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Autore: Vanya Imyarek    15/09/2018    1 recensioni
(Spin-off de 'L'Impero della Vita).
Malgrado la sua importante carica, Etaheupa vede come massimo bene per l'uomo una vita tranquilla, onesta, laboriosa, priva di celebrazioni e trionfi ma piena di affetti familiari.
Così cerca di condurre la sua esistenza, e allo stesso modo, quando gli dei o il caso gli regalano un figlio, cerca di educarlo a vivere.
Non ha considerato che spesso, un certo stile di vita è permesso solo da determinate circostanze: cambiate quelle, che può fare una persona se non adattarsi?
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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POCO  MANCAVA  CHE  IL FIGLIO  DEL  CONSIGLIERE  SI  STROZZASSE  CON  UNA  BIGLIA

 

 

 

 

 

Cinque anni dopo quella mattina, Etahuepa non vedeva l’ora di tornare a casa.

 L’ultima settimana era stata semplicemente estenuante: gli amministratori dell’Ufficio delle Distribuzioni Alimentari avevano notato irregolarità nelle scorte inviate a un piccolo villaggio vicino ai confini di Ichiraya: a quanto pareva, la produzione locale non era sufficientemente scarsa da garantire al luogo la sussistenza dello Stato. Etahuepa aveva preferito mandare una piccola squadra di soldati ed esperti in amministrazione economica per controllare la situazione invece di sanzionarli immediatamente, e quel che i suoi inviati avevano trovato era un villaggio malridotto, con gente che viveva in palesi condizioni di povertà.

 Quando era stato richiesto al capovillaggio di mostrare la documentazione della produzione contadina e artigiana, l’uomo aveva dichiarato che doveva esserci stato un errore, che non era possibile che la sua gente fosse riuscita a produrre tanto in poco tempo, non  ne avrebbero avute neanche le forze fisiche. Poi aveva ammesso di aver falsificato i documenti, perché gli piangeva il cuore ad ammettere la povertà della sua gente e in cui lui non poteva fare niente, perché i Sacerdoti del vicino tempio di Achesay usavano la loro magia per rendere il terreno meno fertile, ritenendo che un’eccessiva ricchezza avrebbe insuperbito i cittadini rendendoli meno devoti.

 Interrogati in proposito, i Sacerdoti avevano negato indignati, affermando che anzi si impegnavano attivamente nel benedire i campi di quella povera gente. Forse avrebbero dovuto trovare un capovillaggio meno incapace!

 In tutto questo, a Etahuepa era sorto il dubbio di attività di banditi. Se il villaggio fosse vittima di ladri che sottraevano alla gente i beni di loro produzione, ciò avrebbe spiegato la discrepanza, e avrebbe anche spiegato il bizzarro comportamento del capovillaggio (riportare nei documenti dati di produzione che non gli convenivano affatto, e accusare uomini del clero) come il tentativo di attirare l’attenzione sulla vicenda senza esser potuto direttamente accusare di aver richiamato le autorità, scampando possibilmente a eventuali ritorsioni.

 I suoi sospetti sembrarono confermati quando il nuovo rapporto di un nuovo gruppo di inviati, guardie travestite da commercianti girovaghi e fatti sostare nel luogo per qualche giorno, riferiva di un gruppo di forestieri che una notte si era infiltrato in città, andando dritti spediti dal capovillaggio e poi a ritirare indisturbati qualcosa dai magazzini. Ora, data la posizione geografica del villaggio, restava da capire solo se i briganti fossero di Dumaya o Ichiraya, perché in quest’ultimo caso avrebbe dovuto accordarsi con il governatore della regione locale, ed era una faccenda complicata da gestire senza sembrare offensivi.

 Per tutta quella particolare giornata, come se ciò non fosse abbastanza, il suo consigliere aveva continuato a lanciargli occhiate strane, come un dubbio se parlargli di qualcosa o meno; ma anche quando sollecitato, aveva dichiarato che non era nulla di più importante della faccenda alla mano, come se si vergognasse di esser stato scoperto.

 Giornate veramente estenuanti, che gli lasciavano solo il desiderio di tornare nel suo tranquillo palazzo, dove almeno ci avrebbe pensato Malina a gestire tutto. Stava giusto attraversando il cortile, oltrepassando un gruppetto di figli degli schiavi che giocava e chiassava attorno a qualcosa, quando una voce particolarmente entusiasta lo fece fermare di colpo.

 “Padre! Padre! Venite a vedere cos’ho fatto!”

