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Autore: Lamy_    17/09/2018    1 recensioni
Il Sergente Hank Voight ha stabilito una regola: non lasciare che i sentimenti offuschino il giudizio. La stessa regola che ha infranto quando ha perso la testa per la viceprocuratrice Daphne Collins, venticinque anni più giovane di lui.
[Ambientata durante la 5a stagione]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hank Voight, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE SECONDA.
 
La prima cosa di cui Daphne si rese conto quando si svegliò fu l’inteso odore di caffè e cannella. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di aprire gli occhi. Era dolorante e ancora assonnata. Si rigirò nel letto lentamente, sembrava che ogni muscolo andasse a fuoco, ed emise un rantolo. La seconda cosa di cui si rese conto la lasciò senza parole: Hank reggeva un vassoio su cui c’erano una tazza di caffè caldo e un piattino di biscotti alla cannella. Era una scena talmente surreale da sembrare parte di un film horror.
“Che diamine stai facendo, Voight?” gli chiese, la guancia premuta sul cuscino e una ciocca di capelli sugli occhi.
“Cosa ti sembra che stia facendo? Ti porto la colazione a letto!” disse lui con disappunto, la sua volontà di mantenere la calma era appena crollata.
Daphne si mise seduta e si passò una mano tra i capelli, era ancora esausta. Hank alla fine si era addormentato lì mentre le faceva compagnia. Si era svegliato intorno alle sei, era tornato a casa a cambiarsi e poi le aveva preparato il caffè.
“Hank Voight che mi porta la colazione a letto? Devo essere finita in una dimensione parallela!”
“Sei corrosiva. Stupido io a credere di fare un gesto carino!”
Hank lasciò la colazione sul comodino e, nervoso com’era, andò in soggiorno per recuperare la giacca e recarsi in centrale. Daphne lo inseguì e si appoggiò allo stipite della porta con la tazza tra le mani.
“Scusami. Tendo ad essere una vera stronza quando sono di malumore.”
Il sergente imperterrito continuava a raccogliere i suoi effetti personali, allora Daphne gli andò vicino e gli tolse di mano il distintivo.
“Che vuoi, Daphne? Mi sembra di aver capito che non mi vuoi fra i piedi.”
“Sono solo frastornata. La morte di Ross, Woods che ci perseguita e l’incidente. Ho i nervi a pezzi. Inoltre, sta per venirmi il ciclo!”
Daphne era una donna schietta ed era questo uno dei motivi che lo avevano attirato.
“Mi dispiace per quello che ti è successo nelle ultime trentasei ore. Se potessi, cambierei tutto. Fatto sta che ho una notizia positiva: abbiamo arrestato lo stronzo che ha ucciso Anderson e Ross e che ieri ti ha gettato dall’auto in corsa. Si chiama Gabriel Narrow, è un cugino di terzo grado di Price che lo ha sempre idolatrato e che non ha preso bene la sua incarcerazione. Ha cercato chi aveva lavorato al caso e ha vendicato Price. Sei salva per miracolo.”
“Oh, bene. Meglio così. Non voglio che quel tizio rovini un altro dei miei vestiti!”
Hank rise, quella ragazza era davvero fuori dal comune. Daphne lo abbracciò di colpo e lui le baciò la spalla seminuda.
“Non permetterò che qualcuno rovini i tuoi vestiti, puoi starne certa.”
“Ti conviene. Tra un’ora dobbiamo presentarci alla direzione generale, perciò è meglio che io mi gusti in fretta la colazione.”
“Adesso va’ a mangiare, ragazzina!” le disse Hank con un sorriso, dandole una pacca sul sedere. Daphne ridacchiò e corse in camera da letto trascinandolo con sé.
 
 
Alle nove in punto Hank e Daphne furono convocati alla presenza della commissione. Seduto a capo tavolo, sguardo compiaciuto e sorriso strafottente, c’era Denny Woods. Hank fece accomodare Daphne da vero gentiluomo e poi prese posto al suo fianco. Il Presidente, un tale Ford, si tolse il cappello e spalancò un massiccio tomo di documenti.
“Buongiorno a tutti. Oggi siamo qui perché di recente il supervisore Woods ha notato delle incongruenze nelle azioni del sergente Voight e della viceprocuratrice Collins. Prego, supervisore, a lei la parola.”
