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Autore: HikariMoon    02/10/2018    0 recensioni
Sono passate solo poche settimane dal ritorno di Mai, Kenzo e Hideto dal futuro. Il passato di Maestri della Luce sembra ormai solo un capitolo chiuso. Ma non è così e sarà Mai a rendersene conto per prima. Il passato infatti tornerà a bussare nelle loro vite in modo improvviso e del tutto inaspettato. Ma non sarà solo quello ciò con cui dovranno confrontarsi. Mai troverà il coraggio di ricominciare a duellare a Battle Spirits? Kenzo e Hideto riusciranno ad aiutarla? Chi è la misteriosa persona che Mai troverà in coma? E riuscirà a risvegliarsi? La decisione da prendere è solo una: trovare la forza di ricominciare a vivere continuando a sperare che, un giorno, i portali di Gran RoRo tornino ad aprirsi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hideto Suzuri, Kenzo Hyoudo, Mai Viole/Shinomiya, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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Capitolo 1

Il cielo era velato dall’afa, l’aria pregna di umidità e grossi nuvoloni coprivano l’orizzonte. L’estate non era ancora finita, ma i primi segni dell’imminente autunno erano visibili nelle prime stanche foglie che, ingiallite prematuramente, si staccavano lentamente dai rami ancora carichi di fronde.

Quel giorno, i sentierini di pietra ben curati del cimitero erano pressoché deserti. Tutto pareva immobile nell’atmosfera assonnata di quel mattino, con le pigre volute dell’incenso che si alzavano dalle lapidi e si disperdevano nel cielo.

Solo una ragazza, incurante del caldo, era inginocchiata davanti a una delle lapidi, le mani giunte davanti al petto e gli occhi chiusi. Un mazzo di fiori di sei colori, un misto di rosso, viola, giallo, blu, bianco e verde, era posato accanto a una foto e a dei bastoncini d’incenso. I suoi capelli viola, lunghi fino alle spalle e trattenuti sulla tempia sinistra da un fermaglio rosa, erano delicatamente mossi dalla brezza.

Dopo lunghi istanti, la ragazza abbassò le mani sulle ginocchia e aprì gli occhi. Il suo sguardo si diresse subito verso la foto, dove un ragazzo con ribelli capelli rossi e un mazzo di carte in mano ricambiava sorridente la sua malinconia. Con la punta delle dita, Mai sfiorò la fotografia e si ritrovò a strizzare le palpebre per impedire alle lacrime di uscire. Inspirando, la ragazza si alzò e si strofinò il dorso della mano sugli occhi.

“Ci sarebbe ancora tanto bisogno di te, Dan”, sussurrò voltandosi verso il mare che si intravedeva oltre le colline e la città. Un soffio di vento più forte sollevò alcune foglie che danzarono caotiche nell’aria.

Mai tornò a voltarsi verso la lapida e con una mano iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli.

“Io, Hideto e Kenzo stiamo facendo del nostro meglio, ma-”, sbuffò e portò il ciuffo dietro all’orecchia. “- passo dopo passo, ci riusciremo. Ne sono sicura. Così Magisa…”

La ragazza sorrise dolcemente e scosse la testa. Con la mano strinse il ciondolo dorata con una piccola ametista che portava al collo.

“Tu sei stato un eroe. Io non sarò da meno, aspetta e vedrai. Combatterò anche per te, Dan.”

Con quella promessa donata al vento, quasi nella speranza che l’interessato potesse in qualche modo sentirla, Mai si voltò e iniziò a percorrere i vialetti a ritroso, lasciandosi cullare dalla serenità di quel luogo. Serenità che spesso aveva faticato ad afferrare in quegli anni, con Gran RoRo, con il futuro, con quello che era successo lì.