Si voltò con una certa esitazione, rendendosi conto in quel momento di aver sempre dimenticato, nell’educare Simay, una parte piuttosto importante. Certo, forse lui conosceva quei codici di comportamento da tanto tempo che gli parevano scontati, e aveva creduto che Simay fosse troppo giovane per comprenderne i dettagli più sottili, ma ecco davanti a lui il risultato della sua inadempienza: suo figlio in mezzo ai figli degli schiavi, i bei vestiti pregiato che così sporchi di polvere non sembravano molto diversi da quelli di lana grezza degli altri bambini, i capelli scarmigliati e un largo sorriso identico a tutti quelli degli altri bambini.

 Sorriso che però svanì non appena il piccolo notò la sua espressione. “Padre? Cosa c’è?”

 Etahuepa sospirò. Non avrebbe avuto senso prendersela con Simay, era stato lui a non parlargli mai delle differenze imposte dal suo rango. “Simay. Vieni qui”

 “Ma …” esordì il bambino, indicando qualcosa a terra.

 Solo allora Etahuepa notò con cosa stavano giocando quei piccoli. Era una piccola pista per biglie costruita alternando legnetti e steli d’erba … steli d’erba di kiquicos. E il legno, quando si avvicinò per osservare meglio, era a tratti di soribo, completo della sostanza vischiosa di cui quelle piante erano ricoperte, o di shillqui, che ancora tremava e sussultava anche dopo esser stato separato dall’albero.

 “E questa cosa sarebbe? Chi vi ha costruito una cosa simile?”

 “Io!” rispose allegramente Simay, prendendo alcune biglie di legno colorato e mettendole nella posizione di partenza per una dimostrazione.

 Alcune delle biglie furono sbalzate via dal legnodi shillqui, altre rimasero appiccicate in quelli di soribo, altre ancora finivano trasportate per mezza pista dalla kiquicos. Farle arrivare alla postazione di arrivo era una vera impresa, ed evidentemente lì stava il vero divertimento del gioco.

Un balocco simile avrebbe fatto la fortuna di un artigiano … ma suo figlio era un bambino di cinque anni che non aveva mai svolto lavori manuali in vita sua, non un artigiano. Da dove gli arrivava questo bizzarro talento? Forse da uno dei suoi genitori naturali?

 Simay intanto era rimasto a fissarlo, dapprima con un gran sorriso, in attesa delle lodi per il suo ingegno, poi sempre più preoccupato man mano che Etahuepa rimaneva in silenzio, chiaramente timoroso di aver fatto qualcosa di proibito. E in effetti …

“Torna in camera tua e fatti ripulire dalla tua serva. Non uscire di nuovo fino a quando sarà servita la cena. Ne parleremo allora”

 Ebbe una certa stretta al cuore nel vedere Simay trascinarsi verso il palazzo, a capo chino. Del resto, il suo errore non era consapevole: semmai era colpa di Etahuepa, che non si era mai preoccupato di quella particolare educazione. Avrebbe rimediato, e ne avrebbe approfittato per confortarlo.

 Il suo compito di genitore era educare un leale suddito dell’Impero, non uno schiavo che obbediva per timore.

 

In realtà risultò lo stesso estremamente severo, ma non per sua intenzione.

 Proprio quella sera arrivò un nuovo dispaccio dal malefico villaggio, che riferiva che gli inviati erano stati allontanati perché accusati di attività sospette, e non avrebbero potuto certo rivelare la propria identità al capo. Fu necessario tenere un consiglio che finì solo a tarda notte, per poi inviare la risposta il mattino presto e organizzare un possibile terzo drappello. Poi arrivò una nuova missiva, con la conferma che non solo i banditi erano di Ichiraya, ma che erano pure scagnozzi al soldo di un ricco possidente locale. Dovettero contattare il governatore della regione, presentargli prove incontrovertibili, garantendogli che non lo stavano accusando di ospitare intenzionalmente un covo di ladroni, e che la reputazione della provincia sarebbe stata mantenuta con il segreto a chiunque non fosse necessariamente coinvolto. E naturalmente la retata vera e propria, il processo, la scelta dei rappresentanti che esponessero il caso, l’esazione delle riparazioni, il rapporto sul fatto da inviare all’Imperatore.

 In tutto questo, non riuscì a parlare davvero a Simay nelle tre settimane successive, delegando a Malina il compito di tenerlo lontano dai figli degli schiavi, il che doveva senz’altro parergli una terribile punizione. Doveva porre rimedio, in qualche modo: nel primo giorno di festa che si presentò, portò suo figlio a fare una passeggiata in città, senza nessuno al loro seguito. Con non poco disappunto, vide che Simay camminava compito, a testa bassa, e quando interrogato, rispondeva a monosillabi e con voce seria.

