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Autore: koan_abyss    20/09/2018    3 recensioni
Lestrade e Mycroft Holmes si incontrano inaspettatamente in Tribunale, e per quanto la cosa sia piacevole, Lestrade è alle prese con il divorzio e un caso complicato. Non ha le forze nè il tempo neanche di pensare a conseguenze e aspettative dopo uno strano mercoledì pomeriggio. O almeno così crede.
CaseFic
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al secondo giro di giostra (avevo ancora un po' di paura)'
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Capitolo 3



Si fermano a mangiare in un ristorante etnico abbastanza vicino allo Yard da incrociare un paio di colleghi di altre divisioni, con cui scambiano un rapido cenno. Lestrade annuncia che ordinerà un kebab e Donovan alza appena le sopracciglia senza distogliere lo sguardo dal menù, strappandogli un verso esasperato.
“Che succede adesso?”
“Niente che mi riguardi,” risponde Donovan.
Lestrade alza gli occhi al soffitto sospirando rumorosamente, ma cambia la sua ordinazione con un cous cous di pollo. Almeno è carne bianca, e potrebbe non essere un’idea così malvagia fare attenzione a cosa mangia, visto che non c’è più nessuno a farlo per lui, a casa (in giro può sempre contare su Sally, a quanto pare).
Pranzano con calma ma non restano con le mani in mano, preparando una dichiarazione preliminare per la stampa. Quando sono soddisfatti del risultato (non che voglia dire niente: per quanto caute e scarne le loro parole, i media trovano sempre il modo di ricamarci sopra l’inverosimile, soprattutto da quando hanno imparato ad associare il nome del Detective Ispettore Lestrade a quello di Sherlock Holmes), Donovan telefona alla divisione Tecnologia i Informatica dello Yard per sollecitare il lavoro sul cellulare di James Clarke. Riattacca in meno di un minuto con un ringhio frustrato.
“Jeff?”
“Quell’idiota saccente, sì,” conferma.
“Sii professionale, Donovan,” la rimprovera Lestrade.
Lo fa anche tutte le volte che il suo Sergente se la prende con Sherlock, ma in quei casi le sue parole non fanno mai presa.
“Non lo sopporto…‘Non lavoriamo solo per voi dei Crimini Gravi, Donovan!’ Se lavorasse, invece di passare la notte a giocare a poker…”
“Ci parlo io appena arriviamo,” risponde Lestrade, ripensando a quando Sherlock ha dedotto della passione, e finora della fortuna, di Jeff di Tecnologia e Informatica per i tornei di poker online (“Non è evidente? L’aria di generale stanchezza di chi è stato sveglio tutta la notte, ma senza sintomi di consumo di alcolici, o di caffè o altre bevande eccitanti che potrebbero provocare tremori o tic rivelatori…i segni di un indosso prolungato di auricolari e occhiali da sole: potrebbe essere per fare sport all’aperto, ma andiamo, con quell’aspetto flaccido e il pallore malsano? No, vive di notte, gli occhiali servono per coprire parzialmente il viso e la musica negli auricolari per concentrarsi…” “Occhiali e cuffiette per giocare online? Non si vedono solo le carte, sullo schermo?” “Alcuni siti offrono delle vere e proprie sale a cui ci si connette via webcam…ma non è il caso del vostro tecnico: lui lo fa per allenarsi. Alcuni tornei online, i cosiddetti tornei satellite, mettono in palio l’accesso a tornei giocati di persona. Il che ci fa capire che il soggetto è fiducioso nelle sue capacità e ottiene buoni risultati, nel suo hobby. Peccato che la cosa faccia precipitare drasticamente le possibilità che svolga il suo lavoro con un minimo di competenza. Per dio, Lestrade, è davvero a questi soggetti che vi affidate per…”).
“Posso gestirlo da sola,” ribatte Donovan.
“Sei già dovuta andare da lui di persona, oggi. Non voglio costringerti di nuovo a stare nella stessa stanza di uno che si è addormentato alle 5 del mattino e quando si è accorto che avrebbe fatto tardi al lavoro ha trovato il tempo solo per il deodorante e non per la doccia,” le risponde lui con un mezzo ghigno. “Lo so che sapresti gestirlo. So che fantastico poliziotto sei,” aggiunge facendole l’occhiolino.
Donovan sbuffa, ma fa cenno di sì con il capo.
Rientrano allo Yard alle 14 e mentre Donovan si occupa di inviare la dichiarazione per i media all’Ufficio Stampa, Lestrade scende alla divisione Tecnologia e Informatica.