Qualche filare più in là, un anziano signore stava accendendo dell’incenso su una lapide. Un altro che, come lei, aveva preferito venire a onorare qualcuno di amato piuttosto che acciuffare gli ultimi momenti dell’estate. Mai si fermò e si voltò verso la lapide di Dan ormai lontana. Un soffio di vento tornò a scuoterle i capelli, facendo cadere un ciuffo davanti al suo sguardo, e lei si ritrovò a pensare a quante stagioni sarebbero passate, anche ora che Dan se ne era andato. Finché forse la ferita dentro di lei si sarebbe rimarginata, finché forse sarebbero riusciti a far sapere la verità a tutti.

Riprese a camminare, decisa a non voltarsi ancora indietro e il suo sguardo fu attratto da una terza persona che si trovava tra i vialetti. Era una ragazza, forse poco più grande di lei, inginocchiata come lei pochi metri più avanti. Aveva i capelli castani raccolti in una treccia e l’abito giallo brillante quasi strideva con il torpore del luogo.

Mai si fermò, decidendo di aspettare e lasciarle un po’ di privacy. Osservandola, si chiese chi potesse essere venuta a onorare. Sussultò quando l’altra si rialzò bruscamente e la sorpresa di Mai aumentò quando la vide allontanarsi frettolosamente, guardandosi più volte attorno con circospezione. Mai finse di concentrarsi sulla lapide più vicina.

Quando la ragazza si fu allontanata di qualche decina di metri, non riuscì a reprimere la curiosità e si avvicinò. Vicino alla lapide, controllò un’ultima volta che l’altra ragazza non si fosse accorta di lei.

Abbassò lo sguardo e la prima cosa che notò fu un mazzo di rose. Rose bianche avvolte in delicata carta verde. Una stretta d’ansia inaspettata le strinse lo stomaco. Si voltò verso la foto e strinse il manico della borsa: era il volto di una ragazzina, la carnagione pallida, lunghi capelli verde chiaro e un sorriso enigmatico. Mai si sentì improvvisamente la gola secca.

“Momose Kajitsu.”

Si mise a correre prima di rendersi conto di cosa stesse facendo. Il busto della ragazza era ancora visibile, ma non poteva lasciarsela sfuggire: se quella ragazza aveva conosciuto i fratelli Momose, doveva saperlo. Dimezzata la distanza, Mai si accorse che anche l’altra aveva accelerato il passo. Sentì il cuore pulsare nelle tempie, il sudore che scendeva lungo il collo, ma sveltì la propria corsa: riuscì ad afferrarle il braccio prima che la sconosciuta iniziasse a correre.

“Aspetta!”

La ragazza si voltò subito, la treccia che sbatté sulla sua schiena, e cercò di divincolarsi. “Lasciami andare!”

Mai inspirò ed espirò per riprendersi dallo scatto, ma non lasciò la presa anche quando l’altra cercò di liberarsi usando anche l’altra mano. La stava spaventando, ma non aveva ancora il fiato di parlare.

“Lasciami, o chiamo qualcuno!”

“Per favore”, chiese infine Mai abbozzando un sorriso. “Voglio solo farti una domanda.”

La sconosciuta interruppe i tentativi di liberarsi da lei e i suoi occhi la scrutarono diffidenti, anche se ogni muscolo del suo corpo restava ancora pronto alla prima possibilità di fuga.

“Conoscevi Momose Kajitsu? E suo fratello Yuuki? Li conoscevi?”

Mai vide la ragazza sgranare gli occhi. Stava per rassicurarla ancora, quando liberò di scatto il braccio dalla sua presa, ruotò e iniziò a correre verso l’uscita. Alla Guerriera Viola ci volle qualche istante per riprendersi dalla sorpresa e correrle dietro, ripetendosi quanto fosse stata stupida. La sconosciuta stava decisamente nascondendo qualcosa: era evidente che temeva di venire collegata ai due fratelli Momose. Non che fosse difficile da capire, con tutto quello che era successo.

L’uscita si stagliò non molto oltre a loro. Se uscivano da lì, l’avrebbe persa.

“Ti prego! Ero una loro amica. Voglio solo sapere!”

La sconosciuta si fermò e si voltò con un’espressione sorpresa verso Mai, che rallentò fino a camminare.

