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Autore: evelyn80    19/09/2018    2 recensioni
Molte cose sono cambiate: il Knight Two Thousand non è più un auto. Michelle Boswald, nipote di Bonnie, è la sua nuova pilota. Con lei lavorano altre due ragazze, Mary Cassidy e Helen Seepepper. Insieme si fanno chiamare le K.I.T.T.'s Angels.
La nuova Fondazione, diretta da Michael e Bonnie, le invia in Alaska, nelle isole Aleutine, per sventare un traffico di droga tra la Russia e gli USA. Ma poiché quasi nessuno sa della loro esistenza, dovranno lavorare in incognito per passare inosservate tra le ciurme degli altri pescherecci.
Avranno a che fare con pescatori scorbutici e maschilisti e dovranno faticare un bel po' per portare a termine la loro missione.
Storia cross-over tra Supercar e Deadliest Catch (settima stagione)
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prime indagini


Dopo una settimana infinita, il Knight Rider fece il suo ingresso al porto di Akutan per il primo scarico della stagione. K.I.T.T. aveva costantemente tenuto sotto controllo gli spostamenti della Cornelia Marie e, come previsto, il peschereccio azzurro era già ormeggiato alla banchina quando le ragazze arrivarono.
Dopo aver scaricato i granchi, le tre scesero a terra e si diressero al piccolo bar del vicino aeroporto, l’unico locale di quel paesino ai confini del mondo, con la speranza di trovare Jake Harris.
Ebbero fortuna. Il ragazzo era appoggiato al bancone del bar in compagnia del fratello Josh, ed entrambi stavano bevendo una birra.
Le K.I.T.T.’s Angels si accomodarono accanto a loro. I due fratelli le riconobbero immediatamente e si offrirono di pagare da bere. Le giovani accettarono ed attaccarono subito bottone. Ben presto Helen, con la scusa di aver dimenticato qualcosa a bordo, chiese a Jake Harris di accompagnarla, lasciando Michelle e Mary a vedersela con Josh.
I due non rimasero via a lungo. Quando rientrarono, Jake teneva la mano sulla guancia sinistra e fissava Helen con sguardo torvo. La ragazza, dal canto suo, prima gli lanciò un’occhiataccia obliqua con gli occhi ridotti a due fessure, poi fece cenno alle sue compagne di raggiungerla fuori. Michelle e Mary salutarono e lasciarono il locale.
Dovettero allungare il passo per raggiungere la loro compagna, perché Helen stava camminando a grandi falcate ed era già a metà della banchina.
“Allora?”, le chiesero all’unisono non appena l’ebbero raggiunta. “Hai scoperto qualcosa?”.
“Sì. Che è un emerito maleducato! Mi ha dato molta soddisfazione mollargli un bel ceffone!”.
Mary e Michelle si guardarono e si scambiarono un cenno d’intesa: ora avevano capito perché il marinaio si toccava la guancia.
“Gli ho chiesto se conosceva qualcuno che poteva fornirmi “roba buona”…”, riprese la rossa, indignata, “ e lui mi ha chiesto di che tipo. Gli ho fatto capire che volevo della droga e lui mi ha risposto di sì, che conosce chi fa al caso mio, ma che se lo avessi voluto sapere avrei dovuto pagare un piccolo prezzo. Ho voluto sapere che cosa aveva in mente e lui, per tutta risposta, mi ha messo una mano sul seno! Gli ho dato una sberla che lo ha fatto girare per tre minuti prima di fermarsi di nuovo! Piccolo orecchione bastardo!”, concluse Helen, riferendosi alle orecchie a sventola del marinaio.
“Allora siamo ancora ferme al punto di partenza”, commentò Mary mentre risalivano a bordo. “Non sappiamo chi è il suo pusher”.
“No. Quando ha smesso di girare ha fatto dietro front ed è tornato verso il bar”.
“Ci proverò io. Anche se ci vorrà molta diplomazia…”, sospirò Michelle. Senza aspettare ulteriormente si girò e tornò verso il bar, appena in tempo per incrociare i due fratelli che tornavano al loro peschereccio.
“Mi dispiace”, disse subito, senza lasciare il tempo ai due di aprire bocca. “Sono mortificata per quanto è successo, Jake ma, vedi… Il fatto è che noi tre… Non siamo fisicamente interessate agli uomini…”. Nel dirlo, un brivido le corse giù per la schiena per l’assurdità della sua bugia. Non era affatto vero, anzi, tutto il contrario, ma quella era l’unica scusa che le era venuta in mente per giustificare il comportamento della sua compagna.
“Bastava che me lo dicesse! Cazzo, mi ha dato un ceffone che ricorderò per un bel po’…”, commentò il minore dei due fratelli.
“Comunque, saremmo veramente interessate a quello che ti ha chiesto Helen”, insisté la ragazza.
“Di che si tratta?”, si intromise Josh, incrociando le braccia davanti al petto.
Michelle stava per rispondergli ma Jake la prevenne. “Te lo spiego dopo, fratellone”.
Il maggiore si allontanò in direzione della Cornelia Marie e il ragazzo spiegò: “Mio fratello non condivide molto le mie abitudini di vita. Comunque, ecco, questo è il mio fornitore di fiducia”. Scarabocchiò un nome su un pezzetto di carta. “Lo puoi trovare ad Unalaska, al “Golden Crab”. Digli che ti mando io”.
“Ti ringrazio. E scusa ancora per prima”, rispose la ragazza, prendendo il bigliettino.
Il giovane si strinse nelle spalle e seguì il fratello a bordo. Michelle fece altrettanto, tornando al Knight Rider stringendo nel pugno il pezzetto di carta.