L’età media non è tanto bassa (Jeff è più vecchio di Donovan, di questo Lestrade è certo), ma l’ambiente è tanto informale quanto il regolamento di condotta permette, e a volte anche qualcosa di più, il che è grandioso quando tutti sono in buoni rapporti, e rende le cose innecessariamente complicate quando non è così.
“Lestrade, l’ho appena detto a Donovan al telefono: non ho solo le vostre prove da analizzare. Ho un portatile per Dimmock che appartiene a un paranoico complottista e due hard disk per una frode bancaria da passare al setaccio, e il solito contorno di phishing e furti d’identità…” esclama Jeff non appena Lestrade gli chiede dei progressi.
“Sai che i casi di omicidio passano davanti a tutti, Jeff, e non è neanche una faccenda complicata,” ribatte Lestrade. “Donovan te l’ha chiesto all’inizio del turno, e io ho bisogno di identificare la vittima possibilmente prima della conferenza stampa.”
Il suo cellulare manda un bip e Lestrade lo prende. Cazzo. Fantastico.
“Prima della conferenza stampa di venerdì mattina, cioè domani. Fammi il favore di mollare tutto il resto e di metterti al lavoro sul cellulare di James Clarke.”
Jeff alza le mani, sbuffando: “Se lei mi fa il favore di levarmi di dosso Donovan…”
“Preferisci che sia io a starti addosso?!” abbaia Lestrade. “Avrei cose più importanti da fare, come il mio lavoro, ma se devo restare qui a controllare che tu faccia il tuo, allora mi metto comodo! Mi porto giù un po’ di scartoffie e il tuo report di rendimento annuale da compilare, che ne dici?”
Jeff sgrana gli occhi, sorpreso, e Lestrade si domanda fugacemente perché: non è un segreto per nessuno che lui prenda fuoco facilmente, e davvero, che cosa si aspetta questa gente da un uomo cornuto, in pieno divorzio, e sempre nell’atto di smettere di fumare?
“Voglio la lista contatti e chiamate di James Clarke, i messaggi e le foto, prima delle 17, perché devo andare al Bart. Siamo d’accordo?”
“Sì, Ispettore Lestrade.”
“Grazie tante.”

Il resto del pomeriggio si perde in burocrazia e deposizioni per altri casi, telefonate ai Clarke per avvertirli della conferenza stampa del giorno dopo e sentire se hanno avuto notizie dell’assistente sociale e Lestrade comincia a sentire acutamente il costo che tre ore scarse di sonno esigono dal suo cervello. Anche Donovan comincia ad avvertire la stanchezza e verso le quattro e mezza, quando Jeff arriva con il contenuto del telefono di James Clarke, non gli rivolge più di un grugnito.
Lestrade recupera dell’altro caffè e cominciano a spulciare i dati seduti ai lati opposti della sua scrivania. Si scambiano un’occhiata ogni tanto, sempre più nervosi, finché Lestrade non perde la pazienza e butta la sua penna sul ripiano.
“Niente,” mugola premendosi i palmi delle mani sugli occhi, abbandonandosi all’indietro contro lo schienale della sedia. “Un fottuto niente che possa collegare James Clarke alla ragazza.”
“Dobbiamo ancora controllare quei numeri privati, boss,” risponde Donovan, ma con scarsa convinzione.
Nessuna di quelle chiamate ha l’aria di essere fatta a un’amante: sporadiche, in orari diversi, troppo lunghe o troppo corte, molte fatte di mercoledì, il giorno che secondo Margareth Clarke il marito dedicava ai fornitori della caffetteria: più probabile che siano numeri privati di contatti di lavoro, di quelli che generalmente non si mettono sul sito o sui biglietti da visita.
“Troveremo qualcosa,” fa Lestrade, sforzandosi di alzarsi in piedi. “Andiamo a sentire il medico legale.”
Chiamano quando sono a metà strada, e Molly Hooper li accoglie con due caffè giganti presi da un chiosco invece che dalla caffetteria dell’ospedale.
“Dio, Molly, sei un dono del cielo,” le dice Lestrade.
“Oh, figurati, ho fatto una pausa anch’io, così,” risponde lei con il solito sorriso nervoso.
Il cellulare di Donovan squilla e lei esce a rispondere con il suo caffè e Molly guarda Lestrade un po’ preoccupata.
“Come…vanno le cose?” chiede impacciata.
“Sto bene,” risponde lui di slancio, in effetti troppo in fretta, senza crederci.
