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Autore: green_eyed    23/09/2018    6 recensioni
"Comunque, come funziona? Tu vieni qui quando ti chiamo. Ti basta...entrare e uscire dall'esistenza, o qualcosa del genere?"
"È come un legame magico" spiega Lexa, apparentemente esitante. "Quando dici il mio nome, provo una spinta - proprio qui, nel mio petto" dice, disegnando un cerchio intorno alla pelle sopra il suo cuore. "Che è strano di per sé, visto che non possiedo più un cuore pulsante. Non posso spiegarlo, ma mi sento obbligata ad essere ovunque tu sia."
"Quindi non sono solo io" dice lentamente Clarke, un'espressione piena di speranza a sostituire il suo cipiglio precedente. "C'è qualcosa di più tra me e te, non è vero?"
(oppure: Clarke è una studentessa del settimo anno, Lexa è uno dei fantasmi di Hogwarts. C'è una connessione tra loro che Clarke non capisce, ma è determinata a capirlo.)
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7

 
I loro momenti insieme si accorciano sempre più. È quasi come se l'incantesimo sostanziale stia perdendo la sua forza con ogni uso, o che Lexa stia sviluppando una sorta di tolleranza contro esso.

(Clarke non vuole ancora ammettere la sconfitta, anche se la loro unica salvezza sta lentamente ma sicuramente peggiorando.)

***

Sente l'aria dietro di sè farsi più fredda, esattamente dove Lexa è sdariata. È l'unico avvertimento che riceve prima che il fantasma perda la sua forma corporea, e Clarke viene cosparsa dal dolore pungente di migliaia di lame ghiacciate, proprio dove un tempo il braccio di Lexa le stringeva il busto.

La sensazione non dura a lungo. Clarke si gira e trova Lexa a mezz'aria con le gambe oltre il bordo del letto. Si alza e istintivamente allunga una mano verso il fantasma, solo per far passare le dita attraverso l'aria fredda.

"Lexa?" Chiede Clarke, esitante, dopo un lungo silenzio.

Il fantasma non si gira. Emette un lungo sospiro e borbotta: "È come se stessimo cercando di aggiustare una bacchetta rotta con del nastro adesivo."

Clarke corruga le sopracciglia. "E questo cosa vorrebbe dire?"

"L'incantesimo sostanziale" chiarisce Lexa, non guardandola ancora in faccia. "Le ultime settimane con te sono state meravigliose, ma entrambe sappiamo che questa è solo una soluzione temporanea per un problema permanente."

Clarke chiude gli occhi, ma la prima lacrima le è già scivolata lungo la guancia. All'inizio pensò che fosse una buona cosa, scoprire come rendere Lexa solida di nuovo. Tutto ciò che fa davvero è ricordare loro che Lexa non è né qui né là, vivente ma non viva, morta ma non scomparsa.

"Ma io mi sto innamorando di te" sussurra Clarke, come se la sua confessione fosse la soluzione pensata all'ultimo minuto ad un problema irrisolvibile.

Lexa finalmente si gira. Le sorride debolmente. "Io sono già innamorata di te, Clarke. Ma non so per quanto tempo posso farlo ancora, non quando posso vedere quanto ti fa male ogni volta che l'incantesimo svanisce."

Sembra che Lexa stia per arrendersi e Clarke non può più dire nulla dopo ciò.

(Quando Lexa diventa incorporea per la terza volta quella notte e Clarke sprofonda nel suo corpo, a malapena sente il freddo - il dolore nel petto fa ancora più male. Perché ricorda la stupida promessa fatta a Lexa, e sembra che le cose tra loro stiano diventando sempre più difficili da gestire.)

***

Un'altro trimestre è arrivato e finito, ed è arrivato il tempo delle vacanze. Come spesso accade, Clarke e Lexa sono a letto, abbracciate l'una all'altra. La stanza di Lexa non è confortevole come quella di Clarke, ma dopo un incidente in cui Abby le aveva trovate assieme nel letto della bionda - Lexa fu fortunatamente nascosta grazie il rapido incantesimo di Disillusione di Clarke - entrambe concordarono che era giunto il momento di cambiare posto.

(Abby può anche non aver visto il corpo nudo di Lexa, ma non è stata risparmiata dal corpo altrettanto nudo di Clarke. Basti dire che la matrona si è rifiutata di andarsene finché non aveva scansionato la stanza con occhi attenti. Lexa accettò esitante di tenere i loro incontri nella sua camera da letto per il momento, solo fino a quando i sospetti di Abby non si sarebbero placati.)

"Non mi ero mai sentita a casa in questo posto prima di adesso" mormora Lexa nel collo di Clarke.

Clarke impiega un secondo a guardarsi intorno. Ora che sta prestando attenzione a qualcosa di diverso dal calore del corpo di Lexa, nota che la camera da letto di Lexa è priva di qualsiasi tocco personale. Le pareti non sono decorate, la scrivania è completamente spoglia. Si rende tardivamente conto che il dormitorio della scuola di Lexa sembra più vissuto di questa stanza.

"Cosa è cambiato?" Chiede curiosa Clarke, in risposta al commento di Lexa.

"Ho portato qualcosa da Hogwarts - qualcosa per illuminare un po' il posto, per farlo sentire più come me" dice Lexa con nonchalance. "Capirei se non l'avessi notato, visto che sei stata nella mia stanza solo una volta e solo per pochi minuti."

Clarke strofina le dita nel fianco di Lexa. Fa un sorrisetto quando Lexa sussulta e prova ad allontanarsi.

"Pensavo di averti detto di non parlare di nuovo dell'incidente di Apparizione."

"Scusa" dice Lexa sfacciata. Prende la mano di Clarke nella sua, probabilmente per assicurarsi che le sue dita non tocchino ancora i suoi punti delicati. "Non devo averti sentito quando l'hai detto."

"Considera questo il tuo ultimo avvertimento" dice Clarke nel modo più intimidatorio possibile.

Lexa si limita a sogghignare e affonda il viso più in profondità nell'incavo del collo di Clarke.

"Cos'è questa cosa che hai portato da Hogwarts?" Chiede Clarke quando entrambe si sistemano di nuovo. Guarda un'altra volta la stanza per verificare che non abbia notato qualche piccolo particolare.

Lexa la canzona. "Sono sicura che puoi indovinare la risposta. È il punto focale di ogni stanza. La cosa più bella su cui tu possa mettere gli occhi. Ha dei gusti orribili in fatto di sandwich. Risponde al nome 'Clarke'."

Clarke sente la bocca di Lexa raggomitolarsi in un sorriso, e lei non può fare a meno di ridere.

"Sei una romanticona" la prende in giro, anche se stringe la testa di Lexa più saldamente sotto il suo mento.

"Dico solo la verità" corregge Lexa, anche se le sue parole sono attenuate perché le sue labbra sono premute contro la pelle di Clarke. "Hai dei gusti orribili in fatto di sandwich."

Clarke alza gli occhi al cielo. "Ad ognuno il suo."

"Mmm, no" dice Lexa. "Penso che l'intero universo sarebbe d'accordo con me, in realtà-"

L'argomentazione di Lexa è interrotta da uno sbadiglio e Clarke la mette a tacere quando cerca di continuare. Lottando contro la propria sonnolenza, Clarke dice amorevolmente a Lexa di stare zitta e dormire. Lexa borbotta qualcosa di incomprensibile nel suo collo - Clarke pensa che abbia detto una cosa come: "Lo sto facendo solo perché voglio, non perché me l'hai detto tu" - prima che sbadigli ancora una volta e il suo respiro diventi più profondo e regolare.

Clarke è sulla soglia di addormentarsi quando sente Lexa parlare sottovoce.

"Prima stavo dicendo la verità. Questo posto non mi è mai sembrata una vera casa prima d'ora. Spero tu capisca perché."

Lexa si acquieta dopo, e Clarke pensa che finalmente si sia addormentata. Ma altre parole arrivano alla fine, sussurrate amorevolmente contro la pelle di Clarke e si posano calorosamente nel suo cuore.

"Non mi sono mai sentita a casa più di quanto non lo senta quando sono con te."

***

Clarke si aspettava di svegliarsi la mattina dopo - preferibilmente con un bacio gentile e la promessa di un'altra ora a letto - ma non è andata così.

Un'imponente figura sta silenziosamente sulla soglia, brandendo la sua bacchetta. La sua testa calva è punteggiata di sudore e le sue spalle sono tese. Guarda Clarke e Lexa con disgusto.

Clarke è congelata dalla paura, sperando che tutto questo sia solo un incubo.

Sfortunatamente per lei, la situazione è fin troppo reale. Quando l'uomo capisce che Clarke è sveglia, punta la bacchetta direttamente contro di lei.

"Se urli o cerchi di svegliare Alexandria, farò in modo che tu soffra prima che io ti uccida."

Il respiro di Clarke le si ferma in gola. Non ha il tempo di soffermarsi sulla rivelazione del nome completo di Lexa prima che l'uomo le ordini di alzarsi dal letto.

"In pieidi" ordina con un duro colpo della sua bacchetta.

Con il modo in cui le membra di Clarke si muovono - meccanicamente e contro il suo volere - si rende conto di non avere il pieno controllo del proprio corpo.

Tuttavia non le importa della propria sicurezza. Anche di fronte alla morte, l'unica preoccupazione di Clarke è Lexa.

Gli occhi di Clarke rimangono sulla forma dormiente della sua ragazza mentre le sue gambe la allontanano da essa. Odia il fatto che morirà senza dire prima a Lexa che la ama.

