Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: La_Sakura    26/09/2018    7 recensioni
Genzo Wakabayashi non è solo il portiere più acclamato e titolato del momento: è anche l’erede dell’impero della Wakabayashi Corp., una delle multinazionali più importanti sul mercato.
Non se n’è mai preoccupato troppo: con suo padre fisso al comando, e i fratelli già ampiamente attivi in varie filiali, non ha mai dovuto prendere le redini, riuscendo così a posticipare costantemente il suo completo inserimento in azienda. Forte della collaborazione della Personal Assistant di suo padre, ha continuato a concentrarsi sulla sua carriera di portiere paratutto del FC Bayern München, riuscendo pienamente a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato.
O, per lo meno, così è stato fino ad ora.
---
Serie "Im Sturm des Lebens"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Im Sturm des Lebens'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ET - Capitolo 1

Aprì la porta blindata e accese la luce: Genzo si trovò davanti un ambiente piccolo ma accogliente. Di fronte all’ingresso c’era un salottino composto da un divano rosso, situato di fronte a un mobile che conteneva la tv e un piccolo impianto stereo a cui era collegato un lettore MP3 di ultima generazione. Alle spalle del divano c’era la cucina, posta in una rientranza nel muro e semi-chiusa da una penisola in cartongesso su cui notò una tazza e una confezione di cereali.

«Stamattina ho fatto tardi e non ho avuto tempo di sparecchiare.» si giustificò Julia, notando lo sguardo del ragazzo sui resti della sua colazione.

«Stavo osservando i colori della tua cucina, in realtà…»

Spiccava il frigo in stile anni ’50 color rosso acceso, sulla sinistra; poi partiva un ripiano in quarzite bianca che arrivava fino alla penisola di cartongesso; i mobili erano laccati ludici, con la differenza del colore, che per quelli posti in basso era rosso come il frigorifero, mentre per i pensili posti in alto era bianco. Nella parte di muro tra le due file era posizionato un pannello bianco decorato con delle farfalle dipinte.

«È allegra. – rispose lei di rimando – Così è più piacevole svegliarsi alla mattina…»

«Mi piace come hai arredato questa casa, è… essenziale.»

Julia si diresse in cucina mise due sgabelli rossi all’esterno della parete di cartongesso e iniziò a sistemare.

«Preparo qualcosa da mangiare, ti va?»

Genzo annuì sedendosi sullo sgabello ed emettendo un grosso sospiro; Julia gli voltò le spalle e mise a scaldare una padella, dove poi fece saltare degli straccetti di carne bianca con un po’ d’olio, rosmarino e sale grosso. Dal freezer tirò fuori un pacchetto di patatine fritte surgelate, ne versò un po’ in una teglia e le mise a cuocere nel forno. Il portiere rimase in silenzio per tutto il tempo, con lo sguardo vacuo.

«Ecco qua. Spero che ti piaccia. Dopo ti preparo degli asciugamani se vuoi farti una doccia, così nel frattempo apro il divano-letto. Fai come se fossi a casa tua e… che c’è?»

Genzo era saltato sulla sedia ed era scattato in piedi, guardando per terra.

«E questo cos’è?»

«Come “cos’è”? – esclamò Julia ridendo e alzandosi per raggiungere l’oggetto dello spavento del ragazzo – Un gatto, non vedi? – disse poi, prendendolo in braccio – Romeo, non si spaventano gli ospiti!» sgridò il felino, che si beò delle coccole della padrona socchiudendo gli occhi.

«Romeo? Romeo e Julia?(1)»

«Sì, me l’ha regalato Heidi già “battezzato”… che ci vuoi fare! – liberò il felino e si lavò le mani nel lavello della cucina – Non sei allergico o robe simili, vero? Altrimenti stanotte dovrò chiuderlo in bagno.»

«Ma no figurati povera bestia, lascialo libero, in fondo è casa sua…»

 

Julia si svegliò di soprassalto: aveva sentito un verso strano provenire dal salotto. Corse a vedere cosa fosse successo e non appena accese la luce la dinamica le fu subito chiara: Genzo era a sedere sul letto e guardava con odio Romeo che, ai piedi del letto, fissava lo sconosciuto con aria di sfida muovendo la coda a destra e sinistra. Si avvicinò ai due, e non appena si sedette a gambe incrociate sul letto, il gatto le si posizionò in grembo.

«Scommetto che ti ha morso i piedi…» disse, accarezzando la testolina rossa del felino.

«Quello non è un gatto, è un mostro!» rispose il portiere, guardandolo con aria minacciosa.

«Sei stato tu a dirmi che potevo lasciarlo libero, io volevo chiuderlo in bagno.»

«Se avessi immaginato che avrebbe attentato alla mia vita, ti avrei chiesto di chiuderlo fuori di casa!»

La ragazza scoppiò a ridere, cosa che il gatto non gradì particolarmente perché tirò su la testolina e miagolò infastidito.

«Esagerato…»

«Scusami, non volevo svegliarti…» disse Genzo dopo qualche minuto di silenzio, sdraiandosi nuovamente.

«Non ti preoccupare, ho il sonno leggero e dormo poco… come ti senti?»