L’ultima volta che ha fatto l’errore di crederci Sherlock l’ha sconfessato davanti a tutti, e poco dopo ha fatto lo stesso con Molly. Lestrade a volte pensa che lui e Molly dovrebbero crearsi un gruppo di sostegno per superare le stoccate di Sherlock. Forse lo fanno già, in qualche modo forse tutti loro-lui, Molly, Mrs Hudson, John- sono una rete di supporto, non solo per Sherlock e la droga, ma gli uni per gli altri, a causa di Sherlock. Lestrade si chiede fugacemente se dovrebbero includere anche Mycroft.
Sospira stanco, lasciando intravedere a Molly come stanno realmente le cose.
“Tu, invece?” domanda poi.
“Il solito. Non mi lamento. Mi concentro sul lavoro. Non…quello per Sherlock, intendo, in generale,” risponde lei, tormentando la sua coda di cavallo. “Possiamo entrare?” fa poi, quando Donovan ritorna.
Molly fa strada nell’obitorio e fino al primo tavolo.
“James Clarke, 42 anni, raggiunto da quattro coltellate, due alla schiena, una delle quali ha reciso un’arteria addominale, probabilmente la causa della morte, e due al ventre, che hanno perforato fegato e stomaco. Dev’essere morto dissanguato in pochi secondi.”
“Povero bastardo,” si lascia scappare Lestrade.
Molly annuisce: “Le ferite sulla schiena sono profonde…le arterie addominali sono vicine alla colonna vertebrale, dev’esserci voluta una lama pesante e una certa forza.”
“Se l’assassino inseguiva la vittima può averla colpita di slancio, in corsa,” osserva Lestrade. “È possibile?”
“Oh, certo, Ispettore. Però, se guardiamo il volto…” comincia Molly, spostandosi lungo il tavolo.
“Anderson dice che quelle sono state fatte dopo la morte,” interviene Donovan.
“Sì. E dal contorno della frattura del cranio, io direi pestando…con violenza…con degli scarponi, forse.”
Donovan fa una smorfia e Lestrade si trattiene solo con grande sforzo. Stringe le labbra e guarda da più vicino dove Molly indica. Sherlock sarebbe praticamente coricato sul corpo, con la sua lente d’ingrandimento.
“Qui, vedete? La coltellata che ha reciso fino alla colonna può essere stata fatta sfruttando lo slancio, ma questo ha richiesto forza…il piede è calato dall’alto, quasi perpendicolare, vedete questo segno?”
“Ho visto anche troppo,” fa Lestrade secco, allontanandosi. “Scusa.” Si schiarisce la gola. “Ok, coraggio. Un uomo, allora, che indossa scarponi. Doveva essere coperto di sangue,” commenta rivolto a Donovan. “Forse in giro non c’era nessuno perché era una serata piovosa e James Clarke è uscito durante una tregua improbabile, ma di sicuro l’assassino non si è allontanato in metro o in bus. Aveva parcheggiato lì vicino?”
“Non tanto vicino, a quanto pare…le CCTV che riprendono il parco sono state inutili: nessuno ha parcheggiato e poi è entrato dall’ingresso principale o dalla strada dietro il prato,” risponde lei. “Potremmo controllare le riprese delle altre telecamere in un raggio più ampio, ma col buio e la pioggia battente, anche se il nostro uomo fosse stato coperto di sangue non è detto che riusciremmo a capirlo, dai video.”
Lestrade scuote la testa: “Farò comunque richiesta per le registrazioni. Potremmo essere fortunati.”
“Volete vedere la ragazza?” chiede Molly. “Jane Doe. Afrolondinese. Età stimata tra i 21 e 24 anni. Una frattura al polso che risale a circa 5 anni fa, generalmente in perfetta salute. Morta per asfissia quando la lama ha reciso l’arteria carotidea e perforato la trachea.”
Lestrade sospira: “Non puoi dirci nient’altro, Molly? Non riusciamo a identificarla…”
“Oh, non saprei…potrei azzardare che faceva sport regolarmente o quanto meno aveva uno stile di vita sano. I vestiti che indossava non sembrano costosi, né tanto ricercati. Scarpe comode. Non so,” Molly stringe le spalle con un sorriso esitante. “Davvero, non sono Sherlock. Avete provato a chiedere a lui?”
Donovan sbuffa e si allontana dal tavolo.
“Sherlock è fuori città,” spiega Lestrade.
“Ah, lo avevi cercato?”
