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Autore: Old Fashioned    15/09/2018    19 recensioni
Dewrich e Herich sono i due figli di re Evertas. Il primo è un guerriero forte e deciso, abituato a farsi obbedire e ad aprirsi la strada combattendo, il secondo è invece timido e intorverso, ed è certamente più a suo agio in una biblioteca che con una spada in mano.
La successione sembrerebbe scontata, ma ecco che inaspettatamente le cose non vanno secondo le previsioni e come erede al trono viene designato il topo di biblioteca. Il primo decide allora di risolvere la questione con mezzi drastici, accordandosi con una banda di pericolosi predoni, ma non ha fatto i conti con un soldato dal passato oscuro...
Prima classificata al contest "In viaggio" indetto da Emanuela.Emy79, a pari merito con "Dies Irae" di Yonoi
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Resen-Lhaw 1 Salve a tutti/e! Ecco il nuovo mappazzone per la gioia (si fa per dire) di tutti voi!
Rivolgo un ringraziamento speciale a Jadis_ perché l’idea originale per questa storia nasce da un suo contest che purtroppo non è andato a buon fine, ma mi ha comunque regalato grandi spunti.
Ringrazio ovviamente in anticipo tutti coloro che passeranno di qui, e la giudice che ha mi ha dato l'occasione di finire questa vicenda tristemente rimasta a metà.








L’ULTIMA BATTAGLIA DI RESEN-LHAW



Capitolo 1

Il principe Herich e il suo precettore, un imponente chierico del culto di Dras, stavano camminando fianco a fianco lungo il colonnato che circondava la terrazza del palazzo reale. Era pomeriggio inoltrato e il sole faceva splendere il marmo bianco dell’edificio donandogli una corposa tonalità di avorio. I vessilli rossi della casata, uno su ogni torre, sventolavano pigri nella lieve brezza.
L’orizzonte era occupato dall’imponente scenario dei monti Kelis.
La passeggiata non era uno svago fine a se stesso, ma uno dei modi che il precettore aveva escogitato per fare lezione al suo pupillo: alcuni filosofi sostenevano che impartire insegnamenti al cospetto delle bellezze della natura aiutasse l’apprendimento ed egli era un acceso sostenitore della teoria. “Ebbene, principe,” lo interrogò, “cosa sai dirmi della poesia di Esthin?”
Il ragazzo distolse a fatica lo sguardo dalla piazza d’armi che si vedeva dalla terrazza e in tono distratto rispose: “La poesia di Esthin, sviluppatasi nel palazzo omonimo nel secondo secolo dell’Era Terza, anche detta Nostra Era, tratta principalmente di amore cortese e nasce per cantare le virtù della donna amata elevandola al rango di creatura semidivina.” Detto questo, tornò a rivolgere lo sguardo nella direzione di prima.
Il chierico emise un sospiro: le parole esatte che gli aveva detto a lezione, e che lui aveva senza dubbio imparato a memoria. “Hai scritto il componimento che ti avevo chiesto?”
Sì, maestro Cresdan.”
Sentiamolo un po’.”
Il ragazzo si schiarì la voce e cominciò: “Oh mia signora, che...” ma subito si interruppe e letteralmente sobbalzò quando uno dei guerrieri che si trovavano sulla piazza d’armi ne disarmò un altro.
Ebbene?”
Mia signora… il tuo vestito...” Di nuovo si interruppe.
Il chierico emise un sospiro. “Principe, tu non mi stai prestando attenzione.”
Il ragazzo ritirò appena la testa fra le spalle, ma non smise di scrutare ansiosamente lo spiazzo disseminato di coppie intente a duellare. “È che oggi torna Dewrich,” rispose in tono di scusa.
E questo ti sembra un buon motivo per non seguire la lezione? Conoscere la poesia è importante per un principe.”
A Dewrich non serve la poesia,” fu la risposta, “lui è un guerriero.” Poi il ragazzo emise un sospiro e si appoggiò alla balaustra, guardando in giù con nostalgia.
Parlami della battaglia di Brielar, allora,” gli disse Cresdan.
Il ragazzo si girò verso di lui con gli occhi illuminati. “Il massacro del golfo di Brielar è la battaglia più famosa della Guerra Orientale, in cui l’esercito del Waerund fermò l’avanzata dei predoni di As’del e li ricacciò oltre il fiume Phorean. In quella battaglia si ricordano il celebre comandante Tjeran Sonse, anche detto Resen-Lhaw, o Leone Rosso del Waerund, e il suo eroico sacrificio, che ha permesso al re Elkiergar, alla battaglia successiva, di trionfare sull’esercito invasore. I bardi cantano le gesta del valoroso generale, che alla testa delle sue truppe fermò i nemici abbastanza a lungo da consentire al grosso dell’esercito del re di attestarsi su posizioni tatticamente più vantaggiose. Lui e i suoi soldati morirono eroicamente, con le armi in pugno.”
Il chierico annuì soddisfatto. “D’accordo, vedo che hai studiato.”
Posso andare?”
Dove vuoi andare, Herich?”
A incontrare Dewrich.” Poi, visto che il precettore non dava segno di decidersi, insisté: “Torna oggi dal tempio di Jechen, ha ricevuto l’armatura con le insegne del dio in oro. Posso?”
D’accordo, ma per domani voglio un componimento nello stile di Esthin. Di almeno cinquanta versi.”
Sì, sì!” gli rispose di getto il ragazzo correndo via. Cresdan era sicuro che non avesse nemmeno sentito quello che gli aveva chiesto.
Scommetto che domani mi porterà un esercizio di matematica,” disse fra sé e sé crollando le ampie spalle. Si incamminò con le mani dietro la schiena, pensando che Herich era davvero un ragazzo sfortunato: riusciva perfettamente in qualsiasi prova di natura intellettuale, aveva memoria, sagacia e intelligenza, ma aveva in spregio tutto ciò, mentre anelava disperatamente alla gloria delle armi. Peccato che a sedici anni fosse ancora snello come una fanciulla, e così delicato che anche solo usare la spada per mezz’ora gli faceva venire le vesciche alle mani.
A volte i disegni di Dras sono davvero imperscrutabili,” borbottò fra sé e sé.