“Conoscevi i fratelli Momose?”

C’era una vaga incertezza nelle parole della ragazza, quasi avesse paura di tradirsi. Ma c’era anche una punta di speranza. Mai si fermò a pochi passi da lei e annuì lentamente, iniziando a giocherellare con una ciocca di capelli. La ragazza si avvicinò di un passo, scrutandone il volto. Dopo qualche istante, sussultò e sgranò gli occhi.

“Tu sei Viole Mai? Parole Violette?”

Quel nome, quel blog tirarono una corda nel cuore di Mai facendo riaffiorare ricordi. Deglutì e chiuse gli occhi: era ovvio che le persone la riconoscessero ancora per il suo alter ego del blog, la ragazzina impertinente che voleva diventare una star del web.

“Sì, sono io. Anche se ora sono soltanto Shinomiya Mai.”

Un enorme sorriso piegò le labbra della ragazza, dissipando dal suo volto tutti i timori che erano stati lì palesi fino a quell’istante. Afferrò una mano di Mai, cogliendola di sorpresa.

“Sei una Maestra della Luce! Oh, non sai quanto sia felice di averti incontrato!”

Mai sbatté le palpebre, insicura di come reagire al repentino cambio d’umore e atteggiamento dell’ora esuberante ragazza, la prima da diverso tempo ormai che fosse così euforica di incontrare uno di loro.

“Volevo tanto venirvi a cercare. Ma avevo paura fosse troppo pericoloso! Con tutti gli attacchi mediatici che avete subito”, scosse la testa ridacchiando. “Scusa, non volevo sembrare indelicata. Non è carino che te lo faccia ricordare. Ma sono davvero davvero felice di incontrare uno di voi!”

“Davvero volevi incontrarci?”, chiese Mai interrompendo il fiume di parole dell’altra. “Chi sei?”

La sconosciuta sussultò e rise, colpendosi delicatamente la testa con il pugno.

“Che scortese! Scusami, a volte mi lascio un po’ andare. Mi chiamo Elizabeth.”

“Piacere di conoscerti, Elizabeth.”

La ragazza sorrise, quasi saltellava sulle punte dei piedi dall’eccitazione. “Il piacere è tutto mio!”

Riafferrò di nuovo la mano di Mai e le schizzò l’occhio. “Vieni con me. A casa risponderò a tutte le tue domande!”

Iniziò a camminare e tirarsi dietro Mai senza neppure darle il tempo di rispondere qualcosa. La Guerriera Viola, pur spiazzata da quei comportamenti, era estremamente incuriosita della piega che quell’inaspettato incontro aveva preso. Elizabeth continuava a guardarsi attorno, la treccia che ondeggiava ogni volta che muoveva la testa. Che cosa c’era di tanto segreto da non poter parlare in un luogo deserto come quello?

“Riguarda i Momose, vero?”

Elizabeth le lanciò uno sguardo di scuse oltre la spalla. “Davvero, Mai. È meglio che parliamo altrove.”

Mai infine annuì e decise di stare al suo gioco, almeno per il momento. Arrivate al cancello, si voltò un’ultima volta indietro, anche se si era ripromessa di non farlo, e cercò con la mente più che con gli occhi il memoriale di Dan. Strinse il ciondolo al collo e inghiottì il groppo che le si era formato improvvisamente in gola.

“A presto Dan”, sussurrò appena.

Le due si fermarono poco oltre al cancello, immobili sul ciglio della strada. Quando Mai si sporse per chiedere spiegazioni a Elizabeth, quest’ultima si illuminò in volto e agitò il braccio in segno di saluto. Un’elegante automobile grigio metallizzato si accostò al marciapiede e si fermò davanti a loro. Dal posto di guida scese quasi subito un uomo almeno sulla trentina che fece un veloce cenno verso le due ragazze.

“Scusa il ritardo Elizabeth, la lista della signora Yoshida non finiva più. La signorina viene con noi?”