Si ferma davanti all'uomo, in piedi appena oltre i piedi del letto. La punta della sua bacchetta è puntata minacciosamente sul suo petto. Chiude gli occhi e spera che Lexa rimanga addormentata abbastanza a lungo da non assistere alla scena.

La sua speranza viene distrutta in pochi secondi. La voce di Lexa irrompe nel silenzio della stanza, bassa e minacciosa mentre si rivolge all'intruso.

"Se le fai del male, ti distruggo."

Gli occhi di Clarke si aprono di colpo, e vede Lexa in piedi dietro l'uomo, la sua bacchetta puntata direttamente dietro la sua testa. Clarke si rende conto che Lexa doveva essere uscita dal letto mentre l'uomo era distratto con lei.

"Alexandria, figlia mia..." prova, ma Lexa lo interrompe con una risata aspra.

"Non chiamarmi così" dice Lexa bruscamente, girandogli attorno lentamente fino a quando non è in piedi accanto a Clarke. "La stupida speranza che ho avuto che questa famiglia potesse redimersi da sola - quella piccola speranza, nel profondo del mio cuore, per mia madre e mio padre - non esiste più adesso. Hai minacciato l'unica cosa bella che ho nella mia vita e non chiuderò più un occhio sui tuoi metodi malvagi. Tu non sei niente per me, Titus."

Il padre di Lexa non batte le palpebre alle parole della figlia. Anche se la sua espressione rimane neutra, il modo in cui le dita di Lexa stringono più forte la bacchetta dice a Clarke che l'indifferenza di Titus l'ha colpito molto di più di quanto lei voglia far vedere.

Sogghigna ad entrambe, con la bacchetta puntata saldamente ancora verso Clarke. "Quel ragazzo, Wallace, aveva ragione, Alexandria - tu sei una sudicia traditrice."

"Preferirei essere una traditrice piuttosto che essere come te" ribatte Lexa. Un angolo delle sue labbra si piega in disgusto. "Tu e il resto della tua gente siete vili. Immorali. Feccia della terra- "

Titus ruggisce dispiaciuto. Clarke sussulta quando la punta della sua bacchetta viene premuta ancora più forte contro il suo petto. Lexa tentenna nel momento in cui se ne rende conto, ma si riprende rapidamente.

Con la sua bacchetta puntata in modo impeccabile tra gli occhi di suo padre, Lexa avverte: "Fai un passo indietro, Titus. Non vuoi che finisca male, giusto?''

Titus grugnisce, ma alla fine si allontana di un passo. "L'hai già fatta finire male nel momento in cui hai deciso di stare con una schifosa mezzosangue-"

Lexa ringhia all'insulto, e Titus ridacchia cupamente.

"Ho sempre saputo che non sei mai stata leale a noi" continua freddamente. "Non sei mai stata abbastanza intelligente da scegliere il lato giusto, vero?"

"Non sono mai stata abbastanza debole da scegliere il lato sbagliato" lo corregge Lexa.

Titus scuote la testa in segno di disappunto. "Riesco a vedere la tua debolezza, chiara come il giorno" dice invece, guardando Clarke. "E ti costerà."

Lo sguardo di Lexa guizza tra Titus e Clarke. "Se la ferisci..."

"Non essere sciocca. Posso fare meglio di così, Alexandria" dice Titus con un sorrisetto cospiratorio. "Prometto che non sentirà alcun dolore."

Lexa si acciglia in confusione. "Cosa stai insinuando?"

"Perché ferire lei" dice Titus con un ghigno "Quando posso ferire te?"

C'è un momento di completa immobilità. Nessuno si muove, non passa un solo respiro tra i tre. Poi tutto termina nel caos.

"Avada Kedavra!"

Clarke sente il suo petto stringersi e prova un dolore così forte al cuore che non riesce a concentrarsi su nulla, tranne il dolore, e pensa di essere sicuramente morta.

Ma non sta morendo - non fisicamente, comunque.

Spingendosi sui suoi gomiti, Clarke osserva gli occhi di Lexa cambiare colore dal verde al grigio. Lo sguardo vitreo di Lexa la guarda dal punto in cui Clarke era in piedi solo un momento prima, prima di essere spinta con forza fuori dalla traiettoria.

Clarke non è morta. Ma quasi desidera esserlo, perché la vista di Lexa che cade a terra accanto a lei sembra un destino ancora peggiore della morte.

***

Titus è scomparso da tempo, un'espressione fugace di dolore era l'unica cosa che indicava che aveva provato qualcosa nell'uccidere accidentalmente sua figlia.

Clarke è vagamente consapevole delle lacrime che le offuscano la vista e del modo in cui Lexa rimane immobile nel suo abbraccio, ma nulla è paragonabile al gelido intorpidimento che si sta lentamente diffondendo nel suo petto. Continua a cullare Lexa tra le braccia anche se sa che la sua ragazza non c'è più.

Non sa cosa fare, quindi fa ciò che qualsiasi altro adolescente normale farebbe in una crisi.

Destinazione, determinazione, deliberazione. Destinazione, determinazione, deliberazione. Destinazione, determinazione, deliberazione...

Sente una forte pressione da qualche parte intorno all'ombelico, e tutto inizia a restringersi intorno a lei. Sempre più vicino - il suo petto sembra restringersi, sta finendo l'aria - fino a quando improvvisamente tutta la pressione viene rilasciata.

Clarke riconosce il tappeto sotto di loro. E' fastidioso contro le sue gambe nude. Vede la macchia scolorita nell'angolo in cui Raven ha vomitato qualche estate fa, dopo aver provato il primo Moonshine di Jasper e Monty. Hanno provato ad eseguire un incantesimo di pulizia per ripulire quel casino, ma la loro magia offuscata dall'alcol è riuscita a rendere permanente la macchia. Clarke registra la voce preoccupata di sua madre da qualche parte sopra di lei, ma tutto sembra confuso, come se la sua testa fosse immersa nell'acqua.

Sente il corpo che giace pesante nel suo grembo e istintivamente guarda in basso. Inspira bruscamente quando vede lo sguardo vuoto di Lexa. Le lacrime ricominciano di nuovo -  non sa neanche se hanno mai veramente smesso - e quando Abby cerca di staccare le sue dita da dove sono strette nella maglia di Lexa, Clarke si aggrappa ancora più saldamente.

"Io la amo, mamma. Non ho mai potuto dirle che la amo. La amo così tanto."

***

Passano settimane e tutto ciò che Clarke riesce a fare è battere le palpebre e respirare.

***

Abby dice che soffre di depressione. Clarke annuisce e le chiude la porta in faccia prima di tornare a letto.

"Così non va bene" sente Raven dire ad Abby. È la prima volta che Clarke ha mai sentito Raven dire qualcosa a sua madre che non include un'allusione sessuale. "Davvero fottutamente male."

"Non l'ho mai vista così prima" si lamenta Octavia. Ascolta debolmente il grugnito di accordo di Bellamy in sottofondo.

La voce di Wells è l'ultima che Clarke sente prima di addormentarsi di nuovo.

"Cosa faremo?"

***

Clarke fissa la donna con il distintivo in cui può leggere 'Guaritrice Tsing'. Si rende conto che questa donna sta parlando solo quando Abby, che è seduta accanto a Clarke sul divano troppo piccolo, dice qualcosa in risposta e Clarke può sentire la sua voce risuonare dalla sua gola giù attraverso le loro spalle premute assieme.

"La morte di una persona cara può essere traumatizzante. Vedere una persona cara morire per proteggerti è tutta un'altra cosa" sta dicendo la Guaritrice Tsing, le dita intrecciate in cima alla scrivania che le separa. "Clarke potrebbe non essere presente abbastanza da rendersene conto, ma probabilmente sentirà il rimorso per la morte di Lexa. In combinazione con la dolorosa perdita del suo primo amore, questo senso di colpa potrebbe farla sprofondare in una depressione ancora più profonda."

"Non fa altro che dormire" dice Abby tristemente. "Sono io stessa una Guaritrice, e ho provato a guardare la cosa oggettivamente, ma...non riesco. Non so cosa fare."

"Essendo sua madre, dev'essere difficile per te vederla così" riconosce la dottoressa Tsing. Sorride mostrando i denti e Clarke pensa che la faccia sembrare un cane rabbioso. "Fortunatamente, qui a Mount Weather Medical offriamo un trattamento radicale che potrebbe sollevare Clarke dai sentimenti associati alla sua recente perdita. Hai mai sentito parlare di Oblivazione?"

Abby si acciglia. "Liberarsi dei suoi ricordi? Ho sentito che è una procedura pericolosa."

"Se riusciamo a rimuovere l'ultimo anno della sua vita - o per quanto tempo abbia conosciuto Lexa - allora Clarke non si sentirà più come adesso. Ogni trattamento ha i suoi rischi, signora Griffin" dice Tsing pacificamente. "Come guaritrice, dovrebbe saperlo."

"Sì, certo, ma..." Abby scuote la testa. Clarke lo percepisce grazie la spinta delle loro spalle. "Mi dispiace, ma non posso accettare questa procedura. Privarla di così tanta parte della sua memoria è destinata a lasciare un deficit."

Tsing sospira. Se Clarke fosse nel giusto stato d'animo, avrebbe detto che sembrava delusa.

"Deve esserci un altro modo" dice Abby, quasi implorante. "Clarke è il guscio della persona che era una volta. Non può andare avanti così."

