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Autore: Mladen Milik    09/10/2018    2 recensioni
STORIA INTERATTIVA
"L'uomo ha da sempre temuto l'oscurità e per poter sopravvivere ha squarciato le tenebre con il fuoco" Nadia.
Nel mondo dei maghi ogni individuo, ogni essere dotato di forza magica, è collegato ad un altro attraverso la propria anima, lo spirito di ogni persona rappresenta il contratto che una vita sigla con il suo stato di natura. Nel comprendere l'enigma della vita e della morte i maghi nel corso dei secoli credevano che esistesse un luogo nella terra dove tutta l'energia magica che ha dato origine ad ogni singola vita si conservasse, in attesa di ritornare al vortice dell'origine. Il Maelstrom rappresenta per un mago il passato così come il futuro, un processo perpetuo di comunione tra le anime, che vede nel vortice il suo trono. Quello che i maghi non sanno è che la storia sta per ritornare al suo stato di natura, attraverso un rituale, il portale tra la vita e la morte è destinato a riaprirsi e una guerra tra maghi riaffiorerà tra le radici del passato. Il Maelstrom seleziona i maghi meritevoli di partecipare, solo uno sarà il vincitore, tuttavia il motivo e il fine di questa guerra sono un mistero.
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Inizio, terza parte

 

Il gruppo procedeva in linea retta, senza che una mosca potesse scalfire il loro cammino spedito, solo il rumore metallico dell’armatura di Saber rompeva il silenzio, la ragazza chiudeva la fila senza perdere d’occhio la donna che li guidava, sembrava che conoscesse molto meglio di lei le modalità del rituale e la cosa la innervosiva. Senza che Edin potesse chiederle spiegazioni, Samantha Koeman, sua insegnante di difesa contro le arti oscure, aveva insistito per lasciare il castello, sottolineando che quel lupo nero sarebbe stato solo l’inizio dei loro problemi e che Hogwarts non era un posto sicuro per il ragazzo.
Edin aveva il cervello in apnea, sentiva come se i suoi stessi pensieri stessero annegando uno sull’altro senza possibilità di respiro, troppe domande, nessuna risposta e sopratutto un violento senso di paura che gli stringeva lo stomaco e gli premeva le tempie. In una sola notte aveva rischiato di morire, attaccato da un mostro che non doveva essere nel castello, aveva evocato in un modo a lui sconosciuto una spadaccina bambina vestita di un armatura di ferro e aveva persino scoperto di dover combattere in una guerra tra maghi, senza che potesse prendere fiato per ragionare, senza una tregua che diventava già nei suoi desideri un miraggio.
Non sapeva nemmeno perché continuava a seguire con passo rapido la professoressa Koeman, non aveva la minima idea di cosa stesse accadendo e tutto assumeva davvero i connotati di un incubo, sperava di potersi svegliare nel dormitorio di tassorosso con un ricordo vago di quella notte, ma la paura e l’ansia sembravano fin troppo reali. Samantha accelerò il passo lungo un’umida scalinata in legno, arrivando davanti ad una vecchia e polverosa porta in legno, la donna la aprì senza pensarci due volte e il gruppo si ritrovò in una vecchia stanza senza mobili, illuminata solo dalla fredda luce lunare che penetrava dalla finestra chiusa.
“Ora siamo a Hogsmeade, oltre i confini di Hogwarts, possiamo smaterializzarci in un posto più sicuro, dove non sarai in pericolo” disse Samantha, ricevendo un’occhiata di confusione totale.
“Prima non si era parlato di smaterializzarsi. E perché mai Hogwarts dovrebbe essere pericolosa? Che diavolo era quel lupo?” iniziò a domandare Edin che voleva cercare di spuntare più punti possibili tra la lista delle domande da fare. “Non era un lupo” rispose Saber con voce candida e pulita, prima che Samantha potesse rispondere. Edin si voltò verso la ragazza, in quella stessa stanza c’erano due donne dalla bellezza contraddittoria, la prima era molto più grande di lui, ma era nello splendore degli anni, con un corpo mozzafiato e una bellezza superlativa, per qualche strano motivo vedeva difficile che una come Samantha potesse essere un insegnante.
Saber sembrava, invece, più giovane persino di lui, pareva poco più grande di una bambina, con volto angelico e sguardo da pulzella che però rifletteva un animo particolarmente freddo, fissarla negli occhi blu gli portava inspiegabilmente un senso di tristezza.
“Quell’essere era la proiezione di una nobile illusione. Una nobile illusione è un’arma o un’abilità in possesso di un servitore, in questo modo questi potrà combattere contro altri servant con tecniche superiori al concetto stesso di proiezione magica, io stessa ne possiedo una” spiegò Saber e mostrò la sua spada sottile, senza che Edin riuscisse a capirci più di tanto. “Ho insistito per allontanarti da lì perché ad Hogwarts c’è un secondo master e ti stava dando già la caccia” aggiunse quindi Samantha sorridendo al ragazzo. “E perché mai avrebbe dovuto uccidermi? In che diamine mi sono cacciato?” chiese quindi lui.
“Questa è una guerra tra maghi in piena regola, Edin Taliesin e la prova che tu sei un partecipante è il simbolo sulla tua mano, grazie al quale sei riuscito ad evocare Saber” rispose Samantha e Edin fissò con timore la sua mano che senza che lui se ne accorgesse possedeva ora un simbolo scarlatto mai visto prima, per poco non vomitò. “Non so quanti nemici dovremo affrontare, ma una guerra è sempre una guerra, gli avversari cercheranno di vincere e per farlo, dovranno ucciderti, che tu lo voglia oppure no, è naturale che un master abbia tentato un attacco prima ancora che tu mi avessi evocata” disse quindi Saber con tono dispiaciuto, quasi le si stringesse il cuore ogni volta che pensava al destino del suo master.
