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Autore: Crilu_98    06/10/2018    1 recensioni
La fame ed il freddo invernale non sono nemici che l'uomo possa sconfiggere da solo. Ma il prezzo che gli dei chiedono in cambio della salvezza è molto alto: i nati di quella primavera maledetta saranno tutti consacrati a Mamerte, sanguinario e crudele dio della guerra.
Tra di loro, Sattias è il più gracile, il meno abile, per nulla carismatico; tuttavia, quando giunge il momento di partire verso la terra che è stata loro promessa, è lui che il picchio di Mamerte sceglie come guida.
In un viaggio pieno di pericoli, profezie ed incontri inaspettati, Sattias dovrà ricorrere a tutta la sua astuzia per tenere al sicuro le persone che ama: perché nel loro mondo ci sono poche certezze, ma una di queste è che gli dei non ripongono mai la loro fiducia nell'uomo sbagliato.
Genere: Avventura, Guerra, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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"Ti ripeto che il sentiero a destra era la strada più veloce!"
La voce di Hostius, nitida e piena di malcontento, risuonò tra gli alti pini che costeggiavano il sentiero. Sattias strinse i denti, ringhiando: la corona stringeva sulla testa dolente, il peso dello stendardo minacciava di fargli cedere le ginocchia ed Hostius e Pileius non avevano perso occasione, in quei due giorni di viaggio, per rimarcare la sua incompetenza.
"Dannato picchio!" pensò, furioso, incurante dell'ira degli dei "E dannato Mamerte! Sia tre volte maledetto il suo nome e la sua crudeltà!"  
"Ci siamo persi, Sattias?" domandò Pileius con fare innocente. Tra i due, era quello che Sattias preferiva: nonostante fossero molto legati non era prepotente come Hostius, anzi, spesso frenava l'amico con la forza della ragione. Inoltre era un abile tiratore ed il ragazzo sapeva di poter contare su di lui per procurare cibo al gruppo; tuttavia il suo commento lo spinse a piantare nel terreno ghiaioso lo stendardo – su cui Sabidia aveva ricamato un bel picchio verde –  e a voltarsi con aria feroce.
Desiderava azzuffarsi pur sapendo che non sarebbe andata a finire diversamente dalle altre volte: Hostius l'avrebbe atterrato con facilità e colpito fino a fargli sputare sangue, fino a che Manlios non l'avrebbe strattonato via con forza o Sabidia non si sarebbe frapposta tra loro. La ragazza aveva il potere di stregare il giovane guerriero e non si faceva scrupoli nell'usare quell'ascendente per aiutare il ragazzo di cui era innamorata; Sattias di solito le era grato, ma in quel momento sperava con tutto sé stesso che non si intromettesse. Voleva lavare via l'insicurezza, i dubbi e la fatica con il suo stesso sangue: per un attimo una domanda bizzarra si affacciò nella sua mente.
"Questo non è da me. Che Mamerte abbia preso possesso del mio corpo?"
Quell'istante di esitazione fu sufficiente affinché Hiccia intervenisse.
"Sei mai stato sull'altro versante della montagna, Hostius?"
Tutti si voltarono a guardarla sbalorditi: era raro che la ragazza facesse udire la sua voce cupa e tagliente, non amava prendere parte alle discussioni che di tanto in tanto dividevano il gruppo. A volte Sattias aveva l'impressione che fosse uno spirito dei boschi, con quei ricci disordinati e gli occhi gialli, da gatta; allora si girava per controllare che fosse ancora lì, al margine del sentiero, e non fosse scomparsa tra gli alberi.
Hostius scosse il capo, ma non chiuse la bocca che aveva spalancato per la sorpresa, risultando come un grasso pesce appena pescato.
"E tu, Pileius? Hai mai inseguito una preda oltre il territorio della tribù?"
Pileius arrossì e boccheggiò nel tentativo di dare voce ai suoi pensieri: non era un mistero che Hiccia lo attraesse e lo terrorizzasse in egual misura.   
"No, io… Voglio dire, non che avessi paura ma…"
"Bene!" tagliò corto lei, senza degnarlo di una seconda occhiata "Allora, per tutti gli dei, come fate a sapere qual è la strada giusta da seguire?"
Manlios si lasciò scappare una breve risata, subito messa a tacere dall'occhiata penetrante di Hiccia:
"Che vi piaccia o no, Mamerte ha scelto Sattias come capo. Credete forse che un dio possa sbagliare?"
"No" replicò Hostius a mezza bocca "Ma Mamerte è un dio crudele. Si divertirebbe a vederci tutti morti, forse è solo una trappola e…"
"Silenzio!" ringhiò Etrilia, pallidissima in volto. "Non attirerai la collera degli dei su di noi, Hostius, non te lo permetto!"
Hostius si scostò i capelli neri dalla fronte ed arricciò le labbra sui denti grigi e storti, avvicinandosi alla giovane sacerdotessa: la sovrastava di tutta la testa ed incombeva su di lei come un orso infuriato.
