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Autore: Miryel    13/10/2018    18 recensioni
Sei sparito e sei riapparso, in un mondo dove la gente è vestita come zia May nelle foto di quando era giovane. Dove gli Avengers non esistono, ancora; dove tu non sei nato e dove Tony, per uno scherzo del destino, ha la tua età o forse poco più.
Buffo, ridicolo.
Uno schiocco di dita ti ha separato da lui, ed ora ce l’hai di fronte ringiovanito di una vita.
[ Young!Tony x Peter | Tony x Peter | SPOILER INFINITY WAR | What If? ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ironguy and SpiderKid into the Canonverse'
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[ Starker/Young!Starker | Young!Tony x Peter | Tony x Peter | SPOILER INFINITY WAR | What If? | Word Count: 2887]
 
 

Born To Be Yours

A story about a time traveler
•••

 


Capitolo II - Million Reasons to Leave, Only One Reason to Stay


 

  «Certe volte me lo chiedo.»

  «Questa è la parte in cui io ti domando di che parli?, vero? E tu rispondi qualcosa di estremamente sentimentale!», sorrise l'uomo, alzando una mano per passargliela tra i capelli con una delicatezza incalcolata. Il viso di Peter fu attraversato da un guizzo divertito, poi incrociò le mani sul petto di Tony, e vi si adagiò col mento.

  «Com’eri alla mia età? Non ti immagino tanto diverso da ora…», mormorò, lasciandosi accarezzare ancora a quel modo, con i brividi a percorrergli la schiena e il calore dei sentimenti a scaldargli le guance.

  «Ero un altezzoso, annoiato, permaloso ragazzino di città. Oltremodo odioso», rispose Tony, poi arricciò le labbra e ammise, «non tanto diverso da ora, sì».

  «E ripensi mai al te di quel tempo, quando siamo insieme? Te lo ricordo un po’?»

  L'uomo fermò la mano e quindi la carezza. Se lo portò più vicino e gli fece posare la testa sulla sua spalla, lasciandogli un bacio sulla fronte, gesto che Peter collegava sempre ad un senso di malinconia. Come se volesse proteggerlo nei momenti in cui si mostrava più esposto e quindi vulnerabile.

  «No… ero troppo diverso, Peter. Non ero umile, prima di tutto - e non lo sono nemmeno ora, né tantomeno modesto o pacato come sei tu. Ero uno stronzetto. Avrei fatto carte false per ottenere tutto ciò che desideravo, persino mentire spudoratamente a chiunque, nessuno escluso.»

  «Cosa ti ha fatto cambiare tanto? Tu… non sei così, ora. Non così tanto, almeno. Con me, per nulla», sbottò Peter, alzando prima un sopracciglio e poi la testa, verso di lui, cercando nel suo sguardo la risposta, con una vena di sconcerto nella voce.

  «Tante cose, molte successe da quando sono un Avenger e… non posso nascondere che un certo cambiamento c'è stato anche quando tu sei entrato nella mia vita», ammise ancora Tony, e si chinò per lasciargli un bacio leggero sulle labbra e uno sulla punta del naso. Peter si sentì riscaldato da quel gesto, e si accoccolò di più contro di lui, ma non soddisfatto dalla risposta. Avrebbe voluto porgergli tante di quelle domande che gli stava già scoppiando un gran mal di testa, ed era stanco morto, perché era stata una giornata pesante e quasi avrebbe voluto lasciarsi andare e dormire ma… c'era una domanda, una sola, che proprio non riusciva a tenere cucita nella testa.

  «Che ho fatto di così speciale?»

  Tony si esibì in una breve risata. «Mettiti a dormire, Peter.»

  «No, davvero! Lo voglio sapere. Per favore, Tony!» supplicò, alzandosi leggermente a sedere sul letto, di istinto. Il lenzuolo gli scivolò dalle spalle, rivelando una nudità parziale che Tony guardò con un certo interesse e una certa luce negli occhi. Lo studiò per qualche secondo, poi sospirò e gli posò una mano sulla guancia, alzandosi a sedere sul materasso anche lui per avvicinarsi al suo viso.

  «Mi hai insegnato che, se ami qualcosa e la desideri, te la devi guadagnare», rispose, prima di appropriarsi delle sue labbra con passione e rubandogli il cuore, inesorabilmente, senza alcuna difficoltà per l'ennesima volta.


 

•••


 

  «Mi stai ascoltando?»