“E se io volessi ritirarmi? Non ho scelto di partecipare alla guerra, non voglio uccidere nessuno e non voglio certo morire! Non è possibile che non ci sia un modo” reagì quindi Edin, prendendo in mano le proprie emozioni e cercando finalmente di assumere un ruolo nella faccenda. Il viso di Saber si rabbuiò e il suo capo si chinò verso terra, le mani strette l’una dentro l’altra sopra il petto, Edin tuttavia stava guardando Samantha e questa reazione gli passò inosservata.
“Conosco un luogo. Come in ogni conflitto anche qui esiste un arbitro neutrale, selezionato dal rituale stesso per giudicare l’incontro e fornire un supporto ai master, lui conosce ogni singolo dettaglio di questa guerra e sono certa che potrà darti tutte le informazioni che ritieni necessarie” disse quindi Samantha e Edin finalmente riuscì a rilassare il battito cardiaco, finalmente avrebbe avuto delle risposte, iniziava a diventare un desiderio incalzante.
“Portami da lui” disse quindi Edin e Samantha annuì, allungandogli la mano, gesto che lui non comprese.
"E’ per questo motivo che proponevo di smaterializzarci, dovremo andare a Londra per raggiungere la zona neutrale” Edin spostò quindi lo sguardo verso Saber che aveva immediatamente cambiato espressione e che ora esordiva con un finto sorriso di concordanza, quando tutto questo era solo una tiepida maschera dei suoi veri sentimenti. “Un’ultima cosa desidero chiederti, professoressa. Perché lei è qui? Come faceva a sapere tutto questo, che sarei stato un master e che ero in pericolo? Perché tutto questo interesse per me?” chiese quindi Edin tornando con lo sguardo verso la donna.
“Ogni cosa a suo tempo, non abbiamo più tempo per dilungarci oltre, i servitori percepiscono la presenza dei loro obiettivi e la tua Saber odora di nemico più di quanto tu possa credere, tuttavia posso assicurarti che è il mio dovere proteggerti con tutta me stessa, come è mio compito fare in modo che tu sappia qualsiasi cosa di questo rituale” rispose dunque lei e Edin raccolse l’invito della donna, stringendole la mano con forza, proprio mentre Saber gli aveva messo la mano sulla spalla. In un attimo si ritrovarono in un luogo completamente diverso, ma non meno solitario e isolato. Edin trattenne un conato particolarmente aggressivo, mentre il suo colorito era diventato istantaneamente pallido, il sorriso e la mano calda di Saber sulla spalla gli curarono subito però quella nausea passeggera, quando la ragazzina sorrideva Edin sentiva dentro di sé una sensazione di calore, quasi che quel sorriso fosse un dono, aveva capito che non si trattava di una persona che distribuiva sorrisi in ogni momento della giornata. Un panorama silenzioso e misterioso li circondava, intorno a loro c’erano bare e tombe di ogni genere, alcune erano decorate con statue grigie di pioggia acide, altre aveva solo una misera croce erosa dal tempo, mentre altre ancora erano state invase da edere senza controllo o rispetto. Davanti a loro un sentiero bianco e infine un imponente chiesa gotica, che portava sulla sua pietra e sulle sue vetrate spente il segno del tempo e dell’abbandono.
L’atmosfera era terrificante.
Questa volta fu Saber a prendere l’iniziativa e iniziò a camminare con calma verso la chiesa, se Edin l’avesse vista in volto, avrebbe visto un pianto senza lacrime. Samantha fece un cenno di intesa a Edin che comprese che il posto fosse quello, per lui entrare in una chiesa rappresentava una prima esperienza, non si poteva certo dire lo stesso per Saber. Edin si incamminò per raggiungere il suo servant, mentre il cuore iniziava nuovamente a sbattere come un tamburo contro il suo sterno e il respiro cominciava a farsi ancora pesante, la chiesa davanti ai suoi occhi si avvicinava sempre di più in tutto il suo minaccioso scheletro di pietra. Arrivò davanti alla navata centrale, il cui portale trionfale era aperto e trovò Saber in ginocchio davanti a lui, con le mani giunta davanti al naso, gli occhi chiusi e un’espressione nervosa sul volto, non riusciva a capire se la vedeva spaventata o felice, sembrava sul punto sia di gioire che di piangere come una fontana, per la prima volta venne raggiunto da un sentimento di compassione per lei, non sapeva nemmeno chi fosse, ma già gli sembrava di conoscerla da una vita. Un rumore di passi disturbò la preghiera della ragazzina, che istantaneamente si portò davanti ad Edin come fosse una scudo, senza però mettere mano alla spada, i passi sul pavimento di pietra, continuarono il loro corso, facendosi più vicini.
“E’ dunque la visita di un master che mi attende questa sera” pronunciò una voce dal tono sepolcrale, ma allo stesso tempo forte e densa come il suono di un organo. Una figura imponente era apparsa appena davanti all’altare, nera come la pece, misteriosa come la notte, il suo stesso profilo produsse in Edin un brivido gelato e tagliente lungo la schiena. Samantha ruppe la sua esitazione e superò sia lui che Saber, giungendo con passo spedito fino a metà navata.
