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Autore: ___Page    01/10/2018    5 recensioni
«Allora, cosa mi raccontate?!» tiene un braccio sulle mie spalle mentre ci avviciniamo al tavolo. «Il lavoro? Il trasloco?».
«Abbiamo una piccola divergenza di opinioni sul citofono» racconta Ace con un sorrisone.
«Al lavoro tutto bene. Un po’ presi da un nuovo progetto. I Cloth Tattoo vanno alla grande».
«E al Castello?»
Law ghigna, come sempre orgoglioso del suo ospedale pediatrico.
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Ora al posto dello sterrato c’è una gittata di asfalto, per agevolare il transito di macchine e della linea di autobus che il comune di Raftel ha attivato apposta per collegare l’ospedale al centro città, ma, come quasi mai accade, non è una brutta visione. Questa strada è il preludio di qualcosa di così bello da rendere i miei ricordi su questa collina ancora più preziosi.
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«Oh santo…»
«Non t’azzardare» lo ammonisce la voce da dentro la maschera. «Pesa quanto me e caccia un caldo allucinante»
«E dire che sembra così confortevole» commenta bastardo Law.
«Grazie al cielo il resto del costume non mi va. Ma non si poteva dire ai bambini che il Dugongo Kung Fu si è slogato una caviglia. No. Perché avrebbero perso fiducia nelle arti marziali. Capisci, Law?! S’è slogato il cervello, altro che la caviglia!»
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Koala, Sabo, Sanji | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La vita è veramente strana.
Passi anni a studiare il corpo umano nel dettaglio, in tutti i suoi aspetti, il suo sviluppo, le sue disfunzionalità, le reazioni più svariate ai più svariati agenti esterni. Arrivi a conoscerlo con precisione maniacale, a immagazzinare molte più informazioni di quante fisicamente la scatola cranica potrebbe effettivamente contenerne se fossero tangibili e avessero un peso e un volume. I sintomi diventano pezzi di un puzzle da ricomporre, un gioco a cui si diventa sempre più affinati, e ogni reazione apparentemente incomprensibile è un indizio che avvicina alla soluzione. Tutto ha una spiegazione logica e la razionalità è perfezione.
Poi una mattina ti svegli e tutto quello che sapevi non conta più nulla. Il corpo reagisce senza alcuna coerenza, è disfunzionale contro ogni legge fisica, i sintomi non hanno più logica e la spiegazione è la più semplice e irrazionale di tutte.
Amore.
Studiato sul libro di neurologia, impossibile riconoscerlo quando sei tu a esserne affetta. Un insieme di reazioni fisiologiche e picchi ormonali che cambia ogni cosa e rende i colori più vivaci, il sole più caldo, l’aria più fragrante, il cioccolato poco interessante.
Il più incoerente dei sentimenti umani.
E, pur essendo la razionalità perfezione, non c’è niente di più bello – e spaventoso – che essere illogicamente, irrazionalmente, incoerentemente innamorati.
Ora lo so. Sono dovuta arrivare a ventisette anni per scoprirlo e mi sento anche abbastanza scema ma, mentre veleggio verso il banco dell’accettazione e Praline, non riesco a smettere di sorridere e non scambierei il mio stato d’animo con quello di una persona razionale per niente al mondo.
È bello essere innamorati. È bello essere innamorata di Sabo.
«Ehi Ish, cos’è quello sguardo perso e trasognato?»
Meno bello, il terzo grado di Praline.
«Eh?» salto su e scuoto il capo. E sì che ho fatto un quarto d’ora di prove nella Megalo per non apparire persa e trasognata. «Ma di che parli? Sono solo contenta» metto le mani avanti perché, e ho provato anche quello, le labbra si rifiutano di rispondere ai miei comandi e di smettere di stare piegate all’insù non vogliono saperne.
«E il tuo ritardo e la tua contentezza hanno la stessa motivazione?» ammicca con un sorriso saputo e languido Praline.
«In realtà…» la guardo apertamente, lasciando luccicare gli occhi. Non ho intenzione di nascondermi, tanto non è che possa arrivarci come per magia alla verità. Io e Sabo siamo stati molto attenti a non lasciar trapelare nulla, in queste settimane, comportandoci da semplici amici per tutto il tempo qui al Castello. «…è proprio così. La macchina non partiva ed ero già rassegnata a restare a piedi quando è resuscitata per miracolo e nel frattempo mi sono anche mangiata un cornetto spaziale al bar vicino a casa mia» mento senza pudore e sollevo pur un po’ il mento, per sfidarla a mettere in dubbio il mio racconto.
Cosa che ovviamente fa arcuando le sopracciglia, la guancia appoggiato sulla mano ma, incredibilmente, non indaga e mi da corda.
«Dovresti fare l’abbonamento al Merry Go Round»
Aggrotto le sopracciglia, perplessa. Non ha mica senso pagare per il servizio di carsharing messo a disposizione da Raftel, che consente il libero uso di macchine utilitarie di proprietà del comune, a fronte di una tariffa oraria e di un piccolo abbonamento mensile.
Comodo e utile, certo, ma per chi la macchina non ce l’ha.
«Ma mica mi conviene, sono automunita» le faccio notare.
«E ti darei ragione se non avessi una Megalo»
La fisso atona, gli occhi socchiusi. «Ma si può sapere che avete tutti contro le Meg…» provo a protestare ma un pianto improvviso mi interrompe.
Non che qui i pianti siano cosa rara, è pur sempre un ospedale pediatrico e i bambini piangono quando arrivano e, a volte, anche se molto raramente, quando se ne vanno. Ma quello che riecheggia nell’atrio non è un pianto normale. È un singhiozzare disperato, accompagnato da passi pesanti che arrivano dagli ascensori.
Mi metto dritta e in allerta e faticherei ad afferrare la situazione se non riconoscessi all’istante il signor Krahador che marcia verso l’uscita con Kaya in braccio. Ma, trattandosi del signor Krahador, so immediatamente che, qualunque cosa stia succedendo, non è una situazione né bella né normale.
E infatti Kaya si dimena sulla sua spalla e lui le urla di stare ferma e smettere di frignare e io sento qualcosa dento me tendersi.
