzo annuì lievemente, prendendosi qualche attimo per
riconsiderare lo scambio di battute appena avvenuto: come spesso
accadeva, Tecna aveva ragione a soffermarsi sulla superficie delle
faccende quando la situazione lo richiedeva; cadeva tuttavia nel
momento in cui la profondità sarebbe stata necessaria.
Per
tale motivo Helia aveva considerato sin da subito la sua
peculiarità
come un'arma a doppio taglio: non aprirsi a ciò che
s'ostinava a
celare al mondo finiva ogni volta per ferirla.
Un
flebile e quasi impercettibile rumore attirò la sua
attenzione,
zittendo momentaneamente i suoi pensieri: nessuno – fatta
eccezione
per Flora, probabilmente – avrebbe potuto accorgersi di una
piccolezza simile, ma per chi era abituato a cercare la bellezza nei
particolari meno visibili non risultava difficile udire quel leggero
fruscio di fogliame proveniente dalla sua destra, accompagnato dal
profumo che caratterizzava la pelle di Darcy.
Un
preciso cenno in direzione di Tecna bastò a farle
comprendere cosa
stesse succedendo, permettendole di concentrare ancora di
più la
propria attenzione verso il luogo dal quale avrebbe attaccato la
strega: entrambi si sentirono preparati respirando quell'aria carica
di tensione.
Infine
giunse: e fu veloce, contrariamente al suo solito modo di fare.
Comparve
dinnanzi a loro con un'indecifrabile espressione, colpendoli entrambi
con un forte attacco psichico che, nella foga del momento, la fata di
Zenith riuscì solo parzialmente ad assorbire. Non una parola
né da
una parte né dall'altra: qualsiasi suono avrebbe indebolito
la loro
magia, intenta a scontrarsi l'una sull'altra.
La
strega non si sarebbe fatta in alcun modo indebolire dalla positiva
forza di una festività come Litha, come la fata ed il
ragazzo non
avrebbero permesso a tale grande occasione di sfuggire dalle loro
mani. Così alle illusioni resistevano con rinnovata forza,
rispondendo alla donna con altri attacchi rafforzati dal favore del
giorno per costringerla ad indietreggiare.
I
sordi rumori della battaglia parvero essere solo loro, in quanto non
attirarono l'intervento di nessuno: perfino Stormy non fu in grado di
svegliarsi dal proprio torpore e, con la vista appannata, osservava
le sfocate figure muoversi senza comprendere.
Nel
solo spostarsi, la magia della mora fluiva in una miriade di
ipnotiche immagini atte ad intrappolare i nemici e sembrava non
doversi arrestare davanti a nulla. In grado di scalfire gli
incantesimi diretti a sé, seguitava ad attaccare con il
meglio del
quale disponeva: ed era abbastanza, data la difficoltà che
storceva
leggermente i visi di Tecna ed Helia.
L'avevano
sottovalutata e, grazie a tale fatto, avrebbe potuto alzare non di
poco le proprie possibilità di successo.
Niente
al mondo sarebbe stato in grado di rovinare il momento della
vittoria; niente, tranne una tenue ed evanescente figura dagli
smeraldini occhi che, attraverso la pregiata retina calata sul suo
volto, osservava colei che una volta era stata sua.
Senza
tale avvenimento, forse, Darcy avrebbe vinto e liberato la sorella:
tutto sarebbe stato infinitamente più difficile; senza tale
avvenimento, che trascinò la sua mente in un limbo privo di
via
d'uscita, i due ragazzi sarebbero potuti perire sotto ai suoi
violenti attacchi.
Tuttavia
andò diversamente.
E
fu un attimo; i loro sguardi si incrociarono, perdendosi in tutti gli
anni che erano venuti a mancare: lasciando che le braccia cadessero
lungo i fianchi, Darcy guardò immobile la donna farsi
più
invisibile, così com'era successo in passato.
Fu
un attimo e l'incantesimo a lei diretto la colpì in pieno,
facendole
pagare il grave errore della distrazione alla quale s'era lasciata
andare.
Nonostante
fossero vicini nessun rumore risultava udibile: il che aveva
cominciato a far temere loro il peggio.
Del
resto erano scattati non appena si erano accorti dell'assenza di
Riven, formulando subito delle ipotesi sulla sua possibile posizione:
nel profondo ognuno sapeva che, per via del suo carattere, non
sarebbe stato in grado di desistere dal fare qualche azione
avventata.
Soprattutto
se si trattava di qualcosa di personale.