“Me l’ha detto Mycroft, in realtà.”
“Hai visto il fratello dello strambo?” chiede Donovan girandosi nuovamente verso di loro.
“Quindi Sherlock è via per conto di suo fratello?” chiede Molly a bassa voce. “È un po’ inquietante, lui, vero?”
Lestrade non può negarlo, ma detto da Molly, sapendo che è abituata agli standard di Sherlock (di Sherlock accanto a cadaveri. Brrr), suona un po’ ingiusto.
“L’ho incontrato per caso in Tribunale, prima che si aprisse il caso. E non ho chiesto dove fosse Sherlock perché all’epoca mi è sembrato un regalo inaspettato, non averlo tra i piedi. A caval donato…” risponde a entrambe.
In effetti, Sherlock potrebbe essere in missione per conto di Mycroft e qualche assurda faccenda di spionaggio, supercriminali e assassini in casinò di lusso. Cavolo, perché pesare a Mycroft gli fa sempre venire in mente 007? Deve concentrarsi.
Si costringe a pensare e a guardare la ragazza con occhio critico. È giovane, carina, con una cascata di capelli nerissimi e folti, in salute, sportiva, magari solare e alla mano. Perché nessuno ne ha denunciato la scomparsa? Forse è a Londra per lavoro, e la famiglia è lontana, abituata a sentirla solo ogni tanto. Possibile che non conosca nessuno, in città? Niente amici, niente fidanzato o fidanzata…
Lestrade quasi si strozza con la sua saliva mentre inspira di scatto.
“Boss?”
“Greg? Cioè, Ispettore?”
“I capelli,” tossisce lui. “L’assassino le ha coperto i capelli perché non sopportava di guardarli. Cerchiamo un fidanzato o ex fidanzato.”
Non è certo la prima volta che lo sente: uomini fissati con un dettaglio del corpo delle donne che dicevano di amare, che non sopportano di vedere dopo averle uccise.
Donovan fa il collegamento con i casi da manuale che ha studiato come Lestrade, poi va oltre: “Nessuno denuncia la sua scomparsa perché chi dovrebbe farlo sa perfettamente che è morta, e non vuole attirare l’attenzione.”
“E lei deve avere qualcosa a che fare con James Clarke,” dice Lestrade. “Perché lei in zona non abita, nessuno la conosce, ma era nello stesso parco alla stessa ora…deve esserci un collegamento.”
Come dice Sherlock, le coincidenze non esistono.
Escono dal Bart con Molly che li saluta speranzosa, risollevati dall’adrenalina e dall’ondata di comprensione, anche se all’atto pratico non è che abbiano fatto chissà che passi avanti.
“Continuiamo con quello che abbiamo,” fa Lestrade in macchina. “James Clarke, il suo lavoro. Voglio la lista dei suoi fornitori e dei dipendenti, e voglio parlare con il nipote di Margareth Clarke e sua moglie.”
“Figlio della cugina,” corregge Donovan. “Posso convocarli allo Yard domani, all’una? Dopo la conferenza stampa…”
“Cazzo. La conferenza stampa.”
“Eh, già.”
“Dobbiamo prepararci, per quella.”
“Devi fare bella figura, boss. Per una volta che Sherlock non è tra i piedi…”
Lestrade grugnisce: “Proprio una bella figura: due vittime accoltellate in un luogo frequentato da famiglie…”
“…e piccoli spacciatori…”
“…e di una non sappiamo ancora neppure il nome! Sarò fortunato se i giornalisti non monteranno un caso stile Jack lo Squartatore,” conclude esasperato solo al pensiero dell’indomani.

Lui e Donovan si richiudono in ufficio a ripassare le mosse fatte finora in vista della conferenza stampa, prevista per le 11:00 dell’indomani, ma alle 20:00 ogni facoltà mentale abbandona Lestrade.
“Donovan, vattene a casa. È un ordine,” dice stropicciandosi a faccia con le mani. “Io devo andare a morire sul divano.”
“Cena e vattene a letto, invece,” risponde lei alzandosi. “Domattina rivediamo ancora una volta tutto. Notte, boss.”
“Notte, Sally.”
Lestrade riesce a mettere assieme gli ultimi neuroni per guidare fino a casa, e nonostante il consiglio di Donovan, una volta entrato l’unica cosa che riesce a fare è sedersi sul divano, svuotato. Quando si riscuote sono passati almeno dieci minuti e sa che se aspetta di cenare si farà troppo tardi, quindi prende il cellulare e chiama prima di pensarci troppo.