"Cosa hai detto?"
"Ha detto che è ora di calmarsi!" intervenne Sabidia con voce soave. Tra loro era la più ingenua ed ottimista, oltre che la più bella: aveva lineamenti delicati, pelle priva di imperfezioni e due delicati occhi nocciola che si illuminavano quando rideva. Era stata la prima a diventare una donna e subito dopo il suo corpo era sbocciato in curve piene e sinuose che attiravano gli sguardi degli uomini, soprattutto di Hostius, che anche in quel momento si ritrovò a fissarla turbato, chiedendosi perché fino ad un attimo prima fosse stato così pronto ad azzuffarsi.
Poi, però, lo sguardo della ragazza volò su Sattias, ancora fermo nel mezzo del sentiero, e le labbra si piegarono all'insù in un tenero sorriso, uno di quelli che a lui erano sempre stati negati.
Hostius non riusciva a comprenderla.
La desiderava, certo, voleva accoglierla nel suo giaciglio e godere del suo corpo, ma le aveva dimostrato anche affetto in quei lunghi anni che avevano trascorso insieme: le aveva fatto capire che era disposto a fare di tutto per lei e che sognava una vita al suo fianco, una casa, figli forti e sani da crescere insieme.
Invece Sabidia si ostinava a lanciare sguardi e sorrisi a Sattias.
"Sattias! Quel piccolo insetto che cade sotto ogni folata di vento! Cos'ha lui che a me manca? E' stato scelto da Mamerte, vero… Ma anche prima di questo, Sabidia non mi ha mai rivolto le stesse attenzioni che dà a lui!"
E il fatto che l'altro ragazzo sembrava ignorare le profferte d'amore e che non pareva nutrire per Sabidia alcun interesse non riusciva a spegnere le fiamme della gelosia che gli divoravano il petto. Ogni volta che la vedeva accorrere in suo aiuto, Hostius soffriva come un orso colpito da una freccia; e come l'orso intrappolato, per difendersi dal dolore attaccava.
"Quale re si fa difendere da due sciocche donne, mosca?" ringhiò, tentando di ignorare la sorpresa e la ferita negli occhi chiari di Sabidia.
"Se fossimo un vero popolo" pensò Sattias, ricambiando l'occhiata ostile "Ed io fossi un vero re… Dovrei mandarlo a morte per tanta insolenza. Ma siamo solo dei ragazzi persi nel bosco, condannati a morte sicura e dimenticati dagli dei…"
Perso in quei cupi pensieri non si diede pena di rispondere alla provocazione, sfilando lo stendardo dal terreno e riprendendo la marcia. Lo scalpiccio di passi alle sue spalle gli indicò che tutti gli altri avevano deciso di seguirlo nonostante i dubbi, ma in tutta sincerità avrebbe preferito che la compagnia si sciogliesse subito, piuttosto che doverla guidare in territori sconosciuti alla ricerca di un destino incerto.
 
Lo trovarono al calar della sera, quando stavano scandagliando la foresta alla ricerca di un buon posto per accamparsi. Sabidia lanciò un urlo d'orrore e Hiccia, che era accanto a lei, per la prima volta in vita sua ebbe paura: ai loro piedi giaceva un picchio verde, morto. Le ali si erano spezzate nella caduta e ora erano piegate in maniera innaturale sulla terra umida del sottobosco; gli occhi neri erano opachi e vitrei e il sangue scuro bagnava le smeraldine piume dell'uccello.
Per un po' i sette rimasero ad osservarlo in un silenzio attonito, raccolti in cerchio attorno al povero animale; poi Pileius si chinò e stando ben attento a non sfiorarlo disse:
"E' stato ucciso da qualche altro uccello, gli ha spaccato il petto con il becco!"
Sattias, che invece aveva alzato gli occhi sull'albero sopra di loro, mormorò:
"Cercava di proteggere il nido… Ma è stato saccheggiato!"
In effetti tra i rami si intravedevano i resti distrutti del rifugio che il picchio aveva disperatamente tentato di difendere.
L'angoscia di quel presagio calò sul gruppo all'improvviso, come una soffocante coperta: ognuno di loro cercava di dargli un senso che potesse essere interpretato come un incoraggiamento, ma alla fine furono costretti ad ammettere che si trattava di un avvenimento sinistro e funesto.
"Mi sembra chiaro, dunque."
La voce di Hostius risuonò stentorea nella foresta ormai buia.
"Mamerte ci ha tolto il suo appoggio, non ci ritiene abbastanza forti sotto la guida di Sattias!"
"O forse si è arrabbiato per ciò che hai detto oggi pomeriggio!" replicò Sattias, gelido. "Etrilia aveva ragione, hai attirato la sua ira su di noi!"