 Malina gli aveva detto di avergli già parlato e detto che suo padre non era arrabbiato con lui, che voleva solo insegnargli alcune cose, ma evidentemente lui non le aveva creduto, o i sensi di colpa erano rimasti, e l’esser stato trascurato tanto a lungo, con il divieto di giocare con altri bambini nel palazzo, aveva solo peggiorato le cose.

 “Simay” esordì, una volta che ebbero raggiunto la piazza principale. “Guardati attorno. Cosa vedi?”

 “Il mercato, padre?”

 “Sì e no. Mi riferisco alle persone. Quali persone vedi?”

 “Ci sono delle guardie là in fondo” iniziò il bambino, lanciandogli un’occhiata per assicurarsi di avere la sua approvazione. “E poi ci sono i mercanti che dispongono le loro cose insieme ai loro schiavi. Ci sono altre persone che girano tra i banchi e prendono cose e urlano che costano troppo, quelli con gli schiavi fanno portare le cose a loro e quelli senza se le portano da soli. C’è il tuo consigliere con il cappello strano là in fondo, con sua moglie e i suoi figli e qualche schiavo”

 “Bene, Simay. Cos’hanno tutte queste persone di diverso da noi?”

 Simay rifletté qualche istante, poi concluse: “Non vivono nel nostro palazzo?”

 “Non esattamente. Quel che hanno di diverso, è il rango”

 “Oh?” “Siediti, Simay, c’è una storia che devi sapere. Tanto, tanto tempo fa, quando gli uomini e le donne che ancora ricordavano il Terrore di Sulema costruivano le loro prime città, in una di queste viveva una ragazza. Era molto bella e virtuosa, più di tutte le altre coetanee. Si chiamava Llyra … no, non l’Imperatrice, lei è stata chiamata così in suo onore, così come molte nobildonne nel corso del tempo. La Llyra di tanti anni fa era tanto splendida per le sue doti, che gli dei stessi la notarono, e il Supremo Achemay stesso si innamorò di lei”

 “Ma non era sposato con Achesay? Aveva anche fatto tanti sacrifici per stare con lei!”

 Oh dei … lui ne aveva fatte di quelle domande, quando suo padre gli aveva raccontato la storia di Talhas? Certo, sviare l’attenzione forse non era la strategia migliore da adottare con un bambino, però …

“Non criticare gli dei, non spetta a un mortale farlo. Dicevo, Llyra ebbe due bambini da lui, gemelli, un maschio di nome Talhas e una femmina di nome Shilla. I bambini, per il sangue del Sole che scorreva nelle loro vene, crebbero più forti e capaci di ogni altro bambino umano, e il sovrano della città dove viveva Llyra, interrogati i Sacerdoti su questi curiosi piccoli prodigi, scoprì l’identità del loro padre. Allo scoprire che una dei suoi sudditi aveva catturato tanto l’attenzione del sovrano degli dei, l’uomo divenne molto arrogante, e iniziò a credere che fosse la prova che ormai gli uomini erano superiori agli dei. E se lui era il sovrano degli uomini di quella terra, era in diritto di richiedere per sé onori divini. Cacciò via la sua regina e prese in sposa Llyra, e fece costruire un palazzo immenso, di una bellezza mai vista, per sé e la sua nuova famiglia. Dopodiché pretese che i Sacerdoti di tutti gli dei smettessero di officiare le loro funzioni per stabilire un culto della sua persona, richiese che i suoi sudditi pregassero solo a lui, e mandò emissari ai regni vicini per chiedere che si sottomettessero alla sua potenza divina. E qui avvenne la prima discriminazione tra gli uomini: gli stolti che gli credettero, abbandonando il culto dei veri dei per seguire il suo, falso, e quelli che affrontarono le persecuzioni pur di non disconoscere la verità. Ma furono i primi che soffrirono, quando  la vendetta degli dei si abbatté su di loro”

 “Achemay li punì?”

 “No, non fu Achemay in persona. Pachtu e Qisna, allora giovani dei ansiosi di provare il proprio potere ai loro antenati, concordarono un piano, e ottenuta l’approvazione di Achemay, lo posero in atto. Con i rispettivi poteri sulla vita e sulla morte, condannarono i blasfemi a un’esistenza infame, in una nuova condizione di cadaveri mentre erano ancora in vita. Questi sono i Kisnar: banditi dalle nostre città, obbligati a vagare di terra in terra, scontando il loro antico peccato e cercando di infettare quanti più possibili tra i loro ranghi, per vendetta contro gli dei, ancora persi nella loro superbia. Non entrare nel loro novero, Simay, qualunque cosa succeda, qualunque cosa ti promettano in cambio: la morte è un destino preferibile”

 Suo figlio gli pareva molto agitato: bene, non avrebbe scordato la lezione, e si sarebbe ricordato di che risma fossero fatti i Kisnar quando almeno una volta nella vita avrebbe dovuto avere a che fare con loro.