Che cosa crede di fare questo emerito pezzo di merda?!
Una seconda eco rimbomba nell’atrio, un tonfo stavolta, della porta tagliafuoco che chiude le scale, seguito da passi veloci e un “Fermo!” urlato con disperazione.
Usopp arriva di corsa e si piazza tra Kuro e la porta, le gambe divaricate, il respiro grosso e Merry stretto in mano.
«Non fare un altro passo» lo minaccia Usopp, tremando di rabbia e di paura.
«Levati moccioso»
«No! Non la porterai via!» Kuro ruota gli occhi al soffitto, ricomincia a camminare e supera Usopp che gli afferra la spalla per bloccarlo e il mio corpo si muove da solo. «Kaya non è ancora guarita, non puoi portarla via!!!» protesta, le lacrime agli occhi.    
«E chi me lo impedirà, mh? Avanti, stupido moccioso, dimmi chi!»
«Io!»
La mia voce suona irriconoscibile persino a me, nel silenzio totale che è sceso sull’ingresso del Castello. Sembra un ruggito, gratta in gola e sul palato e, se potesse uccidere, questo bastardo sarebbe già caduto stecchito. Non so quando esattamente mi sono piazzata davanti alla porta, non so quando ho preso dal banco dell’accettazione il foglio che stringo in mano, di un esame a caso da una cartella a caso di un bambino a caso, ma poco importa. Conta solo che se vuole uscire di qui con la bambina, questo infame dovrà farlo sul mio cadavere.
E Kaya che continua a piangere cercando in ogni modo di buttarsi in braccio ad Usopp non fa che aumentare la mia determinazione. Il foglio si accartoccia nella mia mano, quasi lo buco con le unghie.
«Signor Krahador…» avanzo decisa. «…qualcuno le ha forse detto che Kaya è pronta per essere dimessa?»
«Se sarà necessario la porterò in un altro ospedale» ringhia. «Levati ragazzina»
«Lei non ha capito» rimango immobile dove sono. Con me non ci prova a scartarmi e tengo duro. «Non può portarla via se non ha il mio permesso»
«Prego?»
«Sono la dottoressa di Kaya e…»
«Il dottor Trafalgar si occupa di Kaya»
«Il dottor Trafalgar è il mio diretto superiore, tutti i suoi pazienti sono anche pazienti miei e secondo il mio parere medico Kaya non può essere dimessa»
«Non può impedirmelo!»
Con un gesto secco sollevo il foglio. «La sua ultima conta leucocitica è troppo alta, potrebbe avere un’infezione in corso, se le succede qualcosa…»
«Firmo le dimissioni contro il parere medico!» ci prova, Kuro. Ci prova e io mi prendo un attimo per alzare un sopracciglio con esasperante lentezza. Mio dio, ora so perché a Law piace così tanto farlo.
«Ma quello possono farlo i parenti, signor Krahador» avanzo ancora. «Lei è solo il tutore legale e se porta via Kaya adesso io la denuncio per rapimento di minore. Quindi o esce da quella porta senza Kaya, o esce da quella porta senza Kaya e con le manette ai polsi» soffio. «La sicurezza è già stata allertata e ci sono un po’ di testimoni presenti. Faccia lei»
Kuro si guarda intorno, il suo volto non tradisce nient’altro che fastidio ma è chiaro che sta soppesando cosa gli conviene fare davvero. Non che con tutti questi occhi addosso abbia davvero un’alternativa.
«Tu…» sibila, tornando a guardarmi. Io non tentenno, sostengo il suo sguardo.
«Ora, prima che vada in acidosi per il troppo stress, la lasci e se ne vada. Heat, prendi Kaya» alzo la voce e in tempo zero Heat appare al mio fianco e finalmente la leva dalle luride mani di questo essere immondo.
Kuro lo lascia fare, non si oppone, non distoglie lo sguardo da me un solo momento e nei suoi occhi non c’è più traccia di rabbia o fastidio. C’è altro, qualcosa che mi scuote e fa tremare dentro ma non vacillo, non mi muovo, non do alcun segno di cedimento neppure quando lascia cadere il borsone a peso morto sul pavimento e io vorrei sentirmi libera di sussultare ma non lo faccio. C’è sete di vendetta.
«È davvero molto professionale, dottoressa» dice Kuro, avvicinandosi a me fino a invadere il mio spazio intimo e sovrastarmi. Lo vedo chiaramente lanciare una lunga occhiata al foglio che tengo in mano. «L’ospedale è fortunato ad averla»
Stringo i denti e trattengo il fiato quando calca su “fortunato” con una luce meschina nello sguardo.
Mi costa ammetterlo ma quest’uomo mi fa paura. E lui lo sa.
Non si è ancora spostato né sembra intenzionato a farlo tanto presto e quando faccio per chiedergli di levarsi dai piedi la voce mi viene meno, proprio nel momento in cui una mano gli arpiona una spalla e un’ombra appare accanto a noi.
«Okay amico, ti è molto grata per il complimento ma ora allontanati» sibila, calmo solo in apparenza. Appena Kuro si rimette a ringhiare Sabo lo spinge indietro e si piazza davanti a me. «Ti ho detto: allontanati da lei» ripete, i pugni stretti.
Vorrei prenderlo per il polso e assicurarmi che non faccia qualche stronzata che lo farebbe passare dalla parte del torto ma sono pietrificata.
Si sfidano in silenzio ancora qualche istante e poi, finalmente, Kuro si decide a levarsi dalle scatole e nel superarci da una spallata a Sabo, che lui incassa senza reagire, facendogli fare la figura del cretino, mentre io ricomincio a respirare. Sabo si gira verso di me e mi studia serissimo, fa anche per circondarmi il viso con le mani ma io mi sposto per appoggiarmi al bancone, prima di collassare a terra per la tensione e lo spavento.
Mi passo una mano tra i capelli e giro gli occhi su Usopp, pallido e tirato, che culla Kaya e le sussurra qualcosa all’orecchio, mentre i suoi singhiozzi diminuiscono rapidamente.
«Ish…» Sabo mi chiama e il mio stomaco si lancia in una serie di capriole.
