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Autore: Carme93    08/10/2018    1 recensioni
Avete presente Conan, il piccolo e geniale detective?
Avete presente il film Seventeen again con Zac Efron?
Avete mai immaginato che cosa potrebbe accadere se anche il grande Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, si ritrovasse un giorno a ritornare un ragazzino di dodici anni e calcare nuovamente i corridoi di Hogwarts in compagnia dei figli? E se questo li permettesse di conoscerli ancora meglio?
James e Albus sono pronti ad aiutare il padre a risolvere il nuovo caso e a farlo tornare adulto. Voi siete pronti a seguire le loro avventure?
(Storia ispirata proprio dal cartone e dal film sopracitati).
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Harry Potter, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo quinto
 
La mattina dopo, naturalmente, arrivarono alla stazione di King’s Cross appena in tempo. Ma questa non era una novità. Il fatto che Harry fosse tornato bambino aveva soltanto peggiorato la situazione, a dire di Ginny. S’intende che Harry non fosse dello stesso parere. Era colpa sua se James si era fissato di dover usare il bagno per primo e allora avevano iniziato a litigare? Secondo Ginny avrebbe dovuto lasciar perdere e soprattutto non contendersi il tubo della doccia con l’acqua aperta. Lily l’aveva trovato divertente e aveva iniziato a saltellare per il bagno e bagnandosi tutto il pigiama come se fosse piena estate e non gennaio. La contesa era finita in parità perché Ginny era intervenuta furiosa e aveva spedito Harry nel loro bagno.
A colazione Lily aveva sfogato la sua frustrazione per l’imminente partenza dei fratelli e per l’assenza a tempo indeterminato del padre bersagliando i tre ragazzi con pezzi di muffin. Albus le aveva chiesto gentilmente di smetterla una prima volta e poi gliel’aveva urlato, mentre James aveva risposto al fuoco. Harry aveva tentato di fermarli, ma nel farlo aveva rotto diversi piatti. Ginny era scesa di corsa con l’accappatoio e i capelli zuppi. Doveva darle merito che con un solo sguardo aveva riportato i figli all’ordine, ma aveva avuto l’impressione che l’occhiata peggiore l’avesse riservata a lui. Che colpa ne aveva se aveva l’aspetto e la goffaggine di un dodicenne e zero autorevolezza?
Comunque alla fine era riusciti a partire, sebbene fossero tornati indietro due volte prima di imboccare l’autostrada perché Ginny si era dimenticata di restituire la scopa a James e il ragazzino l’aveva così dimenticata e Albus avesse lasciato il cappello di lana nell’ingresso.
Alla fine ce l’avevano fatta e questo era l’essenziale, anche se Ginny non era palesemente concorde e Harry era sicuro, che se mai avessero perso il treno, la moglie avrebbe cominciato a sputare fuoco dalle narici.
Il treno scarlatto per un attimo attirò totalmente la sua attenzione. Percepiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Nostalgia. Gli capitava ogni volta che accompagnava i figli e Teddy. Stavolta, però, sarebbe salito anche lui. Di nuovo. Sapeva che era sbagliato, ma non poteva fare a meno di essere emozionato.
Non era più riuscito a parlare in privato con la moglie, ma non era più certo che l’idea di tenere Albus e James all’oscuro della situazione fosse giusto. Ma avrebbero gradito avere il padre tra i piedi a Scuola? Probabilmente no, ma di certo egli era la persona meno adatta per comprenderlo: non aveva mai parlato con i suoi genitori e a dodici anni, se ne avesse avuta la possibilità, ne sarebbe stato felicissimo. Ma era diverso e non poteva fingere che non lo fosse.
«Barney!» chiamò Ginny a denti stretti. Quante volte l’aveva chiamato?
«Sì, scusa. Guardavo il treno» rispose sinceramente, ma non fu una grande idea. Ginny inspirò e lo fulminò con lo sguardo.
«Mi farete impazzire» sbottò ella. Il treno fischiò. «Vedete di comportarvi bene e scrivetemi! Non voglio che mi arrivino lettere da Neville o peggio ancora dalla professoressa McGranitt! Chiaro?».
Harry sbuffò: stava guardando anche lui? Ma stavano scherzando? Non aveva mica bisogno di simili raccomandazioni! Non era realmente uno studente!