"Abbiamo un altro trattamento che potrebbe funzionare" Tsing concede con un piccolo cenno del capo. "Non è così radicale come l'Oblivazione, ma dovrebbe comunque alleviare il suo dolore."

"Che cosa comporta la procedura?" Chiede Abby.

Tsing increspa le labbra prima di rispondere. "Possiamo alterare i ricordi che ha di Lexa - togliere i ricordi con la ragazza e sostituire le parti mancanti con falsi ricordi, per evitare di lasciare dei vuoti di memoria" spiega. "Tuttavia, c'è una possibilità che Clarke possa rendersi conto che ci sono delle incongruenze nei suoi ricordi. Se diventa consapevole di ciò, allora può annullare tutti i ricordi che abbiamo alterato e potenzialmente tornare al suo stato attuale."

Clarke sente le parole come se passassero attraverso dei paraorecchie mal fatti. Desidera disperatamente alleviare il dolore sordo che sembra aver messo radici nel suo petto. Ma non vuole dimenticare Lexa, come suggerisce la Guaritrice.

Il suo corpo è una prigione però, e non riesce a dire una sola parola per esprimere il suo disaccordo.

"E riguardo i suoi amici?" Chiede Abby. "Quelli che conoscevano Lexa? Ce ne sono forse una mezza dozzina."

"Potrebbe essere troppo difficile alterare tutti i loro ricordi" ipotizza Tsing. "Dovrai fidarti che non menzioneranno mai più Lexa, altrimenti rischiano di annullare le modifiche alla memoria di Clarke."

C'è un momento di silenzio.

"Okay" Abby alla fine è d'accordo. "Come procediamo allora?"

"Avrò bisogno che tu firmi prima alcuni moduli" dice Tsing, allungando una mano in un cassetto sotto la scrivania. "A causa dello stato di incapacità mentale di Clarke, possiamo concederti l'autorità di accettare il trattamento per suo conto..."

Mentre Abby esamina i documenti, tutto ciò che Clarke può fare è continuare a battere le palpebre e respirare.

***

Clarke è sdraiata in un letto d'ospedale con Abby appollaiata su una sedia accanto a lei, mentre le tiene la mano. Clarke non sta stringendo la mano di sua madre, ma Abby stringe abbastanza forte per entrambe.

Registra il ticchettio dei tacchi che arrivano dal corridoio, e poco dopo Tsing entra nella stanza. La Guaritrice è seguita da un'altra donna, che sorride a Clarke in segno di saluto.

"Ciao, Clarke. Signora Griffin" la donna saluta la madre di Clarke. "Mi chiamo Alie. Sono un altro dei Guaritori qui a Mount Weather. Oggi aiuterò la Guaritrice Tsing con la procedura, va bene?"

Abby annuisce una volta, prima che la sua attenzione torni nel stringere la mano di Clarke. Alie e Tsing si posizionano su entrambi i lati del letto, proprio accanto alla testa di Clarke. Clarke fissa il soffitto con aria assente mentre le Guaritrici puntano le loro bacchette sulle sue tempie.

"Inizieremo individuando tutti i ricordi di Clarke in cui c'è Lexa" dice Alie. "Una volta che li avremo individuati possiamo iniziare a modificare ognuno di essi per rimuovere qualsiasi traccia di lei."

"L'intera procedura potrebbe richiedere del tempo, a seconda di quanto Lexa sia radicata in profondità nella mente di Clarke. E poiché Clarke dovrà rivivere ogni ricordo mentre li alteriamo, potrebbe provare un po' di dolore" Tsing informa Abby. I respiri di Clarke diventano un po' meno profondi, ma nessun altro sembra accorgersene. "Se non te la senti di rimenere, lo capiamo."

Alie aggiunge "Anche Clarke lo capirà. Una madre non dovrebbe dover guardare soffrire suo figlio."

Abby non dice nulla, si aggrappa risolutamente alla mano di Clarke. Clarke vorrebbe avere l'energia per stringere la mano di sua madre in cambio.
Tsing annuisce. "Se ne è sicura, signora Griffin. Iniziamo."

***

Fa male vedere ogni singolo momento scomparire davanti ai suoi occhi. Ma la gioia di vedere Lexa viva e vegeta, anche se solo nella sua memoria, ne vale la pena.

C'è un'improvviso trambusto alla porta e Clarke si rende conto solo dopo che Abby non le sta più tenendo la mano. Lamenta la perdita solo per un istante, prima di sprofondare ancora nel suo cuscino e aspettare che il ricordo successivo appaia nella sua mente.

“Clarke? Clarke! Cosa le stanno facendo? Abby, cosa sta succedendo- "

La voce di Lexa sembra così reale, pensa Clarke. Non ricorda un momento in cui Lexa abbia mai pronunciato il suo nome in quel modo, disperazione e paura sono ben distinguibili nelle sue grida. Dev'essere stato un brutto sogno o qualcosa del genere, conclude Clarke.

"Lexa...ormai è fatta. Sei arrivat tardi. Se rimani, la farai solo del male."

La voce di Abby irrompe nella sua mente annebbiata. Clarke è confusa dalle sue parole, ma le attribuisce all'incubo che sta avendo e lascia che le Guaritrici continuino il loro lavoro. Chiude gli occhi e lascia che tutto il resto svanisca.

***

Giorni dopo, Clarke legge sul giornale che una ragazza adolescente è stata uccisa per mano di un reviviscente Mangiamorte. Si ferma alla menzione del suo nome - solo Alexandria, senza cognome - e sfrega il pollice sulle lettere di inchiostro sollevate. Il suo cuore si stringe per la giovane vita persa. Scuote la testa, disgustata dal fatto che qualcuno possa essere così malvagio da commettere un omicidio, e spera che il perpetratore venga catturato presto.

Ha già dimenticato il nome della ragazza quando gira la pagina dopo.

***

Clarke saluta Raven con un abbraccio quando arriva alla stazione di King's Cross. Raven la abbraccia di rimando con forza, le braccia strette attorno alle spalle, e Clarke ride del suo insolito entusiasmo.

"E' bello vederti, Griffin" dice Raven quando alla fine si separano. I suoi occhi sembrano stranamente acquosi, ma la sua voce non vacilla quando aggiunge: "Mi sei mancata."

Clarke non può fare a meno di sorridere. Le ammissioni di affetto da parte di Raven sono una rarità.

"Mi sei mancata anche tu" dice Clarke calorosamente.

Mentre si guarda intorno per cercare il resto dei loro amici, chiede a Raven com'è andata la sua estate. Non è Raven che risponde però.

"Non entusiasmante come quella di Bellamy, scommetto." La faccia sorridente di Octavia appare all'improvviso sulla spalla di Clarke. "Siamo tutti contenti di tornare a Hogwarts?"

Raven la saluta con un cenno del capo prima di girarsi verso Bellamy, che si sta avvicinando a loro con le sue valigie e quelle di sua sorella al seguito.

Rallenta quando nota l'espressione vuota di Raven.


"Cosa hai fatto quest'estate, Blake? O dovrei chiedere chi ti sei fatto, invece?"

Bellamy ridacchia mentre si ferma davanti a loro. "Posso sentire un pizzico di gelosia, Reyes?"

"Ti piacerebbe" risponde Raven.

Clarke riesce a offrire a Bellamy un sorriso in segno di saluto prima che Raven inizi a riempirlo di domande sulle sue vacanze. Octavia cattura la sua attenzione con una sua domanda.

"Sei davvero tu, Clarke?" Chiede dolcemente.

Clarke fa una faccia buffa alla strana domanda. "Chi altro dovrei essere?"

Octavia sembra che stia per dire qualcosa, ma sembra cambiare idea all'ultimo secondo. Respinge lo sguardo interrogativo di Clarke con un cenno della testa e allunga la mano per attirarla in un abbraccio.

"Mi sei mancata" mormora Octavia nella sua spalla, dondolando dolcemente da un lato all'altro mentre si abbracciano.

Clarke ride leggermente e ondeggia con lei. "Sembra che io sia mancata a tutti ultimamente. Anche tu mi sei mancata, naturalmente."

Sorride quando vede Wells emergere da una folla di babbani, già vestito con le sue vesti scolastiche. Lei gli sorride da sopra la spalla di Octavia.

"Non sarò mancata anche a te, vero?" Clarkes chiede a Wells allegramente, quando lei e Octavia si separano.

"Certo che no" dice burbero, anche se lo scintillio nei suoi occhi lo tradisce. "Bellamy è quello che mi è mancato di più, ovviamente."

Clarke ridacchia e Octavia fa un piccolo sorriso. Né Raven né Bellamy hanno notato l'arrivo di Wells, troppo presi dai loro soliti bisticci.

"Raven si sta davvero scladando" osserva divertita Clarke. "Che cosa ha fatto Bell durante l'estate, O?"

Octavia in realtà sbuffa a quella domanda. "Ha avuto il piacere di essere nella mia compagnia per l'intera durata delle vacanze."

"Veramente? Tutto qua?" Chiede Clarke con una risata. "Volevi solamente infastidire Raven, vero?"

"Come se Raven avesse bisogno di un motivo per arrabbiarsi con Bellamy. La sua presenza è sufficiente per farla partire" dice Ottavia senza mezzi termini.

Clarke e Wells la seguono mentre inizia a camminare verso la barriera della piattaforma nove e tre quarti. "Non so voi ragazzi, ma non credo di poter sopportare un altro anno con quei due e il loro amore platonico."