«Sto bene» cerco di tranquillizzarlo nonostante l’ondata di nausea che mi obbliga a chiudere gli occhi prima ancora di averlo messo a fuoco davanti a me. Due braccia forti mi avvolgono l’addome e mi sollevano da terra.
«Sabo…» provo a protestare ma ho il cervello in pappa e il cuore a mille. E comunque ho l’impressione che non mi avrebbe dato retta.
Mi trascina alla fila di seggiole più vicina, tenendomi stretta contro il suo petto, schiena contro torace, e si accovaccia davanti a me non appena il mio sedere tocca la sedia. «Stai bene?»
Annuisco, ancora scossa.
«Tieni bevi un po’ d’acqua» estrae una bottiglietta dalla propria tracolla e, nel porgermela, sorride con orgoglio. «Sei stata un drago» appoggia la mano sulla mia guancia e le sinapsi vanno in corto. È inginocchiato qui davanti a me, che mi accarezza e mi sorride, dopo avermi difesa, e io riesco solo a pensare a quanto vorrei sprofondare tra le sue braccia e baciarlo e a quanto… a quanto lo a…
«Usopp! Ish!»
«Ish!»
Mi riscuoto e, ancora confusa, mi giro verso Reiju e Aisa che si stanno avvicinando di corsa. Praline dall’accettazione fissa con sguardo eloquente e sorrisetto saputo me e Sabo e agita le dita nell’aria in un gongolante saluto, che faccio del mio meglio per ignorare.
«Ish stai bene?» mi chiede Aisa mentre Reiju si avvicina ad Usopp e posa una mano sulla schiena di lui e una sulla schiena di Kaya, chinando il capo per parlarle e tranquillizzarla a sua volta.
«È tutto a posto Aisa» la accarezzo sul volto ma so fin troppo bene che non è così.
So fin troppo bene cosa cercava di dire Kuro e che non era una minaccia a vuoto e la nausea torna alla carica. Mio dio che ho fatto?
Mi chino in avanti, mano sulla bocca, e Sabo si sporge verso di me, preme la fronte contro la mia e posa le mani sulle mie braccia per tenermi su, in ogni senso possibile. «È tutto a posto, piccola» mi sussurra ma io scuoto il capo, gli occhi che pizzicano.
Non è tutto a posto, non lo è.
Le porte dell’ascensore si aprono con un trillo, Law e Cora escono di corsa, Gerth pattina al loro fianco, tutti e tre preoccupati e ignari, ancora ignari di cosa davvero dovranno preoccuparsi.
A fatica mi alzo e mi avvicino ad Usopp. «Dobbiamo riportarla in stanza» gli dico, posandogli una mano sulla spalla. «Magari può pensarci Reiju…?» la guardo speranzosa e lei subito annuisce. «Noi dobbiamo andare su» mi rivolgo di nuovo ad Usopp ma mi giro verso Law e Cora, gli occhi pieni di colpa. «Dobbiamo parlare»
 

 
§
 

Terra e polvere si sollevano intorno alla macchina quando Nami sterza nel parcheggio sterrato del Castello. L’auto non è ancora ferma che Sanji sta già aprendo la portiera e io riesco a malapena ad aspettare che si immetta nel posteggio libero prima di imitarlo.
Non ho capito molto dalla telefonata di Law, credo sia perché nemmeno lui aveva tutti i dettagli ancora, ma ho capito abbastanza da sapere che è successo qualcosa con Usopp e Kaya e da capire che non avvisare Nami e Sanji sarebbe stato imperdonabile.
Le portiere schioccano a distanza ravvicinata e ci avviamo decisi e compatti per aggirare la struttura e raggiungere l’ingresso principale, passo veloce e bocche chiuse. Law ci sta già aspettando sulla porta quando svoltiamo l’angolo e appena lo raggiungo mi tende una mascherina, prima ancora di salutarmi.        
La afferro e lo accarezzo sul volto, teso e preoccupato, ma non gli chiedo ancora che è successo, cerco di pazientare e lo seguo dentro al Castello e su fino al piano degli uffici, lasciando scivolare le mie dita tra le sue.  Quando entriamo nello studio di Cora, lo troviamo già abbastanza affollato.
Cora e Gerth in un angolo che parlano sottovoce, Ish vicino alla finestra, guarda verso il giardino ma la postura è rigida, tesa, Sabo è seduto alla scrivania con le dita intrecciate strette, è chiaramente arrabbiato ma ogni volta che lancia un’occhiata a Ishley – con una certa frequenza – la sua espressione vira a un misto tra il sofferente e il preoccupato, e, per finire, Usopp è seduto su una sedia praticamente al centro dello studio e fissa il vuoto, come in trance.
Sanji si getta all’istante verso di lui, seguito a ruota da Nami e, con più calma, da me, che mi premuro di cercare un contatto visivo anche con Sabo e devio per andare ad abbracciare Ishley.
«Uso-chan» Sanji gli prende il viso tra le mani come se fosse fatto di vetro e lo obbliga a sollevare su di sé gli occhi, che si riempiono di lacrime nel momento in cui lo mettono a fuoco.
«S-Sanji» geme piano Usopp per poi alzarsi dalla sedia di scatto e gettarsi tra le sue braccia, travolto da un pianto disperato.
Sanji lo stringe di rimando, l’espressione sconvolta. «Che è successo?» prova a domandare, non so precisamente a chi.
«Sì infatti, qualcuno ci spiega?» si spazientisce Nami.
«Krahador ha cercato di portare via Kaya» interviene Law, addossato alla porta chiusa. «Usopp e Ishley lo hanno fermato ma secondo Ish il figlio di puttana tenterà una qualche via legale contro il Castello»
Il cuore mi sprofonda nello stomaco, vedo Cora con la coda dell’occhio appoggiarsi alla parete con movimenti stanchi, Ishley mi stringe più forte e io stringo lei di rimando.  
«Che?!» esala Nami, occhi e bocca spalancati.
«O era quello o era una minaccia alla mia persona» spiega Ish a fior di labbra e Sabo scatta in piedi, il viso deformato dalla rabbia.