Wood si alzò, si abbottonò la giacca nera e si schiarì la gola. Hank, il gomito sinistro sul bracciolo della sedia e le mani incrociate, attendeva la lista di accuse che pendevano su di lui, mentre Daphne non smetteva di muovere la gamba per l’agitazione.
“Grazie di essere qui. Negli ultimi tempi ho notato che la squadra dell’Intelligence ha più volte disubbidito alle leggi e che la viceprocuratrice ha coperto ogni errore. Mandati che non quadrano, prove mancanti e interrogatori sopra l’ordinario hanno segnato l’operato della squadra e della procura negli ultimi mesi. Mi sono subito chiesto cosa spingesse la Collins a collaborare, poi ho scoperto che intrattiene rapporti sessuali con il sergente Voight. Questo tipo di coinvolgimento ha compromesso l’unità e i casi a cui hanno lavorato.”
“Ha le prove di quanto afferma, Woods?” lo incalzò Ford. Woods annuì e consegnò alla commissione un plico di foto.
“Le fotografie parlano chiaro sulla relazione che lega Voight e Collins.”
“Cosa dovremmo vedere esattamente? Due persone che passeggiano?!” gli chiese il sergente Chad, una donnina minutina e dai capelli grigi raccolti in una treccia. Quando Woods guardò le foto, trasalì: ritraevano tutte Hank e Daphne fuori dalla centrale intenti a bere caffè e a dialogare. Qualcuno aveva sostituito le foto originali.
“Non è possibile! Non sono queste le foto di cui parlo!”
“E di quali foto sta parlando?”
Woods rimase interdetto, non sapeva come gestire quella situazione.
“Una fonte mi ha spedito foto compromettenti del sergente e della viceprocuratrice mentre sono colti nell’atto di consumare.”
Voight tentò di parlare, ma Daphne lo precedette con una strana sicurezza a colorare il suo atteggiamento.
“Lei sta dicendo di essere in possesso di foto personali di me e del sergente? Questa è violazione della privacy ed è perseguibile.”
“Pertanto è vero che lei e il sergente Voight siete legati?” domandò Ford, che ormai era del tutto confuso.
“Sì, è vero. Quando io e il sergente abbiamo iniziato a frequentarci un anno fa, ho fatto il possibile per tenere separati il lavoro e la vita privata. Ecco perché tutti i permessi concessi all’Intelligence sono firmati da me e controfirmati dalla buon’anima del procuratore Ross. Un mese fa la relazione è diventata seria e stabile, perciò ho fatto richiesta al viceprocuratore Lowel di essere il referente del sergente Voight. I sentimenti non hanno intaccato il nostro operato né tantomeno le regole.” Spiegò Daphne, poi affidò due fascicoli a Ford, che diede una rapida lettura.
“Lei cos’ha da dire, sergente?”
Hank era rimasto sorpreso dalle parole di Daphne, non capiva come fosse possibile che Ross avesse firmato i mandati e le autorizzazioni, però dovette stare al gioco intrapreso dalla ragazza.
“La viceprocuratrice Collins ha ragione. Non appena abbiamo iniziato a sviluppare un certo tipo di rapporto, abbiamo deciso che non avrebbe avuto ripercussioni sul lavoro. Abbiamo sempre agito secondo le leggi. Ora non capisco le insinuazioni del supervisore di Woods. Perché abbia iniziato questa crociata contro di noi è un mistero.”
“Voi due siete come Bonnie e Clyde, due criminali senza scrupoli! Quei documenti riportavano solo la firma della Collins e la vostra relazione va avanti già da un anno, nonostante ciò avete lavorato insieme!” sbraitò Woods, le narici allargate e gli occhi spiritati.
“Si calmi, Woods – gli consigliò Ford – la Collins ha detto la verità. Tutti i permessi sono stati sottoscritti dal procuratore Ross. Inoltre, un mese fa il viceprocuratore Lowel è stato nominato come referente dell’Intelligence. Le foto da lei sottoposte alla nostra visione non riportano alcun tipo di attività sospetta. Voight e Collins, ci scusiamo per il malinteso. Siete scagionati da qualsiasi accusa. Avete reso un ottimo servizio come sempre.”
“No! Voi dovete essere sbattuti in prigione!” gridò Woods puntando il dito contro di loro.