“Siete voi l’arbitro di questa guerra?” chiese la donna con tono agguerrito. Si udì un ghigno divertito, poi la figura oscura continuò a camminare, fino a portarsi proprio davanti a Samantha che non mosse un muscolo, davanti a lei vi era ora un sacerdote in carne ed ossa. L’uomo era imponente, alto quasi due metri, con lunghi capelli castani che gli scendevano fino alle spalle, mentre il volto era geometrico, con lineamenti perfetti e naso pronunciato. La cosa che più di tutte però incuteva inquietudine era lo sguardo, al posto delle iridi aveva due pozzi neri come la pece, due occhi fatti di lame di ossidiana, attraverso di essi Samantha poteva vedere l’oblio, non aveva mai visto occhi tanto scuri. La donna aveva la fronte che arrivava alla croce di ferro che pendeva sul petto di lui, mentre il sacerdote, vestito in tunica nera, osservava la donna dall’alto verso il basso.
“Voi non siete un master, come potete sapere che io sia l’arbitro di questo rituale?” chiese lui, la sua voce poteva abbracciare e uccidere con ogni sillaba nello stesso momento. “Sono qui per condurre un mio studente, sono responsabile della sua sicurezza” disse quindi lei senza dare una risposta. L’uomo sorrise e spostò lo sguardo verso Edin e Saber, sguardo che si trasformò quando i suoi occhi si posarono su di lei.
“Non pensavo che nella mia esistenza di servo di Dio avrei mai potuto avere l’onore di conoscere in vita una santa, prima del giudizio dei cieli” disse quindi lui e superò Samantha, avvicinandosi al duo. Edin lanciò un’occhiata confusa a Saber che era più seria che mai, dal suo sguardo poteva vedere però che diverse emozioni stavano combattendo dentro di lei. “Preferirei che non riveliate il mio nome, sacerdote e non dovete provare alcun sentimento di onore verso di me, non sono la santa che credete” replicò quindi lei.
“Nessuno è mai stato santo in vita, che sia la via della santità, della beatificazione o del martirio che un uomo possa intraprendere, questi avrà il bilancio di questa vita solo con la sua morte, i suoi occhi non vedranno la luce dell’aureola sulla testa, sulla terra sono le spine e le fiamme del martirio la ricompensa finale” disse quindi l’uomo guardandola intensamente negli occhi e Edin sentì chiaramente il corpo di lei iniziare a tremare leggermente. “Sei dunque tu il master di questa Saber?” chiese quindi il sacerdote e Edin perse il proprio coraggio in quei pozzi di pece che erano i suoi occhi, iniziò a tremare e Saber gli strinse la mano con forza, il tremito cessò istantaneamente.
“Sono qui per chiedere di essere ritirato da questa guerra” disse quindi Edin con inconsueto coraggio, mentre l’uomo reagiva con un sorriso. “Essere scelti per questo rituale dovrebbe essere un onore, avere il privilegio di poter chiedere al Maelstrom un desiderio dovrebbe essere il punto di arrivo dei sogni di ogni mago, perché mai ritirarsi così presto? Forse per timore?” replicò l’uomo con tono tagliente. Edin reagì con confusione, non aveva capito alcuna parola di quello che stava dicendo il prelato. “Non sa niente del rituale, è qui per avere spiegazioni” intervenne Samantha dal centro della navata.
“Molto bene” disse quindi lui “Il mio nome è Hyperion Katowice e sono stato selezionato come giudice esterno di questa guerra con l’obiettivo che i civili e i babbani non subiscano danni, né ricevano informazioni da questo rituale. Come master tu sei chiamato a scontrarti con tutti gli altri partecipanti al fine di rimanere l’unico superstite e poter tornare al Maelstrom, chiunque riesca nell’impresa ha diritto ad un desiderio. Fino a quando avrai vita il tuo servitore ti seguirà e proteggerà, lei è uno spirito eroico generato dal processo del Maelstrom stesso per servirti, richiamata dal limbo che le ha concesso la morte e riportata sul mondo dei vivi, per rimanere in questa forma materiale si nutre della tua energia magica, se quindi tu dipendi da lei per la tua protezione, lei stessa non può sopravvivere se tu perisci” spiegò Katowice con calma.
“Ed è possibile ritirarsi?” chiese nuovamente Edin, ora con le idee più chiare riguardo la guerra.
“Certamente, basta che consegni a me i tre incantesimi di comando incastonati sulla tua mano e io provvederò alla tua protezione. Anche se sciogliessi in qualità di arbitro il tuo contratto con Saber, il contratto che tu stesso hai firmato con il Maelstrom non potrà essere distrutto, rimarresti comunque un bersaglio e necessiteresti del mio supporto” rispose l’uomo. Edin tirò un lieto sospiro di sollievo, poteva contare sulla protezione si Saber e di quel sacerdote senza dover necessariamente combattere, ma proprio mentre stava per confermare la sua scelta al sacerdote, ecco che la voce di Saber superò la sua intenzione.
“Se questa è la tua scelta, master, non posso che ritirare le mie lamentele e prostrarmi con servile assenso, non ti biasimo se desideri fuggire dal conflitto, sei soltanto un ragazzino e ti prego di non darti pena per me se intendi sacrificarmi, sono qui per adempire al mio ruolo” disse quindi lei e sorrise in maniera forzata al master con occhi pesanti e lucidi. Edin la fissò confuso, non riusciva a capire perché mai lei gli stesse dicendo parole di questo genere, ne perché sembrasse così abbattuta e angosciata, nonostante sorridesse. “Ti sta chiedendo se sia davvero tua intenzione ucciderla” aggiunse Katowice con tono freddo e quasi severo.
“No! Perché mai dovrei farlo? Io non voglio fare niente di simile!” reagì lui con paura e confusione.
“Rinunciando ai tuoi diritti di master, rinunceresti anche al tuo servant, lei lascerebbe questo mondo subito dopo” Edin incrociò nuovamente lo sguardo con Saber che lo guardava fredda e concentrata, aspettava la sua decisione senza che nessuna emozione filtrasse nuovamente, se quello si sarebbe rivelato essere il suo destino, l’avrebbe ora accolto con stoico assenso.