«Deve solo provarci, a toccarti»
«Pare che Krahador non sia estraneo a questo genere di azioni legali» interviene Law. «Kaya è una bambina a quanto pare molto cagionevole ed è spesso entrata e uscita da differenti ospedali in differenti città del paese. Un’altra volta lo hanno fermato come voi oggi e lui è passato per il tribunale, ottenendo di poter portare via la bambina contro il parere medico pur non essendo un parente» sospira e si passa una mano sul volto. «La reputazione di quell’ospedale non ne ha risentito, vista la situazione se ottenesse solo di far dimettere Kaya prima del tempo per noi sarebbe il male minore»
«Il male minore?» Sanji lo fulmina con un’occhiata.
«Non sto dicendo che mi piace l’idea che se la porti via, sto dicendo che c’è in gioco anche di più»
Ishley si stacca da me e si sposta al centro della stanza, le lacrime agli occhi ma la testa ben dritta. «Dovete licenziarmi» 
Law si limita a emettere uno sbuffo incredulo mentre Cora si stacca dalla parete. «Ishley ma cosa dici?»
«È stata colpa mia»
«Tu hai fatto quello che dovevi» la interrompe Law ma lei continua a scuotere il capo. Sembra in panico e Sabo si affretta a fare il giro della scrivania, chiamandola con urgenza.
«Io ho fatto un casino. Gli ho detto che la conta leucocitica di Kaya all’ultimo esame era altissima ma avevo in mano gli esami di un altro paziente e Kuro se n’è accorto!»
«Possiamo farle un esame subito e cambiare la data» Cora non si pone il problema di parlare davanti all’avvocato. E, d’altra parte, l’avvocato sembra pronto a spaccare il mondo per lei.
«E se la conta leucocitica è bassa?»
«E se non lo è?» ribatte Law.
«Ma se lo è?! Se denuncia l’ospedale e cerca di colpirlo tramite me, non solo si porterà via Kaya ma infosserà la reputazione del Castello e chissà cosa ci vorrà per risollevarla» si asciuga le guance con le mani, Ishley .
Law le si avvicina, le posa le mani sulle spalle. «Ishley…» la chiama, piegando il capo per guardarla in volto.
Non mi sfugge come Sabo stringa i pugni, quanta violenza si stia facendo per non toglierla a Law, prenderla tra le sue di braccia e stringerla, tenerla al sicuro contro di sé.
Fallo, cretino! Tanto c’è solo una persona in questa stanza che non ha capito!
«E allora giochiamo d’anticipo» annuncia Sabo, mortalmente calmo e tutti ci giriamo verso di lui. «Voi tutti sospettate che Kuro sia un pessimo tutore per Kaya e che abbia dei secondi fini. Se riceve una denuncia al riguardo, il suo citare l’ospedale in giudizio sembrerà un ridicolo tentativo di salvarsi»
Per un attimo nessuno parla, tutti riflettiamo sulle sue parole e, chi per scetticismo, chi per stanchezza, credo di essere l’unica a trovarla la soluzione ideale, se non che io non sono di certo qualcuno che può prendere una simile decisione per il Castello.
«Facciamolo» è Sanji a spezzare il silenzio, staccandosi da Usopp solo per muovere un passo verso Sabo. «Lo denunciamo noi»
«Sanji-kun quell’uomo è riuscito a vincere una causa contro un ospedale già una volta» cerca di farlo ragionare Nami.
«Ma infatti io non parlo del Castello. Ci penseremo Usopp ed io. O anche solo io se sarà necessario»
«E come pensi di vincere?» insiste Law, per niente convinto.
«Metterò in mezzo gli avvocati di mio padre. Sono abituati a gestire cause ben più difficili e pericolose di questa» si stringe nelle spalle Sanji.
Io e Nami lo guardiamo incredule, Usopp trattiene il fiato.
«Sanji-kun, quando dici “mio padre”, intendi…»
«Judge» annuisce fermo lui.
Usopp barcolla in avanti. «Ma Sanji…» sembra che persino parlare sia difficile e doloroso per lui in questo momento e il cuore mi si stringe. «Tu odi chiedere favori a tuo padre» e infatti non credo gliene abbia mai chiesto uno negli ultimi venticinque anni e forse neanche prima. Ne sono piuttosto certa in realtà.
Ma Sanji non tentenna, non vacilla. Si gira a guardare Usopp, con sguardo fermo ed espressione seria. «Non ha importanza. Io farò quello che tu non puoi fare e tu farai quello che io non posso fare. Te lo ricordi? Ce lo siamo promessi»
Gli occhi di Usopp si riempiono di nuovo di lacrime che lui però trattiene con tutto se stesso. «Io non posso chiederti di fare questo per me!» protesta ancora.
«Non lo sto facendo per te, Usopp, lo faccio per la nostra bambina!» ribatte Sanji. «Un padre fa quello che un padre deve fare, chiaro?! Non ho intenzione di lasciare che ce la porti via!»
Usopp barcolla di nuovo e stavolta Sanji se ne accorge e lo tiene su. «La nostra… La nostra bambina?» domanda piano Usopp, ricominciando a piangere, gli occhi socchiusi nella speranza di vederci qualcosa. Vedere il sorriso che si apre sul viso di Sanji, per esempio, un sorriso così innamorato e pieno di affetto.
«Voglio adottarla Usopp. Voglio che la adottiamo» si corregge subito. «I-insieme ovviamente, non intendevo che voglio adottarla da solo, io non…» farfuglia finché Usopp non si aggrappa al suo collo e lo bacia con trasporto e il doppio delle lacrime.
E io, che sono ormai in piena tempesta ormonale da giorni, sono costretta a cercare due fazzoletti nello zainetto, uno per me e uno per Cora.