Herich nel frattempo stava scendendo a precipizio i gradini della terrazza. Si lasciò alle spalle il palazzo di marmo bianco e corse verso i quartieri delle guardie, raggiungendo la piazza d’armi.
L’enorme spiazzo era diviso in due parti da una linea tracciata per terra: da un lato i soldati di Dyat facevano le esercitazioni e dall’altro i maestri d’armi impartivano lezioni agli alti ranghi militari e ai figli dei nobili. In quella zona c’erano diverse coppie di duellanti che si allenavano sotto l’occhio vigile degli istruttori.
Il ragazzo sogguardò per un po’ l’arena, ma prima che potesse decidere se entrarvi o meno, risuonò nell’aria un alto nitrito. Tutti smisero di combattere e si voltarono verso la provenienza del suono: dalla Via d’Onore, ovvero il viale che metteva in comunicazione la piazza d’armi con la porta orientale di Dyat, stava arrivando al galoppo un cavaliere. Aveva un’elaborata armatura, ma non portava l’elmo. Dietro la schiena, assicurata alla maniera dei guerrieri di Jechen, aveva una spada dalla lama leggermente ricurva.
Dewrich!” esclamò il giovane principe. Senza indugio corse in quella direzione, ma subito si trovò nel mezzo di una folla che stava facendo esattamente la stessa cosa: gli ufficiali e i nobili, infatti, unitamente ai maestri d’armi, stavano praticamente facendo a gara per essere i primi a porgere i loro omaggi a quello che con ogni probabilità sarebbe diventato presto l’erede al trono.
Il cavaliere arrestò il destriero al centro dello spiazzo e scese di sella con un balzo agile, poi si tirò indietro i capelli che gli erano scivolati sugli occhi. Si guardò intorno con espressione fiera.
Tutti si inchinarono.
Salute a te, Taman!” disse il principe per prima cosa, rivolgendosi al capo dei maestri d’armi. “Hai visto che finalmente ce l’ho fatta a diventare un guerriero?”
E vedo che sei consacrato a Jechen il Possente,” rispose l’uomo porgendogli la mano. “È un grande onore per me.”
Dewrich la strinse con calore. “Ora ti penti di tutte le volte che mi hai fatto mangiare la polvere dell’arena?”
L’altro sorrise. “No, principe. Se i miei insegnamenti fossero stati più morbidi, il dio della guerra non ti avrebbe mai scelto come suo adepto.”
Dopo Taman, altri si fecero avanti, ansiosi di salutare il giovane o di complimentarsi con lui.
Herich attese pazientemente. Solo quando tutti si furono allontanati si avvicinò cauto. “Fratello?” lo chiamò.
Dewrich si voltò nella sua direzione. “Herich! Vieni qui da me, fratello mio!”
Il ragazzo corse ad abbracciarlo. “Resterai molto?” gli chiese. Socchiuse gli occhi, inebriato dall’odore di cuoio e ferro dell’usbergo, che gli ricordava le battaglie di cui amava leggere.
Almeno fino al Rito.”
Dopo andrai via subito?”
L’altro alzò le spalle. “Dipende.”
Herich sorrise. “Allora resterai. Dras sceglierà sicuramente te.”
Vedremo,” si limitò a rispondere Dewrich. Si tirò indietro i capelli e spostò anche dalla fronte del fratello le ciocche ribelli che perennemente la coprivano, poi soggiunse: “Vieni, andiamo a portare Aglas in scuderia.”
Non lo affidi agli stallieri?”
Solo io posso toccare il mio destriero da guerra. E mio fratello, naturalmente.”
Herich sorrise. “Posso montarlo?”
È un destriero da guerra,” rispose Dewrich.
E allora?”
Ci vuole molta forza, Herich.”
Il più giovane si rabbuiò e si chiuse in un risentito silenzio.
Fu l’altro che dopo un po’ gli chiese: “Come vanno i tuoi studi?”
Il ragazzo fece spallucce. “Bene,” rispose senza entusiasmo, “Cresdan dice che se volessi potrei diventare chierico prima dei vent’anni.”
Prima dei vent’anni? Sul serio?”
Non mi interessa diventare chierico. Non voglio passere tutta la vita a scrivere delle pergamene e a buttare incensi sui turiboli. Voglio combattere.” Fece passare qualche secondo, poi soggiunse: “Come te.”
A quelle parole Dewrich rimase in silenzio e per un po’ gli unici suoni che si udirono furono lo scalpiccio degli zoccoli del destriero e il rumore dei loro passi. Infine, il principe disse: “Non disprezzare i doni di Dras, egli sa a chi deve elargire l’una o l’altra virtù.”
Allora Dras deve proprio odiarmi,” replicò cupo il ragazzo. Chinò la testa e si tirò indietro i capelli che gli erano di nuovo scivolati sulla fronte.
L’altro gli circondò le spalle con un braccio e lo tirò verso di sé. “Chierico prima dei vent’anni non è una cosa da poco.”
Io non voglio diventare chierico,” ripeté Herich. “Voglio combattere. Tutti i giorni mi faccio dare lezioni da Taman, sai?”
Da Taman? Allora sì che sei un coraggioso!” rispose Dewrich ridendo.
Ha detto che con lo stocco me la cavo bene,” replicò Herich, indeciso se sentirsi preso in giro o unirsi alla risata.
A quelle parole, il più grande si fermò, costringendo l’altro a fare altrettanto. Lo prese per le spalle e fissandolo negli occhi disse: “Allora domani combatteremo, d’accordo? Voglio proprio vedere se Taman ti ha detto la verità o se ti stava solo adulando perché sei il figlio del re.”
Con te non lo ha mai fatto, perché dovrebbe farlo con me?”
Domani vedremo,” gli disse Dewrich per tutta risposta.

