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Autore: Zerbrechlich    22/09/2018    1 recensioni
Ma era sbagliato.
Era stato sbagliato imparare a vivere soltanto in funzione dell’altro.
[...]
Ed erano ancora soltanto le tre e trentacinque, come tutte le altre notti.

[1871 parole, song-fic ispirata dalla canzone Fake Love dei BTS]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fake Love.

 

If it’s for you,
 I can pretend like I’m happy when I’m sad
If it’s for you,
I can act strong even when I’m hurt
 
Hoping love was perfect as love itself
Hoping all my weaknesses could be hidden
I grew a flower that can’t be bloomed in a dream that can’t come true
I’m so sick of this fake love, fake love, fake love
I’m so sorry but it’s fake love, fake love, fake love
 
I wanna be a good man, just for you
I gave you the world, just for you
I changed everything, just for you
Now I don’t know me,
who are you?





 
In our forest, you weren’t there
The route I took, I forgot
Now I don’t even know who I used to be
Try babbling into the mirror,
who the heck are you?
 
If it’s for you,
I can pretend like I’m happy when I’m sad
If it’s for you,
I can act strong even when I’m hurt
 
Hoping love was perfect as love itself
Hoping all my weaknesses could be hidden
I grew a flower that can’t be bloomed in a dream that can’t come true
 
Love you so bad, love you so bad
Mold a pretty lie, for you
Love, it’s so mad, love, it’s so mad
Try to erase myself and make me your doll
 
I’m so sick of this fake love, fake love, fake love
I’m so sorry but it’s fake love, fake love, fake love
 
Why you sad? I don’t know, I don’t know
Smile, tell me you love me
Look at me, I threw myself away
Not even you can understand me
 
You say I’m strange when I changed into the person you liked
You say I’m not the person you used to know
What do you mean?
No, I’ve grown blind
What do you mean, it’s love?
It’s all fake love
 
I dunno, I dunno, I dunno why
I don’t even know myself
I just know, I just know, I just know why
‘cause it’s all fake love, fake love, fake love
 
Love you so bad, love you so bad
Mold a pretty lie, for you
Love, it’s so mad, love, it’s so mad
Try to erase myself and make me your doll
 
I’m so sick of this fake love, fake love, fake love
I’m so sorry but it’s fake love, fake love, fake love
 
If it’s for you,
 I can pretend like I’m happy when I’m sad
If it’s for you,
I can act strong even when I’m hurt
 
Hoping love was perfect as love itself
Hoping all my weaknesses could be hidden
I grew a flower that can’t be bloomed in a dream that can’t come true

 

 

 

