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Autore: Miryel    07/10/2018    20 recensioni
Sei sparito e sei riapparso, in un mondo dove la gente è vestita come zia May nelle foto di quando era giovane. Dove gli Avengers non esistono, ancora; dove tu non sei nato e dove Tony, per uno scherzo del destino, ha la tua età o forse poco più.
Buffo, ridicolo.
Uno schiocco di dita ti ha separato da lui, ed ora ce l’hai di fronte ringiovanito di una vita.
[ Young!Tony x Peter | Tony x Peter | SPOILER INFINITY WAR | What If? ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ironguy and SpiderKid into the Canonverse'
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  [ Starker/Young!Starker | Young!Tony x Peter | Tony x Peter | SPOILER INFINITY WAR | What If? | Word Count: 2272]

 

Born To Be Yours

A story about a time traveler
•••

 


Capitolo I - Years From Now


 

  La brezza sulla pelle è tiepida il tanto da preannunciare l’arrivo dell'autunno, eppure ricordi perfettamente di aver lasciato questo mondo in estate, tra le cicale che cantano e il cielo terso che porta le attese vacanze da scuola. O meglio, così sarebbe potuto essere, se solo non fosse accaduto su un pianeta destinato a spegnersi presto; a soccombere, divorato dal rosso colore della sua terra e dal nero lugubre del suo nucleo quasi spento. Sei stato spazzato via; il corpo disintegrato in mille piccoli pezzettini impossibili da riassemblare, lasciando che il vuoto prendesse il tuo posto, per non fare ritorno forse mai più. 

  Lui è lì, davanti alla macchinetta del caffé, e sono giorni che ti chiedi se lo avresti incontrato mai. Eppure, pur non avendo alcun dubbio, speravi quasi potesse non accadere. Mani in tasca, una maglietta bianca di Arancia Meccanica, una camicia a quadretti rossi a fargli da giacchetto, l’espressione assorta e inconsapevole di un adolescente con troppe cose a cui pensare, in attesa che la sua bevanda venga erogata.

  «Tony?», chiedi incerto, e lui si volta a guardarti e alza un sopracciglio. Come sempre, come al solito, come se fosse l'interruttore che alza un muro di difesa. Trattieni il fiato. Non avresti dovuto farlo, Peter.

  «Ci conosciamo?»

  Conoscerlo? Che domanda idiota, a dire il vero. «No, tu non mi conosci ancora», dici. Sorridi. Non vorresti ma lo fai. È più forte di te. Sei sparito e sei riapparso, in un mondo dove la gente è vestita come zia May nelle foto di quando era giovane. Dove gli Avengers non esistono ancora. Dove tu non sei nato e dove Tony, per uno scherzo del destino, ha la tua età o forse poco più. Buffo, ridicolo. Uno schiocco di dita ti ha separato da lui, ed ora ce l’hai di fronte ringiovanito di una vita. Non ha senso; ti viene quasi da ridere, se non fosse che non ci stai capendo un bel niente, di quel che sta succedendo. Te lo hanno spiegato, allora S.H.I.E.L.D. - dopo che ti hanno trovato in una nube di radiazioni e ti hanno studiato come se fossi un alieno appena sbarcato sulla terra -, che quello che è accaduto è un paradosso temporale; che non sei morto, sei solo stato spostato in un tempo diverso, come se ti avessero parcheggiato in attesa di tornare a casa. Insomma, sei nel passato e non hai idea di come sia possibile ma, dopotutto, da quando quel ragno ti ha morso, è difficile che qualcosa ti sorprenda ancora. C'è da portare solo pazienza, ti hanno detto; che devi solo premurarti di non dire troppo di te, perché meno sapranno del futuro, meglio sarà per tutti. Anche solo un passo falso può cambiare le sorti del futuro da dove vieni.

  O, come preferisci chiamarlo tu: il tuo presente.