Una volta sistemato il destriero, i due si diressero verso il palazzo reale. In previsione del Rito, tutti i templi erano aperti e ornati di fiori e drappi ricamati. Anche le grandi porte di bronzo del tempio di Dras erano aperte, una cosa che si verificava solo per quell’importante cerimonia, quindi una volta ogni generazione. All’interno si potevano vedere i sacerdoti e i novizi che si affaccendavano ad allestire l’altare.
Tu sai come si svolge il Rito?” chiese Herich. Sogguardò l’interno, che illuminato dal sole gli parve decisamente più ampio e maestoso del solito. Era vagamente intimidito da tutti quei preparativi.
Dovresti dirmelo tu.”
Perché io?”
Non sei tu che studi da chierico?”
Insomma, basta!” protestò il ragazzo, dandogli una spinta come faceva quando era più piccolo, “Io non voglio diventare un chierico. Non mi interessa.”
L’altro finse di barcollare. “Beh, domani Dras potrebbe anche dirti che diventerai re.”
Ma figurati, vuoi che Dras scelga un inutile topo di biblioteca come me? È ovvio che sceglierà te.”
Siamo nelle sue mani,” fu la sobria risposta.
Dopo quella frase nessuno dei due aggiunse altro ed erano ancora in silenzio quando arrivarono al cospetto del padre.
Re Evertas era nella sala del trono, anch’essa addobbata per l’occasione con gli stemmi della casata e le panoplie di armi degli antenati. Herich si guardò intorno, sentendosi vagamente in soggezione di fronte a tutte quelle insegne di guerra. Ancora una volta, era come se impietosamente Dras gli ricordasse che non era un guerriero e non lo sarebbe mai stato, e che la gloria delle armi gli era preclusa. Ripensò a Resen-Lhaw e alla sua eroica resistenza e si sentì invadere dallo struggimento: quello sì che sarebbe stato un bel modo di essere ricordati. Chi si ricordava invece del pur saggio e sapiente chierico che aveva scritto le liturgie del tempio di Dras? Chi, a parte qualche studioso, parlava di lui con deferenza e rispetto? Quante persone aveva salvato con l’impresa che aveva compiuto? Si voltò verso il fratello e come sempre Dewrich gli parve l’immagine stessa di Jechen, così come l’aveva sempre visto raffigurato nei templi: alto, forte, con il volto pallido incorniciato dai capelli neri lunghi fino alle spalle. Aveva un’espressione decisa, che ispirava sicurezza. Sarebbe stato un magnifico re.
Sospirò. Con suo fratello aveva in comune solo il colore dei capelli, e forse l’altezza. Paragonati a quelli verdi di Dewrich, persino i suoi occhi cerulei, che normalmente suscitavano commenti estasiati, gli sembravano brutti.
Il re li chiamò a sé. Herich non poté fare a meno di notare che l’atmosfera non aveva la connotazione informale delle riunioni precedenti, e che il padre aveva un cipiglio grave che non gli aveva mai visto se non in occasioni decisamente serie.
Come sapete, figli, domani notte Dras stabilirà chi di voi due dovrà succedermi quando giungerà il momento.”
I due si scambiarono un’occhiata ma rimasero in silenzio.
Dras sceglie secondo la sua imperscrutabile saggezza,” proseguì re Evertas, “e non è bene andare contro i suoi voleri.”
Herich annuì, poi si voltò verso Dewrich, che però si limitò ad aggrottare appena le sopracciglia senza distogliere gli occhi dal genitore. “Cosa succederà?” chiese il ragazzo.
Sarà il grande sacerdote a istruirvi,” fu la risposta. “La prima parte della cerimonia avverrà nel grande tempio qui a Dyat.”
E la seconda, padre?”
Il prescelto si recherà a est, alla gola di Os’lak, dove sorge il Primo Tempio. Lì riceverà la corona che il dio riterrà di concedergli.”
In che modo?”
Questo è uno dei Sacri Misteri,” rispose Evertas, “non posso rivelarlo neppure a voi che siete i miei figli.”
Herich abbassò lo sguardo. Si chiese se il fratello gli avrebbe almeno permesso di andare a Os’lak con lui.
Si fermarono ancora un po’ a parlare col padre, poi vennero congedati e uscirono nell’anticamera della sala del trono. Da lì si diressero ai loro quartieri.
Ho voglia di togliermi questa armatura e farmi un bagno,” disse Dewrich, “nonostante sia stata fatta dagli artigiani di Fjorn, dopo una giornata comincia a pesare.”
Herich la guardò: era tutta di ferro blu e cuoio, con decorazioni in argento. “È bella,” disse. “Ne aveva una così Adale di Lidas, secondo le cronache, e costava più di tutto il suo regno, perché il ferro blu è uno dei materiali più rari che ci siano.”
Vedo che sei ben informato. Te la farò provare, se vuoi.”
Davvero posso indossarla?”
Il maggiore stava per rispondere quando alle loro spalle echeggiò una voce: “Che mi prenda un colpo se quello non è Dewrich il guerriero!”
Un’altra rispose: “Sì, è lui. Andiamo a salutarlo, scommetto che non rifiuterà una bevuta con i vecchi amici!”
Essi si girarono all'unisono e videro due giovani esponenti della nobiltà di Dyas. In tono allegro, Dewrich esclamò: “Nelber, Lyerwen! Quanto tempo! Datemi solo un attimo per togliermi questa roba e sono da voi.” Si voltò di nuovo verso il fratello: “Perdonami, Herich, ma è tanto che non li vedo.”
Fa niente,” rispose il ragazzo con un’alzata di spalle. “Va' pure.”

