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Autore: mikimac    26/09/2018    2 recensioni
L'amore colpisce tutti. Spesso, quando meno te lo aspetti. Qualche volta, per chi non dovresti amare.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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La proposta
Londra era una città che non dormiva mai. Poteva sonnecchiare, per un periodo brevissimo, quando erano pochi gli umani e gli animali che si muovevano sonnolenti per le sue strade, i suoi parchi e il suo fiume. Londra, però, non si addormentava mai completamente, perché era la muta e impotente testimone delle imprese di tutti coloro che passavano sulla terra e sull’acqua, che erano il suo corpo e la sua anima.
John Watson emerse dall’incoscienza in modo lento e doloroso. Non si era ubriacato molto spesso, nella sua vita. Poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui avesse bevuto fino a sentire la testa leggera e a perdere le proprie inibizioni, ma aveva sempre mantenuto il controllo delle proprie azioni. Non era mai svenuto, come quel pomeriggio. Il giorno, che stava per iniziare, sarebbe stato terribile. Gli avrebbe sicuramente regalato un tremendo mal di testa. Lo sentiva forte e prepotente, anche se era ancora in uno stato di dormiveglia. Non poteva prevedere se lo stomaco avrebbe deciso di protestare per il trattamento subito. In quel momento sentiva un bruciore fastidioso, ma sembrava che l’alcool avesse deciso di restare dove si trovava. Forse sarebbe stata quella la punizione per avere bevuto fino a stordirsi, per dimenticare. Tenere tutto dentro, come aveva fatto per tutta la sua vita. Henry era sempre stato il figlio scapestrato, impulsivo e sconsiderato. John, malgrado fosse il minore dei due fratelli, era stato quello rispettoso delle regole, obbediente ed educato. Questa perfezione era stata pagata a caro prezzo. John aveva dovuto imparare a non mostrare i propri veri sentimenti, a reprimere quei sogni e quei desideri che non avrebbero mai incontrato l’approvazione dei suoi genitori. Tutto era rimasto celato nel profondo della sua anima, talmente ben nascosto, che persino lui ricordava a fatica quali fossero le sue vere aspirazioni e speranze.
“So che è sveglio, dottor Watson. Sarebbe il caso che aprisse gli occhi, in modo che potessimo parlare. Mi sta facendo perdere tempo prezioso e non è una cosa che io gradisca molto.”