Erano di nuovo le tre e un quarto.
Lo avevi visto accendendo il cellulare, ma lo avresti saputo lo stesso anche senza controllare.
Era ormai diventata un’abitudine per te, allungare il braccio e trovare soltanto il vuoto del lenzuolo piegato.
Era freddo, nonostante non lo fosse.
Eri fredda, nonostante fosse estate.
Ed erano di nuovo le tre e venti, come tutte le altre notti.
Anche quella notte avevi dormito poco e male e non sapevi quanto tempo avresti potuto continuare ad andare avanti in quel modo.
Era già un po’.
Lo pensavi da almeno quattro mesi che era già un po’ di tempo che avresti dovuto smetterla ed andare avanti. Lo sapevi, però, che la tua mente non lo avrebbe lasciato andare facilmente, lo sapevi che si sarebbe opposta alla cancellazione di quei ricordi che ti facevano girare e rigirare nel letto e che, alla fine, ti costringevano ad alzarti per la disperazione.
Ed erano di nuovo le tre e venticinque, come tutte le altre notti.
Quella volta era stata diversa e non sapevi se esserne felice o sentirti ancora più distrutta, per aver ricordato momenti che non avrebbero fatto altro che rovinarti la giornata a venire.
Ti eri svegliata con il sorriso sul volto e con l’illusione che fosse tutto ancora come prima, ma tu lo sapevi, quando avevi allungato la mano, che niente sarebbe stato mai come prima. Ti eri spaventata, perché non lo avevi trovato e, poi, avevi respirato con il fiato mozzato in gola e un peso sul petto, come se non fosse stato così anche prima, come se il vuoto non ci fosse mai stato, come se, ad essere vuoto, fosse davvero il tuo letto e non tu. Ti eri seduta sul lenzuolo, solo per poi ricadere indietro sui cuscini, sfiancata dal fatto di non poter trovare pace neanche nel sonno. Avevi voltato la testa verso il suo lato, come facevi ogni volta che finivate di fare l’amore e lui ti sorrideva, e ci era voluta tutta la tua forza per non ricominciare a piangere. Ti eri girata sul fianco e ti eri raggomitolata in posizione fetale, allungando una mano verso il suo cuscino, come se potessi ancora sentire la sua presenza a fianco, come se, dopo tutti i lavaggi che ti eri costretta a fare, potessi ancora sentire il suo profumo tra le coperte.
In quelle notti insonni, non avevi fatto altro che chiederti perché, chiederti se avrebbe potuto finire diversamente, se avrebbe potuto non finire affatto. Lo sapevi che era andata come avrebbe dovuto andare. Lo sapevi ma non riuscivi ancora ad accettarlo, nonostante il punto e a capo l’aveste messo di comune accordo.
Ma lui che faceva adesso?
E come riusciva a combattere la tua mancanza?
La sentiva davvero, la tua mancanza?
Perché tu non riuscivi a pensare ad altro, la notte al buio. Non riuscivi a non pensare al suo respiro profondo mentre dormiva al tuo fianco, non riuscivi a non pensare alle sue dita che ti sfioravano quando si svegliava prima di te e si metteva a sistemarti i capelli dietro alle orecchie, non riuscivi a non pensare al giorno in cui era venuto a prendersi tutte le sue cose e, insieme a metà armadio, si era portato via anche un pezzo di te.
Quando si era chiuso la porta dietro le spalle, lasciando il suo mazzo di chiavi all’entrata, senza neanche salutarti, ti eri detta che era stata la scelta giusta e che saresti stata in grado di risollevarti e ritrovarti.
Ti eri solo persa di più, senza di lui.
Ed erano ancora soltanto le tre e mezza, come tutte le altre notti.
Avevi deciso di alzarti, per schiarirti le idee e prendere un bicchiere d’acqua che ti aiutasse a mandare giù quel groppo che non voleva saperne di sparire. Non avevi neanche bisogno di accendere la luce per orientarti, in quella casa che era stata per così tanto tempo vostra che solo pensare fosse tua ti lasciava l’amaro in bocca. Aprire il rubinetto era un’azione così facile che, anche con la mente annebbiata come in quel momento, eri riuscita a portare a termine.
Te lo eri chiesta spesso in quei mesi, cosa fosse andato storto fra voi due.
Ti eri chiesta se fosse stata colpa tua, se fosse stata colpa sua o se fosse stato scritto così dal principio.
E che crudeltà era stata farvi innamorare soltanto per poi veder distruggere tutto senza pietà?
Forse, era stato sbagliato tutto dall’inizio.
Forse, eravate entrambi troppo piccoli, per capire a cosa steste andando incontro.
Forse, avevate corso troppo velocemente, senza prima imparare a camminare.
Eppure.
Eppure, non sembrava sbagliato per niente quando facevate l’amore, non sembrava sbagliato niente quando avevate deciso di vivere insieme, non sembrava sbagliato quando parlavate del futuro.
Ma era sbagliato.
Era stato sbagliato imparare a vivere soltanto in funzione dell’altro.
Era stato sbagliato cambiare per tentare di compiacersi.
E poi era finito tutto, lasciandoti il problema di capire chi fossi davvero.
Ed erano ancora soltanto le tre e trentacinque, come tutte le altre notti.
C’erano stati giorni in cui non eri riuscita neanche a guardarti allo specchio, senza chiederti a chi appartenesse davvero quella pelle che ti rivestiva, se fosse stata davvero mai tua o se avresti fatto meglio a toglierla, impacchettarla e darla a lui, che si era portato via anche tutto il resto.
Ti eri chiesta se la volevi davvero, una pelle che portava le sue impronte e un corpo che portava il segno del suo passaggio e la risposta non era mai stata chiara.
C’erano stati giorni in cui avevi pensato che lui ti mentisse, quando tornava più tardi del solito o quando lo guardavi negli occhi e lui distoglieva lo sguardo.
Te lo aveva rinfacciato, quando avevate litigato.
Prima che se ne andasse e non tornasse più indietro.
Ti aveva rinfacciato di averlo fatto diventare una persona diversa da quella che lui sapeva di essere e tu non avevi trovato le parole per dire che lui neanche aveva dovuto chiedertelo di cambiare, perché avresti fatto qualunque cosa per lui.
Ti aveva rinfacciato di aver rinunciato ad una parte della sua vita per poter stare con te e tu non eri riuscita a trovare le parole per dirgli che lui non aveva neanche dovuto chiedertelo di rinunciare a qualcosa, perché avresti dato via tutto per lui.
Ti aveva rinfacciato di aver perso sé stesso per trasformarsi in qualcuno che ti compiacesse e tu non avevi trovato la forza per dirgli che tu, spesso, non sapevi neanche chi ti stesse di fronte quando ti mettevi davanti allo specchio.
Ma lo volevi lo stesso, contro tutto quel poco buon senso che ti era rimasto.
Lo volevi e volevi solo lui.
L’acqua era rimasta nel bicchiere sul lavandino, intoccata.
Ed erano ancora soltanto le tre e quaranta, come tutte le altre notti.
Di tornare a stenderti sul letto sfatto non se ne parlava, preferivi metterti a terra, sotto la finestra e aspettare che arrivasse l’alba. Sedendoti, avevi portato le gambe al petto, abbracciandoti le ginocchia come se dovessi aggrapparti a qualcosa. Per fortuna almeno il muro ti sorreggeva, in un momento in cui non sapevi se saresti stata più in grado di tirarti via da quella posizione.
Quando eri arrabbiata ti diceva di sorridere e ti ripeteva che ti amava.
E tu sorridevi sempre, perché non eri mai stata capace di arrabbiarti davvero con lui.
Avevi portato la testa fra le braccia, pregando che smettesse di farti così male, chiedendoti quando la sua assenza avrebbe smesso di essere una voragine che ti divorava il petto a livello del cuore.
Ed erano ancora soltanto le tre e quarantacinque, come tutte le altre notti.
Ti eri sempre illusa che l’amore sarebbe stato bello come quello delle favole, che amare qualcuno sarebbe stato facile come amare l’idea stessa di amore. Ti eri illusa che sarebbe stato bello e semplice e delicato, come l’amore doveva essere.
Ti eri illusa che quello che ci fosse tra voi due fosse un sogno e, proprio come un sogno, si era trasformato in un incubo che era finito fra le urla e il sangue di quello che era stato il vostro rapporto, ormai dilaniato, senza che nessuno potesse far niente, se non piangerne dopo i resti.
E, come qualsiasi sogno, era stato costretto a finire, facendo morire quella speranza di eterno che era cresciuta con voi come un fiore e che, con voi, proprio come un fiore, era appassita.
Ed erano ancora soltanto le tre e cinquanta, come tutte le altre notti.
  
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