La biblioteca era una sala ampia e ombrosa, che odorava di pergamena e legno incerato. I raggi di sole che entravano dalle vetrate facevano brillare il pulviscolo che danzava nell’aria.
Herich chiuse il libro che stava sfogliando e rimase con la guancia appoggiata alla mano e il gomito puntato sul piano del tavolo. Emise un sospiro, che il silenzio pieno di echi amplificò fino a farlo sembrare il sussurro di uno spirito inquieto.
Dewrich l’aveva lasciato per andare con i suoi amici e a lui non era rimasto altro da fare che rintanarsi come al solito a leggere le vicende degli eroi. Abbassò lo sguardo sul grande tomo miniato che aveva davanti: Cronache della Guerra Orientale.
Ripensò a Resen-Lhaw. Siccome non era riuscito a trovare immagini del suo volto da nessuna parte, se lo figurava sempre di spalle, con addosso l’elmo, l’armatura e la cotta d’arme rossa. Nella sua immaginazione impugnava due spade, e si ergeva fiero e indomito a scrutare il golfo di Brielar.
A volte l’aveva anche sognato: Resen-Lhaw era di spalle, esattamente nella posizione in cui lo immaginava, ma quando lui cercava di raggiungerlo, si accorgeva che non era possibile, e mentre l’eroe continuava a fissare sdegnoso il mare, le sue mani annaspavano nel vuoto senza mai toccarlo.
Sospirò. Talvolta rimpiangeva di non essere esperto nell’arte della pittura, perché altrimenti avrebbe volentieri disegnato lui un ritratto di Tjeran Sonse in armi. Sapeva dalle cronache che aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi, ma il resto poteva solo immaginarlo.
Si chiese se nell’esercito ci fosse qualcuno che aveva preso parte alla Guerra Orientale. Magari c’era ancora qualche veterano che l’aveva visto, o che magari in qualche battaglia precedente al Massacro aveva addirittura combattuto al suo fianco.
Appoggiò la fronte sul tavolo emettendo un sospiro. Presto Dewrich sarebbe diventato l’erede al trono. Si sarebbe sposato, avrebbe avuto dei figli che avrebbero portato avanti la casata, magari avrebbe combattuto delle guerre, o sarebbe stato ricordato nelle cronache per qualche altro motivo.
Poi pensò a se stesso: cosa lo aspettava? Un avvenire da chierico, segregato in un monastero a recitare salmi.