  In questa realtà, Tony Stark non è ancora nessuno. È il figlio annoiato e silenzioso di un uomo poco giusto e poco amato, che costruisce armi e le vende; che collabora con quelle persone solo perché conviene averlo come alleato, piuttosto che come nemico. Tony gira per lo S.H.I.E.L.D., di tanto in tanto; torna da scuola e non sa che fare e tu… tu non hai potuto fare a meno di chiamarlo per nome, quando lo hai incrociato per i corridoi e lo hai riconosciuto. Capelli corti, nemmeno mezza traccia di barba. Sono i lineamenti  a tradirlo, come le sue ciglia lunghe e i suoi occhi color castagna che ardono di quella luce che non potresti mai non riconoscere, quando splende a quel modo.

  «Ah, tu devi essere quello che viene dal futuro. O così dici. Mio padre ne parlava poco fa con dei colleghi.» Lo dice annoiato. Non da te, ma dalla vita. Sembra privo di stimoli, privo di sogni. Non sembra nemmeno la stessa persona che conosci nel tuo presente. Il tuo Tony ti manca, e quello che hai davanti è ingiustamente permeato da una inconsistente voglia di vivere; sporcata da una forte insoddisfazione in viso, travestita da arroganza. Non tanto diverso dall’uomo che sarà, ma nemmeno così uguale. «Quindi mi conosci. Nel futuro, dico», continua e tu non puoi parlarne. Non puoi dire niente. Ti maledici per averlo chiamato ma è stato così istintivo che ti chiedi come avresti potuto non farlo.

  «Solo… di vista», mormori, portandoti una ciocca di capelli dietro un orecchio, in un gesto che palesa il fatto che stai mentendo, «non posso dire molto di più. Sai, per non ca-»

  «Cambiare il corso degli eventi. Immagino», ti interrompe, sospirando e alzando gli occhi al cielo. Forse ritenendo ingiusto quel fatto; forse solo perché lo trova ridicolo. Annuisci, e gli fai un cenno con la testa, perché vuoi andare via. Devi andare via. Allontanarti prima di far danni, prima di innamorarti di lui ancora una volta. Tony resta fermo e lo superi. Sei salvo, Peter. Sei salvo. Ancora qualche passo, malgrado il suo sguardo addosso ti sta studiando senza tregua, e passerà. Passerà anche questa.

  «Peter?» Ha solo aperto bocca e a te è sembrato di ricevere uno sparo in mezzo alle scapole. Ti blocchi. Nemmeno ti volti. Chiudi gli occhi, e ti senti morire. Vorresti dissolverti, ancora una volta, stavolta per sempre e fingere che non ha fatto poi così male.

  «Ti chiami così, vero? L’ho sentito dire in giro. Il ragazzo del futuro, si chiama Peter, dicevano.» Rimani ancora immobile, assimili quelle parole con l’unica consapevolezza che non avresti dovuto girati; non con quel sorriso, poi. Non avresti dovuto rivolgergli il tono di voce più dolce del mondo e, malgrado l’abissale diversità dal Tony Stark di questo presente e quello del tuo, ti fa palpitare lo stesso e il tuo cuore è di nuovo suo. Forse è solo colpa dell’idea di ciò che diventerà. Di ciò che diventerete. Ehi, lo sai che ci lega l'amore, nel mio presente?, vorresti dirgli e per fortuna non lo fai.

  «Sì, mi chiamo così», e forse avrei dovuto mentire persino sul nome, pensi.

  «Allora ci si vede in giro, Peter», ti dice, semplicemente, e alza una mano per salutarti.

  Spero di no, pensi tu, ma non per davvero. «Sì, ci si vede in giro.»

 

•••

 

 

  Hai smesso di andartene a zonzo per il quartier generale dello S.H.I.E.L.D. solo perché hai una paura sconfinata di incontrarlo. E malgrado tu ne senta il desiderio, sai anche che è sbagliato. Totalmente. Deleterio; logorante. Per entrambi. Lo hai rivisto in giro solo un altro paio di volte – forse tre – scivolando via dai suoi sguardi e dalle domande che gli vibravano tra le labbra; e tu sei scappato via bloccando sul nascere quel suo tentativo si porgertele. Hai provato ad eclissarti, a non uscire troppo spesso dalla stanza che ti hanno assegnato, dove ogni tanto qualcuno viene a farti qualche domanda – a volte personali, a volte mediche. Hai solo deciso di parlare il meno possibile e di passare il tuo tempo da solo, leggendo dei libri e ad ascoltare la musica. E aspetti. Aspetti di tornare e basta, e sei decisamente una frana ad aspettare. Lo sei sempre stato. 