La proposta


John spalancò gli occhi e si rizzò a sedere sul divano, sul quale si era addormentato, ubriaco. Nella stanza non erano accese luci. Dalle finestre entrava solo il lontano chiarore dei lampioni. Il dottore intravide una figura seduta sulla poltrona alla sua sinistra. Stava per scattare in piedi, quando la voce baritonale e profonda riprese a parlare: “Se fossi in lei, non lo farei. Ha bevuto talmente tanto whiskey che cadrebbe a terra senza avere alcuna possibilità di difendersi. Sarebbe una figura indecorosa, per un ex capitano del 5th Northumberland Fusiliers Regiment,” ridacchiò, in tono sarcastico.
“Chi è lei? Che cosa vuole da me? Come ha fatto a entrare?” Domandò John, nel tono più minaccioso e deciso che riuscì a trovare, nelle sue precarie condizioni.
“Mi chiamo Sherlock Holmes e lavoro per l’MI6. Le consiglio di cambiare la serratura della porta del suo appartamento, se non vuole intrusi, perché questa la scassinerebbe anche un bambino con una benda sugli occhi e una mano dietro la schiena,” sbuffò la voce, annoiata e sprezzante.
Il corpo di John si bloccò in una posa rigida. Se Sherlock avesse potuto vederlo, avrebbe notato le labbra ridotte a una linea sottile, lo sguardo gelido e le narici dilatate: “Fuori da casa mia,” sibilò il medico.
“Oppure?” Lo schermì Holmes.
“Potrò anche avere i postumi di una sbornia, ma non ho bisogno di essere nel pieno della mia forma fisica per sbattere fuori dalla porta una spia, con un calcio nel sedere,” ringhiò John.
La leggera risata di Holmes ricordò a Watson lo scorrere tranquillo delle acque di un ruscello di montagna: “Sarebbe interessante vederla all’opera, dottor Watson, ma non sono qui per testare le sue capacità di ripresa dopo una sbronza. Ho un’offerta per lei, che potrebbe aiutare suo fratello a ottenere una condanna più lieve, scontandola in un carcere più adatto alla sua posizione sociale.”
John si fece attento. Henry si era comportato da stupido, come sempre in vita sua. John, però, non riusciva a credere che avesse fatto la spia con malizia e intenzione di tradire il proprio paese. Il giovane Watson era convinto che il fratello fosse stato raggirato e usato da qualcuno molto intelligente e privo di scrupoli. John aveva tentato di convincere l’avvocato del fratello a utilizzare questa linea di difesa e a ingaggiare un investigatore privato, che scoprisse la verità sulle azioni insensate di Henry, ma il legale non lo aveva nemmeno ascoltato. Sebastian Wilkins aveva insistito sul fatto che l’MI6 aveva provato oltre ogni ragionevole dubbio la colpevolezza di Henry e che loro dovevano invocare la clemenza della corte, puntando sull’infermità mentale. Di che cosa altro poteva trattarsi? Un uomo sano di mente, così ricco e ben introdotto negli ambienti giusti, con una famiglia attenta e presente alle spalle, non avrebbe mai usato il proprio corpo per ottenere informazioni da amanti occasionali e poi venderle al miglior offerente.
Ora, questa spia, che si era introdotta illegalmente in casa sua, stava proponendo a John una via d’uscita per Henry. Il fratello maggiore non meritava che lui compisse questo ennesimo sacrificio, per alleviare la pena che gli era stata inflitta, ma John pensò ai genitori. Se lui avesse dimostrato che Henry fosse stato ingannato, i signori Watson avrebbero potuto ritornare a frequentare gli amici e la loro intransigente società a testa alta. Un figlio dichiaratamente stupido era sempre meglio di uno traditore del proprio paese.
“Accenda la luce,” ordinò John, in tono secco.
“Le darà fastidio agli occhi. Avere bevuto…”
“Non importa. La accenda. Voglio vedere in faccia la persona con cui sto parlando.”
L’ombra scrollò le spalle e allungò un braccio all’indietro, trovando l’interruttore della lampada a stelo, posta a fianco della poltrona su cui era seduta. La luce abbagliante costrinse John a chiudere gli occhi.
“Le avevo detto che le avrebbe dato fastidio,” ribadì l’ombra, petulante.
John riaprì gli occhi e fissò lo sguardo sull’uomo illuminato dalla lampada. Era giovane. Più di quanto avesse pensato, sentendo la sua voce. Forse era solo l’espressione sfrontata che aveva sul viso, a farlo apparire giovane. Gli zigomi erano alti, quasi taglienti. Le labbra rosse, atteggiate in una lieve curva tra l’ironico e l’annoiato. Era sicuramente un uomo alto. Molto alto. E molto magro. Qualche chilo in più distribuito nel corpo non avrebbe fatto male all’aspetto comunque piacevole della spia. I capelli erano lisciati e ordinati, ma un piccolo movimento sul fondo faceva capire che fossero ricci. Il vestito a due pezzi nero e la camicia bianca erano eleganti e sicuramente opera di un sarto rinomato. I primi bottoni in alto della camicia erano aperti, conferendo all’uomo un’aria sbarazzina. Le gambe erano accavallate e i gomiti erano appoggiati ai braccioli della poltrona, mentre le dita delle mani erano intrecciate, non molto lontano dal viso. Lo sguardo di John si concentrò sugli occhi di Sherlock Holmes. Erano di un azzurro chiarissimo e penetranti. Sembrava che riuscissero a scrutare l’anima della persona che stavano fissando. Sì. Decisamente Sherlock Holmes era un uomo affascinante, che difficilmente poteva passare inosservato e non avrebbe sicuramente sfigurato a uno dei ricevimenti dell’alta società, che tanto piacevano alla madre di John. Sarebbe stato ammirato e desiderato da tutte le dame presenti. E pure da qualche uomo. Non gli sarebbero mancati i corteggiatori e sarebbe stato al centro di una vivace contesa. John stesso avrebbe potuto… no. Lui no. E non stavano parlando di frivolezze romantiche e languide. John aveva ben altri problemi, più urgenti e pressanti.
“Che cosa dovrei fare per aiutare Henry?”
“Suo fratello non è certo una persona geniale. Anzi. Direi che sia piuttosto stupido, visto che si è fatto raggirare, usare e condannare al posto del vero colpevole…”
“Non mi sta dicendo nulla di nuovo. Siete stati voi geni dell’MI6 a farlo incriminare, esibendolo come unica mente malvagia dietro ai ricatti e alla fuga di notizie segrete. Ora che è stato riconosciuto colpevole, non potete denigrarlo e sminuire la sua intelligenza. Se sapevate che non era il vero responsabile, perché avete permesso che si tenesse quella farsa che avete chiamato processo?” Lo interruppe John, bellicoso.
“Dovevamo fare in modo che il vero colpevole si sentisse al sicuro, per avere il tempo di poterlo incastrare. Suo fratello non ci avrebbe mai aiutato ad arrestarlo. Probabilmente non sa nulla di veramente importante. È stato una piccola e sacrificabile pedina all’interno di un gioco molto più vasto.”
“Quindi lo state usando anche voi, come la persona che lo ha coinvolto in questo pasticcio,” sbottò John, furioso, stringendo i pugni.
“Noi stiamo agendo nell’interesse della Patria. Come ex soldato dovrebbe comprendere bene questo concetto,” ribatté Sherlock, spostando una mano nell’aria, come per allontanare una mosca fastidiosa.
“Tutto per la Patria, certo. Che cosa vuole da me?” Sibilò il medico, sarcastico.
“Stando alle nostre indagini, la vera mente dietro a tutto ciò è una persona che lei conosce molto bene, dottore. Vogliamo che lei la contatti, che riallacci i rapporti con il vero colpevole e che scopra ciò che sta facendo, in modo da fermarlo e arrestarlo, insieme ai suoi complici.”
“E chi sarebbe costui?”
“Costei,” Sherlock corresse John, che sollevò un sopracciglio, interdetto.
“Una donna?” Chiese incredulo.
“Una donna. Mary Morstan, per la precisione,” lo informò Sherlock Holmes, annuendo leggermente.
John spalancò gli occhi, incredulo. Mary? Mary Morstan aveva coinvolto Henry in un gioco di spie e gli aveva rovinato la vita? Lo aveva fatto per colpa sua? Perché lui la aveva lasciata? No. Non poteva essere. Erano trascorsi anni! Mary non poteva… Mary una spia…
John strinse forte il collo della bottiglia di whiskey, che aveva ancora in mano. Avrebbe voluto che vi fosse del liquore per berne ancora fino a stordirsi e dimenticare quel colloquio. Forse ce ne era nel bar. O comunque, poteva esserci qualcosa di altrettanto forte ed efficace. John scosse la testa. Aveva bisogno di pensare. Doveva ritrovare la propria lucidità per prendere la decisione giusta. Per il futuro di Henry. Per i suoi genitori. Per se stesso. Sì. Anche per se stesso. Si alzò in piedi di scatto. Gli girò la testa e sentì il whiskey tentare di risalire dallo stomaco alla bocca, per lasciare il suo corpo. John si rifiutò di lasciarsi sopraffare dalle vertigini e dalla nausea. Si diresse deciso verso il bar, dove appoggiò la bottiglia con un colpo secco. Si voltò e andò verso la porta, con un passo leggermente traballante. Prese delle chiavi dal tavolino accanto all’uscita e aprì l’uscio, ignorando completamente il suo ospite.
“Dove sta andando?” Chiese Sherlock, curioso.
“A prendere una boccata d’aria. Devo schiarirmi le idee.”
“Posso venire con lei? Le spiegherei il nostro piano.”
“Se non teme per la sua vita…” sogghignò John.
Sherlock aggrottò la fronte, vagamente confuso, ma seguì John senza porre altre domande. I primi raggi del sole entrarono nel salotto vuoto, illuminando la stanza di rosso fuoco.