§

Il mattino era radioso. Non c’era una nuvola in cielo e il sole faceva splendere il marmo bianco del palazzo reale così intensamente che guardarlo faceva quasi male agli occhi. La luce forte toglieva le ombre agli elementi architettonici, e archi, lesene e cupole quasi scomparivano confondendosi in un'unica massa candida.
Dalle vette dei Kelis spirava una brezza fresca, che faceva sventolare i vessilli scarlatti come lingue di fuoco.
Herich e Dewrich percorsero la scala che dal porticato del palazzo portava alla piazza d’armi. Il maggiore aveva lasciato da parte l’armatura ed entrambi avevano come protezione solo una leggera imbottita. Al fianco avevano uno stocco.
Il più giovane precedeva l’altro di parecchi passi e spesso si fermava e si voltava indietro per controllare che non rimanesse troppo indietro. “Andiamo?” gli chiese a un certo punto.
Con calma. Hai tutta questa fretta di farti umiliare da me?”
Herich sorrise. “E chi ti dice che sarai tu a umiliare me?”
Dewrich non replicò.
Giunsero alla piazza d’armi, che a quell’ora era percorsa solo dai soldati di guardia. Si misero uno di fronte all’altro e sfoderarono le armi, quindi si scambiarono il saluto.
In guardia,” disse Dewrich, poi assunse la posizione regolamentare.
Herich si morse il labbro inferiore. Ora che si trovava di fronte suo fratello con un’arma in mano, se ne sentiva piuttosto intimidito: gli occhi verdi di Dewrich lo scrutavano per cogliere i suoi punti deboli, la sua espressione risoluta lo metteva in soggezione. Il suo fisico robusto, muscoloso, dalle movenze rapide e precise gli sembrava quello di una belva pronta a colpire.
Forza, fratellino,” lo incitò il maggiore.
Il ragazzo si obbligò a non cedere all’emozione. Strinse l’arma e tentò un affondo, che l’altro parò senza difficoltà. Tornò in posizione di guardia.
Tutto qui quello che ti ha insegnato Taman?” lo provocò Dewrich.
I primi scambi furono molto tranquilli: parata e risposta, parata e risposta. Dopo ogni assalto, Dewrich gli spiegava cos’aveva sbagliato e glielo faceva ripetere come se gli stesse facendo lezione. Poi, dopo un po’, gli chiese: “Ora sei pronto a fare sul serio?”
Herich deglutì. “Sono pronto,” rispose, sforzandosi di guardare il fratello negli occhi.
Molto bene,” approvò l’altro, “preparati, perché ora vedrai cosa succede davvero in quelle battaglie che ti piacciono tanto.”
Il primo assalto fu talmente rapido che Herich non lo vide nemmeno arrivare. Si trovò il ferro così vicino al viso che riuscì a percepire l’odore dell’olio che era stato applicato sulla lama durante l’affilatura, e poi si sentì spingere all’indietro e finì nella polvere. Alzò lo sguardo e vide Dewrich che gli puntava la spada al petto. “Rialzati,” gli ordinò brusco. Il volto si era fatto duro, gli occhi fiammeggiavano.
Il più giovane si rimise in piedi. Tentò un assalto, ma l’altro lo deviò facilmente e di nuovo lo spinse via facendolo rovinare al suolo.
In piedi.”
Herich si rialzò ansante e si tirò indietro i capelli. Assunse di nuovo la posizione di guardia, ben deciso a non mostrarsi inetto di fronte a suo fratello. Si fece avanti con una punta al viso, ma l’altro parò di filo falso e poi girò fulmineo il polso per rispondere con un tondo rovescio. Herich si fece precipitosamente indietro, l’altro lo incalzò senza dargli il tempo di rimettersi in posizione, costringendolo a parare un colpo dopo l’altro. “Ecco, questa è la guerra!” disse avanzando senza riguardi, “Che ne dici, ti piace?”
Dewrich...”
Allora, ti piace? Quando ti prendi colpi da tutte le parti e non sai cosa fare, quando non riesci a vedere il tuo avversario da quanto è veloce, è quella la guerra, non i tuoi stupidi libri con gli eroi del passato, Haure il Senza Paura o il Leone Rosso del Waerund!”
Colpì di nuovo con un fendente, Herich indietreggiò con un gemito portandosi la mano al viso. Egli fece per colpirlo di nuovo, ma la sua lama si arrestò contro quella di un’altra spada.
Forse non ti sei accorto che il tuo avversario è già fuori combattimento, principe,” disse il padrone dell’arma con voce tranquilla.
Ancora ansante, col sangue che gli colava lungo la guancia, il ragazzo aprì le dita che gli coprivano il volto: chi aveva fermato il colpo era una delle guardie, un soldato con la lorica segmentata e l’elmo dalla cresta rossa. Percepì il bagliore di chiari occhi azzurri.
Come ti permetti?” ringhiò Dewrich. Fece per colpirlo con una piattonata, ma il militare parò il colpo senza apparente difficoltà. “Il giovane principe è ferito,” si limitò a fargli notare.
L’altro stava per replicare quando echeggiò un brusco richiamo. Il soldato rinfoderò la spada e si mise sull’attenti.
Arrivò un sergente. “Che cosa sta succedendo qui?” sbraitò. Poi, una volta che si fu avvicinato: “Ancora tu?”
Il soldato rimase a fissarlo immobile.
Ti sei intromesso nell’allenamento di Sua Altezza?”
Sì, sergente.”
Per tutti i volti di Dras! Fila via, con te facciamo i conti dopo!” poi, rivolto a Dewrich: “devi scusarmi, principe, quel soldato è uno stupido, un buono a nulla. Di solito non dà problemi, ma ogni tanto fa cose strane. Lo farò punire severamente, sta tranquillo. Vedrai che gli farò passare la voglia.”
No,” intervenne Herich
I due si voltarono verso di lui.
Ancora con la mano sull’occhio, il ragazzo ripeté: “No, ha agito per difendermi, ha fatto il suo dovere.”
Non eri in pericolo,” replicò brusco il fratello, “inoltre un soldato semplice non deve intromettersi in certe cose. Io ti stavo dando un insegnamento importante e quello stupido l’ha vanificato.” Si rivolse poi al sergente: “Puniscilo in modo esemplare.”
Herich gli prese il braccio. “No, per favore!”
Ora basta,” rispose brusco l’altro, “Non fare il bambino. I soldati non devono prendersi certe libertà.”
Ma Dewrich...”
Ho detto basta.”
Il ragazzo chinò la testa. Si voltò verso il soldato che si stava allontanando e cercò di imprimersi nella memoria quanto più poteva di lui: era alto e forte, ma quando nessuno lo guardava tendeva a stare un po’ ingobbito, come se si vergognasse della sua corporatura. Nei pochi secondi che l’aveva visto non era riuscito a stabilire quanti anni avesse, ma gli sembrava comunque che non fosse giovane. Di sicuro era più vecchio del sergente che l’aveva redarguito. Si chiese come mai un uomo di quell’età fosse ancora un soldato semplice.
La voce del fratello lo distrasse dai suoi pensieri: “Ti fa male?”
Herich si girò verso di lui, rapido come se fosse appena stato sorpreso a fare una cosa molto sconveniente. “No, fratello,” mentì.
Fa vedere.” Gli prese il volto fra le mani e lo osservò attentamente. “Non è nulla,” concluse poi sbrigativo. “O, per meglio dire, è il minimo che ti puoi aspettare andando in guerra.”
Tu sei stato in guerra, Dewrich?”
L’altro levò di lui uno sguardo che sembrava volerlo incenerire, tanto che Herich deglutì spaventato. “Sono un guerriero di Jechen,” fu l’asciutta risposta, e il ragazzo ritenne più saggio non insistere.
Ora andiamo,” disse poi, “voglio che ti lavi via quel sangue dalla faccia.”
Sì, fratello.”