Ed
in quei casi il buonsenso lo lasciava direttamente a Fonterossa, se
mai ne avesse disposto.
La
vegetazione era abbastanza fitta, permettendo solamente a poca luce
solare di filtrare fino a sfiorare il suolo; chiedendosi come stesse
procedendo la missione per gli altri, Bloom, Flora e Sky procedettero
all'interno del bosco, seguendo con lo sguardo quell'immobile puntino
a meno di cinquanta metri da loro. Facendo attenzione a non farsi
sentire nel silenzio, allungarono lo sguardo sui dintorni,
concentrandosi sull'individuare due figure: e non fu difficile, dato
il grande contrasto fra di esse.
La
pesantezza del corpo di Riven, riverso sulla scura terra pareva
slanciare l'immagine della strega a lui sovrastante, i nudi piedi ben
piantati al suolo ed i lunghi capelli a coprire parte del viso: una
visione talmente innaturale e poco costruita che la fulva stessa
stentò a riconoscere. La gravità della
situazione, tuttavia, passò
in primo piano rispetto all'esteriorità di Icy –
quasi pienamente
trascurabile in casi simili. Lo Specialista accorse prima delle fate
sulla riva dello specchio d'acqua, nelle vicinanze del compagno: il
gesto troppo impulsivo gli costò una non trascurabile ferita
al
braccio, inferta da un'affilata scheggia di ghiaccio.
“Fossi
in te non lo farei, principino.” e con un irritante sorriso
sollevò
solamente una mano, formulando un veloce incantesimo che fece
comparire una decina di candide ed affilate lance, puntate verso il
capo del ragazzo; il principe di Eraklyon, conscio di star mettendo a
rischio la vita dell'amico, raddrizzò la schiena senza
distogliere
lo sguardo dagli inflessibili occhi di lei.
“Siamo
giunte alla resa dei conti, Icy, ed usare questi trucchetti non ti
aiuterà.” esordì Bloom, prendendo un
coraggioso passo in avanti:
la furente determinazione che le illuminava gli occhi pareva
accrescere con il suo potere, con l'adrenalina di trovarsi ancora una
volta faccia a faccia con la propria acerrima nemica.
Il
tempo trascorso da Beltane pareva non esser bastato a sanare la
ferita che aveva garantito la salvezza della fata: l'aderente
canottiera bianca che la strega portava era pregna di rosso nella
parte superiore; la macchia nell'espandersi rendeva il tessuto
più
rigido, segno che il sangue stesse ancora sgorgando dal foro che
Timmy, quasi con eccessiva fortuna, aveva provocato nella sua carne.
E la sciabola, giacente ai suoi piedi, portava anch'essa segni di una
battaglia che, seppur breve ed impari, doveva esserci stata; era
stato Riven che, nonostante le condizioni della sua opponente, aveva
avuto la peggio.
L'albina
resse lo sguardo della rivale per qualche attimo, permettendosi poi
un'aspra risata.
“Cosa
credi di poter fare a questo punto, fatina. Qualsiasi cosa tu abbia
contro di me sarà inutile – e detto ciò
lasciò che le stalattiti
si avvicinassero considerevolmente al capo dello specialista svenuto
– A quanto pare dovrai per forza ritirarti.”
La
fulva strinse nervosamente i pugni, incapace di rispondere a quello
strafottente sorriso che s'era allargato sul chiaro viso della
strega, e si limitò a palesare il suo astio: non avrebbe
voluto
dargliela vinta, eppure nessun'altra azione diversa dal contenere la
propria rabbia avrebbe funzionato.
Era
solamente in grado di sperare che gli altri fossero riusciti a fare
di meglio per il piano all'apparenza perfetto che avevano ideato:
altrimenti tutto il loro lavoro sarebbe andato in fumo; una sconfitta
che avrebbe pesato parecchio sulla Dimensione Magica, in quanto non
ci sarebbe stata una simile occasione per debellare il problema
ancora prima di dover affrontare delle tremende conseguenze.
Sapeva
per esperienza cosa, se lasciate indisturbate ad accumulare potere,
sarebbero arrivate a combinare e ciò non l'aiutava ad
accettare un
simile colpo: tuttavia tale funeste emozioni non avrebbero preso
completamente il controllo della sua mente per un lungo tempo;
qualcuno aveva avuto più fortuna nel proprio operato.
Flora
fu la prima a gioire nel vedere l'amato quasi illeso poggiare con
delicatezza l'inerme corpo di Darcy, seguito da Tecna che da poco
aveva smesso di consultare la mappa elettronica presente sul suo
dispositivo di rintracciamento.