«Avanti, salite, svelti. Ci mancherebbe solo che vi dovessi accompagnare io a Hogwarts» borbottò Ginny, abbracciandoli velocemente e spingendoli sul treno.
Harry fu l’ultimo e le lanciò un’occhiata comprensiva: Ginny Weasley in Potter era una donna forte e, se voleva, pericolosa, ma era un essere umano e il nervosismo di quella mattina lo dimostrava. Le strinse la mano in un gesto rapido ed eloquente: l’avrebbero spuntata insieme ancora una volta.
«Prenditi cura di loro, specialmente di Al» gli sussurrò al volo Ginny, poi chiuse lo sportello proprio mentre il treno iniziava a muoversi e a Harry parve quasi di esserselo immaginato.
«Beh, io vado dai miei amici» disse James. «Ci vediamo in giro».
Harry rimase a osservarlo mentre si trascinava il baule lungo il corridoio.
«Andiamo?» gli chiese timidamente Albus, riscuotendolo.
«Oh, certo».
Percorsero il treno alla ricerca di uno scompartimento, a un certo punto Harry si bloccò e ne indicò uno al figlio. «Questo è libero».
Albus si voltò sorpreso. «Ah, pensavo che volessi conoscere gli altri».
Ok, non stavano cercando la stessa cosa. Harry s’impresse un sorriso in volto e annuì. «Oh, ok, certo. Ti seguo». Nelle sue prime lettere, a settembre, Albus aveva parlato entusiasticamente dei compagni, ma poi – e ciò aveva convinto lui e Ginny che fosse accaduto qualcosa – era diventato sempre più telegrafico e spento.
Raggiunsero uno scompartimento alquanto affollato e Albus vi entrò sorprendendolo ancora.
«Ciao, ragazzi!» disse il ragazzino sorridendo sinceramente per la prima volta da quando si era alzato.
«Cominciavo a temere che avessi perso il treno!» trillò un ragazzo biondo e dalla carnagione chiarissima. Harry lo conosceva! Era il figlio di Malfoy! Com’è che si chiamava? Scorpius? Che ci faceva in quello scompartimento?
Vi erano ben sette ragazzi, che tutto sommato avrebbero potuto anche stare comodi visto che erano piccoli e magri se non fosse che due di loro occupavano da sole un sedile. E, purtroppo, conosceva anche loro: una era sua nipote Rose e l’altra era la sua migliore amica, Cassandra Cooman, nota come Cassy.
«Vi presento Barney Weasley» disse Albus. «È un mio lontano cugino».
«Ciao» salutò allora Harry. Si sarebbe mai abituato a sentirsi chiamare Barney?
«Barney, loro so Alastor Schacklebolt» riprese Albus. Harry lo conosceva naturalmente, era il figlio di Kingsley. Strinse la mano che il ragazzino gli aveva porto educatamente. «Elphias Doge». Sembrava il più alto e magro del gruppo. Strinse anche la sua mano. «Dorcas Fenwick». Harry sorrise alla ragazzina che aveva già incontrato al Quartier Generale, in quanto era la figlia di uno dei suoi sotto vice Capitani. «Edward Zabini».
Il ragazzino di colore sorrise e disse: «Eddie, per favore».
«Giusto, scusa» replicò Albus. «Lui, invece, è Scorpius Malfoy».
Harry gli strinse la sua mano stupendosi del sorriso cordiale che il ragazzino gli rivolse.
«Lei è Cassy Cooman» continuò Albus, indicando la bionda stravaccato accanto a Rose. «Rose la conosci» concluse.
«Possiamo dividere il baule» propose Scorpius. In effetti, probabilmente, per stare più comodi, egli si era seduto a terra su un baule.
«Perché Cassy e Rose non si possono sedere composte?» chiese Harry dopo aver elaborato la situazione.
«Questo già non mi piace» sbottò Cassy masticando una gomma con la bocca schifosamente aperta. Harry le rivolse un’occhiata disgustata.
Rose ridacchiò e si stiracchiò, mettendosi ancora più comoda. Harry si pizzicò, chiedendosi se per caso fosse capitato in una dimensione parallela. Sicuramente gli Indicibili nell’Ufficio Misteri facevano esperimenti di questo genere.
«Avanti, spostati» sbottò allora. «Non essere maleducata».