Come sempre in biblioteca, Herich chiuse il libro e si toccò cautamente il viso.
La ferita in effetti non era grave: era appena uno sgraffio, che gli segnava il sopracciglio e lo zigomo sinistri. Un colpo più deciso gli avrebbe probabilmente tolto l’occhio, ma Herich era sicuro che il fratello avesse dosato la forza del fendente con precisione per fargli solo un po’ di male. Non per niente era un guerriero di Jechen, quella della spada era la via che aveva scelto di percorrere.
Riguardò il libro di battaglie, che nonostante la dura lezione del mattino esercitava su di lui un immutato fascino, e ripensò al soldato, e alla facilità con cui quell’uomo che per età avrebbe facilmente potuto essere suo padre aveva parato la piattonata di Dewrich. Non era stata solo fortuna.
Ripensò a quello sguardo azzurro: l’aveva incrociato forse per un secondo, ma in quel pur brevissimo tempo gli aveva comunicato lealtà, onore e forza, e anche una strana amarezza.
Rimise a posto il libro e andò ad affacciarsi alla porta: il corridoio era deserto.
Ciò che aveva in animo di fare non era nulla di sbagliato, ma chissà perché aveva l’idea che se Dewrich l’avesse scoperto non ne sarebbe stato per nulla contento.
Uscì dunque cauto e si diresse verso la piazza d’armi. Una volta giunto là, si guardò intorno smarrito: non era mai stato nei locali riservati alle guardie, suo padre non glielo aveva mai permesso, forse in previsione del suo futuro come chierico di Dras, per cui non sapeva da che parte andare per cercare il soldato. Prese ad aggirarsi un po’ perplesso: fino a quel momento, per lui le guardie erano state figure immobili ai lati delle porte o sugli spalti, quasi gli sembrava strano che fossero persone come tutte le altre, che si muovevano e respiravano, con le quali si poteva parlare.
Principe?” si sentì chiamare a un tratto.
Si girò e si trovò di fronte un graduato. “Io… stavo cercando un soldato,” disse esitante.
Che soldato, principe?”
Quello che stamattina è intervenuto sulla piazza d’armi. Ho bisogno di lui.”
È già stato punto con la massima severità, principe,” gli assicurò il graduato, “non devi preoccuparti.”
Io non volevo che venisse punito,” replicò il ragazzo.
Il sergente alzò le sopracciglia stupito, poi replicò: “È solo un buono a nulla, principe, non vale la pena che tu perda il tuo tempo con lui.”
L’altro corrugò la fronte. “Voglio vederlo.”
Di fronte a quel cipiglio, il sergente dovette cedere. “Come vuoi, principe. È nel cortile dietro la caserma.”
Ignorando gli sguardi di curiosità che gli venivano rivolti, Herich oltrepassò gli edifici dove alloggiavano i soldati e arrivò al cortile, che era essenzialmente un’arena grande come la piazza d’armi disseminata di fantocci di paglia, bersagli per le frecce e strumenti ginnici.
Un uomo stava sistemando i manichini danneggiati: lo vide sfilarne uno dal suo supporto, sollevarlo di peso e poi portarlo verso un angolo della spianata, dove ce n’erano già altri. Non aveva la lorica, e la tunica rossa gli si tendeva sulle spalle ampie. I capelli corti erano di un biondo chiarissimo.
Riconobbe l’andatura ingobbita. “Soldato!” lo chiamò.
L’uomo si fermò, e Herich ebbe quasi l’impressione che il suo richiamo non l’avesse colto di sorpresa. Posò il manichino e si voltò lentamente. “Principe,” lo salutò, portandosi al petto la destra chiusa a pugno.
Il ragazzo si avvicinò titubante, non del tutto sicuro, ora che lo vedeva senza elmo e con addosso una semplice tunica, che fosse la persona giusta.
Sei tu?” gli chiese, fissandolo ansiosamente in volto alla ricerca del suo sguardo.
L’altro abbassò gli occhi. “Io, principe?”
Tu mi hai aiutato, questa mattina.”
Il soldato annuì. “Perdonami se ti ho mancato di rispetto, principe,” disse poi.
Perché sei intervenuto?”
L’uomo non rispose.
Sicuramente ti avranno frustato a causa mia.”
Non fa niente, principe.”
Seguì un lungo silenzio. Da lontano giungevano spezzoni dei canti sacri che venivano intonati in preparazione alla cerimonia serale. Nell’aria c’era un vago odore di incenso. “Come ti chiami?” chiese infine Herich.
Res, principe.”
Res, e poi?”
E basta, principe.”
Il ragazzo prese un gran respiro. “Beh, Res… ecco, io vorrei che fossi tu a insegnarmi la scherma.”
L’altro alzò la testa e per la prima volta lo fissò dritto negli occhi. Il suo sguardo era ardente, quasi rabbioso. “Io non ho niente da insegnare a nessuno, principe,” ringhiò. La voce si era fatta improvvisamente dura come la pietra.
Ma...”
Scusami, principe, devo terminare il mio lavoro.”
Senza aggiungere altro, il soldato gli rivolse il saluto militare, poi si girò e se ne andò a grandi passi.
Aspetta! È una posizione di privilegio, saresti il mio istruttore…!”
L’altro non si voltò nemmeno.
A Herich, che era rimasto a guardarlo senza parole, non restò che fare ritorno al palazzo reale. Si sentiva molto avvilito: aveva dovuto scavare fuori un bel po’ di coraggio, per chiedere a quel Res di istruirlo, ma evidentemente neppure quello era bastato a convincere il militare che da lui si sarebbe potuto cavare fuori qualcosa di diverso da un pavido chierico.