“Smettila di inseguire i fantasmi, Denny.” Gli disse Hank con un sorriso, poi aprì la porta e si fece di lato per far passare Daphne.
“Anche il fantasma di Justin?”
Hank dovette respirare a fondo per non strozzarlo davanti a tutti, però si voltò a lanciargli uno sguardo truce. Stava per ribattere quando Daphne gli toccò la spalla con la mano in un tacito invito a non rispondere alla provocazione.
“Andiamo, Hank.”
 
Quando furono all’esterno, Daphne trasse un sospiro di sollievo.
“E’ andata piuttosto bene, dai.”
Hank, anziché festeggiare con lei, inarcò il sopracciglio con fare sospettoso.
“Come hai fatto a risolvere la questione?”
“Ho i miei metodi.”
“E quali sarebbero?”
“Mi stai facendo l’interrogatorio, sergente?”
“Sì, dal momento che siamo usciti indenni. Come hai fatto?”
Daphne lo abbracciò, non in un gesto tenero, bensì per parlargli all’orecchio in modo che non li sentissero.
“Ieri Adam mi ha confessato di aver fatto squadra con Wood per incriminarti e di aver paura che tu lo abbandonassi. A quel punto ho cominciato ad indagare e ho scoperto che Woods lavora su una quantità esorbitante di materiale contro la squadra: Jay che sotto copertura aggredisce un civile; Adam che elimina l’accusa di guida in stato di ebbrezza a carico della sorella; Erin che picchia un colpevole; Hailey che convince alcuni testimoni a ritirare delle denunce; e infine tu, che sei stato indagato come possibile responsabile della morte dell’assassino di tuo figlio. Ogni permesso era stato firmato da me, ero entrata nel suo mirino come voi. Dovevo agire prima che le cose degenerassero. Ha talmente tanto materiale contro di noi che avrebbe potuto farci affondare. Ho assoldato un falsario per falsificare la firma di Ross sui documenti e ho assoldato un secondo uomo per sostituire le foto che Woods ha di noi. Li avevo da poco salutati quando quel tipo mi ha scaraventata giù dall’auto.”
Staccandosi, la ragazza notò la fronte aggrottata del sergente e la bocca serrata in una linea dura.
“Ti sei macchiata di molteplici crimini.”
“Beh, prego per aver salvato il culo alla squadra!” disse Daphne indignata.
“Se Woods scopre quello che hai fatto, sta certa che te ne farà pentire.”
Hank era furioso, con Daphne, con Woods, e soprattutto con se stesso per aver lasciato che fosse una ragazzina ad occuparsi dei suoi problemi.
“E se Woods scopre quello che tu hai fatto, sta certo che ti lascerà marcire dietro le sbarre.”
“Mi accusi di qualcosa, Daphne?”
“Andiamo, Hank, entrambi sappiamo che cosa è successo davvero. Ti sei fatto giustizia da solo.”
“Ne hai le prove?”
Quella domanda bastò per far scattare in lei la rabbia. Trattarla come fosse il nemico era controproducente.
“No. E se anche ce le avessi, non le userei.”
“Senza prove non puoi avanzare ipotesi.”
Daphne rise senza una briciola di divertimento, era più che altro una smorfia di fastidio. Hank continuava a mantenere uno sguardo glaciale e impenetrabile.
“Sai cosa penso? Che mi hai usata. Per te sono solo uno sfogo per il sesso e un’ottima alleata quando fai qualcosa di illegale. Ti credevo un uomo migliore, Hank Voight.”
Daphne gli diede le spalle e si incamminò verso la sua auto, ne aveva abbastanza dell’atteggiamento avverso del sergente e di tutte le bugie e delle false promesse. Era solo un’illusa. Lui non l’amava e mai l’avrebbe amata.
 
Erano all’incirca le sette di sera quando Daphne strascinò sino alla porta per vedere chi stesse bussando. Hank Voight se ne stava a braccia conserte sulle scale. La ragazza aveva spalmata sul viso una strana sostanza nera.
“Che cos’è quella roba che hai sulla faccia?”
“E’ una maschera al carbone vegetale contro le impurità della pelle. Stai interrompendo il mio trattamento di bellezza fatto in casa. Che vuoi?”
“Voglio chiederti scusa. Non è una cosa che faccio molto spesso, quindi non essere sarcastica come sei di solito. Ti chiedo di ascoltarmi. Posso entrare?”