Non
servirono parole per evidenziare l'immediato ribaltarsi della
situazione, rappresentato dalle ottime notizie che, silenziosamente,
i due ragazzi avevano portato.
Non
servirono parole nemmeno alla strega, che scorse alle loro spalle la
sorella minore schiacciata al suolo dai poteri delle fate; eppure non
si scompose minimamente nel far sparire l'incantesimo atto a tenere
sotto tiro Riven.
La
fine si presentò a loro in modo veloce ed inaspettato: ne
avevano
percepito la presenza, ma risultò palese a tutti nel momento
in cui
Icy distese le braccia davanti a sé, avvicinando i polsi in
un
chiaro segno di resa. Cosa che diffuse lo sgomento fra i presenti.
Nonostante
l'insolita azione, nessuno osò esitare più di
mezzo secondo. Resa
inoffensiva da un paio di pesanti bracciali – progettati per
l'assorbimento quasi completo della magia nera tramite il contatto
–
la strega rimaneva eretta, il volto rilassato in un'usuale
espressione d'indifferenza: non un accenno di rabbia per la sconfitta
subita, né la promessa di una tremenda vendetta.
Nulla
traspariva dal glaciale sguardo, intento a scorrere sui corpi delle
sorelle; una punta di preoccupazione superò in importanza la
frustrazione che provava nei loro confronti per aver ceduto alla
forza dei nemici. Forse per il fatto che ancora non aveva la completa
consapevolezza dell'accaduto, ma nonostante ciò non si
sbilanciò ad
incolpare le altre due della disfatta: mantenne la sua aria
imperturbabile e lasciò che i nemici si avvicinassero.
Gli
occhi di Bloom incrociarono più volte i suoi in cerca di
risposte:
la scrutarono fissi, incorniciati dalle corte e bionde ciglia, senza
permettersi alcuna distrazione.
Quando
finalmente si decise a parlarle stavano già facendo ritorno
alle
rispettive scuole, pronte a consegnare lei e le sorelle ai templari
di Roccaluce. Il giorno volgeva al termine nella maniera più
pacifica che avesse potuto vedere durante il corso dell'anno,
risolvendosi in una sperabilmente duratura quiete; tuttavia non era
in grado di godersela con una sola domanda a premere sulle sue
tempie.
Così
non seppe resistere e la rivale, in verità, non aspettava
altro.
“Perché,
ti chiederai – non si fece sfuggire l'occasione di
anticiparla con
un grave e provocatorio tono – Ti interessa meno di quanto
credi.”
“Lo
deciderò io quanto mi interessa.” le rispose,
facendo risaltare il
focoso temperamento; Icy non mancò di cogliere la risposta
con un
irritante sorrisetto, prendendosi qualche attimo prima di risponderle
più per testare la sua pazienza che per altro. Sempre breve
come
l'aveva ricordata: la fata le si parò davanti con una
furente
occhiata, impedendole di proseguire finché non avesse
risolto il suo
fastidioso dubbio.
“Guarda
guarda, non sei capace di farti gli affari tuoi, hm?”
“Questi
sono affari miei, Icy.” non accennò a muoversi,
enfatizzando
particolarmente la propria frase con la rigida postura: a detta della
strega, in tale posizione, sembrava un gattino intento a gonfiare il
pelo per incutere più timore.
Bastò
il pensiero a rendere la scena alquanto ridicola.
“In
realtà le mie motivazioni non dovrebbero interessarti,
fatina.
Quindi non sono affari tuoi.” le disse, reggendo il suo
sguardo:
aveva comunque intenzione di dirglielo, ma innervosirla fino a farle
raggiungere il limite era un piacere privo di prezzo. Gustandosi la
sua frustrata reazione, l'albina si lasciò scappare
l'accenno di una
soddisfatta risatina.
Vide
con la coda dell'occhio i templari procedere nella loro direzione,
lasciandole poco tempo per decidersi: buttare la bomba l'avrebbe
messa a rischio, in quanto avrebbero fatto più attenzione ad
ogni
sua mossa, ma non farlo l'avrebbe privata delle meravigliose
sensazioni che vedere le preoccupate espressioni altrui le avrebbe
regalato. Avrebbe quasi eguagliato la soddisfazione che aveva provato
nel consegnarsi a loro senza un apparente motivo: scorgere il caos
prendere possesso dei volti dei nemici l'aveva resa di buon umore,
facendo scemare la piccola fitta di dolore che si presentava
nuovamente ad ogni respiro.