§

La preparazione alla cerimonia era durata tutto il pomeriggio. Erano stati abbigliati, lui con una lunga tunica ricamata e Dewrich con la sua armatura di ferro blu, ornati delle insegne della casata e istruiti sul come avrebbero dovuto comportarsi all’interno del tempio.
Ora, fianco a fianco, si apprestavano a entrare nell’enorme edificio.
Herich riconobbe nella navata centrale, fra gli altri religiosi, Cresdan in paramenti solenni: dato che era il suo precettore, aveva chiesto il permesso di officiare il Rito accanto al Grande Sacerdote.
Strinse gli occhi. Già sulla soglia, il calore prodotto dalle innumerevoli candele era soffocante. L’atmosfera era opaca per gli incensi che bruciavano sui turiboli e greve di quell’odore, sempre a metà fra l’inebriante e il nauseante. Herich dovette passarsi una mano fra i capelli mentre una sorta di capogiro lo faceva vacillare.
Il fratello lo sostenne prendendolo per un braccio. “Cos’hai?” gli chiese sottovoce.
L’odore mi dà fastidio.”
Resisti.”
Il ragazzo annuì. L’interno del tempio gli sembrava sempre più fumoso, torrido, igneo. Sbatté le palpebre, di colpo infastidito dalla luce forte.
Si rese confusamente conto che stavano avanzando. I canti e la musica coprivano il rumore dei passi e anche la sensazione della pietra sotto i piedi gli giungeva incerta e vaga. Si concentrò sulla stretta di Dewrich come se essa fosse stata l’unico appiglio per non cadere in un precipizio.
Lo avevano istruito a lungo sul contegno che avrebbe dovuto tenere, ma la ferita che aveva sul viso gli stava bruciando così intensamente che dovette toccarla per forza. Ritrasse i polpastrelli con un gemito di dolore: gli sembrava di averli posati sul ferro rovente.
Dewrich...” mormorò smarrito. Forse il fratello gli rispose, ma lui non riuscì a sentirlo. Di colpo tutto intorno a lui sembrò scomparire, lo sfondo del tempio addobbato divenne un magma indistinto, il calore si fece così intenso che credette di prendere fuoco. Sentì che gli cedevano le ginocchia, ma la sua caduta sembrava non arrivare mai al pavimento. L’ultima cosa che vide fu una luce accecante. Udì una specie di tuono e poi tutto si fece buio.

Herich aprì gli occhi. Non sapeva quanto tempo fosse passato, aveva mal di testa e una sete atroce. Cercò di guardarsi intorno, benché muovere il capo gli facesse aumentare il dolore, e si accorse di essere ancora nella navata centrale del tempio, sdraiato su qualcosa di morbido. Intorno a lui c’erano sacerdoti inginocchiati che pregavano. “Devo… morire?” mormorò con voce roca.
Comparve nel suo campo visivo il volto del re. “Sei il mio erede, figlio,” gli comunicò il sovrano con una solennità che lo fece rabbrividire. “Dras ha scelto te.”
Gli pose davanti al viso uno specchio: la ferita che Dewrich gli aveva procurato si era trasformata in un segno rosso simile a un tatuaggio. Sollevò a fatica una mano e la sfiorò con le dita, percependo sotto i polpastrelli una linea appena rilevata, e più calda della pelle circostante.
Ma io...” mormorò. Avrebbe voluto dire che non era pronto, che non era in grado. Che quando era comparsa la grande luce non aveva sentito voci che gli svelavano segreti arcani né provato sensazioni di beatitudine celestiale, che non gli erano stati conferiti doni sovrumani o altro, ma era troppo esausto.
Pensò che alla fine non gliene importava molto: prima o poi se ne sarebbero accorti da soli.
Chiuse gli occhi, ma subito due mani robuste lo riscossero, sollevandolo letteralmente dal suo giaciglio. “Sono io, fratello,” disse la voce di Dewrich.
Mi dispiace,” fu l’unica cosa che il ragazzo riuscì a mormorare. “Mi dispiace, mi dispiace...”
Ora devi alzarti,” gli disse il maggiore.
Non ce la faccio.”
Alzati, il Grande Sacerdote ti sta aspettando per completare il rito.”
Aspetta, posso...” avrebbe voluto chiedere dell’acqua, ma già Dewrich lo stava sospingendo lungo la navata, tra due ali di folla osannante che gettava fiori al suo passaggio.