Daphne si scansò e gli fece cenno col capo di entrare. Hank andò dritto in cucina, conosceva ogni palmo di quella casa, e si appoggiò con la schiena all’isola.
“Ti ascolto.”
“Hai rischiato grosso ad ingaggiare due criminali per salvarci da Woods. Avremmo trovato di sicuro un altro modo, ma ormai il dado è tratto e indietro non si torna. Non voglio che tu sia un viceprocuratore corrotto, non voglio che tu sia come me e Alvin, sempre immischiati in qualche losco affare. Avevi ragione su Justin. Mi sono sbarazzato del suo assassino e non me ne pento, però non vuol dire che sia giusto. Ho disatteso le leggi, ho agito abbassandomi al livello di quelli che arrestiamo. Non posso permettere che la tua innocenza si macchi di disonestà e marciume perché sei troppo bella così per permettere che il nostro lavoro ti distrugga. Io e la squadra ti ringraziamo e ti saremo debitori a vita, ma tu non dovrai più aiutarci.”
“Lo so che è stato un rischio, ma so anche che era l’unico modo. Non c’era tempo di orchestrare un piano. Sono stata impulsiva per la prima volta in vita mia e ha funzionato per fortuna. Io sapevo di Justin da prima che ci conoscessimo perché la tua pessima reputazione era nota a tutta la procura. Quando due anni fa mi sono presentata nel tuo ufficio per lavorare con te, mi aspettavo un uomo terribile, invece ho trovato una persona fantastica. Per quanto corrotto e deviato possa essere il tuo modo di fare, ritengo che sia la misura migliore da adottare per una città criminale come Chicago. Da viceprocuratrice mi auguro di seguire il tuo esempio, di non abbassare la testa di fronte ai criminali, di affrontare con coraggio le situazioni più drammatiche. Sei un po’ come Batman per Gotham: non sei l’eroe che si merita, ma quello di cui ha bisogno questa città.”
Hank, che di solito zittiva chiunque gli parlasse, in quel momento perse tutte le parole. Daphne era lievemente arrossita per l’imbarazzo, non era il tipo che si dava alle dichiarazioni spontanee.
“Se io sono il tuo modello di riferimento, credo proprio che tu abbia sbagliato tutto nella vita.”  Disse il sergente ridacchiando. Anche lei si abbandonò ad una risata.
“Beh, so di essere pessima nelle scelte. Comunque, devi darmi cinquemila dollari con cui pagare il falsario e il suo socio.”
“E dove pensi che possa prendere quella somma?”
“Nel tuo scantinato.” Disse Daphne con un sorrisetto sornione ad ornarle la bocca.
“Che c’entra il mio scantinato?”
“Non sono una stupida, Hank. Mentre revisionavo i casi dell’Intelligence ho trovato delle incongruenze: alcuni verbali testimoniavano la presenza di denaro che poi spariva nei rapporti ufficiali. Ho visto più volte Alvin uscire dal tuo scantinato con una borsa. Se due più due fa quattro, allora in cantina nascondi un sacco di soldi.”
“Tu sei davvero troppo intelligente, ragazzina.”
Hank non era arrabbiato, anzi stava sorridendo allegro.
“Sei tu che mi sottovaluti.”
“Non ti sottovaluto, speravo solo che tu rimanessi all’oscuro di certe cose. Dato che hai tirato in ballo la questione, questa è per te. E’ una copia della chiave dello scantinato.”
Quando le diede la piccola chiave dorata, Daphne esultò battendo le mani.
“Ah, alla fine hai ceduto!”
Hank alzò gli occhi al cielo e con uno sguardo severo le impose di smetterla, al che la ragazza placò l’entusiasmo.
“Sono venuto anche per invitarti a cena a casa mia, sempre che stiamo ancora insieme.” Aggiunse il sergente, le mani in tasca e l’espressione risoluta.
“Ovvio che stiamo insieme, Hank. Io ti amo.”
Daphne si tappò subito la bocca con le mani come se potesse rimangiarsi le parole appena dette. Hank sbarrò gli occhi e si grattò la nuca.
“Ehm, vado a cambiarmi e tra cinque minuti possiamo andare.” Disse Daphne per smorzare la tensione, corse in camera e si preparò.