"È quando due persone provano sentimenti reciproci, ma si rifiutano di ammetterlo" spiega Clarke quando Wells appare confuso alla frase 'amore platonico'.

Rivolge a Octavia un sorriso divertito. "Hai ripreso l'abitudine di usare il gergo babbano."


"Un sfortunato effetto collaterale di essere amica di Raven. Mi fa ascoltare musica babbana su quel suo affare, e a voltenon riesco a fare uscire i testi dalla testa" Octavia risponde con un sospiro drammatico. "Seriamente però, non penso di poter gestire un altro anno dei loro litigi. Hanno bisogno di parlare dei loro sentimenti e di avere una vera opportunità di stare in una relazione invece di scherzare l'uno con l'altra. Presto. Prima che io li rinchiuda in un armadietto per le scope e li costringa ad affrontare i fatti."

"Ma che mi dici di Finn?" Chiede Wells diplomaticamente. "Raven non è ancora...?"

"Raven non è più innamorata di lui" dice risolutamente Octavia. "Ha solo difficoltà a lasciare andare il passato."

"Ha delle buone ragioni per restare aggrappata al passato" commenta Clarke, gettando un'occhiata per assicurarsi che Raven e Bellamy li stiano seguendo, anche se stanno litigando.

"Quale motivo?" Domanda Wells, curioso.

"Non puoi semplicemente dimenticare il tuo primo amore" dice Clarke, come se stesse affermando che l'erba è verde e il cielo è blu. "Quel tipo di amore rimane con te per sempre - anche quando non lo vuoi."

***

Clarke si sveglia sudando freddo, le lenzuola aggrovigliate intorno alle gambe e la camicia da notte arrotolata attorno al suo busto.

L'incontro con i suoi amici a King's Cross, guardare Octavia istigare Bellamy e Raven in un'altra lite, spiegare a Wells che il primo amore non può mai essere veramente dimenticato...non erano scene di un altro sogno inspiegabilmente realistico. Erano cose reali accadute solo alcuni mesi fa, all'inizio dell'anno scolastico.

All'improvviso, tutto ha un senso.

Tutti i 'sogni' che riusciva a ricordare con sorprendente chiarezza - tutti i momenti che si erano svolti nella sua mente come un pensatoio pieno di ricordi, così realistici che poteva giurare di averli vissuti - non erano frutto della sua immaginazione.

Non stavo sognando, si rende conto Clarke con una scossa. Stavo ricordando.

Quei momenti erano reali.

Era tutto reale.

***

L'orologio sul muro le dice che sono le tre del mattino. Ha lezione tra poche ore, compiti incompleti da finire, esami per cui studiare. Ma niente di tutto ciò conta al momento. Non appena Lexa fluttua attraverso la porta della classe della Torre di Astronomia, Clarke parla.

"Dimmi che non mi spinto fuori dalla traiettoria di una maledizione che tuo padre ha puntato su di me."

Da parte sua, Lexa non sembra sorpresa dall'accusa. Semplicemente fluttua in avanti finché non si trovano faccia a faccia nel mezzo della stanza.

"Per favore, non farmi fare questo-" tenta il fantasma, ma viene subito interrotta.

"Lexa" sospira Clarke, una richiesta alla la verità. "Dimmelo e basta."

Lexa stringe la mascella. Clarke aspetta. Osserva come l'espressione stoica di Lexa lentamente cade per rivelare un'adolescente persa e confusa, metre cerca di far finta che il mondo non cada a pezzi intorno a lei.

"Non posso dirtelo" ammette Lexa con riluttanza.

"Non puoi perché non vuoi?" la assale Clarke, stanco di tutti quegli inganni . "O perché è una bugia?"

Il silenzio di Lexa dice che tutto ciò che Clarke ha bisogno di sentire. Il suo labbro inferiore comincia a tremare e può sentire le lacrime ardenti raccogliersi nei suoi occhi, ma Clarke è del tutto furiosa per il fatto che tutti quelli di cui si fida le hanno mentito per così tanto tempo.

"Non posso credere che tu non me l'abbia detto!" Piange.

Lexa sembra completamente afflitta dal suo sfogo. Le sue mani raggiungono Clarke per darle conforto prima che lei si renda conto di quanto inutile sia il suo tentativo.

L'azione serve solo a far piangere Clarke ancora più forte. Anche se è arrabbiata con Lexa - e con il mondo intero - non si allontanerebbe mai dal tocco di Lexa. Non ora, non mai.

"Abby ha detto che non ci saremmo mai più potute vedere" dice Lexa implorante. "Non avrei potuto dirtelo senza rovinare tutto quello che ha fatto per aiutarti..."

Clarke scuote la testa e Lexa smette di parlare. "Perché li hai lasciato eseguire procedura? Perché hai lasciato che prendessero i ricordi che avevo di te?"

"Pensavo che fosse quello che volevi" dice Lexa, le sopracciglia corrugate dalla confusione. "Abby ha detto che avevi accettato..."

Clarke la interrompe con una risata derisoria. "Non ho detto niente, men che meno darle il via libera."

"Ma non hai detto di no" ribatte Lexa, senza malizia nella sua voce.

Clarke si fa beffe del suo pragmatismo. "Non ero me stessa a causa del dolore."

Lexa si sgonfia visibilmente. "Mi dispiace" dice calma, e Clarke sussulta al dolore che colora il suo tono "Stavo solo cercando di fare la cosa giusta. Tua madre ha fatto sembrare che volevi fare la procedura."

"Quello che volevo era che il mio cuore smettesse di farmi male" Clarke espira pesantemente, e la discussione è quasi finita. "Non ho mai voluto dimenticarti. Ma la procedura..."

Lexa non spinge. Aspetta pazientemente, come se sapesse che Clarke ha difficoltà a trovare le parole e ha solo bisogno di un minuto per mettere ordine nei suoi pensieri. Clarke è grata per la sua tacita comprensione.

"Ho dovuto guardare ogni singolo ricordo di te, fin dall'inizio. Ero così disperata, volevo solo fermare il dolore, e cancellare il ricordo di te morta tra le mie braccia. Quando hanno iniziato con quel primo ricordo, di te che mi tenevi la mano mentre ci smaterializzavamo dalla tua camera da letto...ero così felice di vederti sorridere di nuovo" spiega Clarke con un sorriso amaro. "Avevo già dimenticato cosa sarebbe successo quando la procedura sarebbe finita. Ero così presa da te, ho dimenticato che ogni ricordo che rivivevo sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto."

Lexa si avvicina mentre Clarke parla. Clarke vuole usare l'incantesimo per renderla solida di nuovo, per provare conforto fisico tra le sue braccia, ma non renderà questo più difficile di quanto non lo sia già.

"Non so se posso farlo ancora" ammette Clarke.

(Si costringe a inghiottire il rimorso istantaneo che arriva con quelle parole. Si stanno prendendo in giro se pensano che possa venirne qualcosa di buono da tutto questo, da loro. Più a lungo si illudono, più dolore proveranno quando tutto questo inevitabilmente finirà, ha senso fermarsi ora, pensa Clarke, prima che le cose diventino ancora più incasinate e loro perdano la forza di volontà per fermarsi.)

Lexa sbatte le palpebre per qualche secondo senza capire. Clarke notea come alla fine la comprensione emerge nei suoi occhi argentati e grigi.

"Intendi dire...?"

Clarke annuisce. Non ha bisogno di sentire il resto della domanda per sapere a cosa sta alludendo Lexa.

Lo sguardo di Lexa guizza dai suoi occhi alla sua bocca, dal suo mento alle sue orecchie, come se stesse cercando di memorizzare ogni linea del suo viso. Le mani di Clarke si contorcono, desiderando ardentemente di raggiungere la ragazza e stringerla, e decide che ha bisogno di finirla prima che ricominci a piangere di nuovo.

"Addio, Lexa."

Nonostante la sua espressione addolorata, Lexa non fa niente per fermare Clarke mentre le passa accanto a si dirige verso l'uscita. Clarke dà un'ultima occhiata a Lexa dopo aver aperto la porta, il fantasma è ancora sospeso nel punto in cui l'ha lasciata, ma sta fissando la notte attraverso la finestra sempre aperta della classe della Torre di Astronomia.

"Ho promesso che non ti avrei impedito di andartene" dice Lexa sottovoce. Con voce rotta. Si gira e guarda Clarke con il suo sguardo scoraggiato. "Ma questo non significa che non voglio che tu rimanga, Clarke."

Il cuore di Clarke le fa male nel petto. Non pensava che i fantasmi potessero piangere, ma tutte le prove del contrario la stavano fissando, con le lacrime agli occhi.

***

Clarke sta vagando senza meta attraverso il castello. Sa che non dovrebbe essere fuori dal letto a quest'ora, ma infrangere le regole della scuola sembra così banale dopo quello che ha appena passato. Dopo che è uscita dalla Torre di Astronomia,  si ritrova a salire ogni gradino della Grande Scalinata dalla Sala d'Ingresso al settimo piano, e poi dal settimo piano giù fino alle segrete, solo perché può. Cammina attraverso corridoi bui e stanze vuote, e si ritrova distrattamente a solleticare un dipinto di una pera e passeggiare nelle cucine.

Gli elfi domestici danno un'occhiata alle sue guance sporche di lacrime prima di farla sedere su un sedile davanti al caminetto e spingere un vassoio nelle sue mani.