§

Passarono alcuni giorni. Cerimonie e festeggiamenti si erano succeduti a un ritmo incalzante, e Herich sostanzialmente non aveva ancora avuto modo di elaborare con calma ciò che era successo. Continuava a sembrargli tutto troppo assurdo, troppo impossibile per essere vero.
Dras non poteva aver scelto lui.
Eppure quando si toccava il viso trovava il segno del dio.
Suo padre gli aveva mostrato il segno che a suo tempo aveva ricevuto da Dras: era una piccola cicatrice a forma di ferro di cavallo, proprio sotto la clavicola destra. Il padre di suo padre ce l’aveva sulla schiena, e così via, andando indietro nelle generazioni.
Non era ancora riuscito a parlare a quattr’occhi con Dewrich, principalmente per tutti gli impegni ufficiali, ma anche perché il fratello sembrava in qualche modo evitare la sua presenza, e questo lo faceva soffrire moltissimo.
Avrebbe tanto voluto discutere con Dras, per chiedergli il perché di quello scherzo di cattivo gusto, ma a differenza degli uomini, il dio poteva concedersi il lusso di parlare solo quando ne aveva voglia, e di non rispondere alle domande che non gli piacevano.
Uscì dalla biblioteca, dove come al solito si era rintanato, e subito si imbatté in un valletto. “Principe, ti stavo cercando,” disse questi rivolgendogli un inchino. “Il re tuo padre chiede di te. Desidera che tu lo raggiunga nella sala del trono.”
Herich ringraziò e subito si mosse in quella direzione. Quando giunse sul posto, vi trovò riuniti il re, la regina, Dewrich, il Grande Sacerdote, Cresdan e il generale Kierev, comandante delle truppe di Dyat. Tutti si alzarono quando lui entrò, facendogli sorgere il desiderio di voltarsi e uscire di corsa per l’imbarazzo.
Se quello era un assaggio della sua futura vita da re, non sapeva proprio come avrebbe fatto a tollerarla.
Volevi vedermi, padre?” chiese comunque, inchinandosi come sempre.
L’altro annuì. “Dobbiamo organizzare il tuo viaggio.”
Che viaggio, padre?”
Intervenne il Grande Sacerdote: “Dovrai recarti al Primo Tempio per ricevere la corona.”
Herich annuì. Ormai tutto procedeva a prescindere dal suo volere, quindi non avrebbe avuto alcun senso opporsi. “Quando partirò?”
Tra un mese, al solstizio. Ma non andrai da solo: ti sarà assegnata una scorta.”
A quelle parole, si fece udire il generale: “Os’lak è ai confini con le steppe di As’del. Non è prudente andarvi senza una scorta armata.”
D’istinto, Herich si voltò verso il fratello: “Ti prego, Dewrich: vieni con me. Sono sicuro che non avrò nulla da temere, se tu sarai al mio fianco.”
Il maggiore sorrise. “Tranquillo, sarei venuto in ogni caso.”
Davvero?”
Ma certo. Trascorrerò questo mese nel monastero di Voldas a meditare, poi partiremo insieme.”
E con la scorta,” soggiunse il generale.
Herich annuì di nuovo, con lo stesso movimento che faceva istintivamente quando il precettore gli spiegava una materia che richiedeva tutta la sua attenzione. “Chiedo una cosa, però,” mormorò esitante.
Cosa, principe?” volle sapere il generale.
C’è un soldato che si chiama Res. Vorrei lui nella scorta.”
Mai sentito.”
Mi ha detto che si chiama solo Res.”
Mi informerò, principe. Considerala una cosa fatta.”
Grazie, generale.”
La riunione si sciolse, ognuno tornò alle proprie occupazioni. Herich e Dewrich si spostarono nell’anticamera della sala del trono. “Come fai a conoscere i soldati per nome?” chiese il secondo.
Non li conosco, fratello, ma quel Res è stato gentile con me.”
Gentile in che modo?”
Ecco...” Herich esitò. Non voleva dirgli che si trattava del soldato che l’aveva difeso quando si erano misurati in duello. “Mi ha aiutato.”
I soldati hanno il dovere di aiutarti, Herich. Sei l’erede al trono.” Al più giovane parve che l’altro calcasse esageratamente sulle ultime parole.
Lui è stato gentile,” tagliò corto. “Se la mia opinione conta qualcosa, voglio anche lui nella scorta.”


   
 
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