“Non lo farò” disse quindi lui con forza, stringendo duramente i pugni, mentre sul viso di Katowice appariva un sorriso soddisfatto. “Non sei obbligato a partecipare, sono morta in passato, questa opportunità di rinascita è solo un evento di causalità, non per questo devi rischiare la tua vita per me. Dio mi ha presa una volta e sono sicura che sia pronto ad accogliermi nuovamente” disse quindi lei senza battere ciglio.
“Tu sei qui per un motivo Saber e per quanto sia assurdo tutto questo, tu hai pieno diritto di rimanere qui, sono pronto a servire questa tua condizione” disse quindi lui e sul volto della ragazzina apparve un espressione stupita e quasi commossa.
“Non hai ragione per lottare, master, non devi dire queste parole...”
“Se non ho ragioni per combattere, allora lotterò affinché tutto questo non abbia luogo, fermerò questa barbarie, ma avrò bisogno del tuo aiuto” Saber sorrise, un sincero e candido sorriso, il primo vero sorriso che le vedeva sul viso, era bellissima quando sorrideva.

 

Gli inaspettati visitatori erano già partiti da diverso tempo quando l’organo della chiesa aveva cominciato a suonare. Un suono melodioso aveva avvolto lo scheletro di pietra dell’edificio in un abbraccio soave, l’intero tetro complesso sembrava tornato alla vita. Le dita lunghe ed eleganti si muovevano velocemente sui tasti, componendo una splendida sinfonia, mentre i passi dell’uomo si avvicinavano seguendo il ritmo della musica.
“Hai prestato ascolto alla conversazione?” chiese Katowice mentre la mani della giovane donna continuavano a danzare sui tasti bianchi.
“Ho prestato ascolto, padre Hyperion” rispose lei con tono leggero e timido.
“Penso che tu abbia dunque capito per quale motivo io ti abbia condotta qui” replicò quindi lui con tono freddo, mentre la ragazza iniziava a tremare leggermente. I capelli di un biondo quasi bianco le arrivavano appena sotto il mento, il viso era squadrato con lineamenti spigolosi e un naso particolarmente pronunciato, mentre gli occhi graziosi erano verdi e non si erano ancora spostati dallo spartito ingiallito. La ragazza annuì, mentre il tremito aveva iniziato a farsi più attivo e meno gentile, ogni cosa di quel sacerdote le produceva timore, ma ancora più di lui era terrorizzata da quello che l’avrebbe attesa fuori da quelle quattro mura neutrali, avrebbe dovuto combattere, quando la forza non era certo uno strumento che amava utilizzare e che anzi, non era mai stato nelle sue opzioni. Era successo tutto così in fretta che non era nemmeno riuscita a trovare un equilibrio nei suoi pensieri, Hyperion Katowice era apparso dal nulla nel suo convento, mentre lei era intenta a lavorare nell’orto, una ordinaria giornata nel convento di St. Joan nel distretto irlandese di Galway. Senza che potesse sistemare i suoi bagagli, prepararsi ad una partenza, né tanto meno decidere effettivamente se voleva seguire quel sacerdote era stata costretta a lasciare la sua casa, casa aveva imparato ad amare ed apprezzare. La madre superiora era stata categorica e le aveva detto che un viaggio di missione in Africa sarebbe stata la sua ultima esperienza prima della definitiva presa dei voti, non le aveva certo detto che la missione sarebbe stata una guerra di sterminio e che con ultima esperienza si intendeva la morte. Katowice non era certo un missionario, era l’arbitro di uno scontro tra maghi, una guerra in cui lei sarebbe stata una partecipante, una pedina della scacchiera come tanti altri maghi, il simbolo sulla mano ne era la prova e dire che appena prima di scoprirlo, pensava di essere stata benedetta dal signore con le stimmate. Ffion, quello era il suo nome, era arrivata già da qualche settimana alla chiesa neutrale, tuttavia ancora il senso di paura e smarrimento non l’aveva abbandonata, Hyperion le aveva spiegato tutto del rituale, nei minimi dettagli e la cosa che le aveva spiegato più chiaramente era che non poteva in alcun modo ritirarsi, doveva combattere se voleva vivere, tuttavia non capiva ancora la ragione del perché lei fosse stata scelta e si biasimava per non avere un carattere abbastanza forte per ribellarsi. Non sempre riusciva a spiegare con la sua fede gli eventi che la circondavano, non sempre riusciva a riferire a Dio ogni sua preoccupazione e le preghiere non bastavano a darle conforto, l’intera situazione puzzava di rituale pagano, tuttavia il sacerdote non mostrava alcun segno di eresia.
“Ffion, penso tu possa essere pronta per lasciare il territorio neutrale” disse quindi Katowice e il cuore le iniziò a strozzare la gola.