Fece spallucce.

«Come uno che sta rischiando di perdere il padre… e che si è accorto di avere molte, troppe cose in sospeso con lui. Con la famiglia in generale, direi. Mi sento un idiota al momento.»

«Cerca di non colpevolizzarti troppo, Genzo. Sono cose che purtroppo possono capitare, anche se non ci piace sentircelo dire. L’importante è che l’operazione sia andata bene e che adesso tuo padre si riprenda. Avrai modo di farti perdonare, se mai ce ne fosse bisogno.»

«Ho sempre dato per scontato troppe cose con loro. Forse perché sono arrivato “inaspettatamente”, o forse perché erano spesso in giro per il mondo a curare gli affari. Sta di fatto che mi sono autoconvinto di un sacco di cose negative.»

Julia si stupì di quella confessione, era la prima volta che parlava con lui di questioni non interenti al lavoro o alla sua carriera di calciatore.

«Lo sai che al lunedì tuo padre prima di iniziare qualsiasi cosa si legge tutte le pagine sportive e confronta i pagellini?»

«No, non lo sapevo…» un sorriso amaro comparve sul volto di Genzo.

«E quando arriva qualche cliente straniero, e inevitabilmente si inizia a parlare di calcio, devi vederlo come gongola quando ti elogiano, o come si inalbera quando dicono qualcosa di storto su di te. Lo so che ha un carattere un po’ rude, e a volte anche brusco nei tuoi confronti… ma ti vuole bene, credimi.»

«Se non lo sai tu che sei la sua assistente personale… ti ha mai dato fastidio lavorare così a stretto contatto con lui?»

«Che intendi?»

«Beh sai, lui è un uomo, tu una donna… so di certe voci che sono circolate un paio di anni fa.»

«Alle voci ci ha pensato Ochiyo, fortunatamente. Ho un ottimo rapporto con tua madre, è stata lei a volermi fermamente, dopo il primo colloquio.»

«Chissà cosa la aveva colpita di te…» la schernì.

Julia lo fulminò con lo sguardo.

«Il fatto che, sebbene fossi senza esperienza, mi ero candidata per un posto del genere. Assistente personale del Direttore Generale. Ci voleva del fegato.»

«Sono contento che quel posto sia andato a te. Sei in gamba… sì, forse non sei il massimo della simpatia, però…»

«Ma tu guarda questo! – esclamò Julia colpendolo col cuscino – E io che ti permetto anche di farti mordere dal mio gattino.» e così dicendo cercò di stemperare la situazione, dato che come primo “colloquio informale” col figlio del suo capo poteva bastare.

«”Gattino”? Quell’ammasso di pelo peserà 15 kg!»

«Non scherzare, ne pesa sì e no 5…»

«Ah beh, scusa! Proprio una piuma, eh?»

Julia gli fece la linguaccia e si alzò dal letto.

«Lo porto con me, così non ti disturba più… spero! Buonanotte, Genzo.»

«Buonanotte, Julia. E buonanotte anche a te, immondo felino!»

 

Il medico li fece accomodare nel suo studio e si sedette alla scrivania: attese che Julia e Genzo fossero comodi, quindi appoggiò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita davanti al mento.

«Penso sia chiaro che la situazione è grave. Herr Wakabayashi aveva una stenosi carotidea, vale a dire un restringimento del lume dell’arteria carotidea. Ancora non ci spieghiamo come abbia potuto sottovalutare i sintomi, ad esempio il formicolio al braccio sinistro, o alla testa. Ad ogni modo siamo fortunatamente arrivati in tempo, credetemi, quando dico “fortunatamente” non uso un termine a caso.»

Julia si voltò verso Genzo e lo vide contrarre la mascella e stringersi le ginocchia fino a sbiancarsi le nocche. Aveva deciso di accompagnarlo dato che Frau Wakabayashi era ancora sotto shock e non era in grado di sostenere l’incontro col medico; non voleva lasciare a Genzo l’incombenza di rimanere solo a conoscere le sorti del padre, e soprattutto voleva sincerarsi personalmente delle condizioni del suo titolare.

«Il quadro clinico è complesso. La parte sinistra del corpo è rimasta offesa, al momento non sappiamo dire se recupererà l’uso e la sensibilità della gamba e del braccio – Genzo sbiancò – e nemmeno se tornerà al 100%. È una condizione veramente critica.»

«Dottore, – lo interruppe Julia – che sia una condizione critica lo avevamo capito, e se potesse smettere di ripeterlo in continuazione eviteremo di dover ricoverare un calciatore svenuto. – e con la testa indicò Genzo al suo fianco, pallido e con lo sguardo perso nel vuoto – Se non ho capito male l’intervento è andato bene, no?»

«Sì, l’intervento è andato bene. Abbiamo liberato la carotide dall’occlusione e il paziente ha reagito bene. Adesso lo terremo qualche giorno in terapia intensiva, poi se tutto andrà come deve andare lo sposteremo in reparto.»

«Lui è cosciente? Si è svegliato?»

«Sì, è debole, come potete ben immaginare, ma è sveglio e cosciente.»

