Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Shade Owl    17/09/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Orlaith cancellò scocciata l'ennesima nota sbagliata dal pentagramma, iniziando a sentire i sintomi della stanchezza che la assalivano.
Stava ancora combattendo contro il jet lag, imbottendosi di aspirine e di caffeina nel tentativo di non addormentarsi e di far sparire l'emicrania che le era venuta. Guardò fuori dalla finestra per quella che doveva essere la centesima volta, lanciando uno sguardo furioso al sole di mezzogiorno che ostinava a rimanere in cielo.
Erano tre giorni che lottava per adattarsi all'orario parigino, per dormire di notte e rimanere sveglia di giorno. All'arrivo aveva pensato che sarebbero andati subito a cercare il loro obbiettivo, che sarebbero rimasti poco a Parigi, giusto toccata e fuga per non dare nell'occhio. Non che avrebbero perso giorni chiusi in camera: a detta di Allwood,alla lunga avrebbe fatto loro comodo.
Intendiamoci, erano anni che voleva fare un viaggio in Europa e una volta, tempo prima, aveva anche chiesto a David se fosse possibile organizzare una tournée oltreoceano (idea che lui aveva ovviamente trovato fantastica), e Parigi era sulla sua lista di città da visitare, subito dopo Dublino. Tuttavia, l'unica cosa che aveva visto fino a quel momento era l'albergo in cui si erano rintanati. Inutile dire che, per mantenere l'anonimato, Allwood ne aveva scelto uno piccolo e squallido in periferia, ben lontano dalla Torre o dai Champs Elysee.
Sconfitta, Orlaith si lasciò andare sul letto, facendo cigolare le molle del materasso. Fissò il soffitto a lungo, seguendo con gli occhi il contorno delle macchie di umido, cercando di non chiudere le palpebre e allo stesso tempo di pensare a come continuare la melodia.
Sapeva di essere troppo stordita per pensare in modo lucido, ma non aveva nient'altro da fare per ingannare il tempo a parte starsene seduta sul letto in pigiama a bere caffè e Coca Cola.
Sentì bussare alla sua porta, ma non ebbe bisogno di aprire per sapere chi fosse e cosa volesse.
- Sono sveglia, McGrath!- sbuffò.
Il maggiordomo si ritirò in silenzio, diretto verso la camera di Allwood: in quanto Homunculus non aveva bisogno di dormire, per cui non risentiva del cambio di fuso orario, e il suo padrone gli aveva ordinato di bussare ogni ora alle loro porte per accertarsi che, durante il giorno, non si addormentassero.
Dai, resisti... Si incitò, passandosi le mani sulla faccia. Jayden ha detto che bastano quattro giorni... domani andrà meglio.
Il problema era arrivarci, all'indomani. Vero, restare sveglia stava diventando sempre più facile, ma ancora le veniva sonno nei momenti meno adatti, e personalmente non sapeva se ridere o arrossire al pensiero del primo giorno, quando McGrath era venuto a bussare e lei si era svegliata sbavando sulla propria valigia.
A prescindere dalla risposta, sapeva già che avrebbe portato il segreto nella tomba.

Fakhri abitava in un attico di lusso nel sedicesimo arrondissement di Parigi. Orlaith era piuttosto orgogliosa del suo appartamento nella Beekman Tower, e la villa di Allwood, per quanto fosse tetra e monocromatica, era piuttosto spaziosa, specie per uno scapolo e il suo maggiordomo, tuttavia quel posto faceva impallidire tutti e due senza minimamente sforzarsi: situato in un edificio degli anni trenta, aveva soffitti alti almeno quattro metri e le finestre, riccamente decorate da complessi disegni metallici, erano a dir poco enormi. Di giorno sicuramente entrava molta luce, là dentro.
