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Autore: SherryVernet    18/09/2018    0 recensioni
"La Storia è come un valzer senza fine: in tre tempi, guerra, pace e rivoluzione si susseguono all'infinito."
– Gundam Wing: Endless Waltz (1998) –
 
Ovvero: Qualunque post-EW sarebbe un'alternativa preferibile a Frozen Teardrop. Qualunque. Ne seguono settantacinque, spesso incompossibili, da scegliere a caso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shonen-ai | Personaggi: Duo Maxwell, Heero Yui, Relena Peacecraft, Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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I.14

Con un paio di firme e dichiarazioni d'intenti, cambiano i tempi, cambiano i governi, da un giorno all'altro, come calzini sporchi; però, a conti fatti, non cambia quasi niente.

Quatre ancora crede che la vita sia una partita a scacchi, e che si vinca solo calcolando ogni mossa freddamente, sin dall'apertura, con tutti i dovuti sacrifici – pedoni, cavalieri, talvolta una regina, più spesso i nostri amici. Le scuse ed il senso di colpa non valgono a lavargli il sangue dalle mani, o la coscienza; ma, qualche volta, va al circo a confessarsi dagli spalti, cercando l'assoluzione nel volteggiare d'un trapezio, nel richiamo del vuoto, nel canto d'ogni lama che Catherine tira, per sentirsi ancora in grado d'avere paura.

Trowa, lui trova la bellezza in qualunque cosa: in Elsa ed Aslan, i suoi vecchi leoni, che hanno perso i denti senza mai conoscere la caccia, nel loro disprezzo del fuoco e della frusta, nel terrore dei topi e dei bambini; nello sguardo più freddo, più calcolatore, di Quatre mentre pensa e non vuol farsi vedere; nei costumi di scena che odorano di fieno, di sabbia, di sudore, e che il capocomico stende ad arieggiare, fischiettando, ma lava raramente; nel veleno di Nag, il cobra reale stanco di sognare, che il mese scorso ha morso fatalmente il suo incantatore; nel plauso della folla – se chiude gli occhi, ha il suono della pioggia che cade sul metallo, o dell'ultimo nastro nel braccio di Heavyarms quando non s'ha quasi più niente da sparare. Forse aveva visto una bellezza assurda, orripilante, anche nella carezza del vuoto siderale, quando non aveva potuto fare altro che fluttuare e ripensare a Zero – Zero-Quattro? – che l'aveva abbattuto e abbandonato senza lasciarsi commuovere, aspettando che l'ossigeno finisse. Una bellezza così, s'ha da dimenticare, talora assieme al resto che non si riesca più a sopportare (lo scopo, la missione, il suo ed il nostro nome); ma si continua comunque a respirare con orrore e parsimonia, perché si sa che l'aria potrebbe non bastare.

Per Wufei, il mondo è una biblioteca, o un grande cimitero (che poi è la stessa cosa); probabilmente, lo sarebbe anche il paradiso, se lui ci credesse o almeno ci sperasse. Avendo perso troppo e non volendo scordarlo, cerca in tutto una storia – nel nome d'ogni strada; nel filo d'una spada arrugginita, nel sangue che la incrosta e che lui non osa ripulire; nel pezzo di Nataku che si porta in tasca, quella interna alla giacca, sopra al cuore –: qualcosa da mandare a memoria e tramandare, un'etichetta impressa nella carne, incisa nella pietra, che sia quella vera, quella giusta.

Heero, per chi lo conosce, è come sempre: sotto al gundanium e all'addestramento, sotto ai suoi muscoli che piegano il metallo, nel midollo dolce delle ossa, ha la stessa costanza, la stessa tenerezza; conscio d'essere un'arma, s'augura comunque di non doverla usare – per lui, la pistola è un peso familiare contro al fianco; tra le dita, è l'opportunità di non sparare.

Duo lo capisce, come ha capito tutto, dall'inizio; non è un sacrificio provare a lasciarglielo avere – del resto, coi comandi e col coltello, è sempre stato un poco più veloce; e ha sempre avuto la coscienza flessibile, il tocco leggero, e la discrezione di chi ha imparato a rubare per mangiare. Così lo protegge, è un'ombra gentile che lo avvolge, in cui nessun altro si potrebbe avventurare – Heero fa finta di niente, spesso neppure se ne accorge –: smonta assieme a lui questo o quel motore, per migliorarlo, per ricostruire; gli mostra la luna dalla Terra, che sembra così fascinosa, troppo bella, per essere davvero una grossa roccia; veglia su di lui, dormendogli accanto con un occhio aperto, quello affilato, che mappa innanzitutto ogni via di fuga e vede tutto come un'arma impropria, uno strumento di morte – ed ogni vita come un prezzo da pagare, ma comunque a sconto.

   
 
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