“È un’amica!”, replicò di slancio prendendo Mai a braccetto. “Una dei Maestri della Luce. Viole Mai!”

La Guerriera Viola abbozzò un sorriso e salutò con una mano. L’uomo si limitò a lanciarle uno sguardo sorpreso per poi risalire in macchina, scuotendo leggermente la testa. Elizabeth, invece, non attese altro e si protese per spalancare la portiera, trascinandosi in tutto ciò una sempre più confusa Mai.

“Saliamo! Arriveremo in pochi minuti a casa mia.”

L’interpellata annuì meccanicamente, ben conscia di non aver apparentemente alcuna voce in capitolo. Elizabeth salì dietro di lei e chiuse velocemente la porta, facendo subito cenno di partire all’uomo.

Pochi minuti dopo, il cimitero rimasto alle loro spalle, Elizabeth iniziò a picchettare con un dito sul bordo del finestrino. Mai, intuendo che i discorsi sarebbero stati scarsi, si voltò verso il paesaggio che sfilava a lato, muri, piccole vie e giardini. Con un’unica domanda che continuava a riempire i suoi pensieri: chi era quella ragazza e cosa c’entrava con i Momose?

“Mi spiace per la reazione di prima. Penserai che sia un po’ lunatica!”

Mai sussultò e tornò a voltarsi verso l’interno, incontrando l’enorme sorriso di Elizabeth.

“Ma è tutta una precauzione, sai. Non si sa mai chi potrebbe stare ad ascoltare. Kosuke continua a ripetermi che anche le piante sentono tutto!”, concluse ridendo e lanciando un’occhiata divertita verso il guidatore che alzò gli occhi al cielo.

“Comincio a credere che, il tuo interesse per le aiuole, fosse solo motivato dall’avere un’arma per poi deridermi.”

“Lo sai che ti vogliamo tutti bene!”, replicò schizzando l’occhio verso Mai, “senza di te sarebbe una terra desolata!”

L’uomo non replicò ed Elizabeth tornò a guardare la Guerriera Viola, allungando una mano e posandogliela sul braccio.

“Ci sono ancora così tante persone a cui date fastidio, voi Maestri della Luce. Meglio tenerle alla larga, no?”

Mai si morse un labbro e annuì, la sola menzione di tutto quello che aveva passato sufficiente a far riaffiorare i peggiori ricordi, a risentire sulla pelle gli sguardi di disprezzo e derisione, a farle riprovare quel desiderio recondito di scappare. Chiuse gli occhi per scacciare quei pensieri, per concentrarsi sul desiderio di tornare a combattere.

“E adesso ti ho depressa, non me ne va bene una”, proruppe Elizabeth posandosi allo schienale e riuscendo a tutti gli effetti a distrarre Mai che sorrise.

“Non ti preoccupare. Non è colpa tua.”

Elizabeth le lanciò un’occhiata poco convinta, ma la sua attenzione fu ben presto monopolizzata dal cancello che stavano oltrepassando e dal giardino che si stendeva oltre. In fondo alla breve stradina di ghiaia, si trovava una villa bianco-gialla.

“Siamo arrivati!”

Mai fissò le aiuole ordinate e ricche di fiori e i due piani della casa, incerta su che cosa si fosse aspettata di trovare. Non appena l’automobile si fermò, Elizabeth quasi si lanciò fuori, la treccia che sbatacchiò contro il tettuccio. Mai la vide raggiungere un uomo anziano, appoggiato a un bastone.

“Qualche novità?”

Mai scese nel momento in cui l’anziano rispose alzando gli occhi al cielo. “No, Reiko. Come ogni volta.”

Le spalle della ragazza si abbassarono, rendendo evidente che avesse sperato tutt’altra risposta. La Guerriera Viola, che si stava guardando attorno, corrugò la fronte a sentire un nome diverso da quello con cui si era presentata.

“Nonno, lo sai che non voglio che mi chiami con quel nome. Sei sicuro che sia tutto uguale?”