"Ora cerchi scuse, mosca? Lo sappiamo tutti che vaghiamo alla cieca e che non sai più cosa fare!"
"Non vaghiamo alla cieca, stiamo andando a nord, come il dio ci ha ordinato!"
"Beh, io non intendo più seguire i vaneggiamenti di questa pazza!" sbottò il guerriero, indicando Etrilia. Manlios fremette, stringendo forte la corda del suo arco:
"Non è pazza! E’ l’unica che può trovare un senso in tutto questo!"
“Il senso lo vedo benissimo da solo, Manlios!”
“Ora sei anche cieco, oltre che stupido?”
Hostius alzò le mani con un ringhio di frustrazione:
"Io me ne vado! Siete liberi di morire come vi pare e piace, io proverò a sopravvivere per conto mio. Pileius?"
Pileius non ebbe un attimo di esitazione e voltò le spalle a Sattias; lanciò giusto uno sguardo timoroso verso Hiccia e poi raccolse le sue cose per seguire l'amico.
L'arciera sembrava ipnotizzata dal corpo inerte del picchio e quando alla fine si riscosse aveva gli occhi pieni di autentico terrore:
"Posso affrontare orsi e leoni di montagna e anche altri uomini, se necessario” bisbigliò con voce strozzata “Ma non combatterò contro gli dei!"
E anche lei si affrettò a seguire i due ragazzi nel folto del bosco.
Il respiro di Sattias tremolò:
"Non era forse quello che volevi?" sussurrò una voce maligna nella sua testa "Essere sollevato da una tale responsabilità… Dimostrare a tutti che, in fondo, non sei davvero figlio di tuo padre… E che avevano ragione su di te…"
"Voglio stare da solo!" borbottò, alzandosi in piedi ed evitando di incrociare lo sguardo penetrante di Etrilia o quello preoccupato di Manlios.  
Fece un largo giro attorno al cadavere del picchio, bofonchiando a bassa voce qualche vecchio scongiuro appreso da Aia, e si inoltrò anche lui tra gli alberi, nella direzione opposta rispetto a quella presa da Hostius, Hiccia e Pileius.
Gli sembrò di camminare per ore, ma in realtà non erano passati che pochi minuti quando la voce affannata di Sabidia raggiunse le sue orecchie:
"Sattias… Sattias! Per favore, aspettami… Ho paura, da sola!"
A malincuore il ragazzo rallentò il passo: i suoi pensieri ruggirono rabbiosi, ma non avrebbe mai abbandonato così la sua amica. Sabidia lo raggiunse con il respiro corto, le guance arrossate e gli occhi spalancati per il terrore: rischiò di scivolare sul terreno umido quando se lo ritrovò di fronte con i pugni serrati e lo sguardo torvo.
"Cosa vuoi?"
La giovane sembrò presa alla sprovvista:
"Volevo solo… Insomma, te ne sei andato a quel modo e…"
"Te l'ho detto, non volevo compagnia!" la interruppe lui, sempre più adirato. Perché non capivano il suo tormento, il timore che gli paralizzava le membra, il desiderio di essere lasciato in pace?
"Non dovevi venire qui…" aggiunse poi, voltandole le spalle "Va' con Hostius, Sabidia. Lui è in grado di proteggerti e di darti la vita che vuoi!"
"Ma io non voglio Hostius!" replicò lei con un sorriso tremulo, meraviglioso alla luce della luna che era appena sorta sopra le cime degli alberi. "Io voglio te, Sattias…"
Il ragazzo le si rivoltò contro come un cane rabbioso:
"Perché? Cosa ho io di speciale in confronto ad un guerriero come Hostius? Niente, ecco cosa. Tu, Mamerte, il picchio… Avete commesso un errore, avete scelto l'uomo sbagliato…"
Sabidia lo guardò orripilata:
"Cosa stai dicendo, Sattias? Gli dei non possono sbagliare!"
Gli occhi del giovane si incupirono fino ad avere lo stesso colore del muschio vecchio e dalle labbra gli volarono fuori parole taglienti, fatte per ferire:
"Tu sì, però, tu puoi errare: sei solo una bambina, non vedi il pericolo neanche quando ti sfiora la pelle! Te lo ripeto, vai da Hostius se vuoi sopravvivere. Andate tutti con lui!"
Sabidia scoppiò a piangere, stringendo i pugni attorno all'amuleto che portava al collo:
"Non puoi dire sul serio…"
"Oh, eccome!"
"Mi stai cacciando, Sattias?"
Lui la fissò senza l'ombra di un'emozione sul volto, a parte la rabbia che alterava i suoi lineamenti gentili:
"Sì."
La ragazza ingoiò a vuoto, emettendo un suono rauco come il verso di una civetta, poi si asciugò in fretta le lacrime dal viso e sparì tra gli alberi.
Sattias, invece, passò il resto della nottata a convincere sé stesso di aver fatto la cosa giusta.
   
 
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