Angolo dell’autrice


Bentornato e grazie a chi sia arrivato a leggere fino a qui.

Parliamo di personaggi e delle “parti” che sono stati chiamati a interpretare. Per l’ennesima volta in un mio adattamento, John si prende la parte delle donna. Per fortuna sono certa del fatto che Martin Freeman non lo verrà mai a sapere o chissà che cosa potrebbe farmi. In questo caso non avevo molte scelte. E non solo perché Cary Grant era moro come Benedict Cumberbatch e Ingrid Bergman bionda (o comunque chiara di capelli) come Martin Freeman. È vero che il drogato nella serie è Sherlock e quindi la parte dell’infiltrato sarebbe spettata a lui. Però, se Sherlock fosse stato Elena Huberman, mi sarei giocata Mycroft, che non avrebbe mai potuto essere il capo dell’MI6, in quanto sarebbe stato travolto dallo scandalo del padre spia e costretto a lasciare il proprio posto di potere. Vogliamo veramente perdere un Mycroft che dica a Sherlock che “caring is not an advange”? Non credo proprio. Ecco spiegato, quindi, il casting della storia.
E John nella parte di una donna è pur sempre divertente!

Sperando che vi siate divertiti a leggere le mie elucubrazioni, vi aspetto la prossima settimana. Sempre qui.
Grazie a 1234ok e meiosetsuna per le recensioni allo scorso capitolo.

Grazie a chi abbia segnato il racconto in una qualsiasi categoria.
Mi fa sempre piacere ricevere i vostri commenti, se vi va di lasciarmene.

Alla prossima!

Ciao!

   
 
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