 Etahuepa doveva farlo spesso, per sorvegliare i loro movimenti all’interno della sua provincia e accertarsi che non si avvicinassero ai centri abitati, se non per praticare le loro arti mediche: una stirpe la cui corruzione del corpo rifletteva quella dell’animo, non timorata degli dei, devota ad analizzare il mondo e i suoi misteri come se essi non avessero alcuna sacralità. Erano tra gli oneri del suo compito che odiava di più.

 “Tra coloro che furono risparmiati vi furono, naturalmente, Talhas e Shilla. Fu allora che il loro padre comunicò loro il proprio volere: i suoi figli avrebbero unito tutte le terre in suo nome, avrebbero creato un immenso Impero che avrebbe portato pace e prosperità per tutto il creato. I due giovani iniziarono così a viaggiare, diffondendo il loro messaggio e andando in cerca di un luogo dove stabilire la loro capitale. Molti ascoltarono le loro parole e le compresero come veritiere, e li seguirono; molti altri rifiutarono di sottomettere sé stessi o le proprie terre a quelli che vedevano come un paio di vagabondi, e li cacciarono e attaccarono con le loro armate. E questa fu la seconda discriminazione tra gli uomini: perché quando Talhas e Shilla giunsero al luogo dove ora sorge Alcanta, e poterono fermarsi e organizzare le proprie forze, quelli che erano loro nemici furono spazzati via dalla potenza dei figli degli dei”

 “Diventarono Kisnar anche loro?”

 “No. Poiché avevano peccato non contro gli dei, ma contro creature comunque per metà umane, non subirono mutazioni nella loro natura. Furono però fatti schiavi dell’Impero, e gli schiavi che vedi tuttora, attorno a te, sono i discendenti di coloro che prima o poi si opposero al sangue del Sole, commettendo peccato. Ma coloro che fin dall’inizio avevano ascoltato Talhas e Shilla, aiutandoli e combattendo per loro, divennero la nobiltà, i loro amministratori e governatori, sposi e spose per i loro figli cadetti quando i due si sposarono tra loro. Carichi di onori, ma anche di doveri. Capisci, ora, quello che sto cercando di dirti?”

 “Che voi siete erede di buone persone, mentre gli schiavi di peccatori?”

 “E che c’entro io? Sei tu quello che va a giocare con i figli dei peccatori”

 “Oh” Simay arrossì. “Pensavo che non vi piacesse la pista per biglie”

 “Quella, se rimane un innocuo giocattolo, non fa nulla di male. Quel che voglio dirti, è perché esistono le differenze di rango: per separare i degni dagli indegni. Non sono posizioni fisse: figli di schiavi che spiccano per le loro doti possono riscattarsi dai propri antenati, diventando artigiani o contadini e allevatori; e i figli di artigiani e coltivatori che spiccano per le loro doti possono raggiungere il titolo nobiliare. Ma chi vedi oggi schiavo, sappi che è perché non ha nessuna qualità, intellettiva o morale, che lo distingua dai suoi antenati che rifiutarono il messaggio degli dei”

 “Ma la prova si fa a quattordici anni” il piccolo ricalcò quella parola come a enfatizzare la veneranda età che esprimeva. “I miei amici non ne hanno quattordici! Il più vecchio ne ha sette! Quindi possono ancora dimostrarsi degni, vero?”

 “E’ vero” concesse Etahuepa- doveva insegnargli a rispettare le gerarchie, non a disprezzare chiunque si trovasse sotto di lui- “E’ possibile che lo facciano. E se non lo fanno loro, inevitabilmente qualcuno dei loro discendenti si riscatterà. Ma intanto che restano schiavi, non è bene che tu ti mischi a loro”

 “Ma padre, non ho altri con cui giocare!”