«Purtroppo non è così semplice» interrompe però l’idillio Sabo, abbassando per un attimo lo sguardo. «Perché la strategia funzioni, sarebbe meglio che la denuncia arrivasse dal Castello. Ci sono anche più possibilità di vittoria dal momento che Kaya è ricoverata nella struttura da parecchie settimane e il Castello non le ha mai fatto pagare nulla in più del ticket minimo, come a tutti, nonostante la sua grande eredità. Il tempo che Kaya ha trascorso qui rende più legittimi i dubbi di chi ci lavora nei confronti di Kuro e il disinteresse verso il denaro della bambina da maggiore credibilità alla testimonianza. Voi avete passato più tempo di chiunque altro con Kaya ma non siete né volontari per il Castello né parenti, se vi muovete da soli siete destinati a perdere. O forse potreste vincere la causa ma la genuinità delle vostre azioni verrebbe compromessa e diventerebbe molto improbabile ottenere l’affidamento, figuriamoci l’adozione» Sabo guarda con sincerità e fermezza Usopp e Sanji ancora abbracciati. «Mi dispiace»
«È una mossa molto audace» gli fa notare Gerth. «Se il Castello perde…»
«Sono in grado di vincere questa causa» ribatte Sabo, con una eccesso di sicurezza di cui, io lo capisco perché lo conosco molto bene, si vergogna subito ma cerca di non darlo a vedere. «Io… io posso farlo» riafferma, girandosi a guardare Ishley. Perché è chiaro, se lei è dalla sua parte niente potrà fermarlo.
E il modo in cui lei lo guarda, così piena di speranza, come se fosse il suo eroe… Mio dio è mai possibile che Sabo non si sia accorto di cosa prova per lui?! Perché gli uomini sono così lenti?!
«Io mi fido di Sabo» interviene finalmente Law, interrompendo la dichiarazione d’amore visiva e facendo sussultare suo fratello per la sorpresa. «Cora?»
Cora, di nuovo appoggiato al muro, si passa una mano sul volto. «Ho fatto dell’aiutare i bambini la mia missione di vita» annuncia. «Non mi perdonerei se lasciassi Kaya nelle grinfie di quel bastardo» si stacca dal muro e si avvicina a Sabo, per posargli entrambi le mani sulle sue spalle e guardarlo dall’alto dei suoi due metri di statura. C’è un momento ancora di silenzio, carico di aspettativa, poi Cora gli sorride cospiratore. «Facciamogli il culo a strisce, Sabo»

 
§
 
 
Lascio cadere la borsa in ingresso e intreccio le dita dietro al collo, muovendolo a desta e sinistra in un tentativo di scaricare la tensione che mi ha oppresso tutto il giorno, dopo l’episodio con Kuro. Law ha cercato di mandarmi via e appiopparmi due giorni di ferie ma non esisteva proprio che li lasciassi nei casini, oltre al fatto che qui sarei stata sola e a stare da sola mi viene l’angoscia. Sabo è rimasto nel suo ufficio tutto il giorno a lavorare alle carte preliminari del caso e non è ancora rientrato. Non l’ho comunque visto per tutto il turno, ma sapere di essere nello stesso posto mi ha permesso di affrontare più facilmente la giornata.
Forse sono un po’ patetica ma non me ne importa un fico secco.
Lancio un’occhiata all’orologio-conchiglia. Le diciassette e quaranta. Sabo potrebbe averne ancora per un po’, meglio se trovo qualcosa con cui tenermi impegnata. Forse potrei tirare fuori il vecchio libro di ricette della nonna e provare a… a fare che? Dare fuoco alla cucina, probabilmente.
Chiariamo, non sono una cuoca pessima e nemmeno mediocre, direi che me la cavo anche piuttosto bene ma con la testa che ho in questo periodo mi ci vuole il cento per cento della concentrazione persino per tostare il pane. No, direi che “il cuoco in provetta” è assolutamente scartato come diversivo.
Okay Ish, cosa potresti fare? Pensa, pensa, pens…
Mi giro sorpresa quando il campanello trilla e mi acciglio. Che strano. Ormai sono settimane che Sabo usa la chiave di riserva e non suona più, ergo non è lui.
Oh merda. Chi cavolo è? Nessuno viene mai a casa mia senza un invito. Non è che… un brivido mi scuote. Corro in cucina e mi armo di mestolo e poi, cauta, torno in entrata e mi avvicino alla porta, con passi lenti e misurati.
«Sì?» domando a fil di voce.
«…’verso tra usare un preservativo alla mela verde e uno normale, scusate?»
Mi acciglio ancora di più. Ho sentito bene?
«…’mente niente, bambina, a parte che avete vent’anni e se certe cose non le fate ora non le farete più»
«Sì ma se il massimo di perversione è usare il preservativo alla frutta, allora preferisco restare vergine!»
Ma che cosa…
Mi rimetto dritta e afferro la maniglia, il mestolo che penzola al mio fianco.
«Oh questo non lo pensi sul serio, Aisa!» sta ridendo Reiju quando spalanco la porta. Le fisso perplesse, armate di teglie e bibite e sacchetti del supermercato. «Mangi la zuppa con questo caldo?» si sorprende Reiju lanciando un’occhiata stranita al mestolo, che io stupidamente nascondo dietro la schiena con un movimento secco.
C’è da lavorare sull’impulsività, Ishley.
«Che fate qui?» decido di glissare la questione delle mie discutibili abitudini alimentari estive. «Non eravamo d’accordo per questa domenica per la serata film e chiacchiere?»
«Abbiamo pensato di anticiparla!» annuncia Aisa con entusiasmo, superandomi senza troppe cerimonie per entrare in casa, seguita da Reiju che la segue in cucina.
«No aspettate un momen…» provo a protestare ma nemmeno mi ascoltano.
«E comunque dubito che con Kira le perversioni si fermino ai preservativi alla frutta ma non vorrà spaventarti, dagli tempo e fiducia»
«Sorpresa, sorpresa» sussurra al mio orecchio Praline e io sobbalzo, per poi mandare gli occhi al cielo.
Perché deve essere sempre così inquietante? Cos’è?! Uno stile di vita di un qualche guru invasato della cui setta segreta fa parte senza averci mai detto niente?!
«Oh andiamo, tesoro, fai un sorriso alla zia Praline. Siamo qui apposta per te» continua melliflua mentre scivola in casa a sua volta.
«Praline ma che succede?»
«Non volevamo lasciarti da sola dopo quello che è successo stamattina» si stringe nelle spalle lei. «Ti spiace?» chiede, lasciandomi interdetta.