«Credo che tu debba vedere tuo padre, Genzo.» gli suggerì Julia, alzandosi dalla sedia.

«Mi scusi, signorina…?»

«Wagner. Julia Wagner.»

«Signorina Wagner, lei ha rapporti di parentela con Herr Wakabayashi?»

«Sono la sua assistente personale – rispose Julia, appoggiando la borsetta sulla sedia e iniziando a cercare qualcosa all’interno – con delega… ah, eccola. – prese un foglio e lo porse al medico – Con delega scritta e firmata personalmente da Herr Wakabayashi e da sua moglie per quanto riguarda la conoscenza delle sue condizioni di salute.»

Genzo spalancò gli occhi e iniziò a spostare lo sguardo alternativamente da lei al foglio di delega, attonito.

«Me lo vuoi spiegare?»

«Ne parliamo dopo. » lo freddò.

Il medico finì di leggere il foglio, lo porse a Julia e annuì.

«È tutto regolare. Possiamo andare.» disse, e li scortò fino alla terapia intensiva.

Li fece entrare uno alla volta dopo aver fatto loro indossare un camice e una cuffietta per i capelli. Quando fu il turno di Julia, questa entrò e si sedette accanto al letto, sorridendo al suo titolare.  

«Ci ha fatto spaventare, lo sa?»

«Eh, credo di essermi spaventato pure io questa volta… avete parlato con i medici?» gracchiò l’uomo, a fatica.

«Sì, anche se a un certo punto il chirurgo non voleva parlare con me.»

«Gli hai fatto vedere la delega?»

«Sì, ho dovuto, ma Genzo non l’ha presa molto bene… non gliene aveva parlato?»

«Rientrava tra le cose che avrei dovuto e voluto fare… ce ne sono tante…» sospirò l’uomo.

«Herr Wakabayashi, lei adesso deve pensare solo a guarire. Avrà tutto il tempo che vorrà per parlare con suo figlio.»

«Martha ha la mia agenda: controlla gli appuntamenti di oggi e pensaci tu, per favore.»

«Non si preoccupi, me ne occupo io.»

 

«Hai intenzione di dirmi qualcosa riguardo a quella “delega”?»

«Cosa vuoi sapere?»

«Perché ce l’hai?»

Julia inchiodò al semaforo e si voltò verso Genzo.

«Si può sapere perché ti dà così fastidio? È una delega che Herr Wakabayashi e Ochiyo mi hanno fatto prima che tu venissi a giocare a Monaco. Se fosse successo qualcosa a tuo padre mentre Ochiyo era via e tu eri ad Amburgo, chi avrebbe potuto sentire dai medici come stavano le cose? Me la rinnovano tutti gli anni per abitudine, non perché ce ne sia effettivo bisogno.»

«Allora perché l’hai usata? C’ero io!»

«Genzo, ma che hai? Sei geloso? Ti dà fastidio? Ho semplicemente voluto parlare con Herr Wakabayashi, sia per sapere come stava che per chiedere conferma di cosa avrei dovuto fare da oggi in poi. Nevrotico.»

Parcheggiò l’auto inchiodando nuovamente, spense il motore e si affrettò a scendere. Non si prese nemmeno la briga di controllare che Genzo la stesse seguendo mentre premeva il pulsante dell’ascensore, ma quando vi salì il ragazzo la seguì.

«E sei sempre così premurosa con mio padre? Ora capisco le voci! Ti sei comportata come una primadonna vanesia e saccente!»

Julia lo ignorò e non appena le porte si aprirono uscì dall’ascensore e si diresse verso la postazione di Martha: Wakabayashi non mollò la presa.

«Non rispondi? Chi tace acconsente, dicono!»

«Dicono anche che il silenzio è d’oro, caro il mio idiota! – Martha la fissò a bocca aperta mentre le porgeva l’agenda di Herr Wakabayashi – E adesso, se non ti dispiace, tu continua pure a farti delle seghe mentali, io ho del lavoro da sbrigare, e dovrebbe interessarti dato che l’azienda, al momento, è tua!»

Lo lasciò lì, attonito, con la consapevolezza di aver esagerato. Si voltò verso Martha, che lo fissava ancora a bocca aperta.

«Acidella la tua amica…» le disse. La receptionist fece un sorriso tirato e tornò a concentrarsi sulle sue mansioni.

 

1 Romeo und Julia: Romeo e Giulietta in tedesco. Banale, scontato, ma… lo adoro XD

 

 

Ben ritrovate amiche mia, nella nuova puntata di "Un medico in corsia" *ridacchia*

Lo so, scusate, non c'è nulla da ridere... la situazione, qui, è abbastanza grave, Herr Wakabayashi ha preso una batosta non indifferente, e Genzo non l'ha ancora digerita molto bene. In più, capisce che il ruolo di Julia all'interno dell'azienda e con i suoi genitori è sempre stato più attivo di quanto pensasse: cosa passerà per la testa del nostro SGGK ora? 

Vi aspetto alla prossima puntata, sempre sintonizzate sullo stesso canale *blink* 

Baci, Sakura 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: La_Sakura