Si
sta come d’autunno sugli alberi
L'armonia vince
di mille secoli
il silenzio
(Ugo
Foscolo)
01 – Pianoforte
-
Mi dispiace. Non ce l’ha fatta. –
Quella sera di metà ottobre, il
medico di turno all’ospedale “Loreto Mare” di Napoli aveva cercato di essere
più garbato possibile nel dare quell’infelice annuncio, così come gli era stato
insegnato, eppure Luca era rimasto paralizzato, scosso, turbato. Non era mai
stato facile per lui dire “arrivederci” alle persone a cui si era legato, e men
che meno lo fu dire “addio” a una persona amata che l’aveva lasciato senza
preavviso.
Non aveva avuto modo di prepararsi a quell’evenienza, anzi, aveva dato per
scontato che suo nonno sarebbe vissuto per sempre, che avrebbero camminato mano
nella mano ogni giorno, ogni passo; invece, suo nonno non l’avrebbe neanche
visto da diplomato. Il ragazzo, in quell’istante, avvertì il mondo crollargli
addosso.
Un leggero velo di tristezza opacizzò
i suoi occhi e si sforzò di non piangere; e mentre i suoi genitori si cingevano
in un abbraccio, lui stringeva i pugni saldamente, quasi affondando le unghia nella carne.
Suo nonno, quella volta, non ce l’aveva
fatta e l’ultima immagine che aveva di lui era quello
di un uomo avvinghiato a un secchio pieno di sangue che gli intimava di
chiudere la porta di casa, che non voleva che lui lo vedesse così e che gli
voleva bene.
Luca non aveva proferito parola ed
era rimasto immobile al centro del corridoio asettico dell’ospedale, e
stringeva gli spallacci dello zaino grigio con forza per cercare di non piangere.
Aveva addirittura provato a combattere la paura per gli ospedali e per i medici
pur di stargli accanto, ma lui non ce l’aveva fatta: suo nonno era deceduto e
lui stava per avere una crisi di panico.
- Ti senti bene? –
La voce del medico era calda e
confortevole, sembrava essere dispiaciuto dall’avergli riferito che suo nonno
era privo di vita e al contempo preoccupato per la condizione in cui sembrava
versare il ragazzo, ma Luca non riusciva a formulare una parola. Se si sentiva
bene? Come poteva sentirsi bene? Suo nonno era stato molto più di un nonno; era
stato un padre amorevole, un insegnante, un compagno di giochi, una guida. Al
solo pensiero che non l’avrebbe più ascoltato cantare “T'aggio vuluto bene a te! Tu mm'hê vuluto bene a me!”, che
se avesse poggiato l’orecchio sulla porta di casa non avrebbe più potuto
sentire il suono di quel pianoforte che era ora solo una scatola vuota, che “La settimana enigmistica” sarebbe
rimasta incompleta, le gambe gli tremavano e lo stomaco si chiudeva.
Luca abbassò lo sguardo sconsolatamente
e avvertì gli occhi pizzicargli dal bruciore, aveva un groppo in gola, come un agglomerato
di saliva e amarezza che non riusciva a mandar giù, che in qualche modo tornava
sempre su. Socchiuse gli occhi e gli venne in mente di quando quella volta, suo
nonno gli aveva rimproverato di essere disordinato. Strano come gli fosse
sovvenuto quel ricordo specifico, di come gli aveva risposto dicendo che “tanto
metti in ordine tu”, e ora come avrebbe fatto? Chi avrebbe messo in ordine quel
caos? Chi avrebbe finito quel cruciverba?
- Hey,
ragazzo… -
Luca fece in tempo a sollevare lo
sguardo per incrociare quello del medico e, un attimo dopo, confuse suoni e
colori, sentendosi come una foglia ingiallita trascinata dal vento. La vista
gli si annebbiò tutta d’un tratto e, infine, il buio.
• • •
Luca riaprì gli occhi e fu subito
preso dal panico: dove si trovava? Il soffitto era troppo bianco per essere
quello di casa sua e uno strano “beep” faceva da sfondo.
Dov’erano le note della “Sonata al
chiaro di luna”?
Dov’era finito “Notturno per piano e violino”?
L’ “Inno alla gioia” era stato
sostituito da versi lamentosi di persone sconosciute che dormivano nei letti
accanto a loro, dai rumori delle apparecchiature elettroniche e dai passi
frettolosi di medici e infermieri.
- Luca, hey,
sei sveglio… - la voce amorevole di sua madre lo riportò alla realtà.
- Dove sono? –
- Sei, ehm, non ti preoccupare,
eh, non è successo nulla, sei in ospedale… -
- IN OSPEDALE? – Luca saltò dal
letto e l’elettrocardiografo sembrò registrare un aumento del battito cardiaco,
- VOGLIO ANDARE A CASA! –
- Luca, tesoro, calmati, - la
signora gli accarezzò la testa, in un tentativo di placare la paura del figlio,
- Hai avuto un mancamento, e ora ti terranno in osservazione per un po’. Il
dottor Salvemini è stato così gentile… -
Il ragazzo sembrava respirare in
maniera affannosa mentre guardava gli occhi rossi della madre. Poco dopo sospirò
e guardò fuori dalla finestra; l’unica cosa bella di quell’ospedale era proprio
il panorama, poiché la struttura era stata costruita a ridosso del mare.
- Il nonno è morto. – queste erano
le parole che riuscì a pronunciare dopo minuti di profondo silenzio. La signora
annuì mestamente.
- Sì, il nonno è morto. –
- E non suonerà più. –
- Non suonerà più. –
Luca mosse il capo come per
annuire e avvertì il cuore spezzarsi in mille pezzi, eppure l’ECG sembrava
comunicare valori ora stabili. Cadde nuovamente il silenzio mentre una lieve pioggerella
iniziava a scontrarsi con le vetrate del finestrone.
L’autunno era appena iniziato.
• • •
Note a margine
Una piccola storia, spero classificabile come “mini-long” per la challange autunnale indetta dal gruppo “Boys love”. Non so
se riuscirò a scrivere tutto come da programma, tuttavia avevo necessità di
scrivere di alcuni personaggi che, tempo fa, avevo creato e che erano finiti
nel dimenticatoio.
Sarà una storia senza pretese quindi vi prego, siate clementi!
Nel frattempo grazie a tutti per essere passati ♥