Una volta nella timoniera, la ragazza chiese a K.I.T.T. di effettuare una ricerca sul conto della persona che aveva indicato il giovane Harris e, mentre aspettavano, rivelò con una punta di imbarazzo la bugia che era stata costretta ad inventarsi per lavorarsi il marinaio.
“Ho la vaga impressione che non passerà molto tempo prima che si sparga la voce”, disse Mary con un sospiro, sciogliendosi i capelli e rilegandoli subito dopo in un ciuffetto ancora più stretto di prima.
“Già… È quello che temo anch’io”, confermò Michelle.
“Almeno forse riusciremo a tenerci alla larga quei rozzi pesca-crostacei luridi e puzzolenti!”, disse secca Helen.
I loro commenti furono interrotti dalla voce del computer. “Ho le informazioni che volevate!”.
Le tre si misero a sedere nelle loro poltrone e si predisposero ad ascoltare K.I.T.T.
Vennero a sapere che l’uomo in questione era già stato indagato dalla polizia per detenzione e spaccio di droga, ma che non erano mai riusciti a coglierlo in flagrante, perché qualcuno era sempre riuscito ad avvertirlo in tempo delle retate. Non sembrava legato in alcun modo a qualche peschereccio in particolare, ma questo non significava niente. Decisero di mettersi quanto prima sulle sue tracce, perciò il Knight Rider lasciò subito il porto di Akutan per dirigere verso l’isola di Unalaska.
Isolando il suo segnale GPS per non essere captato dagli altri pescherecci nella zona, K.I.T.T. raggiunse Dutch Harbor alla velocità massima consentitagli dai suoi potenti motori turbo, che era ovviamente ben maggiore di quella di un comune peschereccio. Una volta ormeggiato, le tre ragazze presero uno dei pick up bianchi della Trident e si diressero al capoluogo dell’isola, parcheggiando davanti al locale che il minore dei fratelli Harris aveva indicato loro.
Non appena entrarono, capirono subito che quello non era il posto adatto per tre ragazze sole. I pochi avventori presenti fissavano con occhi da pesce lesso e la bava alla bocca una ballerina di lap dance che si strofinava languidamente contro il palo. Nessuna delle tre riuscì a reprimere una smorfia di repulsione nel vedere le facce di chi le circondava.
“Luridi maiali assetati di gnocca”, commentò Helen lanciando occhiate sprezzanti all’intorno.
Solo uno dei presenti si accorse del loro ingresso: il barista che, con uno straccio che da tempo non vedeva il sapone, asciugava malamente dei bicchieri.
“Posso fare qualcosa per voi?”, chiese, alzando la voce per farsi sentire nel frastuono della musica.
“Sì”, rispose Michelle, avvicinandosi al bancone e mostrando all’uomo il foglietto spiegazzato che gli aveva dato Jake Harris. “Stiamo cercando quest’uomo”.
“E chi è che lo cerca?”, rispose il barista dopo aver dato un’occhiata al nome scarabocchiato, guardando acutamente i tre visi davanti a lui.
“Tre amiche di Jake Harris”.
L’uomo si rilassò vistosamente e fece loro cenno di seguirlo. Si spostarono nel retro del locale, in una stanzetta adibita ad ufficio. Il barista si tolse un grembiule non meno sporco del panno che stava adoperando e si mise seduto dietro la scrivania.
“Allora siete amiche di Jake, eh? Quel ragazzo è uno dei miei migliori clienti… Che cosa posso fare per voi?”.
“Stiamo cercando roba buona”, disse Michelle appoggiandosi alla scrivania, subito imitata dalle altre due.
“Ho tutta la roba buona che volete”.
“Quella che cerchiamo noi è un po’ particolare”, precisò Mary, lisciandosi distrattamente una manica del giubbotto.
“Sono il miglior fornitore delle Isole Aleutine, posso procurarvi tutto quello che volete”, insisté l’uomo, con una punta malcelata di orgoglio nella voce.
“Ne sei proprio sicuro?”, chiese sarcastica Helen.
“Al cento per cento!”.
“Noi vogliamo solo “Moonlight shadow”! E della migliore!”, disse Michelle, calcando il tono sull’ultima parola.
Aveva fatto di proposito quella richiesta: la “Moonlight shadow” era l’ultima novità nell’ambito delle droghe sintetiche e, secondo i dati di K.I.T.T., la maggior parte di quelle pillole veniva prodotta in Russia. La Trident sospettava, appunto, che i corrieri della droga utilizzassero uno dei pescherecci della loro flotta per effettuare il passaggio da Russia ad America. In base alla risposta che l’uomo avrebbe fornito loro, avrebbero deciso come muoversi.
Il barista sbiancò visibilmente non appena udì la loro richiesta. Si appoggiò allo schienale della poltrona e sibilò tra i denti.
“Mi sbaglio, o ci hai appena detto di essere in grado di fornirci tutto quello che vogliamo?”, chiese Helen, ancora più sarcastica.
“Sì, sì… È solo che la “Moonlight shadow” non è così facile da reperire. Fatemi fare una telefonata. Aspettatemi fuori”.
Le tre ragazze uscirono dalla stanzetta. Non appena Helen ebbe richiuso la porta alle loro spalle, Michelle si mise in comunicazione con K.I.T.T. tramite il suo orologio, lo stesso che aveva indossato Michael anni prima.
“K.I.T.T., il nostro uomo sta per fare una chiamata! Cerca di rintracciare il numero che sta contattando e registra la conversazione!”.
“Subito, Michelle!”, rispose la solerte voce del computer.