“Per quanto voi mi abbiate istruita a dovere, padre, non so se potrò davvero adempire il volere di Dio là fuori, mi trovate davvero pronta?” chiese quindi lei che avrebbe voluto suonare quell’organo fino all’eternità. “Fino a quando non proverai, mai ne sarai certa, io credo che tu sia una valida partecipante per questo rituale, è mio dovere proteggerti in quanto serva di dio, come me del resto, ti ho preso sotto la mia ala per darti un supporto e per questo intendo fornirti di un servitore che ti conduca al successo” disse quindi lui, ormai convinto che Ffion potesse davvero iniziare a dire la sua nella battaglia. I due si spostarono nella navata centrale, dove, dopo aver tracciato il cerchio alchemico di evocazione, Katowice iniziò a predisporre il tutto per l’evocazione. Ffion si guardò intorno e vide, seduto nelle ultime, file lo stesso ragazzo che spesso vedeva aggirarsi spesso nei dintorni nella chiesa o scambiare parola con Katowice in sacrestia, davanti ad una caraffa di vino. I suoi capelli erano biondi come il grano e gli coprivano quasi interamente la fronte con un ciuffo ribelle, gli occhi erano rossi come il granato e condivano perfettamente un viso dalla bellezza quasi angelica, se non fosse per uno sguardo famelico e un ghigno maligno. Ffion stessa si sentiva continuamente osservata da quel misterioso e sinistro individuo, ma per quanto provasse paura, non riusciva ancora a capire se questo le producesse rabbia o piacere, provava indecisione dentro di sé, un lato ormai assopito del suo copro provava un ardente desiderio di porgergli le sue parole. I suoi pensieri vennero interrotti quando Katowice la spinse a pronunciare la formula di evocazione. Le parole volarono tremanti e veloci attraverso la solitudine della navata, mentre del fumo inerte iniziava a sollevarsi, apparendo dal nulla. Un’ombra possente si mosse oltre la nebbia, poco dopo, il suo servitore le apparve davanti alla vista. Nonostante fosse alta per essere una ragazza, accanto a quei due colossi, si sentiva come un agnellino davanti al lupo, il suo servitore era poco più basso del sacerdote e la sovrastava, fissando i suoi occhi verdi dall’alto al basso e con sguardo pensieroso. Aveva lunghi capelli neri, unti che gli arrivavano fin sotto le spalle, le sopracciglia e il naso erano sporgenti, mentre il volto largo presentava una mascella importante e un terribile paio di baffi scuri. Anche il resto del corpo era possente, le spalle erano larghe, così come i fianchi e le cosce ed era interamente vestito in abiti di inizio novecento se non per una misteriosa placca bronzea che gli copriva la parte destra dl corpo come fosse un armatura.
“Non pensavo che in quest’epoca potessero ancora esistere luoghi come questo, questa è la definitiva prova che il corso dell’umanità è retto ancora da pseudoscienze babbane!” esclamò improvvisamente il servitore con voce tonante, accompagnato da una forte e sincera risata che rimbombò per tutto il sagrato. Ffion lo fissava sconvolta e attonita, aveva un nodo alla gola e non sapeva minimamente come approcciarsi con lui, aveva inoltre la sensazione che la sua personalità fosse fin troppo ingombrante.
“E tu chi saresti, Lolita? Noto un volgare simbolo superstizioso sul tuo petto, non sai che la madre di tutte le arti risiede nella scienze e che la religione è solo foraggio per cavalli?” disse quindi l’uomo rivolgendosi con tono aggressivamente divertito verso Ffion che aveva occhi sgranati e colorito più pallido del solito. “Sei muta?” chiese nuovamente lui dato che non aveva ricevuto risposta.
“E’ particolare che un servitore come te sia tornato alla vita qui oggi, penso non potesse capitare uomo peggiore per il suo master” intervenne quindi Katowice dall’alto dell’altare, aveva un’espressione nervosa per via del comportamento eccentrico del personaggio, ma allo stesso tempo curiosa, uno scienziato anticlericale era una sorpresa che non si aspettava.
“Tu saresti il mio master? Ho capito! Tutto questo è il risultato delle macchinazioni dell’organizzazione, la macchina della scienza vaticana ha finalmente fatto la sua mossa, difenderò i miei brevetti con stoica resistenza e ripristinerò l’ordine mondiale” replicò il servitore condendo il tutto con una potente risata. “Il dibattito fisico-teologico lasciamo per dopo, non sono io il tuo master, sono l’arbitro neutrale di questa guerra, il tuo master è troppo timido per parlare” “Questa Lolita? Ma è troppo giovane per essere un master, avrà raggiunto la pubertà?” chiese quindi l’uomo confuso.
“Sono più grande di quanto sembri” rispose con un fil di voce Ffion. “Dunque non sei muta, però rimani una sacerdotessa di un culto pagano, sei davvero sicura di valere questo conflitto? Ti senti pronta ad affrontare la macchina di propaganda dell’organizzazione mondiale?” esclamò nuovamente con forza, mentre per Ffion queste sembravano solo parole vaneggiate contro un muro, rimanendo sconvolta e perplesse rispetto al servitore con cui avrebbe dovuto avere a che fare.
“Mi sembri un uomo molto bravo con le parole” esordì lei dopo aver deglutito nervosamente “Ma per quanto non possa andarti a genio l’abito che indosso, io sono il tuo master e sono pronta ad obbligarti a pormi attenzione e rispetto, inoltre ho potuto sentirti parlare con discutibile carisma, ma il valore che dimostri nella parola non posso sapere se possa essere comparato alla tua abilità del combattimento, quindi aspetterei a vedermi come la ruota di scorta del carro, se fossi in te”
“Quello che c’è nel tuo cervello è metodo scientifico, Lolita! Sono pronto a credere che tu non sia nata come vestale, ma che tu abbia una discreta visione del mondo, se desideri conoscere le mie qualità, sono pronto a mostrarti le formule scientifiche che ci condurranno alla vittoria, se il mondo non è altro che impulsi elettrici che si scambiano di polarità per generare energia, io avrò il pieno controllo su ognuno di essi, annienterò l’organizzazione che controlla le vostre menti!” replicò quindi lui e diede un violento colpo di assenso alla mano di Ffion che subito assunse un colorito rossastro, lasciandola dolorante. Ffion non aveva dubbi, si ricordava l’identità dell’uomo che aveva davanti, si era sempre interessata alla cultura babbana e alla sua storia e per quanto non ci avesse mai capito chissà che cosa di scienza si ricordava il volto del padre dell’elettricità mondiale. Nikola Tesla si ergeva davanti a lei, ben diverso da come poteva immaginarselo, ma con la fama di scienziato pazzo che poteva ben ammirare nella sua eccentrica e carismatica figura, mentre lui rideva di gusto, facendo cadere la polvere dalle colonne polverose che circondavano la navata.