Ciò
la spinse a scegliere, voltando nuovamente il viso verso Bloom ed
avvicinandosi pericolosamente.
“Sicura
di poter accettare delle risposte?” la sfidò
apertamente con lo
sguardo prima di parlare di nuovo, battendola sul tempo.
“Senza
di me non sarebbero in grado di pianificare un'evasione come si
deve.” e la osservò realizzare ciò che
aveva insistito per
sapere, guardando alle sue spalle mentre gli uomini la portavano con
sé.
La
fulva, del resto, avrebbe potuto aspettarselo conoscendo i
comportamenti della rivale, tuttavia il risvolto della vicenda aveva
aperto una serie di vie che, invece di portare alla quiete, avrebbero
trascinato la Dimensione Magica da tutt'altra parte.
E
ciò, ripetere tutto ciclicamente, non avrebbe per nulla
giovato alla
sua sanità mentale. Il ricordo, nella sua mente, della poco
visibile
figura vestita con l'abito nero che lei stessa aveva sfiorato,
l'aveva messa in allerta: ed aveva fatto bene ad esserlo.
Nonostante
avessero vinto, la guerra non era giunta ad alcuna fine.
Stringendo
i pugni e maledicendo la strega dei ghiacci si diresse a grandi passi
verso i compagni, pronta ad avvisarli delle informazioni ricevute: se
fosse stata in grado con le proprie parole di fermare un nuovo
ritorno delle nemiche, l'avrebbe fatto più che volentieri.
Quello
che non sapeva era di star facendo esattamente il loro gioco.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Allora,
prima di tutto mi scuso: sono successe un sacco di cose dall'ultima
volta che ho aggiornato, sono stata assorbita dalla mia vita privata
e dal lavoro, cercando di sistemare cose e di portare avanti un
importante progetto.
Nonostante
ciò, non sono giustificata per il ritardo, siccome questa
è l'unica
serie per la quale mi ero imposta di rispettare per bene le scadenze.
Quindi
mi scuso infinitamente per essermi fatta aspettare anche troppo,
tanto che fra un po' la storia di mezza estate la pubblico a Samhain.
E non è una battuta, siccome ci siamo quasi.
Con
questa storia il ciclo finisce e spero che sia soddisfacente: ho
comunque in mente un epilogo che si concentrerà sulle
piccole cose
che, per mia volontà, non hanno trovato posto in questa
parte.
Quelle piccole cose che ho buttato là nei capitoli e che
troveranno
la loro soluzione, forse, fino ad aprire la strada a nuove
possibilità che lascerò in sospeso in favore
della ciclicità della
Ruota dell'Anno: essendo un ciclo, tutto sarà destinato a
ripetersi
e la consapevolezza di ciò, per ora, è arrivata
solo a pochi.
E'
venuta particolarmente lunga perché c'erano molte cose da
fare e da
dire, pertanto spero che non sia noiosa, ripetitiva, senza degli
avvenimenti veri e propri e con battaglie scadenti: non sono
particolarmente brava in quelle ed il lungo lasso di tempo nel quale
l'ho scritta di sicuro non ha aiutato.
Rivedendola
spero di aver reso la lettura più piacevole, visto che la
fine è
sempre la più attesa; a proposito dell'epilogo, non so
quando
riuscirò a farlo.
Vedrò
con l'inizio dell'università e spero di farlo in tempi
ragionevoli.
Vi
ringrazio di aver seguito questa serie, in particolare ringrazio le
onnipresenti Applepagly,
Ghillyam e LadyNabla
che non si
sono perse una
singola storia di questa serie e che hanno avuto un'immensa pazienza
con la sottoscritta, senza farsi mancare il loro prezioso supporto.
Ringrazio
infinitamente tutte le persone che hanno recensito, messo le storie
fra le seguite, le ricordate o le preferite, sperando che vi sia
piaciuta questa serie e che possa piacervi anche una volta finita:
sarà sempre qui per ogni volta che la cercherete, se ancora
vi
facesse piacere leggerla.
Ringrazio
anche chi si è limitato a leggere e seguire la storia
nell'anonimato: sarà sempre qui anche per voi, nello stesso
stato in
cui l'avete lasciata.
Insomma,
sono estremamente grata a tutti voi e, sperando di avervi fatto
meravigliare con un paio di parole in un fandom semi dimenticato, vi
rimando alla prossima missione!
Possa
la fortuna sempre essere a vostro favore,
Mary