Questo trenta minuti fa. Il panino con burro di arachidi, banana e miele giace intatto sul piatto, e la tazza di tè accanto è fredda. Clarke è grata per il cibo di conforto e per la presenza indiscussa degli elfi domestici, ma non pensa che il suo stomaco possa sopportare qualsiasi cosa in questo momento.

Anche così, Zoran l'elfo domestico arriva poco dopo con una tazza di tè appena fatto. Sostituisce la sua bevanda fredda senza tante storie.

Clarke pensa che queste creature siano troppo buone per questo mondo.

Dieci minuti dopo, ha già cambiato idea.

Octavia si sta facendo largo attraverso la porta, seguita da Raven, Bellamy e Wells. Salutano gli elfi domestici mentre passano, fino a quando sono ammassati intorno a Clarke all'estremità della stanza.

"Zoran ci ha detto che eri quaggiù" spiega Octavia, appoggiandosi al muro di mattoni accanto al camino e allungando una mano verso il calore.

Clarke lancia un'occhiata a Zoran, che la guarda quando sente il suo nome. Quando vede Clarke, offre un piccolo sorriso colpevole prima di tornare al lavoro.

"Non arrabbiarti con lui - era solo preoccupato per te" dice Wells, lanciando un'ultima occhiata all'elfo. "Lo siamo tutti."

"Lexa dice che ricordi tutto" interrompe Raven, dritta al punto come sempre.

Si siede sul bracciolo della sedia di Clarke, come se non sentisse la tensione irradiarsi dalla ragazza. Wells rivolge a Raven un'espressione esasperata, alla quale Clarke normalmente riderebbe.

"Me lo avete nascosto" dice invece. "Tutti voi."

"Clarke-" Bellamy inizia e si avvicina, ma lei lo interrompe.

"Ho bisogno di più tempo, ok?"

È più un'affermazione che una domanda, nonostante il modo in cui lo esprime, e per fortuna Octavia e Raven sembrano capirlo. Ma Bellamy no.

"Di qualunque cosa tu abbia bisogno, noi siamo qua per dartela" promette, accucciandosi davanti a lei in modo che possa guardarla negli occhi.

Clarke sa che Bellamy vuole solo il suo bene, ma a volte può essere incredibilmente ottuso.

"Non puoi darmi ciò di cui ho bisogno" dice onestamente, ma questo non lo scoraggia.

"Dico sul serio, Clarke. Qualsiasi cosa tu-"

"Bell!" Sibila Octavia, chiaramente stanca della persistenza del fratello. "Ha capito, ok? Smettila di infastidirla..."

"Non potete darmi Lexa" la interrompe Clarke senza mezzi termini. Ama i suoi amici e sa che tutto questo casino dimostra semplicemente che ci tengono a lei, ma non può farlo ora. Prende il vassoio di cibo non consumato in grembo e lo mette sul pavimento prima che lei lo rovesci o qualcosa di peggio. "Non potete portala indietro. Non potete...

Si costringe a fermarsi lì, perché si sente già vulnerabile. Non vuole che la vedano piangere. Non pensa di avere altre lacrime, comunque.

"Okay" Bellamy cede, sebbene riluttante, e Clarke sospira dal sollievo. "Mi dispiace per aver insistito. Siamo solo- "

"-preoccupati per me" conclude Clarke ironicamente. "Lo so. Ma ho solo bisogno di stare da sola per un po', tutto qui."

Bellamy concorda con un cenno del capo rigido. "Se è quello che pensi di aver bisogno."

Si alza e le sue amiche si preparano finalmente ad andarsene. Octavia le lancia un ultimo sguardo interrogativo, chiedendole se è davvero a posto. Clarke sa che non lo è - non adesso - ma alla fine lo sarà, quindi annuisce. Octavia accetta la risposta e si unisce a suo fratello mentre escono dalla cucina.

Wells poggia una mano in conforto sulla sua spalla e sorride, come a scusarsi per il comportamento di Bellamy. Clarke dice a Wells che non è colpa sua come gli altri agiscono e lo spinge a seguire i due fratelli.

Raven non si è spostata dal suo posto sul bracciolo della sedia. Clarke si gira verso di lei in attesa.

"Ecco" dice quando Wells è fuori portata d'orecchio, mettendo qualcosa nelle mani di Clarke.

Clarke guarda in basso per trovare l'orologio di suo padre tra le sue dita, le lancette ticchettano fermamente e al giusto ritmo. È la terza volta che ha dovuto chiedere a Raven di aggiustare quel dannato arnese, e stava cominciando a preoccuparsi che avrebbe dovuto lasciar perdere.

"L'hai aggiustato di nuovo" sussurra Clarke, più a se stessa che a Raven. Fa scorrere il pollice con riverenza sul quadrante di vetro prima di rivolgersi alla sua amica "Grazie."

"Non ho dovuto fare niente questa volta" dice Raven, arricciando il naso come se fosse delusa dal fatto che non fosse la mente dietro la riparazione. "Ho solo notato che funzionava correttamente quando Zoran mi ha svegliato all'alba e ha detto che eri nelle cucine ma non stavi mangiando il tuo dannato sandwich. L'orologio non stava facendo nulla quando ci stavo armeggiando ieri - deve aver ricominciato a funzionare da solo o qualcosa del genere."

"Oh" dice Clarke, una piega appare tra le sue sopracciglia. "Ma come…?"

Raven alza le spalle. "Magia, immagino?"

Clarke non può fare a meno di sogghignare seccamente alla sua risposta. "Certo."

Raven le tira una leggera spallata, un mezzo sorriso sulle sue labbra. "Immagino che ti posso lasciare allora. Ma solo per farti sapere - ho una bottiglia del Masper Moonshine riuscito meglio nascosta nel mio baule per quando sarai pronta."

Fa a Clarke un occhiolino prima di alzarsi e andare alla porta, dove il resto dei loro amici stanno aspettando.

***

È passata una settimana e Clarke non si sente meglio di quando ha lasciato Lexa nella classe della Torre di Astronomia. Quindi salta le lezioni - in parte perché può, e in parte perché si sente pronta per affrontare finalmente sua madre.

Clarke ha nutrito risentimento nei confronti di Abby da quando ha recuperato i suoi ricordi. Ha perso Lexa due volte e le prove hanno reso facile puntare la colpa verso sua madre. Se non fosse stato per i sospetti di Abby, quella sera non sarebbero mai stati nella camera di Lexa, e Titus non le avrebbe mai viste. Se non fosse stato per l'interferenza di Abby dopo la morte di Lexa, non sarebbe stata in questa posizione con Lexa, e non starebbe così male come lo è ora.

Quando arriva all'ala dell'ospedale, ha tutte le intenzioni di irrompere nella stanza e infuriarsi finché i suoi polmoni non bruciano per lo sforzo. L'unica cosa che la ferma è la conversazione che riesce a sentire attraverso la porta chiusa.

"Non è necessario continuare a chiedere agli elfi domestici di portarmi da mangiare".

"Lo è, in realtà."

Gli occhi di Clarke si chiudono, e tutta la rabbia che le bruciava nel petto svanì. Avrebbe saputo riconoscere quella voce ovunque.

"Sono seria, Lexa."

"Non mentirmi, Abby. So che sei stressata sin dagli eventi della scorsa estate, e a volte ti dimentichi di mangiare. Clarke ha già perso me, non ha bisogno di perdere anche sua madre."

Il cuore di Clarke diventa pesante con la consapevolezza che non avrebbe mai dovuto ascoltare. È ad un secondo dal tornare alla sala comune dei Grifondoro quando un corpo grigio argenteo fluttua attraverso la porta e si congela alla sua vista.

Lexa apre la bocca come per dire qualcosa, ma Clarke scuote la testa.

"Per favore non farlo."

Non fare cosa, Clarke non ne ha idea, ma la mascella di Lexa si chiude comunque. Dà a Clarke uno sguardo indolente prima di andarsene in silenzio. Clarke fa finta che il suo cuore non stia battendo un ritmo feroce nel suo petto alla vista della tristezza negli occhi di Lexa.

Apre la porta e trova sua madre da sola, mentre sta sistemando con una mano il lenzuolo di un letto, nell'altra una pastina mezza mangiata. Quando Abby la nota, lascia quasi cadere il dolce sul letto.

"Perché l'hai fatto?" Chiede Clarke, senza preoccuparsi di salutarla.

Abby lancia un'occhiata al letto in fondo alla stanza, che ha una tenda tirata intorno. "Dovremmo spostare l'argomento da qualche parte più privato."

Clarke alza gli occhi al cielo, ma inizia a fare strada verso l'ufficio della matrona. Non aspetta nemmeno che la porta si chiuda prima di interrogare di nuovo Abby.

"Perché hai modificato i miei ricordi?"

Abby sospira. Evoca un tovagliolo per avvolgere la sua pastina mezza mangiata e la infila in un cassetto sotto la sua scrivania. Clarke infuria per il comportamento esageratamente piacevole.

"Non stavi migliorando" dice Abby alla fine, e Clarke sente l'indignazione che le gorgoglia nello stomaco.

"Non mi hai dato abbastanza tempo per sentirmi meglio!" Ribatte Clarke.

Abby le lancia uno sguardo interrogativo "Pensi davvero che più tempo ti avrebbe aiutato a fare i conti con la morte di Lexa?"

Clarke non dice nulla, ma è sicura che sua madre sappia comunque la risposta. Le sue spalle cadono mentre tutto il combattimento lascia il suo corpo per la seconda volta in così tanti minuti. Abby mormora comprensiva e apre le sue braccia.