 


Antoine osservava la stanza chiara da oltre il vetro di protezione. Sul letto sdraiava il suo paziente, a cui aveva pochi giorni prima salvato la vita con un intervento esemplare, era caduto in un coma dall’esito di difficile previsione subito dopo, ma poteva tranquillamente dire di aver praticamente riportato in vita un uomo. Il ragazzo era stato portato in ospedale con estrema velocità, si erano addirittura smaterializzati direttamente all’interno della sala operatoria per fare il più velocemente possibile e nonostante le condizioni erano da considerarsi disperate, Martin Danes poteva ancora raccontare di essere nel mondo dei vivi. Per i maghi aggiustare ossa rotte non era mai stato un problema, un collo e una spina dorsale fratturati però, non erano uno scherzo nemmeno per la magia e il ragazzo poteva considerarsi fortunato che l’osso del collo non si fosse spezzato completamente, altrimenti la magia sarebbe servita a poco e sarebbe morto istantaneamente. Antoine si chiedeva ancora che cosa gli potesse essere successo, se un mago vuole uccidere qualcuno di solito trova diversi altri modi per farlo, esistono incantesimi che possono farti lasciare il mondo in un battito di ciglia, questa violenza gratuita e sovrumana sottolineava che l’aggressore era stato qualcuno o qualcosa che con il mondo magico aveva poco a che fare. Per quanto rispondere a queste risposte lo incuriosisse, tuttavia sapeva di non poter certo indagare, le parole “Ufficio Misteri” erano un chiaro segnale che questi affari non andassero disturbati e che soprattutto nessuno gli avrebbe mai detto che cosa fosse veramente successo a Martin Danes. Charlotte stava dando al malato le medicine di cui aveva bisogno e i suoi occhi lascivi si spostarono dal letto del paziente al fondo schiena dell’infermiera, visione particolarmente soddisfacente. Era da quando si trovava al San Mungo che aveva messo gli occhi su di lei, per distacco la più bella di tutto il personale, non gli interessava per nessuna ragione, non era particolarmente simpatica ed era fin troppo ottusa, tuttavia quando i suoi occhi si posavano sulle sue gambe candide un violento moto di libido permeava il suo corpo e un forte senso di desiderio raggiungeva il suo cuore. La ragazza uscì reagendo con spavento nel vedere Antoine fermo davanti al vetro.
"Dottor Laurain” esordì lei in un francese pessimo “Mi ha spaventata, è passato a controllare il paziente” “In realtà ero passato a controllare te, non riesco a resistere un minuto senza che i miei occhi si posino su di te” replicò lui lanciandole un’occhiata di pura seduzione a cui lei reagì con un terribile ed imbarazzante arrossamento di guance, sembrava un pomodoro.
“Dottore, non credo si tratti di parole che lei sia autorizzato a dire” replicò lei con il volto riempito di timidezza, mentre istantaneamente aveva iniziato a camminare all’indietro. “Non hai capito, non mi interessa che io sia autorizzato o meno a fare qualcosa, io quello che desidero me lo prendo” disse quindi lui, avvicinandosi a lei. Charlotte iniziò a respirare affannosamente mentre un rivolo di bava le scendeva al lato della bocca, le pupille erano dilatate più che mai e le guance così rosse da poterci cuocere una braciola. Lui la baciò senza lasciarle il tempo di respirare, un bacio caldo e passionale, doveva ammettere che per quanto non lo credesse possibile Charlotte sapeva il fatto suo in quanto a baci, tuttavia proprio mentre pensava di aver già dato abbastanza sfogo alle sue labbra, lei rifiutava di staccarsi e anzi si aggrappò a lui anche con le braccia. Antoine la staccò con forza e la vide respirare a fatica con un’espressione strana in viso e un sorriso esaltato sulle labbra.
“Così freddo e possessivo, mhmh sì. Voglio che mi faccia le peggio zozzerie, dottore, una persona violenta come lei non può che abusare di me, mhm. Chissà che cosa potrebbe capitarmi?”
“Ma che diamine?...”
“Non posso lasciare che la mia purezza sia così violata…” Charlotte si era appena lasciata andare in una reazione di completo masochismo e follia, Antoine pensava di trovarsi davanti una mite e inaccessibile ragazza, quando davanti a lui c’era una pervertita della peggior specie, doveva fuggire, fuggire a tutti i costi, quella Charlotte lo spaventava. Per sua fortuna non dovette allontanarsi da lei di sua iniziativa, ma un rumore violento echeggiò nella stanza accanto, un rumore quasi esplosivo, detriti indefiniti entrarono nel corridoio, mentre dalla porta videro un infermiere che veniva sbattuto contro il muro. Charlotte si aggrappò balbettante al braccio forte di Antoine, questa volta lui comprese però che non c’era nulla da scherzare, stava succedendo qualcosa di importante e la colpa non era di qualche mago squilibrato. Si guardò la mano, sulla quale brillava di rosso un simbolo runico e subito un’espressione nervosa si impossessò del suo viso. Non aveva ancora capito molto di quello che quel segno simboleggiasse, né cosa avrebbe veramente affrontato in questa guerra, tuttavia, in anni di passione per la cultura celtica e per i riti pagani delle sue religioni, sapeva che avrebbe dovuto combattere, non si sarebbe però certo aspettato che la guerra l’avrebbe raggiunto al San Mungo. Si udirono rumori di combattimento magico, qualche scintilla, risultato di fatture generiche, volo oltre la porta, poi un secondo boato sconquassò la sala di fianco.