Gli arredi, poi, dovevano essere costati quanto l'attico stesso, se non di più, e comprendevano due televisori a schermo ultrapiatto (uno dei quali contava talmente tanti pollici che Orlaith si rifiutò di conoscerne la misura esatta), divani di seta, quadri d'autore e tende candide. L'ampio salone era separato dalla sala da pranzo da un accesso delimitato da colonne lisce, e tutto il pavimento era in lucidissimo parquet.
Ma la parte migliore era l'enorme terrazza panoramica privata di oltre duecentocinquanta metri quadri sul tetto.
Orlaith era lì sopra e, nonostante il vento freddo, non poté non restare incantata dalla vista che le si parava davanti: l'intera Parigi si stagliava intorno a lei, mostrandosi in tutto il suo splendore notturno.
Le luci lì non erano forti come quelle di New York: erano più morbide, più contenute. A differenza di quelle che brillavano dai grattacieli della Grande Mela, lì erano disposte per seguire attentamente i contorni della città e la cosa migliore era che, da dove si trovava lei, riusciva a vedere (nei limiti del possibile) quanto di più bello Parigi aveva da offrire.
Prima tra tutte le meraviglie, ovviamente, c'era la Torre Eiffel, con la sua struttura di luce e di acciaio che si protendeva fino al cielo, più bassa ma più slanciata ed elegante dei grattacieli, imponenti e maestosi ma, spesso, privi di quello stile così sofisticato che contraddistingueva Parigi.
Se divento ricca, questo posto me lo compro!
Poi si ricordò di essere già (moderatamente) ricca, almeno fino a un certo punto. Quello che le serviva era esserlo un po' di più. Un po' tanto.
Guardò con desiderio il violino, sistemato nella propria custodia ai suoi piedi: quel posto le faceva venire una gran voglia di suonare qualcosa. Era ispirante, e si sentiva piena di energia. Purtroppo doveva rimanere in silenzio, ad aspettare istruzioni da Jayden.
Secondo lui, Fakhri quella sera sarebbe rincasato solo per mezzanotte, dovendo presenziare al compleanno della figlia di un vecchio cliente, così il piano era stato preparato di conseguenza: mentre McGrath li avrebbe aspettati in auto, pronto a portarli al sicuro, Allwood si sarebbe appostato in casa, tracciando un Cerchio Magico nell'ingresso e celandolo alla vista. Appena Fakhri fosse tornato non avrebbe potuto evitarlo, e a quel punto lui lo avrebbe fatto "collassare", come aveva detto. Il destino di Fakhri, così, sarebbe stato identico a quello dei due Homunculi che l'avevano aggredita in metropolitana. Il tutto in barba alle telecamere, che Jayden aveva manomesso.
Finito con lui, avrebbero causato un incendio che avrebbe distrutto ogni traccia. Tutti avrebbero creduto a un tragico incidente, e Vaněk non avrebbe mai saputo del loro coinvolgimento.
A lei non spettava alcuna parte attiva in quel piano, salvo complicazioni: in realtà, credeva che Allwood volesse semplicemente tenerla d'occhio. Il che, tutto sommato, era più che comprensibile.
Certo che almeno potrebbe affidarmi un compito anche minimo...
Non si era esercitata tanto per poi restare in panchina. Ora che la paura era passata e che si era allontanata dai suoi innumerevoli e opprimenti impegni, stava recuperando poco a poco il vecchio carattere: non era mai stata tipo da rimanere ferma troppo a lungo, era una persona abituata ad agire, a impegnarsi, a fare cose.
Il violino, tra tutti gli strumenti possibili, era indubbiamente il più complicato, e imparare a suonarlo richiedeva dedizione, costanza e un sacco di lavoro. Lei aveva iniziato da piccolissima, e non aveva mai smesso di esercitarsi, motivo per il quale era diventata così brava. Aveva manifestato una dedizione enorme, soprattutto per una bambina.