 
Imboccato il vialetto, Hank scorse una figura in piedi davanti alla porta di casa sua. Ai suoi piedi giacevano due borsoni e sembrava che in braccio portasse qualcosa. Quando i fari le illuminarono, si svelarono essere Olive e Daniel. Daphne entrò in modalità panico, non era preparata per essere introdotta alla famiglia Voight.
“E adesso che facciamo?”
“Scendiamo e salutiamo come fanno le persone normali. Che c’è, hai paura di una ragazza e di un bambino?” la prese in giro Hank, parcheggiando.
“Non sei per niente simpatico, sappilo.”
Daphne fu obbligata a scendere e, mentre Hank andava ad abbracciare la nuora e il nipotino, rimase in disparte.
“E lei chi è?” mormorò Olive a Hank, che invitò Daphne ad avvicinarsi.
“Piacere, sono Daphne Collins, una collega di Hank.”
“E la mia fidanzata.” Aggiunse il sergente tutto compiaciuto. Olive rimase stupita, sapeva che il suocere stesse frequentando una donna, ma non si aspettava fosse una trentenne. Neanche Daphne era convinta che la presentasse e invece Hank l’aveva meravigliata due volte nel giro di un’ora.
“Oh, il piacere è tutto mio.”
Entrarono tutti in casa, Olive sistemò le sue cose nella vecchia camera di Justin, e Daphne seguì Hank in cucina.
“Tu lo sai che adesso le cose sono diventate serie tra di noi dopo che mi hai presentato a Olive?”
Hank la guardò col suo solito sopracciglio inarcato.
“Prima non erano serie?”
“Non proprio.”
“Senti, Daphne, io non sono bravo con le parole. Non sono il tipo che confessa i propri sentimenti a cuore aperto, è una dote che non mi appartiene. Il fatto che io non ti dica certe cose non vuol dire che io non le stia provando. Ci tengo a te, questo è il massimo che posso dirti.”
Daphne lo sapeva che si sarebbe scontrata con un uomo duro di cuore quando avevano iniziato ad uscire, ma al tempo stesso sapeva che le sarebbe andato bene comunque.
“Ho capito.”
“Bene. Ora aiutami a preparare la cena.”
“Scherzi? Lo sai che non so cucinare e che odio farlo.”
Hank rise e scosse la testa.
“Tu odi anche fare la lavatrice, stirare e fare i servizi.”
“Pft, così mi fai sembrare un disastro.”
“Tu sei un disastro ambulante, Daphne.”
Olive ridacchiò quando vide Daphne fare la linguaccia a Hank.
“Interrompo qualcosa?”
“Sì, l’ennesima lamentela di Hank nei miei confronti.” Disse Daphne fingendosi offesa.
“Scusate se mi faccio gli affari vostri, ma come vi siete conosciuti?”
Hank, che stava riempiendo una pentola con l’acqua, lanciò un’occhiata furtiva a Daphne.
“Nulla di eclatante. Due anni fa una viceprocuratrice tutta sale e pepe ha fatto irruzione nel mio ufficio con un caso difficile per le mani. A lavoro terminato, l’ho invitata al Molly, ha preso acqua tonica da bere e si è messa a blaterare su quale pizza fosse la migliore della città.”
“Sì, e un sergente temuto da tutti mi ha invitato a bere un drink, si è scolato du birre, e mi ha risposto che la pizza migliore della città è quella surgelata che vendono nel market sotto casa sua.”
“Infatti, ho ragione e lo sai. La pizza che vende Mary è la migliore.” Replicò il sergente facendo spallucce. Daphne alzò gli occhi al cielo.
“Mmh, sì, è davvero buona.”
Mezz’ora dopo si riunirono a tavola per cenare tra vecchie storie, Hank che sparlava di Daphne e lei che gli rispondeva a tono, risate e nuovi progetti. Erano le nove di sera quando Olive andò a farsi una doccia e Daphne si rintanò in camera con Daniel. Hank dallo stipite la guardava giocare con il bambino, ridere e coccolarlo. Era gioia pura.
“Chi è un bambino bellissimo? Tu ovviamente!” esclamò lei con voce alterata e il piccolo rise.
“Gli piaci davvero tanto.” Esordì il sergente, quindi si sedette sul letto.