Clarke esita solo per un secondo prima di sprofondare nel suo abbraccio.

"Per quello che vale" Abby inizia attentamente "Mi dispiace. Volevo solo alleviare il tuo dolore, Clarke."

Clarke annuisce contro la sua spalla. Lei sa perché Abby ha fatto quello che ha fatto, e non può criticare una madre che stava solo cercando di prendersi cura di sua figlia.

Abby la stringe ancora per un po', finché Clarke si allontana a malincuore per farle un'altra domanda.

"Perché Lexa non è venuta a parlarmi? Dopo che... lo sai."

"Lexa ha detto di essere stata trattenuta in una sorta di regno transitorio per un po' dopo che è morta" spiega Abby. "Quando alla fine è tornata come un fantasma, i Guaritori stavano per iniziare il trattamento. Ha cercato di fermarli, ma l'ho convinta che la procedura era la cosa migliore per te."

"Ricordo" sussurra Clarke, con gli occhi chiusi mentre richiama le urla dolorose di Lexa. "Pensavo che fosse solo un altro dei ricordi che stavano modificando, un incubo dimenticato o qualcosa del genere. Ma lei era davvero lì. "

"Sì."

"E tu le hai impedito di raggiungermi" dice Clarke piatta, aprendo gli occhi e fissando sua madre.

Abby annuisce, anche se tristemente. "Clarke, devi capire...vedere Lexa come un fantasma avrebbe solo peggiorato le cose. Ti ricordi Il Racconto dei Tre Fratelli - la storia che ti ho raccontato da bambina, quella di Beedle il Bardo? Cadmus perse la suo amante e cercò di riportarla indietro con la Pietra della Resurrezione, ma così diventò pazzo perché lei non era davvero lì. Non potevo permettere che succedesse a te, e nemmeno a Lexa."

Clarke odia il fatto di capire.

***

Le è stato dato un permesso da tutti i suoi professori per prendersi qualche giorno libero - senza dubbio progettato da Abby - ma Clarke continua a frequentare comunque le lezioni, perché cos'altro dovrebbe fare? Crogiolarsi nella sua infelicità?

Quindi si sveglia, va alle sue lezioni, forse mangia un pasto, fa i compiti e si addormenta. E così si ripete ogni giorno, fino a quando non diventa routine e lei incomincia ogni giorno senza pensarci due volte. Non parla con i suoi amici, non parla con sua madre, non parla con nessuno - perché cosa dovrebbe dire?

Capisco perché l'amore è debolezza. L'ho amata. L'ho persa. E ora sono a pezzi.

Ogni giorno continua allo stesso modo, tranquillo e immutabile - fino a quando Clarke non viene letteralmente spinta fuori dalla routine mentre cammina per la Sala d'Ingresso, dopo cena, mentre fa ritorno alla Torre di Grifondoro. Anya la spinge contro il muro e tiene le sue braccia ai lati delle spalle di Clarke in modo che non possa scappare.

"Smettila di fare il broncio" dice Anya, in modo brusco come sempre.

Lancia un'occhiata ad Anya, maledicendo i pochi centimetri che le separano in altezza. Anya la guarda solo con un'espressione impassibile. Clarke si guarda intorno, sperando che qualcuno possa passare e cambiare qella situazione, ma l'unica persona vicina è Lincoln. È appoggiato al muro a pochi passi e le offre un sorriso di scuse.

Clarke prova a ricambiare il sorriso, perché sa che questa non potrebbe essere stata una sua idea, ma viene fuori più come una smorfia.

"Griffin" ringhia Anya, anche se le manca la solita cattivveria. "Mi stai ascoltando? Smettila di gironzolare per il castello. Se devo vederti camminare per la sala con quella stupida faccia triste ancora una volta, giuro che..."

"Basta" dice sottovoce Lincoln. Evidentemente non pensa che Anya farà davvero qualcosa perché non si avvicina. "Non sei venuta qui per minacciarla."

Anya si calma, ma la sua espressione rende la minaccia non detta estremamente chiara.

"Cosa ne guadagni?" Chiede Clarke, ma deve schiarirsi la gola perché è passato un po' di tempo da quando ha dovuto usare la sua voce, il che la rende meno intimidatoria di quanto avrebbe voluto.

Anya alza gli occhi al cielo e Clarke si acciglia. Si dimena nel piccolo spazio tra le braccia di Anya, e l'altra ragazza la lascia riluttante.

"Non sei l'unica ad aver perso una persona cara la notte in cui Lexa è morta" dice Anya. "Lincoln ha perso sua cugina. Io ho perso la mia migliore amica. Anche Raven, Octavia, Bellamy e Wells hanno perso un'amica."

Il suo tono non è gentile, ma è più morbido di quanto Clarke non abbia mai sentito prima. Clarke non può fare a meno di fare una pausa, e Anya continua.

"Questo non riguarda solo te, Clarke. Lexa ti ha amata così tanto che ha inconsciamente scelto di stare con te, anche nella morte. Non ha altra scelta che vederti invecchiare. E quando alla fine morirai, lei deve restare qui. Da sola. Tutto questo perché ti amava."

Anya esita brevemente, e poi si corregge: "Tutto questo perché ti ama."

***

Clarke si chiede quanta tristezza hanno visto le stelle in tutti i loro anni di esistenza, e quanto tempo ci vorrebbe perché uno stato d'animo temporaneo diventasse permanente. Desidera essere abbastanza forte per andare avanti dopo tutto quello che è successo, per superare il suo dolore.

Anya aveva ragione, certo. Dovrebbe stare con i suoi amici - i loro amici - e dare loro lo stesso sostegno che le hanno offerto, perché anche loro erano in lutto. Ma Clarke si sente come se sanguinerebbe tristezza se qualcuno dovesse aprirla, e lei non sa come potrebbe aiutare qualcuno quando non può nemmeno aiutare se stessa.

Clarke si chiede se suo padre sarebbe deluso da lei, per aver lasciato che questa esperienza la trasformasse in peggio e non in meglio.

"Le cose sono come sono" borbotta amaramente, guardando il cielo notturno attraverso la finestra aperta della classe della Torre di Astronomia. "Guardando fuori nell'universo di notte, non facciamo paragoni tra le stelle giuste e quelle sbagliate-"

"-Nè tra costellazioni ben disposte e mal disposte."

Clarke si gira e trova Lexa che la fissa, con gli occhi spalancati e imbarazzata.

"Mi dispiace" il fantasma si scusa quando Clarke rimane silenziosa e inespressiva. "C'eri prima tu. Me ne vado."

Ed è allora che Clarke se ne rende davvero conto- che ha sbagliato tutto quanto.

Non può continuare a vivere in quel modo, il minimo necessario a garantirle la sopravvivenza. La vita è qualcosa di più che mera sopravvivenza. Vuole rendere suo padre orgoglioso. Vuole essere presente per gli amici che sono stati lì per lei, non importa quanto duramente abbia provato a respingerli. Vuole meritare l'amore di Lexa, un'amore che ha fatto l'ultimo sacrificio, un'amore che ha superato la morte.

Lexa le ha dato la vita in modo che Clarke potesse vivere, e anche se sembra che la sua vita sia finita quando è finita quella Lexa, doveva andare avanti. Doveva così tanto a Lexa.

I Guaritori avevano detto che sarebbe potuta tornare allo stato in cui era prima del trattamento nel caso avesse ricordato e, nel suo tentativo di superare il tutto, ha fatto esattamente questo. Tagliare tutti fuori dalla sua vita non la aiuterà a stare meglio, si rende conto Clarke.

"Puoi restare" dice allora.

Se Lexa è sorpresa dal suo cambiamento di cuore, non lo mostra. Invece, scivola più vicino alla finestra aperta e chiede silenziosamente: "Mi perdonerai mai? Per essermi messa in mezzo tra te e quella maledizione?"

"Non ancora" risponde Clarke sinceramente.

Lexa sorride debolmente, e Clarke trova difficile non lasciare che gli angoli della sua bocca ticchino verso l'alto in risposta. "Ti amo, Clarke. Non dimenticarlo mai."

"Non credo di aver mai dimenticato" Clarke si stringe nelle spalle. "Non del tutto."

Lexa annuisce. "Ne sono contenta."

Stanno in un confortevole silenzio, guardando le stelle.

"Mi perdonerai mai?" Chiede Clarke più tardi, quando si rende conto che è quasi mezzanotte e dovrebbero andarsene prima che inizi la prossima lezione di Astronomia.

"Per cosa?" Chiede Lexa confusa.

"Non essere stata in grado di salvarti" dice Clarke, corrugando le sopracciglia.

Lexa apre e chiude la bocca alcune volte, apparentemente senza parole. "Non sono mai stata arrabbiata con te" dice alla fine.

"Ma sei morta a causa mia" dice Clarke, come se affermasse l'ovvio.

"Sono morta perché Titus ha lanciato quella maledizione" la corregge Lexa, senza un accenno d'astio nella sua voce. "Non dare la colpa a un crimine che non hai commesso."

Clarke vuole piangere perché l'anima di Lexa è così buona e così pura, e meritava molto più della vita che le è stata data.

"Perché l'hai fatto?" Chiede Clarke.

Lexa non ci mette neanche un secondo a considerare la sua risposta. "Ho fatto ciò che mi sembrava giusto" dice semplicemente. "Ho scelto il mio cuore invece che la mia testa. Ho scelto te. E se potessi tornare indietro, lo rifarei sempre."