 “Ti ho presentato i figli del mio consigliere e dei miei amministratori”

 “Sono noiosi. Le femmine si mettono solo tra loro e non fanno altro che far finta di avere bei vestiti e di essere a delle feste, e i maschi o vogliono solo leggere …”

 “Non farebbe male neanche a te impegnarti di più nei tuoi esercizi di lettura”

 “Ma loro vogliono farlo tutto il tempo! E quelli che vogliono giocare, uno vuole fare cose che voi mi avete vietato e l’altro fa un gioco di dadi a cui cambia le regole per vincere sempre lui”

 “Hai provato a portare loro la tua pista per biglie? Magari piacerà a tutti loro, e le regole le dovrai stabilire tu, visto che tu l’hai costruita”

 “L’ho fatto! E’ che quello dei dadi non voleva giocare, tutte le femmine tranne una avevano paura degli shillqui e anche quell’una poi è stata tirata via dalle sue amiche, e poi un ramo a lanciato una biglia in bocca al figlio del tuo consigliere e si è messo a tossire ed è diventato tutto blu, poi la sputata e non ha neanche voluto pulirla, è scappato via a piangere …”

 Ah, ecco spiegate le strane occhiate del suo consigliere. Evidentemente non era riuscito ad affrontare la questione ‘tuo figlio ha quasi soffocato il mio con una biglia’ nel bel mezzo della situazione che si erano trovati ad affrontare. Non appena l’avesse rivisto, avrebbe dovuto porgergli delle scuse per l’esuberanza del ragazzo.

 “E poi nessuno ha più voluto giocarci. Ai bambini in cortile invece è piaciuta! Ci hanno giocato tutti, anche le femmine!”

 Etahuepa ricordava benissimo il trambusto indiscriminato che l’aveva accolto quel giorno, grazie tante.

 Sospirò. Non gli risultava di aver educato suo figlio diversamente da come gli uomini del suo rango educavano i loro, ma come spiegarsi quelle differenze? Forse era qualcosa che Simay aveva ereditato dai suoi genitori biologici.

 “Capisco che la loro compagnia possa sembrarti più piacevole, ma non possiamo seguire sempre il piacere. Esisterà sempre una gerarchia, e noi dobbiamo rispettarla, anche a costo dei nostri desideri, per il bene dell’Impero. Tu più di tutti devi tenerlo a mente. Ricordi, vero?”

 Simay abbassò il capo e annuì.

 Era stato troppo brusco? Erano passati ormai alcuni mesi da quando avevano rivelato al bambino la verità sulle sue origini: prima avevano pensato che fossero concetti troppo complicati per essere compresi da un bambino, ma la figlia dell’amministratore dell’Ufficio Censimenti l’aveva preso in giro rivelandogli che i suoi genitori non erano i suoi veri genitori, e lui aveva chiesto spiegazioni. Avevano cercato di dargliene, nel modo a lui più comprensibile, ma era stato inevitabile ammettere che la sua posizione nella famiglia sarebbe stata sempre subordinata a un eventuale fratellino.

 Col senno di poi, sarebbe stato meglio spiegare la faccenda al bambino fin da quando avesse avuto sufficiente comprensione della lingua umana, altro che della politica: era chiaramente stato un duro colpo per Simay, anche se si sforzava di non darlo a vedere. E anche a distanza di tempo, quella frase un po’ infelice poteva aver peggiorato le cose.

 Gli strinse leggermente una spalla. “Ce la farai” gli disse. “Qualunque cosa diventerai alla fine, governatore o Sacerdote … non ho il minimo dubbio che la farai al meglio, e ti guadagnerai una reputazione per la bravissima persona che sei già adesso”

 Meglio. Simay aveva ripreso a sorridere, un po’ incerto, ma era sempre un sorriso. Etahuepa sorrise di rimando.

 “Visto che con le compagnie giuste ti annoi tanto, ora ti comprerò un libro, così avrai qualcosa di cui parlare con loro … e poi i materiali che vorrai per costruirci quello che vuoi, perché loro possano giocare con te”

 Per fortuna, con quelle parole l’incidente fu subito dimenticato; altrettanto per fortuna, la lezione di quel giorno non lo fu affatto, ed Etahuepa non vide più suo figlio giocare con gli schiavi.

 

 

 

 

 

GLOSSARIO:

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

SHILLQUI: alberi i cui rami si agitano forsennatamente.

SORIBO: piante ricoperte da una sostanza molto vischiosa.

KIQUICOS: erba di colore blu, in grado di muoversi trasportando chi vi cammina sopra.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ma quanto cavolo è difficile descrivere i bambini? Specialmente quelli così piccoli: ho passato non so quante storie in cui i bambini erano o adulti in miniatura o fagottini di pucciosità concentrata privi di qualsiasi personalità o intelligenza. Forse è che a meno di non avere figli o fratellini di quell’età, non si hanno molte possibilità di osservarne … e comunque hanno modi di pensare completamente diversi da quelli di un adulto. Spero di non aver dato una descrizione esagerata … comunque, spero di essere riuscita a rendere il legame tra Simay ed Etahuepa. Se poi quest’ultimo sia davvero un bravo genitore, sta a voi giudicarlo!

Grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito!

 


  
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