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Autore: alessandroago_94    23/09/2018    10 recensioni
La morte di una persona cara può lasciare un vuoto incolmabile.
Il racconto si è classificato primo al Contest All’ultima quote (Sense8 edition), indetto da Iamamorgenstern sul Forum di Efp (unico testo consegnato).
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il nonno contest

IL NONNO

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono giorni tutti uguali.

Tutti dannatamente, stupidamente uguali.

È che… quando manca qualcosa, e quando i ricordi riemergono dalle profondità di una coscienza che vorrebbe solo seppellirli, fa davvero male.

Ricordo le tue mani, grandi e forti, che mi sollevavano da bambino; la tua splendida risata, i tuoi preziosi consigli. Oh, e ricordo anche molto bene quando mi raccontavi che avevi progetti importanti, per me; essi erano tutti rivolti a sollecitare le mie passioni, a solleticare i miei hobby. Insomma, non mi hai mai detto fai questo, fai quello.

È che forse non sapevi negarmi nulla.

Quando ero un adolescente ribelle, i miei genitori mi promettevano un futuro in fabbrica; in particolare, in uno stabilimento ben noto che sorge vicino a casa nostra. Io avevo veramente paura di quel posto, e tu lo sapevi.

Là accadevano spesso infortuni, le persone stavano male e facevano turni lunghissimi, anche di notte. Di tanto in tanto qualcuno ci ha rimesso la pelle, con persone morte sotto il peso delle lamiere di acciaio e tante altre che uscivano da quella sorta di inferno senza una gamba o senza un braccio.

Ehm, insomma, bastavano questi pochi dettagli a rendere codesta fabbrica il mio incubo.

E a scuola andavo pure male, alle medie mi fioccavano gli Insufficiente ed ero sempre ampiamente sotto la soglia della sufficienza in tutte le materie.

Ricordo che una volta sono venuto da te e ti ho narrato le mie paure. Ti ho spiegato che i miei mi dicevano di studiare, altrimenti sarei finito a lavorare in quella fabbrica, come tutti i somari della zona.

Ma come potevo spiegare a loro che studiare non mi piaceva? Mi piaceva la Storia, ecco, solo in quella materia e nei temi di Italiano riuscivo a volte ad andare bene, ma quei voti positivi venivano inghiottiti dal baratro oscuro di tutte quelle insufficienze.

Ero un vero asino, passavo intere giornate scolastiche a guardare fuori dalla finestra e a immaginare storie e racconti che un giorno avrei scritto.

Ecco, ricordo bene che ti ho raccontato tutto questo, e anche al passato, poiché già allora credevo che per me fosse tutto finito. La terza media stavo per concluderla e di voglia non ce n’era; l’iscrizione alla scuola superiore era obbligatoria per raggiungere i sedici anni e quindi concludere l’obbligo scolastico.

E poi? Poi cosa ne sarebbe stato di me?

Nonno, io me lo ricordo come se fosse ora quando te ne ho parlato, te lo giuro. Io volevo provare a studiare e a fare bene, ma non era colpa mia se non ci arrivavo. Non sapevo perché alla fine dell’anno i professori mi promuovevano, forse avevano pietà di quel ragazzino timidissimo che era inadatto a tutto. In più, non volevo finire nell’inferno di quella fabbrica… preferivo morire.

Tu mi hai guardato attentamente, poi hai riso con gentilezza; mi hai spiegato che i miei mi dicevano quelle cose solo per spingermi a impegnarmi di più.

A me piaceva stare all’aria aperta, a giocare senza pensieri e a stuzzicare la mia creatività con piccoli lavoretti manuali o a restare immerso nella natura; non ho problemi, oramai, ad ammettere che a quei tempi non avevo proprio voglia di mettermi a sudare su quei libri. Leggevo i miei, di libri, quelli che sceglievo in biblioteca o nelle librerie, e non quelli che mi imponevano gli insegnanti.

Ricordo anche che, dopo qualche settimana, mi hai promesso che mi saresti rimasto per sempre a fianco e che avresti fatto di tutto al fine di non farmi più sentire inadeguato. Se il mio sogno era quello di coltivare alcuni hobby specifici e di dedicarmi all’agricoltura, molto bene; tu ci saresti stato e mi avresti offerto tutta la tua esperienza a riguardo.

Allora divenni certo che avrei fatto bene. Le tue parole, a suo tempo, mi hanno rassicurato così tanto da donarmi certezze che mi sono sembrate indubbie, e… contrariamente a ogni possibile pronostico, dalla prima superiore sono riuscito a ingranare. Avendo questo supporto incondizionato in tasca, tutto il resto poteva aspettare, e così sono riuscito a dedicare il giusto tempo anche ai libri di scuola.

Ciò non toglie che, appena ho potuto, ho anche mollato; però ci ho messo impegno e non sono stato più una schiappa assurda. Sono riuscito a cavarmela con buoni risultati.

Tuttavia, il tempo era trascorso, e anche solo cinque anni per te sono stati come un’eternità… ti ho visto raggrinzire in fretta, e forse non volevo crederci che qualcosa non andava.