Clarke sospira tremante e riesce a malapena a tenere a bada le lacrime. "Anch'io ti amo, Lexa. Mi dispiace non averlo detto prima. Mi dispiace che non te l'abbia detto prima che tu...prima che lui... "

"Va tutto bene, non devi dirlo" dice Lexa gentilmente, muovendosi il più vicino possibile senza passare per il corpo di Clarke. "L'ho sempre saputo."

"Ero così ovvio, eh?" Dice Clarke scherzosamente, cercando di alleggerire l'umore.

Lexa sorride dolcemente. "Non più di quanto non lo fosse per me, ne sono sicura."

Continua a guardare Clarke con un'espressione tenera, alquanto divertita e alquanto affettuosa. Clarke chiede perché la stia guardando in quel modo.

"In che modo?" Chiede Lexa, ignara.

"Come se fosse l'ultima volta che mi vedrai" dice Clarke.

"Non sono mai stata capace di nasconderti niente, vero?" Dice Lexa con un sorriso ironico. "Non c'è un modo semplice per dirlo, ma penso di aver trovato un modo per andare avanti."

"Cosa?" Chiede Clarke, sbalordito. "Come-"

"Ho parlato con gli altri fantasmi. Credono che io possa essere in grado di passare attraverso il velo perché il mio caso è speciale - perché non avevo paura della morte" dice Lexa in modo uniforme. "Sono qui perché ti amo, e non ho mai avuto la possibilità di dirtelo. Ora che te l'ho detto...tutto ciò di cui ho bisogno è che tu mi lasci andare."

"Ma io non voglio che tu te ne vada" dice Clarke, un'espressione corrucciata a increspare i suoi lineamenti.

È come se avesse appena riavuto Lexa indietro - quanto deve essere crudele il mondo per portarla via di nuovo, e così presto? Ma poi Lexa emette un forte sospiro e le ricorda gentilemente la realtà della loro situazione.

"Me ne sono già andata" Lexa dice semplicemente.

Clarke deve distogliere gli occhi perché può sentire le lacrime risorgere di nuovo, ma riesce a chiedere tranquillamente: "È questo di cui hai bisogno?"

"Penso che sia ciò di cui hai bisogno anche te" dice Lexa sottovoce.

Clarke ricorda la storia di Cadmus Peverell, del suo amore perduto e del loro dolore condiviso. Non sarà lei a far soffrire Lexa più di quanto non stia già soffrendo. Se questo significa che deve lasciarla andare...

Clarke non può dire altro senza piangere, quindi si inchina con riluttante accettazione. Lexa annuisce una volta e aspetta silenziosamente che Clarke assorba il peso della loro decisione inespressa.

Riesce a trattenersi mentre si scambiano i loro ultimi saluti. Ma quando Lexa la guarda prima di andarsene per l'ultima volta, Clarke sprofonda sul pavimento e piange.

***

"Lexa se n'è andata" Clarke dice ai suoi amici a cena la sera successiva.

Non ha parlato con loro fino ad ora - in parte perché stava ancora cercando di scusarsi per non essere lì per loro come sono stati per lei, e in parte perché è ancora devastata dal fatto che Lexa se n'è andata per sempre.

Raven è la prima persona a superare il suo shock nell'udire la voce di Clarke per la prima volta da settimane.

"Cosa intendi?" Chiede gentilmente.

"Il suo spirito è andato avanti o qualcosa del genere" dice Clarke svogliatamente. Si gratta distrattamente la pelle sopra il suo cuore e poi aggiunge, più a se stessa che a chiunque altro "Non riesco più a sentirla."

"Non pensavo che i fantasmi fossero in grado di andare oltre il velo - la barriera tra i vivi e i morti" dice Bellamy confuso. "Dovrebbero essere intrappolati qui."

La sua insensibilità guadagna un gomito alle costole da Wells, e Clarke ridacchia.

"Se qualcuno può trovare un modo per ingannare la vita e la morte, quella è Lexa" dice seccamente. Può dire dalle loro espressioni che i suoi amici non sanno cosa dire per confortarla, così sorride in modo autoironico e continua "Non sono riuscita a dirle che la perdono. Per avermi nascosto la verità. Per essersene andata quando sarei dovuta essere io ad andarmene."

Per la prima volta, desidera aver ascoltato - i suoi amici, sua madre, Lexa - quando l'hanno avvertita di starle alla larga. Perché perdere Lexa una volta è stato doloroso, ma perderla due volte è pura agonia.

Non si rende conto che sta piangendo finché Raven non la fa alzare dal suo posto e le sue amiche sono tutte attorno a lei, proteggendole dagli occhi attenti delle altre persone nella Sala Grande. Quando raggiungono la relativa solitudine dell'ingresso, Wells la prende sotto un braccio e la stringe mentre singhiozza, offrendo abbastanza contatto per confortarla senza farla sentire soffocata. Quando sembra che siano passate ore e pensa che non possa più piangere, alza lo sguardo e vede Bellamy asciugarsi frettolosamente gli occhi. Poi all'improvviso si ritrova abbracciata a Octavia, la cui guancia umida è contro la sua, e le lacrime ricominciano.

***

(Tengono un piccolo funerale per Lexa, una volta che sono sicuri che lei se ne sia andata davvero.

"Non potevamo organizzare una cerimonia dopo la sua morte perché eri così persa nel tuo dolore. E poi tua madre ci ha parlato dell'incantesimo della memoria" dicono i suoi amici. "Non potevamo svolgere il suo funerale senza di te. Non sarebbe stato giusto.")

***

Clarke sta facendo colazione con Octavia mentre aspettano gli altri amici, quando vede degli occhi verdi che la fissano dal tavolo dei Serpeverde dall'altra parte della sala.

"Lexa" respira.

Lexa le sorride tra le teste di altri cento studenti. Octavia spinge la spalla di Clarke senza alzare lo sguardo, intenta a imburrare il suo toast.

"Se n'è andata, ricordi? Smettila di rimuginarci su."

"No..." Clarke afferra il mento di Ottavia tra l'indice e il pollice e indica il tavolo di Serpeverde. “Lexa.”

Il coltello pieno di burro di Octavia cade sul tavolo con un rumore metallico. "Oh merda."

Raven ridacchia mentre si avvicina e si siede di fronte a loro. "È bello sapere che ti ho influenzato abbastanza da farti dire imprecazioni babbane, O."

Dicendo ciò agita la fiaschetta con dentro il succo d'arancia, facendone cadere un bel po' sul tavolo, guadagnandosi un'espressione disgustata di Bellamy, che era proprio dietro di lei. Si siede accanto alla ragazza e le rivolge una faccia disgustata.

"Altre persone dovrebberlo berlo, lo sai."

"Non ti lamenti però quando beviamo il Moonshine dalla stessa bottiglia" Raven contesta compiaciuto.

Bellamy ridacchia. "È una situazione completamente diversa-"

"Ha davvero importanza?" Chiede Octavia esasperata. "Sappiamo tutti che prima o poi vi scambierete comunque la saliva."

Clarke non riesce nemmeno a ridere delle loro espressioni sbalordite. Continua a fissare Lexa, che è qui anche se non dovrebbe essere - non potrebbe essere - e le sta ancora sorridendo dall'altra parte della sala.

"Stai bene, Clarke?" Chiede Bellamy, finalmente notando la sua faccia pallida.

Raven la guarda preoccupata. "Sembra che tu abbia visto un fantasma, Griffin."

Si rende conto della scelta delle parole un secondo troppo tardi, e la sua espressione cambia immediatamente in dispiaciuta. Clarke non è minimamente offesa.

"Al contrario, in realtà" dice, ancora meravigliata dalla vista di Lexa, chiaramente viva e vegeta. "Guarda dietro di te."

Bellamy e Raven si girano. È ovvio che anche loro la possono vedere, e Clarke non può fare a meno di emettere una debole risata.

"Oh merda" dice Bellamy stupito.

Octavia annuisce. "Esattamente quello che ho detto io."

"Cosa stai aspettando?" Chiede Raven a Clarke, che è congelata al suo posto. "Vai a prendere la tua ragazza - aspetta no, fantasma. La ragazza trasformata in fantasma che si è trasformata di nuovo in ragazza? Quello che è. Vai a riprenderti Lexa!"

***

La Sala d'Ingresso è per lo più vuota, con solo qualche studente che si muove tra le porte della Sala Grande e le scale di marmo che conducono alla Grande Scalinata. Dal rumore delle scarpe che si picchiettano debolmente sul pavimento, Clarke assuem che Lexa la stia seguendo.

Poi la consapevolezza di poter sentire la presenza di Lexa la inebria e il cuore di Clarke comincia a palpitare. Si ferma pochi passi dopo Sala d'Ingresso, quando il trambusto degli studenti nella Sala Grande diventa incomprensibile rumore di sottofondo.

“Clarke?”

La voce di Lexa arriva vicina appena dietro di lei, ma Clarke non riesce a voltarsi ancora.

"Sei davvero reale?" Espira, le sue parole quasi come una supplica.

Sente un sospiro, lo sente scompigliarle i capelli che pendono incerti dietro la nuca. Rabbrividisce e combatte l'impulso di fare un passo indietro, di lasciarsi cadere tra le braccia di una ragazza che non può esistere nello stesso suo spazio, non dopo tutto quello che è successo.