“Veni, vidi, vici! L’artillerie est arrivée!” esclamò con violenza una voce squillante con forte accento francese, mentre un altro colpo scivolava a terra. Antoine si liberò della presa di una terrorizzata Charlotte, impugnò la bacchetta in legno di pioppo e si diresse velocemente verso la stanza adiacente, trovandosi davanti l’immagine di un uomo che ben conosceva, ma che non pensava certo di vedere in un posto come quello, ma se aveva compreso le caratteristiche del rituale, se lo sarebbe potuto aspettare. Davanti a lui si ergeva un uomo alto e muscoloso, vestito di una divisa ottocentesca dell’esercito francese, decorata di diverse medaglie al merito e coccarde tricolori, il volto era pieno con i capelli lunghi, stempiati e scuri, mentre gli occhi erano piccoli di colore scuro e circondati da occhiaia. Sulle spalle possenti teneva un enorme cannone da guerra francese, dalla cui bocca fuoriusciva del fumo, lo sguardo dell’uomo era fiero e agguerrito, osservava la devastazione intorno a lui come un freddo giudice di morte, si comportava come un sovrano sceso sulla terra. L’intera sala d’attesa era stata sventrata, ben due pareti erano state interamente abbattute e tre persone giacevano a terra senza segni di vita, tuttavia il loro esecutore non sembrava disturbato dalla loro possibile morte. Antoine fissò l’uomo, l’eroe della sua patria natale, la Francia e si trovò completamente spiazzato dal suo aspetto, i libri di storia lo mostravano basso, tarchiato e di aspetto molto poco avvenente, quello che aveva davanti era invece un uomo dal magnetismo animale, un leader da seguire ad ogni passo, era sufficientemente carismatico anche senza aprire bocca. Napoleone Bonaparte si voltò di scatto trovandosi davanti al suo nuovo avversario che era già sulla difensiva con la bacchetta impugnata con forza nella mano destra.
“Bonjour mon amì! Non so chi tu sia, mais se mi farai passare, je pense che potrei concederti la mia grazia, mi sembri un garçon coscienzioso” disse quindi con voce potente Napoleone, guardando Antoine come si guarda un servo della gleba.
“Bonjour a vous, mon empereur. Vi consiglio di migliorare il vostro inglese, Napoleone, o potrete trovare problemi in questo paese, ve lo dico da francese” replicò Antoine sorridendo all’uomo, ma senza abbassare la guardia, Napoleone non sembrava qualcuno che abbandona una campagna molto facilmente. “Oh mon dieu! Un mio fedele suddito qui in questo fetido paese inglese, posso quindi chiederti appoggio per questa importante campagna militare, in nome della gloria di Mère France!” disse quindi Napoleone senza però abbassare il cannone, puntato direttamente verso la faccia di Antoine.
“Non penso di poterlo fare, perché se non erro nei calcoli tu sei uno spirito eroico qui per uccidermi e penso sia mio dovere combatterti alla pari” disse quindi Antoine e Napoleone sorrise divertito. “Peut-etre. E’ dunque un duello tra francesi l’unica soluzione?” Antoine annuì, appena in tempo per sentire il colpo di cannone echeggiare per tutto l’ospedale ed esplodere verso il suo viso, i suoi occhi si chiusero istantaneamente, una volta riaperti davanti a lui c’era una donna che gli mostrava la schiena nuda, un lungo vestito blu notte le copriva le gambe e il petto, i lunghi capelli biondo luna le arrivavano all’altezza del sedere.
“Mi chiedevo se fossi davvero venuta” disse lui tirando un forte sospiro di sollievo.
“Dopo quella scena patetica con quella masochista avrei volentieri cambiato master, la tua ignoranza e il tuo scarso senso della finezza mi danno il volta stomaco” replicò lei, aveva la mano proiettata verso l’avversario e non appena il colpo era esplose lei stessa aveva eretto con il suo solo movimento della mano una barriera magica che aveva neutralizzato interamente il colpo di cannone. Subito dopo quelle parole la barriera venne distrutta da un improvviso colpo di sciabola e Napoleone apparve con sguardo determinato proprio accanto alla donna che schivò il colpo con una capriola.
“Impedimenta!” urlò Antoine puntando l’incantesimo verso l’uomo che tuttavia non subì alcun effetto e con un pugno lo spedì al centro della sala, per poi attaccare nuovamente la donna con la sua sciabola. Il viso di lei era interamente coperto da un velo scuro che non permetteva a nessuno di vedere il suo viso, se non per gli splendidi occhi azzurri che filtravano oltre la barriera che nascondeva il suo volto, mentre una corona di spine le cingeva il capo, lasciando dei rivoli di sangue ai lati delle tempie che scendevano lungo la guancia. “Non serve quella roba contro un servant di questo valore! Smettila di renderti ridicolo e corri a cercare il suo master, se eliminiamo lui, questo bell’imbusto scomparirà come cenere!” disse lei facendo apparire diverse palle di fuoco accanto alle sue mani, mentre Napoleone impugnava con una mano la sciabola e con l’altra il cannone. “Madame, con tutto il rispetto che provo per voi femmes devo contraddirla, l’unico servitore che finirà in cenere in questo momento sarai tu! Ho perso solo una battaglia nella mia vita e non sono sicuro che sarà con te che aggiungerò la mia seconda sconfitta alla lista” replicò Napoleone e scagliò un altro colpo di cannone che venne sciolto interamente dal muro di fiamme evocato dalla donna. Antoine non se lo fece ripetere due volte, superò lo scheletro di un mobile distrutto e entrò nel corridoio adiacente, lanciando un ultimo sguardo al suo servitore, pregando che quella non fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista. Con la bacchetta sempre stretta nella mano iniziò a salire con attenzione la rampa di scale, sapeva che un master agguerrito e senza scrupoli stava probabilmente setacciando la zona per scovarlo, ma si sentiva fiducioso dei suoi mezzi, non avrebbe lasciato nulla al caso, l’adrenalina in corpo gli stava rendendo l’attesa per la sfida un inferno. Prima ancora che potesse però iniziare una caccia degna di questo nome ecco che apparve in cima alla scalinata che stava percorrendo una ragazzina dal fisico minuto. I suoi occhi erano rossi come un rubino e lo fissavano con freddezza quasi vorace, il viso pallido e grazioso era circondato da capelli castani che le coprivano interamente la fronte con una frangia ben curata. Indossava un abito aderente bianco, con striature rosse, intero e dello stesso colore sia per il busto che per gli arti che avevano come protezioni delle placche di ferro sia sugli avambracci che sugli stinchi.