Lo schermo nella timoniera si accese, mostrando le curve di modulazione della voce dei due uomini mentre il Knight Rider registrava la comunicazione.
“Sì!”.
“Sono Steve. Ho qui delle clienti che vogliono la Moonlight”.
“Affidabili?”.
“Sì. Mandate dal mio miglior acquirente. Ho bisogno di sapere quando arriverà il prossimo carico”.
“La consegna è prevista per domani notte. Dopo domani al massimo avrai la roba!”.
“Bene. A dopo domani, allora!”.

La comunicazione si interruppe e le ragazze furono di nuovo ammesse nel piccolo ufficio.
“Avrò la “Moonlight” dopo domani”, annunciò loro il pusher senza mezzi termini.
“Bene”, rispose Michelle, “ci rifaremo vive”.
“Credo che dovreste lasciare un… piccolo acconto sul vostro ordine, non credete?”.
Le tre ragazze si lanciarono un’occhiata di sottecchi: avevano previsto quella mossa, ma non volevano lasciare traccia del loro passaggio, perciò scossero la testa all’unisono.
“Dovrai fidarti della nostra parola! Non aver paura, torneremo”. Con fare malizioso il terzetto salutò il barista, lasciando il locale di gran carriera.
Non videro però che anche un altro degli astanti aveva notato la loro presenza.

Non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, il giovane capitano Elliott Neese raggiunse il barista, che era ancora chiuso nel suo ufficio. Senza degnarsi di bussare, il ragazzo entrò nella stanzetta facendo trasalire Steve.
“Ehi! Dannazione, Elliott, mi hai fatto prendere un accidente!”.
“Che cosa volevano quelle tre?”, chiese senza mezzi termini.
“Moonlight shadow… Ho chiamato il capo. Mi ha detto che la consegna sarà per domani notte”.
Elliott annuì, pensieroso. “Sì, è così. Chi te le ha presentate?”.
“Jake Harris. Perché quello sguardo dubbioso?”.
“Non mi piace, non mi piace per niente… Dovrò tenere gli occhi bene aperti, durante lo scambio. Ho una brutta sensazione”.
“Di che genere?”.
“Non lo so ancora, ma molto spiacevole. Non ho idea di chi siano quelle tre in realtà, ma di sicuro non sono pescatrici di granchi come vogliono farci credere”.

Ignare di quanto avveniva al “Golden Crab”, le K.I.T.T.’s Angels tornarono al molo e una volta a bordo ascoltarono l’intercettazione telefonica.
“Bene. Ora abbiamo una traccia concreta! Domani notte controlleremo tutti i pescherecci nell’area, e vedremo se riusciremo a scoprire chi è il nostro corriere!”, disse Michelle, picchiettandosi la punta del naso con l’indice.
“Io credo di sapere già chi è”, commentò Helen, tirandosi una ciocca di capelli ricci fino a stenderla completamente.
“E chi?”, chiese Mary, curiosa di conoscere l’opinione dell’amica.
“La Cornelia Marie”.
“Dici?”.
“Secondo me, sì. Jake Harris conosce troppo bene quell’uomo. Non avete visto com’è cambiato subito il suo atteggiamento non appena abbiamo fatto il nome di quel piccolo Dumbo a due gambe?”.
“In effetti, è vero”, concordò Mary, grattandosi il lobo dell’orecchio destro.
“Sembra quasi fin troppo facile. Comunque, mi fido del tuo istinto, Helen. Domani notte rimarremo nei pressi della Cornelia Marie. Se K.I.T.T. capterà qualche altro movimento sospetto ci muoveremo di conseguenza. Ora riposiamoci più che possiamo. Dobbiamo essere al massimo della forma!”. Con quelle parole, Michelle dichiarò conclusa la riunione.



Spazio autrice: ed ecco che piano piano la vicenda inizia ad entrare nel vivo. Le ragazze cominciano ad indagare per scoprire chi è il corriere della droga. Noi lettori capiamo subito che è Elliott Neese il colpevole, ma loro ci metteranno un bel po', e non sempre tutto filerà liscio.
Grazie a tutti!
  
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