Ma poi Lexa dice una sola parola, e il cuore di Clarke inizia a battere un ritmo selvaggio nel suo petto.

"Sì."

Si gira e la vista degli occhi di Lexa - vibranti, verdi e vivi - la lascia senza fiato. Il naso di Lexa è arricciato, presumibilmente perché Clarke l'ha accidentalmente frustata in faccia con i suoi capelli, ma non riesce a scusarsi in questo momento perché Lexa è reale ed è qui.

Clarke allunga istintivamente la mano, ma si ferma appena prima di toccare la guancia di Lexa.

"Non è un sogno?" Sussurra incerta.

Lexa scuote appena la testa, apparentemente preoccupata della stretta vicinanza alla mano tremante di Clarke. La sua cautela è inutile - non appena Lexa annulla le preoccupazioni di Clarke, lei appoggia la guancia di Lexa nella sua mano tesa e le dita dell'altra mano raggiungono inconsciamente il groviglio dei capelli ricci di Lexa. Si spingono l'un l'altra in avanti, chiedendo a gran voce di essere il più vicino possibile fisicamente. Le loro gambe scivolano l'una tra l'altra, gli stomachi e le casse toraciche premute così forte da poter sentire il battito del cuore l'una dell'altra, le farafalle di entrambe sbattono forte le ali.

Lexa ansima - o forse è Clarke - e una di loro sta piangendo, perché Clarke può sentire l'umidità sulla sua guancia dove è premuta contro quella di Lexa. I loro nasi si toccano, le ciglia tremano umide l'una contro l'altra - Clarke si rende conto tardivamente che stanno entrambe piangendo - e poi la bocca di Lexa trova quella di Clarke, e Clarke si sente come se stesse andando a fuoco.

Il bacio è disperato - caldo, umido e disordinato - ma a Clarke non importava molto della tecnica o della finezza, non adesso. Può sentire il suo battito pulsare in ogni singolo punto di contatto tra loro - dove le sue dita sono arricciate nei capelli di Lexa, dove le mani di Lexa afferrano il retro della sua tunica, dove lo stomaco e il petto di Lexa si muovono contro i suoi ad ogni respiro tremante.

Lexa si lamenta debolmente quando Clarke si allontana dal bacio, le sue labbra si muovono istintivamente in avanti alla ricerca di Clarke, ma per quanto Clarke voglia andare avanti, hanno chiaramente molto di cui parlare.

"Come?" È tutto ciò che Clarke riesce a dire.

Sembra che nessuno di loro sia incline a staccarsi l'una dall'altra, quindi non lo fanno. Clarke si ritira solo abbastanza per guardare il viso di Lexa, arrossito appena dal loro bacio frenetico. Lexa deglutisce faticosamente - gli occhi di Clarke seguono il movimento della sua gola, rapiti dal movimento che afferma ulteriormente che Lexa è viva - e si prende un momento per riprendere il respiro prima di rispondere.

"Un giorno mi sono imbattuta nel Barone Sanguinario - sai, il fantasma Serpeverde - nella Torre di Astronomia, e abbiamo avuto modo di parlare. Di tutto. Non è così orribile come tutti lo fanno sembrare" dice Lexa, poco più di un sussurro. Clarke si crogiola nel calore del suo respiro, una tale differenza dal gelido freddo della sua forma spettrale. "Lo sapevi che ha ucciso accidentalmente la ragazza che amava e poi si è suicidato per il dolore?"

Clarke scuote la testa in senso negativo. "Non lo sapevo."

Lexa sorride debolmente. "Dice che il suo rimorso lo ha spinto a diventare un fantasma. Credo che l'abbia chiamata la sua eterna espiazione."

"È così triste" dice Clarke, corrugando leggermente le sopracciglia.

Lexa annuisce. "Abbiamo iniziato a fare ipotesi sul motivo per cui sono stata riportata indietro. Per quanto ne sappiamo, gli esseri magici possono diventare fantasmi solo se scelgono di esserlo."

"Quindi questo significa che lo volevi?" Chiede Clarke, in qualche modo sbalordita.

"Non ho scelto intenzionalmente di diventare un fantasma" dice Lexa scuotendo la testa. Poi gli angoli delle sue labbra si piegano in un piccolo sorriso. "L'unica scelta che ricordo di aver fatto eri tu."

Clarke sfiora il braccio di Lexa in segno di affetto e chiede: "Allora, come hai...?"

"Un fantasma è l'impronta fisica dell'anima di una persona. Per diventare un fantasma, bisogna avere un'anima intatta" spiega Lexa. "Ma uccidere distrugge l'anima, il che significa che il barone non avrebbe potuto tornare indietro. Tuttavia, crede che la sua anima sia stata guarita dal rimorso che ha provato a uccidere involontariamente il suo amore. Con la sua anima guarita, potrebbe diventare un fantasma e quindi liberarsi dalla sua penitenza autoimposta."

"Ok, il barone era abbastanza pieno di rimorsi per guarire la sua anima e tornare come un fantasma. È bello e tutto, ma cos'ha a che fare con te?" Chiede confusa Clarke.

"Ho nutrito un profondo rimorso per il fatto che ti ho messo in una posizione così pericolosa in primo luogo. Non avrei mai dovuto lasciarti da nessuna parte vicino a Titus" dice Lexa mentre le sue sopracciglia si uniscono. "Non avrei mai potuto perdonarmi se ti avesse ferito, così ho fatto quello che dovevo fare per proteggerti. Era l'unico modo in cui potevo mantenere la mia dignità e ogni senso di rispetto per me stessa."

Clarke si scioglie un po' nell'abbraccio di Lexa, ma ancora non capisce dove Lexa stia andando con questo discorso. "Che cosa stai dicendo, Lexa?"

"Se il rimorso del barone ha potuto guarire la sua anima - guarirla abbastanza da poter diventare un fantasma - allora forse il mio rimorso mi ha aiutato, in parte, a riportarmi indietro" dice Lexa sottovoce.

"In parte?" Clarke domanda incuriosita.

"C'è molto più sulla magia di quello che impariamo in classe" dice Lexa, tornando a divagare dall'argomento. "Sapevi che l'amore è il ramo più potente e misterioso della magia? Perfino adesso streghe e maghi difficilmente si sono avvicinati al vero potere dell'amore. Sanno ancora meno come funziona."

Clarke alza un sopracciglio. L'amore è la forma più potente di magia?

Lexa ridacchia all'evidente scetticismo di Clarke. "Non devi credermi, ma sto dicendo la verità."

Clarke lancia una risata attraverso il suo naso "Sembra inverosimile, ma ti credo. Qual era l'altra cosa - le cose? - che ti hanno aiutata a tornare?"

"Le nostre emozioni sono profondamente legate alla nostra magia" dice Lexa delicatamente. "È possibile che io abbia scelto inconsciamente di rimanere perché..."

"Perché?" Chiede Clarke.

Lexa sorride teneramente. "Perché non ho mai potuto dirti che ti amavo."

Clarke non può fare a meno di attirare Lexa in un altro bacio, anche se un po' più gentile dell'ultimo. Professano l'amore l'una per l'altra tra baci morbidi e respiri tremanti, finché uno studente di passaggio non ricorda a gran voce che si trovano in uno spazio pubblico.

Clarke preme le labbra sul sorriso un po' imbarazzato di Lexa, e condividono una risata tranquilla. Alla fine si separano, ma non si allontanano troppo l'una dall'altra.

"Rimorso e amore" riflette Clarke, giocherellando con le dita di Lexa mentre le loro mani oscillano tra loro. "Abbiamo questi sentimenti in comune, no?"

Lexa mormora in segno di riconoscimento.

"Pensi davvero che sia quello che ti ha riportato indietro?" Chiede Clarke, non in modo accusatorio ma semplicemente per curiosità.

"Non ho motivo di credere altrimenti" dice Lexa con una leggera scrollata di spalle. "Tutto quello che so è che sono debitore a qualunque magia abbia sfidato la morte per riportarmi a te. Forse chiuderò un occhio, solo per questa volta."

Stanno in silenzio per un po', contente di essere solo in presenza l'una dell'altra.

"Ti manca essere un fantasma?" Chiede Clarke, quando la sua curiosità sopraffà la sua riluttanza a rompere il confortevole silenzio.

"Mi manca la capacità di camminare attraverso i muri" ammette Lexa, con un mezzo sorriso. "Ma nessun potere ultraterreno è comparabile all'essere in grado di toccarti."

Clarke scuote la testa affettuosamente. “Romanticona."

"Dico solo la verità" Lexa la corregge con un ghigno e un bacio sulla tempia.




 
Note traduttrice:
Eccoci qua ragazzi con l'ultimo capitolo! Vi chiedo subito scusa se trovate errori di qualsiasi tipo, ma sono davvero stanca e l'ho a malapena corretto.
Per il resto spero che la storia vi sia piaciuta e soprattutto di avervi trasmesso le stesse emozioni che ho provato leggendola in inglese, soprattutto la parte straziante in cui Lexa è esanime tra le braccia di Clarke e quando le due, tornate nel presente, si lasciano affinchè Lexa possa trovare la vera pace.
Al finale non so voi, ma io sono rimasta davvero sconvolta al fatto che Lexa sia...come dire...resuscitata, anche se devo dire che l'autrice ha messo su una spiegazione che può anche starci, perchè proprio come ha scritto lei alla fine della fan fiction "L'amore è la magia più potente, e non è una debolezza."

 
   
 
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