  Poi bussano alla porta, ed è sicuramente l’ennesima équipe medica che è venuta a farti un'intervista, al fine di capire chi accidenti sei. Apri la porta e Tony sorride e tu ti senti in trappola. Un sorriso che dice non puoi fuggire per sempre, Peter.

  Ti prego, non farlo…, vorresti dirgli.

  Ha in mano una pila di abiti; pantaloni, magliette, una felpa rossa col cappuccio e altre cose che non riesci a riconoscere di primo acchito. Non ti saluta. Non serve. Proprio come nel tuo presente. Basta uno sguardo, e nulla più. Con lui ha sempre funzionato così.

  «Hai bisogno di vestiti nuovi, mi hanno detto. Così hanno pensato pure di chiedermi di prestarti i miei. Ogni tanto hanno anche qualche idea geniale.» È assurdo come certe cose ordinarie ti fottano da dentro, e ti senti morire come se quelle parole ti avessero infilzato col solo intento di farti del male. Solo Dio sa quante volte hai indossato i suoi vestiti, fasciato dal profumo della sua colonia - Chissà quante ne hai cambiate, col tempo... quella che hai indosso ora è ancora diversa, ma pure così tua;  quante volte hai dormito con addosso le sue camicie, e quante volte te le ha sfilate via per farti indossare solo la sua pelle. Hai un brivido e chiudi gli occhi. C’è qualcosa di terribilmente erotico in quelle immagini che ti passano davanti, e qualcosa di fin troppo innocente in quel suo proporsi di prestarti qualche vestito.

  «Grazie», mormori, e non dici nient’altro. Prendi la pila che ti porge, timidamente tra le mani.

  Tony alza il suo solito sopracciglio, quello che somiglia più al grilletto di una pistola pronta a spararti in mezzo agli occhi, poi storce le labbra. «Le nostre conversazioni si limiteranno sempre e solo a me che parlo e tu che rispondi con grazie, poi a dopo e… la mia preferita: non posso dire nulla, vero?» Ti ha fatto il verso, ed è una cosa da Tony; eppure ora come ora non ci trovi nulla di divertente. Non ha idea di quanto sia difficile, per te, tenere a freno la lingua quando si tratta di lui, con cui hai sempre parlato di qualunque cosa, davvero qualsiasi cosa. Persino le tue paure più intime. Persino le battute più stupide. Persino i desideri più nascosti.

  «Mi dispiace…», dici, e ti mordi un labbro.

  «Avevo dimenticato il mi dispiace», ridacchia, alzando le sopracciglia, ed è ancora un tentativo di prenderti in giro, poi sospira e si gratta la testa, «Con gli altri sembri molto più a tuo agio, comunque. Cos’è? Nel futuro ti tratto male?»

  «Tutt’altro», rispondi lapidario, proprio perché non riesci a dire il contrario.

  «Allora cosa? Non dobbiamo per forza parlare di quello che fai lì… nel tuo presente. Ci sono così tante cose di cui poter discutere, no?»

  Tu sbuffi, e alzi gli occhi al cielo, ma dentro di te vorresti solo che capisse da solo. «Tony, non è il caso. Davvero. Ho troppa paura di doverne pagare delle conseguenze gravissime… non voglio tornare a casa e scoprire di aver incrinato qualcosa.»

  Tony alza le spalle, infila le mani nelle tasche del bomber blu a righe bianche, e sembra aver preso quella faccenda con troppa leggerezza. O, come sempre, sta fingendo che sia così. «Non ci vedo nulla di male a fare due chiacchiere, e non ti farebbe male uscire un po’ da questa prigione.»

  «Sto cercando di non inquinare la vostra realtà, come anche la mia. Così mi è stato detto di fare e così farò. Pensi che mi faccia piacere rimanere qui dentro, ad aspettare di tornare nel mio presente, senza interagire con nessuno? Solo… devo», mormori e ti sei già esposto troppo, per i tuoi gusti.