Gli altri lo stavano fissando stupiti e leggermente spaventati. Ma davvero avevano paura di Rose e di quell’altra stupida?
Sua nipote ricambiò il suo sguardo con arroganza e si alzò diminuendo lo spazio che li separava. Anche lei masticava con la bocca aperta. «Chiudi quella bocca» soggiunse allora Harry.
Rose, invece, l’aprì di più e fece un palloncino. Era sempre più vicina al viso di Harry, che, testardamente, non si mosse. La ragazzina lasciò scoppiare il palloncino sulla faccia del nuovo arrivato. L’odore dolciastro di fragola nauseò Harry, che indietreggiò facendo ghignare la nipote.
«Dai, Rose, Barney ha ragione. Sarebbe carino da parte vostra far sedere anche noi» intervenne Scorpius.
«Ti pare il modo di comportarti?» sbottò Harry arrabbiato. «Se lo sapesse tua madre…».
Decisamente furono le parole sbagliate. Gli occhi di Rose lampeggiarono e la ragazzina lo spinse facendolo cadere addosso ad Albus e Alastor che erano dietro di lui.
«Rose, smettila» disse Albus infastidito e nervoso.
«E perché mai? È stato lui a sfidarmi». Anche Cassy si alzò e fronteggiò Harry.
Ma stavano scherzando? Dovevano ringraziare che Harry non colpiva i ragazzini, in caso contrario le avrebbe già schiantate.
«Basta» sibilò Scorpius frapponendosi fra loro. «Due contro uno non vale. E state esagerando. Sono stato sufficientemente tollerante, perciò o ci fate spazio o ve ne andate».
Rose e Scorpius si squadrano e l’aria nello scompartimento divenne pesante.
A salvare la situazione – o a peggiorarla, dipende dai punti di vista – fu l’ingresso improvviso di un altro ragazzino. Indossava la divisa di Serpeverde, così perfetta che sembrava gliel’avessero cucita addosso.
«Jaiden!» trillò Rose, palesemente felice di vederlo. Gli altri ragazzi, invece, s’incupirono. E ora chi era quello?
«Come stai?» domandò Cassy con gli occhi che le brillavano tanto quanto quelli di Rose.
«Bene, grazie» replicò asciutto il ragazzino, prima di rivolgersi ai ragazzi. «Allora, Potter, mi hai fatto quel favore?».
Harry impiegò qualche secondo a ricordarsi che il Potter in questione fosse il figlio e non lui. Albus, però, era impallidito terribilmente.
«Certo che sì» rispose Rose al posto del cugino.
«Ottimo, sei davvero un tipo intelligente» commentò con un ghigno Jaiden. «Avanti, dammi quello che mi devi dare. A Hogwarts potremmo attirare troppo l’attenzione».
Albus non replicò, ma aprì il baule e, dopo aver rovistato per diversi secondi, tirò fuori un blocco di pergamene. In silenzio ne consegnò un fascio al Serpeverde, uno a Cassy e uno a Rose.
«Molto gentile, Potter. Ci vediamo in giro. Ragazze, volete seguirmi o stare con questi qui?».
Harry fremeva e, appena le ragazze furono uscite con Jaiden, si rivolse al figlio. «Che cavolo è questa storia? E cos’erano quelle pergamene?».
Albus lo fissò a occhi sgranati. E come dargli torto? Era normale un dodicenne, appena arrivato, che si arrabbiasse in quel modo? No. Una vocina nella testa di Harry gli ricordò che, se avesse continuato in quel modo, avrebbe rischiato di far saltare la sua copertura e l’intera indagine. Oh, al diavolo. Doveva risolvere la questione di Albus, la missione non era altrettanto importante, perciò tornò a fissarlo.
«Barney, siediti» disse Scorpius allontanandolo con un gesto fermo ma cortese da Albus.
«Che cos’è questa storia?» ripeté testardamente, prendendo posto accanto al biondo.
«Non è importante» sussurrò Albus con gli occhi lucidi.
Harry decise di non insistere e si lasciò coinvolgere da Scorpius in una discussione sul Quidditch. Quando arrivò la signora del carrello, mangiarono insieme i vari dolciumi e riuscirono comunque ad allentare la tensione e tornare a sorridere. O almeno lo fecero i ragazzini, Harry per conto suo, non riusciva a dimenticare quanto visto. Comunque non toccarono più l’argomento fino all’arrivo in Sala Grande.