“Anche lui mi piace tanto. Sai la cosa bella di stare con qualcuno che ha un nipote? Che il bambino non mi chiamerà mai ‘nonna’!”
“Lo pagherò per chiamarti ‘nonna’ e farti sentire vecchia.” Ribatté Hank, ridendo per l’espressione arrabbiata della ragazza.
“Sei una persona orribile, Hank. Ti approfitti del mio animo ingenuo!”
“E’ una delle mie passioni insieme al giardinaggio.”
Daphne scoppiò a ridere e Daniel rise con lei senza motivo.
“Tu detesti il giardinaggio.”
“Lo so, ma adoro prenderti in giro!”
“Hai un nonno simpatico quanto un proiettile al cuore.” Disse lei al piccolo mentre le stringeva il dito tre le piccole mani.
“Vorresti diventare madre?”
Quella domanda piombò nella stanza come un fulmine a ciel sereno. Hank ci rifletteva da quando Alvin gli aveva messo la pulce nell’orecchio.
“E adesso che c’entra?”
“Rispondi.”
“Sì, vorrei diventare madre.”
“Okay.” Si limitò a dire Hank, al che Daphne non proseguì oltre.
“Okay.”
“E vorresti avere un figlio con me?”
“Hank!”
“Che c’è? E’ solo una domanda. Rispondi.”
Daphne era allibita, non capiva dove volesse andare a parare lui e si sentiva a disagio.
“Stando insieme è alta la probabilità che io resti incinta.”
“Stai divagando.”
“E tu stai esagerando, Hank. Non voglio più parlarne.”
“Dobbiamo parlarne. Sei giovane e saresti una madre fantastica, ma restando con me ti precludi la possibilità di avere un figlio.” disse Hank, poi prese in braccio Daniel e gli diede un bacio sulla guancia. Daphne si mise seduta con la schiena contro la testiera del letto e sospirò.
“Prima mi chiesi scusa, poi mi dici che ci tieni a me, e infine mi dici che dobbiamo lasciarci.”
“Non ho detto che dobbiamo lasciarci.”
“E allora che sta dicendo?!”
“Sto dicendo che, se dovessi rimanere incinta, io ne sarei contento, nonostante tutto.”
Nonostante l’età. Nonostante Camille. Nonostante Justin.
“D’accordo, ma adesso chiudiamo questo discorso. Stiamo insieme solo da un anno e possiamo andare con i piedi di piombo. E, per favore, levati dalla testa certe idee.”
 
 
Una settimana dopo.
Hank aveva chiuso il caso in tempi record. Era il compleanno di Daphne e lui l’aveva invitata a cena per festeggiare. Rincasando, trovò Olive ai fornelli intenta a preparare la cena.
“Ehi, Olive, grazie per l’aiuto.”
“Figurati, questo e altro per te.”
Hank baciò Daniel sulla fronte, si tolse la giacca e posizionò nel frigo la torta preferita di Daphne, pandispagna ricoperto di glassa all’amarena.
“Non abbiamo avuto modo di parlarne in questi giorni, ma vorrei sapere cosa ne pensi di Daphne. E’ importante la tua opinione.”
La biondina si pulì le mani sul grembiule e bevve un sorso d’acqua per inumidirsi la gola.
“Trovo che Daphne sia una donna esplosiva, iperattiva, disordinata, sofisticata ed elegante, e soprattutto ha un grande cuore. A me piace molto. E sarebbe piaciuta anche a Justin.”
Hank abbassò gli occhi, il nome di suo figlio pronunciato ad alta voce gli faceva ancora male.
“Daphne e Justin sarebbero andati d’accordo senza dubbio, due eterni ragazzini. Grazie per la sincerità.”
“Prego. Hai intenzione di fare qualcosa di speciale per stasera, vero? Sono due giorni che sei distratto. Che succede?” gli chiese Olive con un sorriso furbo, attorcigliandosi un riccio al dito indice. Il sergente ridacchiò e scosse la testa.
“Ho una sorpresa, ma non rivelerò nulla. Adesso finiamo di cucinare, forza!”
Intorno alle venti e trenta suonò il campanello e Hank andò ad accogliere Daphne, che gli cacciò in mano la borsa e la giacca per poi addentrarsi in casa.