Se mi dispiace? Mi sta chiedendo se mi dispiace avere delle amiche così incredibilmente meravigliose da venirmi a fare da guardie del corpo solo perché un pezzente figlio di buona donna mi ha fatto una velata mezza minaccia?
Più che altro vorrei chiedere chi devo ringraziare per una cosa del genere ma il problema al momento è un altro e anche abbastanza urgente. Perché, sì certo, certo che sono felice e non mi dispiace affatto che siano qui però…
«No, assolutamente!» le rispondo e lei mi rivolge un appuntito sorriso.
«Oh bene» commenta spostandosi in cucina a sua volta.
Io rimango qui ferma ancora un momento, ancora frastornata dall’inattesa invasione, prima di riuscire a riscuotermi e seguirle, per ultima, dove hanno democraticamente deciso di riunirsi.
«Abbiamo portato prosciutto e melone, del cibo spazzatura di vario genere e il tiramisù alla frutta di Sanji» mi avvisa Reiju, aprendo il frigo. «Cavolo! Praline ma non è vero che ha il frigo sempre vuoto! Vieni a vedere che roba!»
«Ahhhh ragazze» cerco di attirare la loro attenzione agitando il mestolo. «S-scusate, non voglio che fraintendiate, sono felice che siate qui ma non credo sia il caso che… ecco… non è necessario, io…» tartaglio agitata.
Non le voglio mandare via ma Sabo potrebbe arrivare da un momento all’altro e come lo spiego? Abbiamo deciso di tenerci la relazione per noi e già queste tre sono peggio del KGB quando si tratta di ormoni e sesso! Figuriamoci se lo vedono entrare bello bello e da solo, come se fosse routine. Che poi in effetti lo è ma il punto è un altro.
«Ci stai mandando via?» si indigna subito Aisa, puntando le mani sui fianchi e io per miracolo riesco ad ammortizzare il sussulto.
«Cosa?! No! Ma cosa dici, Aisa?!» rido nervosa ma non credo se ne accorga visto come mi sorride, felice e sollevata.
«Okay, ho sistemato tutto in frigo» annuncia Reiju, battendo le mani tra loro come per pulirle dalla farina. «Andiamo a scegliere che film spararci stasera?» propone.
«Oooohhhh!» applaude Aisa, saltellando. «Rei che soddisfazione! Hai sentito Praline?! Ha detto “che film spararci”!» si esalta mentre tutte e tre si spostano in salotto. Come se fossero a casa loro praticamente!
Ma fate pure eh! Questa non è assolutamente casa mia, tranquille!
Le seguo, ormai rassegnata a venire fagocitata dal loro spirito di iniziativa e, in fondo, non posso certo dirmi triste per questo. Sto già quasi per mettermi a sorridere quando noto tre cose in entrata, che prima mi erano proprio sfuggite. Uno zaino e due borse tipo da palestra.
E io sarò anche socialmente disfunzionale ma non così socialmente disfunzionale da non sapere cosa vogliono dire, cibo, film, tre amiche fuse e tre borse nell’ingresso.
«R-ragazze?» chiamo con voce flebile. «Vi fermate a dormire?»
Dite di no, dite di no!
«Ma certo che sì» sorride imperterrita Praline – forse ha una paresi –, appollaiata nella sedia a uovo, regalo di laurea dei miei. «Stasera si mangia, si ride e si fanno gossip. Originale, il muro così» indica la parete schizzata di azzurro con un cenno del capo.
Okay. Okay, questo è un problema.
«Ma non ho molto spazio…»
«Una nel letto con te e le altre due sul divano»
«Non preoccuparti Ish!» mi fa l’occhiolino Aisa. «Non ti lasciamo sola dopo quello che è successo stamattina»
«Oh Aisa» la chiamo con una mezza risata isterica «Ma io sto bene, davvero!»
E voglio dormire con Sabo. Contro il suo petto, tra le sue braccia.
Dai Ish, non essere ingrata!
Però ne ho bisogno, ne ho davvero bisogno.
«È che tecnicamente, anche se non dormiste qui, non mi lascereste sola, ecco» la prendo larga, pasticciando le dita tra loro e loro mi fissano di rimando, tra l’atono e il perplesso.
«Hai preso un gatto?»
«Ti riferisci ai vicini?»
«Il peluche non vale»
Spalanco gli occhi, incredula. Oh ma sul serio?! La possibilità che io abbia un amante non le sfiora nemmeno?! Grazie tante! E dire che mi sembrava di aver dimostrato che non sono precisamente illibata!
Inspiro a fondo e cerco di darmi un contengo ma l’orgoglio ferito prende il sopravvento sul buon senso e porto le mani ai fianchi, il mento sollevato. «A dire il vero…» comincio ma mi interrompo quando un ravanare noto risuona alle mie spalle.
Sbianco e lancio una rapida occhiata verso la porta d’ingresso, nella cui toppa qualcuno sta infilando le chiavi. E c’è solo una persona, oltre a me, che conosce l’ubicazione delle chiavi di riserva e che, soprattutto, le usa ogni giorno per entrare.
«Ish» mi chiama all’erta Reiju.
«Nascondetevi» le imploro, sottovoce.
«Che?!» si acciglia Aisa e intanto Sabo è riuscito a imbroccare il senso giusto e inizia a girare.
Uno, due, tre, prima di cambiare serratura.
«Per favore» giungo le mani, parlo a denti stretti.
Reiju, Aisa e Praline si scambiano una serie di occhiate e poi, per mio grande sollievo, si alzano in fretta e furia e slittano dietro al divano, giusto un secondo prima che la porta si apra e Sabo scivoli in casa.
«Ehi» mi saluta, con un sorriso felice, nonostante la stanchezza, tutto per me.
«Ciao» mi sciolgo all’istante, aprendomi in un sorriso anche io mentre gli vado incontro.
È la prima volta che siamo soli da quando ho avuto la grande rivelazione. Anche se non siamo soli, tecnicamente, ma è un dettaglio che non riesco a tenere in testa. Ha ragione, Bonney, sono completamente flippata nel cervello ma non per colpa di Law. E Sabo non mi è mai sembrato così perfetto come ora e io non ho mai sentito così tanto il bisogno di lui.