James fece loro un lieve segno di saluto.
«Ti prego, non raccontargli quello che hai visto sul treno» gli sussurrò Albus.
«Perché?» chiese Harry sospettoso.
«Perché poi James va al tavolo dei Serpeverde, attacca Brooks davanti a tutti i professori, perde un sacco di punti e, appena Brooks e i suoi amici lo beccheranno lontano dagli occhi degli adulti, lo pesteranno» rispose Elphias Doge.
Harry si accigliò. «Cosa?».
«È quello che è successo a ottobre» sospirò Albus, giochicchiando con lo stufato nel piatto.
A ottobre? Harry si ricordava benissimo la lettera ricevuta da una McGranitt indignata per il comportamento di James, che si era rifiutato di fornire spiegazioni.
«Jaiden Brooks ti aveva dato fastidio e James l’ha picchiato?» riassunse Harry tentando di comprendere.
«Sì» mormorò Albus affranto. «Nemmeno Jamie è forte quanto Brooks e poi è finito in un mucchio di guai quella volta, per cui preferisco che non sappia nulla».
Harry sospirò guardando il suo piatto. Non aveva più fame. Si ricordava bene quanto lui e Ginny si fossero arrabbiati con il figlio maggiore pochi mesi prima. Se c’era qualcosa che Harry non poteva proprio tollerare quella era la prepotenza e la violenza gratuita e si era infuriato con James. Ora, aveva appena scoperto che il figlio aveva un motivo più che valido per attaccar briga con il Serpeverde. Quante cose ancora non sapeva? Quel Brooks faceva il prepotente con Albus e per questo il figlio era tanto triste? Ma che rapporto c’era tra quello e la nota di Neville? Disperato alzò lo sguardo sull’amico, ma non riuscì a incrociarne gli occhi perché il professore di Erbologia era immerso in un’animata conversazione con uomo anziano. Era Oswald McBridge, un ex Auror che adesso insegnava Difesa contro le Arti Oscure. A sentire James era peggio di Rüf, professore di Storia della Magia.
Elphias, Alastor e Albus lo guidarono lungo i corridoi di Hogwarts – come se non li conoscesse a memoria! – e lo condussero in Sala Comune e infine nella loro camera nel Dormitorio maschile di Grifondoro. Harry aveva riflettuto per tutta la cena ed era giunto a una conclusione che non gli piaceva per nulla.
«Al» chiamò gentilmente, sedendosi sul suo letto, appena tutti gli altri si furono sdraiati.
«Mmm» replicò il ragazzino, fissandolo sorpreso. «Che c’è?».
«Jaiden Brooks fa il prepotente con te?» gli domandò a bruciapelo. Va bene, non era una conclusione degna del Capitano degli Auror, dopotutto chiunque ci sarebbe giunto. Ma a quel punto Harry aveva bisogno di chiarire la situazione, per quanto potesse risultare banale.
Albus non parve per nulla felice di affrontare l’argomento. «Non solo con me. Tutti quelli del primo anno lo temono» replicò senza guardalo negli occhi.
«E quelle pergamene?» insisté Harry.
«Ti prego, non mi va di parlarne» sbuffò Albus.
«Ma insomma la McGranitt e Neville stanno a guardare?!» sbottò senza rendersene conto.
«Conosci lo zio Neville?».
«Oh, ehm…» borbottò Harry preso in contropiede. Di quel passo la sua copertura non sarebbe durate neanche per una notte! «Tua mamma lo chiama così» si difese debolmente.
«Sì, sono molto amici» ribatté Albus. «Comunque in classe è il professor Paciock, ricordatelo».
«Certo» assentì in fretta Harry. «Non è questo il punto, però. Loro non fanno nulla?».
«Brooks non fa il prepotente di fronte agli insegnanti» rispose Albus con ovvietà. «Ti dispiace se andiamo a letto, ora?» aggiunse cortesemente.
«Va bene» sbuffò Harry. Si lanciò sul proprio letto e ne chiuse le tende. Se Albus non voleva raccontargli tutto, lo avrebbe scoperto da solo!
Non era più tanto entusiasta di essere ritornato a Hogwarts.
   
 
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