  «Non devi, basta solo che tu stia attento!», sbotta lui, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Solo perché, come sempre, non sa cosa significa trovarsi dall’altra parte. Gli è sempre riuscito uno schifo, immedesimarsi negli altri, e non fai fatica ad ammetterlo.

  «Si vede che non mi conosci ancora», sbuffi divertito, infine. «Io sono una specie di disastro incontenibile. Sarei capace di creare guai anche stando fermo.»

  «Oh, ora capisco perché andiamo così d'accordo, nel futuro. Non siamo poi così diversi», sghignazza, con quel suo modo strafottente di fare che nasconde sempre una profonda dolcezza e premura, almeno nei tuoi confronti. Non puoi fare a meno di sorridere, ma abbassi la testa, perché non ti vuoi esporre più.

  «Andiamo, Peter…», ti dice e sembra esitare per un dannato attimo e, per tua sfortuna, quell’esitazione sparisce in un lampo. Tu alzi gli occhi sui suoi, lui ti sorride gagliardo, perché sa di aver attirato la tua attenzione, «non sai nemmeno quanto tempo dovrai rimanere qui. Non sai nemmeno se tornerai!»

  «Tornerò! Certo che tornerò!», dici, stizzito, e ti sale il magone a bloccarti il respiro al sol pensiero. Lui sembra pentito di averlo detto, e fa un passo indietro – metaforicamente, e uno in avanti – vero, che accorcia troppo le vostre distanze, pur rimanendo a metri da te.

  «Certo che tornerai ma… potrebbe accadere tra molto, molto tempo. Non puoi passarlo ad aspettare e basta.»

  «Non ho altra scelta», sillabi. Ancora un passo avanti, la sua mano sinistra che trema. Come sempre. Come fa ogni volta che è innervosito da qualcosa che vuole cambiare ma che sa di dover lottare per farlo.

  «Sì che ce l'hai! Eddai, Peter! Proviamo a fare qualcosa e se non ti sentirai sicuro, giuro che sparirò dalla tua vita per i prossimi trent'anni.» Sorride. Ti spiazza. Non riesci a fare a meno di farlo anche tu. Perché come sempre sta lottando per averti dalla sua parte; anche lì, anche in quel passato lontano. Come fai a dire no? Come si dice di no a qualcuno che ami così tanto da non trovare disturbanti i tratti somatici così diversi da quelli che sei abituato a vedere di solito? Come fai a non desiderare ardentemente la sua compagnia come lui desidera la tua?

  «Perché proprio con me?», dici, anche se conosci la risposta; anche se sai che accettare significa finire in un mucchio di guai. Lui alza le spalle; la sua finta noncuranza ti incanta come sempre, perché sai quanto tempo ci ha perso, a rimuginarci sopra. Come se l’avesse buttata lì, e invece non è così.

Sbuffa divertito. «Perché non sei tanto male.»


Fine Capitolo I


 



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Angolo delle angolate angolose di Miryel:
Diversamente da altri miei progetti, che pubblico di solito solo una volta terminati, la scriverò man man. Questo un po' mi spaventa, perché ho paura che il blocco mi colga proprio ora, ma da una parte potrò sperimentare e vedere cosa deciderà di fare la storia stessa scrivendola il più di getto possibile.
Parlando della challenge, è molta libera. Gli unici vincoli, se così possiamo chiamarli, sono la presenza delle parole: "Autunno" o "Ottobre/Novembre", ma non ho intenzione di utilizzare l'autunno solo come semplice ambientazione di questa storia. Vorrei prenderne gli elementi che lo caratterizzano e cercare di usarli come guida verso un finale che, per fortuna, è già interamente concluso (nella mia testa, però).
Sperando che il primo capitolo vi abbia incuriositi, vi do appuntamento alla prossima settimana.
Ringrazio il gruppo, ringrazio i suoi utenti e ringrazio chiunque mi stia ancora sopportando.
Un caro abbraccio.
Miry
 
 

 
   
 
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