E forse Sabo legge anche nel pensiero perché appena sono a portata di braccio mi afferra, mi trascina contro di sé e mi bacia fino a togliermi il fiato. «Stai bene?» domanda, ora serissimo, quando ci separiamo, tenendo i nostri visi vicini e accarezzandomi con una mano.
«Sì…»
«Bene» annuisce, più sollevato, e, mio malgrado, cede alla forza di gravità e mi lascia scivolare qualche centimetro lontano da lui. «Ish, io devo andare da Law a discutere del caso stasera. Abbiamo già fatto partire la denuncia e lunedì c’è la presa visione con il giudice dei capi d’accusa»
Annuisco, dispiaciuta solo in quella parte del mio cervello che si è momentaneamente dimenticata delle tre unne nel mio salotto, che al momento però, predomina.
«Non preoccuparti»
«Probabilmente starò fuori anche per cena ma torno appena riesco»
«Va bene. Ma se sei troppo stanco, fermati da loro per stanotte»
Sabo nega deciso con il capo. «Voglio dormire qui a casa con te»
Il cuore mi perde un battito e sono costretta a deglutire per riuscire ad articolare un semplice: «Okay», il tutto senza staccare un momento gli occhi dai suoi. Mi tiro sulle punte e cerco di nuovo le sue labbra con le mie e lui non ci pensa due volte ad accontentarmi.
È dura, staccarmi da lui, è dura non cedere alla tentazione di trascinarlo in camera e convincerlo a desistere dai suoi nobili intenti. E lo so che ci sono Praline, Aisa e Reiju in salotto ma la porta ha una serratura funzionante. Per fortuna, Sabo ha più autocontrollo di me e a malincuore separa la sua bocca dalla mia, ma solo di pochi millimetri.
«Devo andare» è quasi sofferente e alzo le mani ad accarezzargli il viso.
«Ti a…» sgrano gli occhi e mi mordo la lingua appena in tempo. Con un movimento brusco indietreggio di scatto. «A-aspetto! Ti aspetto! Dopo! Più tardi! Quando… quando torni!»
Che cosa stavi per fare, Ishley?
«Okay» risponde Sabo, perplesso ma anche, sembra, divertito dalla mia reazione. «Allora buona serata» mi saluta brillante.
«A te! Cioè…» scuoto il capo e chiudo gli occhi. «Buon lavoro! Ciao!» agito le dita nell’aria mentre lui si richiude la porta alle spalle e solo quando sento la serratura scattare lascio andare un respiro di sollievo, mentre mi infilo le mani nei capelli.
Stavo per dichiararmi, stavo seriamente per dichiarar…
«A-ehm!»
Sussulto e spalanco gli occhi.
Sì, stavi per dichiararti e pensi davvero che fosse quello il grosso problema, Ish?!
Lentamente, le dita ancora incastrate tra i boccoli, mi volto di centottanta gradi, verso di loro che mi fissano dalla soglia del salotto. Reju è appoggiata allo stipite, il ciuffo non riesce a coprire il sorrisetto malizioso e saputo, così simile eppure così diverso da quello di Praline, le braccia incrociate sotto al seno, mentre Aisa sembra quasi indignata, mani sui fianchi e sopracciglio alzato è la fotocopia di suo fratello.
«Devi dirci niente?» domanda e io non trattengo un sospiro.
Davvero. Grandioso.
Mi trascino in salotto, sconsolata e rassegnata, non provo nemmeno a ripararmi dal bombardamento di domande.
«Ma da quanto va avanti?! Come è iniziata?!»  
«Io l’avevo detto» gongola Praline.
«Vuoi dire che è cominciata quando stavate ancora da Law e Koala?» sgrana gli occhi Aisa per poi socchiuderli. «Gli sei saltata addosso la prima sera, dì la verità, sgualdrinella!»
Apro la bocca indignata ma non ne esce alcun suono.
«Aisa» ridacchia Reiju. «Ma che fai? Imiti Praline?»
«Oh Reiju, lasciala fare, è così brava»
Con un sospiro disperato mi lascio cadere sul divano e mi pasticcio la faccia come fosse fatta di pongo. Perché? Perché a me?
«Chissà quante barelle del Castello hanno battezzato!»
«Oh! Vuoi dire he lo hanno fatto lì la prima volta?!»
«Chi lo sa?»
Reiju si siede nella sedia a uovo e io la guardo di striscio lanciarmi un’occhiata compassionevole.
«Ehi magari è stato durante il giro di Raftel! Tipo alla Sabaody Tower!»
«O sotto il Patibolo di Roger!»
«Ma siete serie?!» sbotto, allontanando le mani dal viso. «Qui, qui, lo abbiamo fatto qui la prima volta e anche tutte le altre volte, qui a casa nostra e no, Praline, prima che tu lo chieda, no, non lo abbiamo fatto al Castello e la risposta alla domanda successiva è perché volevamo tenerlo segreto e voi tre mi avreste fiutato addosso il sesso a due piani di distanza!» sbrocco per poi lasciarmi andare contro lo schienale del divano ed espirare, più leggera lo ammetto.
Un po’ perché mi sono sfogata, un po’ perché in fondo, una qualche parte di me con evidenti problemi mentali, è felice di aver confessato alle mie amiche la cosa più bella della mia vita. Peccato che le mie amiche abbiano il pessimo vizio di fissare.
Sospiro di nuovo. «Che cos…» faccio per domandare ma stavolta è Praline a precedere me.
«Casa vostra?» chiede e io le rispondo con un’occhiata perplessa. «Hai detto “qui a casa nostra”» mi fa notare. Anche senza vedermi, so di attraversare in meno di un secondo tutta la gamma di sfumature che vanno dal bianco al rosso passando per il rosa acceso.
«Ah io… io… è stato un lapsus io…»
«E anche Sabo ha detto “qui a casa con te”» mi interrompe di nuovo mentre Aisa sprofonda nella poltrona-sacco. Praline si accovaccia e mi guarda da sotto in su, seria e materna e io non riesco a non controllare che non ci sia una pioggia di meteoriti fuori. «Ish, a che punto siete esattamente?»