“Sei troppo piccola per me, non voglio finire in prigione, gira al largo” scherzò lui, ma aveva ben compreso che quella ragazzina non era certo lì per giocare, né tanto meno si era persa, i suoi occhi gli avevano già dato sufficiente risposta, le sue iridi volevano lui e solo lui e aveva la netta sensazione che desiderasse ucciderlo. Prima che potesse studiare una strategia la ragazza compì un balzo verso di lui, un salto sovrumano che lo lasciò senza fiato, l’intera rampa di scale era stata scavalcata e un violento calcio si diresse su di lui a velocità impressionante.
“Stupeficium!” urlò lui e la ragazza venne raggiunta da uno schiantesimo in piena zona addominale. Cadde pochi metri sotto di lui, ma prima del dovuto la ragazza si alzò, senza nessun segno di svenimento, una fattura di quel livello avrebbe dovuto almeno intontirla, ma l’unica cosa che aveva provocato era uno squarcio nei vestiti, attraverso il quale poteva chiaramente vedere degli addominali spaventosi. Per un attimo si chiese se si trattasse di un servant, poi vide chiaramente che sulla mano sinistra brillavano delle magie di comando e per la prima volta provò una paura colossale, questo demone cremisi era una ragazza vera. Prima ancora che potesse metabolizzare la ragazza aveva nuovamente scattato verso di lui, troppo distratto per reagire ad un secondo attacco così veloce, il pugno al cuore fu brutale, violento, sentì le pareti del ventricolo spezzarsi, un urlo ruppe il suo silenzio e un getto di sangue fuoriuscì istantaneamente dalla sua bocca. Cadde a terra, senza fiato e senza energie, si sentiva morire, sentiva il suo cuore incapace di pompare del sangue visto che lentamente tutte le zone del suo corpo si stavano addormentando, non si sentiva più né le gambe che le braccia e persino la vista iniziava già a sfocarsi. Sentiva la vita abbandonarlo e si chiese con le ultime cellule di sanità mentale chi diavolo fosse quella ragazzina che combatteva con la forza di dieci uomini, maledì quella ragazzina e tossì un altro grumo di sangue, ormai non riusciva più a ragionare e si lasciò andare ad una veloce discesa verso la morte, le erra bastato un colpo solo.
“E adesso che devo fare?” chiese una voce che rimbombò nelle sue orecchie deboli, c’era qualcuno lì con lui.
“Sei tu il master, devi dirmi tu quello che devo fare, anche se potrei suggerire una soluzione” rispose un’altra voce, più tagliente e meno elegante.
“Ah certo. Io sono il master e...” In quel momento perse conoscenza, i suoi occhi si chiusero con l’immagine di quel diavolo dai capelli castani davanti agli occhi, si fece la promessa che se avesse ancora abitato il mondo dei vivi, si sarebbe vendicato di quel pugno con quella ragazzina, lo doveva al suo orgoglio.





Angolo dell'autore,
ciao a tutti e chiedo subito perdono per il leggero ritardo di pubblicazione, ma ho avuto un gran numero di impegni che non mi hanno permesso di immergermi a pieno nella scruttura.
Comunque ringrazio ancora chi è arrivato fino a qua e spero che la storia continui a piacere.
Questo è l'ultimo capitolo di presentazione, aveva bisogno di un altra parte di prologo prima di immergermi nella storia stessa per chiarire le modalità della guerra tra maghi a tutti voi, in questo modo ora sono riuscito a stabilizzare la trama ad un punto di inizio unitario.
Nel prossimo capitolo ci saranno tutti i vostri OC, per ora sono riuscito a introdurne solamente tre, uno nel capitolo precedente e due nuovi in questo con i rispettivi servitori, quindi con il capitolo successivo tutto entra più nel vivo con approfondimento maggiore per i rapporti con i servant e duelli più corposi e lunghi.
Penso possiate già capire che essendo un duello survival è possibile che i vostri oc moriranno durante la storia, questa è una cosa che dovete considerare, visto che il vincitore potrà essere solo uno, tutti però avranno un notevole spazio e saranno ampliati al massimo fino alla loro eventuale dipartita.
Fatemi sempre sapere se il capitolo è piaciuto e le vostre impressioni su storia e personaggi, invito come sempre a recensire e confermo che le iscrizioni sono ancora aperti per qualche OC ritardatario fino al capitolo 5, quando tutti gli OC saranno già presentati.
Intanto vi ringrazio in anticipo e vi auguro una buona settimana
Alla prossima
Mladen

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