“Non sai che giornata infernale ho avuto. Hai presente il detective Moore? Ecco, quella donna mi odia! Oggi ha avuto da ridire sulle mie scarpe perché secondo lei non sono adatte alla scena del crimine. E chi diamine vuole andarci su una scena del crimine con queste scarpe?! Dimmelo tu!”
Quando la ragazza ebbe finito di sbottare, Hank la fissò con le sopracciglia sollevate.
“Ciao anche a te, Daphne. Io sto bene, e tu?”
“Ciao, Voight. Fatto sta che quella donna mi odia!”
Daphne all’improvviso sgranò gli occhi quando si accorse delle candele sul pavimento e un mazzo di rose rosse in mano ad Hank.
“Che sta succedendo?”
“Buon compleanno, Daphne!”
Dal salotto sbucarono anche Olive e Daniel battendo le mani. Daphne si portò le mani sul cuore in segno di stupore, aveva gli occhi lucidi e un sorriso emozionato.
“Scusatemi, ero presa dalla mia dose quotidiana di lamentele. Grazie mille!”
Abbracciò Olive e il piccolo, poi avvolse le braccia intorno al collo di Hank e gli diede un bacio passionale.
“Grazie. Non me lo aspettavo da te che hai un ghiacciolo al posto del cuore e sei allergico al romanticismo.”
“Beh, ogni tanto anche io mi concedo una serata di follia.” Rispose lui, stringendole i fianchi.
“Buono a sapersi, sergente. Potrei approfittarne.”
“Fai la brava, ragazzina. Andiamo a mangiare, devi mettere un po’ di carne su queste ossa!” le disse, strizzandole le braccia.
 
 
“E questo è per te!” esclamò Hank con un pacchettino rosso sormontato da un piccolo fiocco blu. Era mezzanotte, fuori faceva freddo, Olive e Daniel erano già andati a letto, e loro due si erano messi comodi sul divano.
Daphne accettò il regalo e lo scartò in pochi secondi.
“Una chiave? Apre una cassetta in banca?”
“E’ la chiave di questa casa. Ti va di convivere?”
“Aspetta. Sei sicuro? Voglio dire, io non sono una casalinga con i fiocchi, ho un sacco di scarpe e di borse, e soprattutto lavoro tanto.”
“Ho già messo tutto in conto. Abbiamo due lavori frenetici che ci tengono tutto il giorno fuori casa, ma dopo un giornata stressante sarebbe bello tornare e trovarti qui. Per quanto riguarda i servizi, possiamo chiamare qualcuno. E cucino io, non ti preoccupare. Per le tue cose c’è lo spazio necessario.”
“Sei serio, Hank? Te la senti davvero?”
“Sono serio. Voglio davvero stare con te. Poi, hai anche accesso allo scantinato, perciò sei padrona di questa casa quanto me.”
“Va bene, ci sto!”
Hank sorrise e le baciò il dorso della mano, al che Daphne lo abbracciò.
“Daphne.”
“Mmh.”
“Anche io.”
“Cosa?”
“Ti amo anche io.”
Daphne sorrise raggiante contro la sua spalla e non disse nulla per non rovinare quel momento, consapevole che lui non glielo avrebbe detto mai più. Hank, dal canto suo, aveva compiuto uno sforo enorme a pronunciare quelle parole che per troppi anni gli erano rimaste bloccate in gola, le stesse che non pensava avrebbe mai più dedicato a qualcuno.
“Quindi adesso faccio parte del ‘team anziani e corrotti’ con te e Alvin?”
“Non siamo né anziani né corrotti, noi ci limitiamo a prendere in prestito e a non restituire.”
Daphne scoppiò a ridere per quella definizione e si dovette asciugare le lacrime.
“Mi piace come nome del team!”
Hank alzò gli occhi al cielo, sebbene sorridesse divertito, e si alzò per poi afferrarle le mani e tirarla in piedi.
“Andiamo a dormire, ragazzina. Domattina ci aspetta un trasloco sfiancante.”
La ragazza gli stampò un bacio sulle labbra e si lasciò portare in quella che sarebbe diventata la loro camera da letto dove avrebbero condivisioni passione, gioie e dolori, insieme.
 
 
Salve a tutti! ^_^
Questa è la seconda e ultima parte.
Alla fine il sergente si è dimostrato un tenerone.
Fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto se sono riuscita a rendere bene i personaggi.
 
Grazie per aver seguito la storia.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 

 
  
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