Lo stesso valeva per la sua vita da adulta: aveva ancora delle riserve su alcune cose, su certi comportamenti e segreti di Jayden, ma ormai c'erano dentro insieme, era coinvolta, e dopo quello che aveva passato voleva arrivare fino in fondo, non come semplice spettatrice.
Guardò l'orologio, scoprendo che era mezzanotte passata. Ormai era questione di minuti.
Si portò fino al bordo della terrazza e sbirciò in strada; individuò la macchina in cui aspettava McGrath, parcheggiata ad alcuni isolati di distanza; poche altre auto stavano scorrendo lungo la via in quel momento. Una in particolare accostò al marciapiede, infilandosi nel parcheggio privato del palazzo. Era lontana, ma sembrava un'auto di lusso.
Doveva essere lui.
Il cuore accelerò i battiti: stava arrivando, e presto Jayden lo avrebbe ucciso. Sempre che "ucciso" fosse una parola applicabile a una persona artificiale.
Devo farmelo spiegare, accidenti... Pensò, raccogliendo il violino e infilandosi nella porta socchiusa.
Scese silenziosamente le scale e si accostò allo stipite della porta, stando attenta a non far frusciare la grande pianta in vaso che era stata sistemata lì accanto, e sbirciò nel salone: era buio pesto, e non riusciva a capire dove fosse Jayden.
Presto sentì dei passi avvicinarsi alla porta d'ingresso e una chiave grattò nella serratura; si aprì, si richiuse, la luce si accese con un "click". Ora non poteva arrischiarsi a guardare.
Andiamo... fai un passo avanti...
Incredibile... stava davvero sperando di veder morire un uomo, anche se finto? Doveva proprio essere stravolta.
Comunque, Fakhri si mosse nell'ingresso per un po', forse per togliersi il soprabito, e quando finalmente avanzò nell'appartamento un intenso bagliore sovrastò la luce del lampadario.
Era sopra il Cerchio Magico.
Con un crepitio, il bagliore si intensificò sempre di più; Orlaith si sporse di nuovo, scorgendo una figura umana all'interno di un vortice di magia e scintille elettriche. La vide solo per un secondo, confusa e sorpresa, ma subito dopo sembrò come disfarsi in un mucchio di sabbia vorticante.
Poi tutto si spense.
Allwood avanzò rapidamente nell'ingresso, entrando all'improvviso nel suo campo visivo, dirigendosi nel punto dove era svanito Fakhri. Si inginocchiò accanto al Cerchio Magico ormai inerte e lo toccò brevemente, come se stesse saggiando la consistenza del pavimento.
Dopo pochi secondi iniziò a guardarsi intorno con aria preoccupata, come se ci fosse qualcosa che non andava. Si rialzò in piedi rapidamente, estraendo il quaderno e aprendolo su una pagina sulla quale aveva disegnato l'ennesimo Cerchio.
Cos'ha? Si chiese Orlaith.
- A quanto pare il tuo amico non è così bravo come credeva di essere.-
Con un fruscio, la pianta accanto a lei protese il fusto, allungandosi verso la sua caviglia e sollevandola all'improvviso, facendola finire a testa in giù. Orlaith gridò per la sorpresa e la paura, ma riuscì a non far cadere né il violino né l'archetto.
Contorcendosi, seguì la linea legnosa dello stelo che l'aveva ghermita e vide che s'ingrossava sempre di più, passando dalla striminzita misura di una semplice pianta da appartamento alla circonferenza di un braccio umano.
E infatti, a un certo punto, il legno si fondeva con la carne, unendosi al polso di un uomo quasi calvo, dalla carnagione un po' scura e con un bel paio di grossi baffi.
Gli occhi scuri di Fakhri si strinsero nell'incrociare i suoi.

Il primo tentativo non è andato proprio a buon fine...
Ringrazio, come sempre, 
John Spangler, Old Fashioned, Fan of The Doora, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2, Queen FalseHeart, Marz97, Aelfgifu e Roiben. A presto!
 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Shade Owl