La guardo per un istante che sembra infinito, immobile, e poi mi butto sdraiata a pancia in su, una mano a tenermi la fronte. «Non lo so… è da qualche settimana che va avanti e abbiamo pensato di non dire niente finché non capivamo che piega prendeva esattamente ma non è che facciamo grandi discorsi filosofici per capire che piega sta prendendo. Per lo più facciamo l’amore ovunque e lui ormai vive qui…».
«Perché non ufficializzate la cosa e vedete come va?» domanda Reiju, lasciando penzolare una gamba fuori dalla sedia a uovo, che rolla leggermente sul suo gancio.
Mando giù piano. Già, non è una domanda stupida. Perché non ufficializziamo?   
«Beh perché… perché è presto, insomma  ve l’ho detto, sono poche settimane, magari poi non funziona, magari facciamo su casini per niente, e poi è… è presto! E lui fa un lavoro impegnativo, io faccio un lavoro impegnativo ed è… è…»
«Presto?» domanda Reiju alzando un sopracciglio.
Mi copro gli occhi con le mani e sbuffo. Perché è così complicato?! Reiju ha ragione, dovremmo ufficializzare e basta, però…
«Ish?»
«Mh?» mi giro d’istinto verso Aisa.
«Tu vorresti ma non osi chiederglielo per paura che lui si spaventi e si tiri indietro e non vuoi rischiare di perderlo perché ti sei innamorata, vero?»
Occhi e bocca si spalancano e, se fosse fisicamente possibile, la mascella mi cadrebbe al suolo. «Come… come hai…» balbetto a fil di voce.
Aisa si stringe nelle spalle. «È evidente»
Evidente? Evidente?! Ma se fino a stamattina non lo sapevo neppure io?!
«Ish, è vero? Lo ami?» si sporge in avanti Reiju.
«Che c’è di strano?» lo difendo d‘istinto e Reiju si fa sfuggire una risata.
«Niente!» esclama. «Però allora dovresti dirglielo»
La guardo sottosopra, inarcando appena il collo. “Dovresti dirglielo”. Sì, certo, fosse così semplice.
«È complicato»
«Ma no che non lo è!»
«Sì, credimi lo è! Tu hai vent’anni, ti garantisco che a trenta è molto più complicato»
«Non ne hai ancora trenta!» protesta Aisa.
«Sì ma non ne ho più nemmeno venti»
«Io Al l’ho conosciuto a trentatré» fa notare Praline, studiandosi attenta le unghie, appollaiata sul bracciolo del divano. «E prima mi sono divertita un sacco» aggiunge, con un occhiolino per Reiju e Aisa, che ridacchiano.
Mi tiro su a sedere e lei subito scivola al posto lasciato libero dalle mie gambe, scrutandomi attenta e – che ve lo dico a fare? – sorridente. «O-okay però voi due avevate le stesse esperienze!» anso, agitata e mi passo una mano sul volto. «Io penso che Sabo si sia lasciato una storia alle spalle»
Praline solleva un sopracciglio. «Tesoro, io penso che si sia lasciato ben più di una storia alle spalle» mi fa presente senza pietà. «E innumerevoli cuori spezzati, scatole di preservativi smaltite non correttamente, chissà magari anche un figlio…»
«Parlo di una storia importante Praline!» non è che me lo ha detto ma ho avuto questa percezione, più di una volta. «Una di quelle che ti cambiano la vita»
«Ed è un problema?»
«No certo che no ma questo ci mette su due piani totalmente diversi perché… perché…» sospiro rassegnata a confessare tutto. Tanto peggio di così. «Per me è lui. È lui la storia che ti cambia la vita» ammetto tutto d’un fiato. «È il mio primo vero amore»
E se dipendesse da me sarebbe pure l’ultimo. Abbasso gli occhi sul divano, credo di rasentare il bordeaux ormai, e per rendere la situazione meno imbarazzante nessuna di loro fiata per un tempo che sembra interminabile. Quando termina, mi rendo conto che era meglio se continuavano a non parlare.
«Aaaaaaawwwwwww» 
«Ma quanto sei dolce?!?»
«Ma cucciola!»
Mi trovo invischiata in un abbraccio a quattro che, mio malgrado, non riesco a non ricambiare e mi fa anche scoppiare a ridere. Mio dio, quanto vi voglio bene ragazze!
«Ish, Ish ascolta» Reiju mi prende per le spalle, il viso a pochissimi centimetri dal mio. «È proprio per questo che glielo devi dire» trattengo il fiato, divisa tra la voglia di cedere e il panico. «E so che stai pensando “e se poi va male?” ma sai che c’è? Se va male, non è niente che tu non possa affrontare, ma se va bene… ah se va bene…» sospira con gli occhi che brillano.
Conficco le unghie nel cuscino del divano. Se va bene. Non oso immaginare se andasse bene cosa significherebbe. «Okay» prendo un profondo respiro. Okay, ma con calma. «Sentite io l’ho scoperto solo stamattina e adesso c’è in ballo questo casino del processo… Appena sarà tutto finito gli parlerò» le guardo una ad una, sincera, e sorrido. «Parola di giovane marmotta»
Scoppio di nuovo a ridere quando si lanciano in urla di giubilo e applausi e mi ritrovo di nuovo sommersa dai loro arti.
«Okay, ora che l’angolo del dolce cuore si è concluso, parliamo di cose serie» afferma Praline, sdraiandosi praticamente su di me, la testa sul mio grembo. «Dicci, Ish. Quanto è effettivamente mingherlino, Mingherlino?»
Per un attimo valuto di protestare. Per un attimo penso sinceramente di darle uno spintone e buttarla giù dal divano. Ma è, appunto, solo per un attimo.
«Oh Praline» socchiudo gli occhi con malizia e lei sorride con altrettanta malizia. «Proprio per niente»







Angolo dell'autrice: 
Dov'è?! Sara dove sei?! 
Devo stringere la mano a te e alla tua preveggenza! Ormai non basisco neanche più ma è un piacere quando giungo al punto in cui la storia va come avevi sospettato, almeno quanto è un piacere sorprenderti. 
Ne aprofitto per ringraziare tutti voi che mi seguite e leggete e supportate. 
Spero vi sia stata gradita la lettura. 
Un bacione. 
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