“Se mi reputi così incapace, aspetta l’arrivo dell’infermeria che farà i soliti controlli”, borbottò bruscamente l’anziano per poi voltarsi nella direzione di Mai. “Hai intenzione di stare lì impalato a lungo?”

La Guerriera Viola sussultò, per poi rendersi conto che l’uomo stava guardando alle sue spalle. Dietro di lei, Kosuke si era riempito le braccia di sporte cariche di spesa.

“Porto subito tutto dentro, anche i dolci con cui adora accompagnare il suo tè.”

L’anziano alzò il bastone puntandolo verso di lui. “Esigo rispetto, giovanotto.”

Kosuke annuì superando le due ragazze, fermandosi appena per ricordare a Elizabeth che i fiori erano al solito posto.

Mai approfittò di quell’occasione per inchinarsi in segno di saluto.

“Buongiorno, sono Shinomiya Mai. Mi scuso di essere arrivata così di sorpresa.”

L’anziano la guardò un istante, per poi sbuffare e iniziare a rientrare. “Come se non sapessi che la colpa è di mia nipote. Vi farò lasciare del tè.”

Con quell’ultima affermazione, l’uomo scomparve a sua volta dentro la casa lasciando sole le due ragazze. Elizabeth fu la prima a salire i gradini, facendole cenno con una mano di seguirla.

“Non restarle lì, che altrimenti sembro scortese a lasciarti qua fuori.”

Mai non se lo fece ripetere e, un istante dopo, fu avvolta dalla fresca penombra dell’atrio. Sulle pareti erano appesi alcuni pannelli di carta che raffiguravano paesaggi delicatamente dipinti e diverse foto, raffiguranti la famiglia di Elizabeth. Una scalinata portava al piano superiore e diverse porte di aprivano ai lati. In fondo, contro il muro, c’era un divanetto con sopra posato un mazzo di rose bianche. Elizabeth porse un paio di sandali a Mai, andando poi a prendere il mazzo di fiori mentre lei si cambiava.

“Prima di ogni domanda, devo mostrarti una cosa. Preparati perché potrebbe essere alquanto scioccante per te.”

Mai non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni: Elizabeth stava già salendo al piano superiore e a lei non restò che seguirla. Arrivate nel corridoio, le due proseguirono sulla sinistra fino a una porta, davanti alla quale Elizabeth si fermò, la mano stretta attorno alla maniglia.

“Cerca di non gridare, ok? È una cosa bella, te lo prometto.”

La Guerriera Viola non seppe cosa rispondere, perplessa davanti a tanta preparazione per qualcosa che non poteva essere certo così strabiliante. Se avesse trovato i muri della stanza piene di foto dei Maestri della Luce, però, avrebbe effettivamente potuto essere alquanto imbarazzante e piuttosto inquietante. Mancava loro la fan psicopatica…

Elizabeth spinse la maniglia e spalancò la porta, spostandosi subito di lato e nascondendo il volto dietro al mazzo di rose, ripetendo sottovoce e velocemente una sequela di scusa.

Mai avanzò perplessa, continuando a fissare la ragazza che si stava comportando in modo sempre più strano. Quando si voltò verso la stanza, però, gelò e le si mozzò il respiro in gola. Portò le mani alla bocca, da cui neppure volendo sarebbe riuscita a far uscire un suono. Non riusciva a credere a ciò che aveva davanti e si posò al muro, quasi a cercare sostegno o forse a rendersi conto, grazie alla superficie fresca, che fosse tutto vero.

“Yuuki… non è possibile.”

Yuuki Momose, come un fantasma di un passato che sembrava ben più lontano di pochi mesi, era disteso sul letto, alcuni cuscini che lo sorreggevano e un respiratore attaccato al viso. Un costante e timido bip riempiva la stanza. C’erano anche delle flebo attaccate al suo braccio.

Yuuki Momose era lì. Yuuki era vivo. Ma non poteva essere possibile, Dan era stato lì quel giorno in cui lo avevano ucciso.