“Ehi, sono io…volevo parlare un po’ con le bambine…”

Il giorno dopo Lestrade si sente meglio fisicamente, e uno straccio dal punto di vista emotivo.
Ha preparato la cena (pasta al pomodoro e piselli in scatola) con un groppo in gola, all’idea di Grace che si preparava per andare a letto e Vicky che studiava ascoltando musica. La promessa che ha strappato alla sua futura ex-moglie di passare il sabato sera con le bambine è l’unico pensiero che gli ha permesso di addormentarsi.
“Hai guardato i documenti?” gli ha chiesto Becky, e ha ragione, è ora che Lestrade li guardi.
“No. Lo farò. Mi ero addirittura preso…non importa.”
Meglio non ripensare al suo pomeriggio libero.
“Non ha senso rimandare, Greg. Prima sistemiamo le cose, prima possiamo fare piani definitivi per le bambine. Ti interessa, questo?”
“Oh, dio, Becky, come puoi chiedere a me…Li guardo, i documenti, ok? Ho promesso e lo farò.”
Quindi deve sopravvivere al venerdì con la prospettiva di una serata da passare sulle carte del divorzio e spera con tutto il cuore che le cose vadano lisce, quel giorno. Ma contando che la mattinata ha in serbo per lui una conferenza stampa, e contando che solo Sherlock lo fa sentire più stupido di una stanza piena di giornalisti (poi ci sono le volte che Sherlock lo fa sentire stupido in una stanza piena di giornalisti, ma Sherlock dovrebbe essere ancora via…), forse sono tutte vane speranze.
Lui e Donovan entrano allo Yard nello stesso momento, ciascuno con due caffè COSTA.
Donovan scuote la testa: “Non mi lasci mai fare niente di carino, boss.”
“Tu non sei carina, Donovan. Sei il mio sbirro cattivo,” le risponde lui, cedendo i suoi caffè a due agenti della loro squadra. “Offre Donovan!”
In un minuto sono al lavoro. Donovan convoca i parenti di James Clarke per le 12:30, sistemano un paio di questioni burocratiche urgenti, e si mettono di nuovo al lavoro sulle dichiarazioni da rilasciare alle 11:00.
“Dobbiamo assolutamente chiarire che non si tratta di aggressioni casuali o che potrebbero ripetersi in un qualunque altro parco,” ripete Lestrade per l’ennesima volta. “Non vogliamo rischiare un’ondata di panico e le seguenti polemiche sull’incapacità di Scotland Yard di mantenere la sicurezza avendo uomini e pattuglie sulle strade.”
“Lo so,” risponde Donovan per l’ennesima volta, con infinita pazienza.
Stanno migliorando, a gestire il nervosismo causato dai rapporti con la stampa.
“Chiederanno dello strambo,” butta lì Donovan.
Lestrade geme: “Perché questa gente non concepisce che io faccia il mio lavoro anche da solo, ogni tanto?”
È ovvio il motivo, in realtà, e lui e Donovan lo sanno benissimo: Sherlock è sempre coinvolto nei casi di alto profilo, e sono i casi di alto profilo che la stampa segue, senza eccezioni.
Alle 11 meno un quarto, Davies li avvisa che la sala stampa è pronta, e Donovan lo spinge fuori dal suo ufficio: “Vatti a dare una sistemata, boss.”
Lestrade brontola qualcosa, ma raggiunge il bagno degli uomini per provare a pettinarsi con le dita (un taglio più corto. È l’unica) e sistemare la sua camicia (cravatta? Al diavolo, mica vuole dare l’impressione di tenere di più al suo aspetto che al caso), poi riattraversa il piano per prendere dell’acqua.
Sta seriamente valutando l’idea di fare una scappata fuori per una boccata d’aria e un po’ di fumo passivo, quando Mycroft Holmes appare davanti a lui, in un completo spigato color sabbia e camicia azzurra, una cartellina di pelle sotto il braccio destro e l’onnipresente ombrello appeso all’altro.


Note:
Mi sento un po' in colpa, a tagliare qui il capitolo. Ma non abbastanza da cambiare ideaXD
Le CCTV sono le telecamere a circuito chiuso, ma ci eravate arrivati anche senza di me, immagino.
Non sono proprio sicura che anche in Inghilterra si usi chiamare 'John Doe' o 'Jane Doe' le vittime non ancora identificate...forse è tipicamente americano. Nel caso, scusate l'imprecisione.
Grazie di aver letto!:)
   
 
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