Ho visto la tua vita che appassiva, e anche se non riconoscevo questo cambiamento repentino ho sempre cercato di starti vicino. Tornavo a casa dall’istituto superiore che frequentavo e non vedevo l’ora di raccontarti tutto della mattinata appena trascorsa. Ti ho raccontato del mio Esame di Stato, superato brillantemente, e poi è giunto il momento del futuro.

Il momento tanto atteso; la mia scelta finale.

Non ho mai pensato seriamente di andare all’Università, abitando lontanissimo da ogni centro abitato degno di nota, quindi ho potuto finalmente cominciare a coltivare ogni mio sogno, dall’agricoltura alla scrittura amatoriale. A quale costo, però? Ho perso te.

Nonno, tu stavi morendo, ed io non me ne sono neanche accorto.

Ricordo quella giornata di luglio, molto calda, ed io spensierato che facevo un bel bagno nell’acqua salata di un Mediterraneo fantastico… poi quella telefonata… tu che eri stato portato d’urgenza in ospedale… non potevo crederci. Sul serio. Un fulmine a ciel sereno.

Eri diventato più vecchio, più grinzoso, certo, ma non eri mai stato male.

Tornato a casa, mia madre mi ha raccontato come tu non fossi più capace di parlare e di muoverti, e com’eri rimasto. Ed io non ho avuto neppure il coraggio di venirti a vedere in ospedale; ero atterrito da tutta quella sofferenza, e ancora mi sembrava impossibile che tu non ci fossi più.

L’ultimo ricordo che ho di te è quello di qualche giorno dopo, quando ti mandarono a casa in ambulanza, quasi paralizzato e incapace anche solo di respirare. Non mangiavi, non parlavi, non ti muovevi… tutto doveva esser fatto grazie all’utilizzo di appositi strumenti tecnologici.

So solo che quando mi sono avvicinato al tuo letto e ti ho parlato, sei riuscito a muovere le dita della mano destra e hai afferrato la mia mano, donandomi un ultimo, caldo contatto. Anche se i medici avevano sancito che l’ematoma nel tuo cervello ti aveva reso incapace anche solo di comprendere, a quel punto ero più che mai certo che mi avessi sentito e che avessi compreso ogni parola che ti avevo detto.

Quando rimembro quel momento, mi salgono ancora le lacrime agli occhi e mi viene da piangere, poiché solo poche ore dopo quel breve e ultimo contatto sei morto. Sei venuto a mancare senza emettere un solo rumore, il tuo cuore ha continuato a battere flebilmente per qualche istante prima di spegnersi per sempre.

Nonno, è accaduto tutto così in fretta! Solo qualche giorno prima eri un anziano simpatico e vivace, con le tue battute a volte pungenti e un po’ tristi, però sapevi che tutti ti volevano bene ugualmente. Così ho imparato che la morte non ti lascia dire addio… scava solo dei buchi… nella tua vita, nel tuo futuro, nel tuo cuore.

Perché è rimasta una ferita che sanguina nel mio cuore, e che non si è più rimarginata da quando sei venuto a mancare. È un vuoto che ho dentro e che non riesco a colmare.

Adesso i miei sogni, i nostri sogni, sono diventati realtà e tu non puoi vederli… mi piacerebbe che anche che potessi leggere questo testo.

Sai cosa mi dispiace di più? Che non ho potuto salutarti per bene. Non ho potuto donarti quell’abbraccio che avrei tanto desiderato lasciarti come simbolo del mio affetto eterno.

Tra me e te c’è stata una brusca interruzione, come se qualcuno si fosse messo di mezzo a rovinare tutto… la morte. Dannata morte.

Ora so che ti consoli pensando che tutto qui va bene, che è tutto a posto e che ogni nostro sogno condiviso è sempre più reale e tangibile; so che lo sai perché ti avverto sempre con me… anche se a volte mi manchi lo stesso. Mi manchi tanto.

Allora affogo questi ricordi, nascondendoli negli abissi della mia coscienza. Ho così imparato che tutto prima o poi riemerge.

Anche perché il tuo mezzo sorriso molto timido è qualcosa che non si può dimenticare; non ti ho mai sentito ridere forte o sbeffeggiare qualcuno, e questo ti ha reso un grande onore.

Se tu ora fossi a mio fianco, cosa mi consiglieresti di fare? Nonno, aiutami, se puoi...

Ci sono delle volte in cui i dubbi prevalgono sulla ragione e allora riemergi con forza e penso a quale scelta avresti effettuato. So che posso fidarmi di ciò che mi hai lasciato, anche se avevi ancora tanto da trasmettermi.

Sono convinto che un giorno recupereremo il tempo perduto, anzi, avremo giorni infiniti da passare assieme… ma fino ad allora, mi mancherai. Fino alla fine, fino all’ultimo istante di vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Piccolo racconto scritto un po’ in fretta, spinto da una genuina ispirazione.

Inoltre tratta una miscela di sentimenti che da tempo aleggiano nel mio cuore. Scrivere questo racconto mi ha fatto stare meglio.

Ringrazio la giudice del Contest per la bellezza delle sue iniziative. La frase utilizzata in questo racconto è quella in corsivo (citazione c, “La morte non ti lascia dire addio … scava solo dei buchi … nella tua vita, nel tuo futuro, nel tuo cuore.”  Riley – 1x09).

Grazie a tutti ^^

 

 

 

 

   
 
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