Elizabeth entrò lentamente, continuando a lanciarle veloci occhiate, anche mentre cambiava le rose nel vaso accanto al letto. Poi prese quelle appassite e le posò su una sedia, voltandosi verso di lei e iniziando a dondolarsi sui piedi.

“Avrei dovuto dirtelo. Lo sapevo. Ma non mi avresti creduto.”

Mai abbassò le mani, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal ragazzo disteso. Si avvicinò lentamente fermandosi ai piedi del letto. Incrociò lo sguardo di Elizabeth che annuì incoraggiante. Così, la Guerriera Viola proseguì fino a trovarsi a lato, dalla parte opposta. Lì si fermò ancora.

“Buongiorno, Yuuki”, esordì Elizabeth con un sussurro, appianando con una mano le pieghe sul lenzuolo. “Hai visto chi ti è venuto a trovare? Ti avevo promesso che prima o poi li avrei trovati. Anche se per essere sincera, sono stati loro a trovarmi. Com’è piccolo il mondo, vero?”

Poi, alzò lo sguardo verso Mai.

“Prova a parlargli. Secondo il medico gli fa bene sentir parlare. Sono certa che ascoltare una voce conosciuta gli sarà ben più utile di sentire la mia. Si sarà chiesto chi cavolo sono.”

Sorrise e indicò Yuuki con il capo. “Forza!”

Mai alzò la mano e si ritrovò a esitare a un soffio dalle dita del ragazzo. Sentì gli occhi farsi improvvisamente umidi, per la sorpresa di ritrovarlo vivo, per l’ingiustizia che lui fosse in quello stato a causa di gente senza scrupoli, per l’impossibilità che riaprisse gli occhi.

Alla fine, la ragazza strizzò gli occhi e gli strinse la mano. “Ciao, Yuuki.”

Qualcuno bussò alla porta e Mai riaprì gli occhi di scatto. Sull’uscio della porta c’era una giovane donna, un sorriso mortificato in volto.

“Mi spiace disturbare, ero venuta a fare i controlli. Ma posso aspettare qualche minuto se vuoi, Liz.”

Elizabeth scosse la testa e afferrò il mazzo di fiori dalla sedia, riempiendo di petali secchi il pavimento ai suoi piedi.

“No, fai pure. Prendere una boccata d’aria ci farà bene.”

Mai non si oppose, lasciandosi guidare fuori dalla stanza dalla ragazza. Uscite in corridoio, lanciò un’ultima occhiata verso l’amico che tutti loro avevano creduto perso per sempre.

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SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti. Per questa volta e per un po’ di settimane da qui in poi non ci saranno davvero molte novità. Mi auguro comunque che vorrete ripercorrere come me questo episodio, magari andando a scovare i piccoli dettagli che sono cambiati.

La prima versione di questo episodio, che rimarrà comunque online, occuperà sempre un posto nel mio cuore, come tutte le fantastiche recensioni che voi lettori mi avevate lasciato nel lontano 2013… mamma mia, mi sembra ancora assurdo che siano passati cinque anni! Un po’ un anniversario, dato che proprio il 1° ottobre del 2013 questo episodio ha visto la luce.

Il motivo di questa mia “revisione” è dovuto al fatto che il nuovo stile introdotto dall’episodio 1 in poi (riscritto, se ricordate) mal si combinava con quello in cui era scritto questo episodio, per altro importante ai fini della trama (ancora più dei prequel). In più, penso di essere riuscita a rendere meglio alcune scene, alcuni personaggi, alcune emozioni.

Vi voglio rassicurare, non diventerà un’abitudine. Non mi metterò a scrivere un paio di episodi per poi andare a riscrivere i più vecchi. Anche se i Prequel verranno prima o poi svecchiati anche loro, gli altri episodi e storie annesse (Moments, ecc.) rimarranno come sono.

Se vi va, fatemi sapere cosa ve ne pare di questa versione che, spero, leggerete almeno con piacere.

A presto, HikariMoon

  
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