  Sobbalzi, e torni bruscamente alla realtà. La tua nuova, lontana, e confusa realtà. Sono passati esattamente sette giorni, da che sei lì, in quel passato contorto e, dopo aver occupato pomeriggi interi a spiccicare due parole in croce con Tony – che fingeva di venire al quartier generale solo per caso, con scuse fin troppo ovvie – alla fine hai ceduto alla sua ennesima proposta di uscire da lì e fare un giro. Uscire da una gabbia per entrare in un’altra, secondo il tuo pensiero. Liberarti dall’oppressione delle quattro mura, secondo il suo. Ti sei perso a pensare – mentre cammini insieme a lui tra le strade di New York – a quel giorno lontano; una delle prime volte in cui hai iniziato a mentire a zia May per restare a dormire da lui, quello del tuo presente; per passare tutto il weekend a guardare film trash e a fare l’amore sul divano di casa. Ci sono troppe cose che ti mancano, di quei tempi e troppe cose che ti imbarazzano, in quell'innocenza che il giovane Tony ti riserva.

  «Sì, scusa… ero un attimo assorto», rispondi e gli regali un sorrisetto Un futile, stupido e fugace sorriso.

  Tony sospira. «Se continuerai a concentrarti per non parlare del tuo tempo, finirai per farlo. Dai, cerca di pensarci il meno possibile! Se non la smetti, di questo passo mi viene l’esaurimento nervoso.» Alzi le spalle, intenerito da quel suo tentativo di farti divertire e svagare, ma sapete entrambi che non potrà mai andare come sperate. E i motivi sono troppi per mettersi a contarli.

  «D'accordo», replichi, poi indichi un negozio e lui segue la traiettoria del tuo dito con fare incuriosito. «Potremmo fare un salto laggiù. Quel posto ha dei churros spaziali.» Non finisci nemmeno la frase. Tony scoppia a ridere, di gusto. Reclina la testa all’indietro, e tu non capisci. Poi realizzi, e vorresti sotterrarti.

  «Non ancora, temo. Ora c’è un call center per chiamate intercontinentali!»

  «Cazzo!», dici, e ti è proprio sfuggita dalla bocca, quella stupida imprecazione che, a quanto pare, diverte molto il ragazzo che hai accanto.

  «Non è niente, male che va, l'unico danno che puoi aver fatto, è quello di avermi messo curiosità. Provaci ancora, Peter!», ti dice e ti posa una mano sulla spalla; ti fa rabbrividire, ti rende trasparente. Troppo per non lasciar intendere che il suo tocco non ti sia indifferente. Esposto. Di nuovo. Dannazione.

  Abbassi lo sguardo. «Mi dispiace, non volevo farlo. Come ti ho detto, combino guai anche da fermo.»

  «E, come ti ho detto, siamo simili sotto quel punto di vista», ti dice tranquillo, e vorresti che quella stessa tranquillità appartenesse anche a te e che la smettessi di tartassarti un lembo della felpa rossa – la sua – con tanta energia da quasi strapparla. «Dai, spostiamoci da qui. Vieni.» L’aria si è rinfrescata, ora che il cielo sta lasciando cadere il sole dietro a dei palazzi, permettendo alla notte di iniziare a farsi spazio. Ti fa sempre un certo effetto, vedere le giornate accorciarsi. Sembra che il tempo sia tiranno e ti voglia mettere fretta, e tu non ami quando succede.

  «Dove abiti, nel tuo presente?», ti chiede ad un tratto, e tu non sai che fare. Come sempre non sai quanto quelle informazioni possano essere deleterie per ciò che verrà. «Non verrò a cercarti, sta tranquillo. Non sei nemmeno ancora nato.»

  «Sono del Queens», rispondi e lui annuisce.

  «L'accento non mente, Peter.»

  «È davvero così marcato?», chiedi e ti viene da ridere. Anche l’altro Tony te lo ha fatto notare, in chissà quale occasione che ora proprio non ricordi.

  La sua controparte giovane ridacchia. «Abbastanza! Non mi dispiace, però. A differenza di altri, quello del Queens suona sempre abbastanza piacevole, per me.»

  «Grazie», mormori, e sai di essere arrossito. E sai di averlo fatto per una stupidaggine. Tony riesce a spiazzarti anche lì, in quella realtà, con quel suo modo di dirti cose carine senza scomporsi una sola volta. Con quella strafottenza che un po' è il motivo per cui ti sei innamorato di lui. Scende il silenzio, ancora e il fugace sguardo che vi scambiate, ti costringe a voltarti altrove, fingendo che quel modo di fare non ti stia stregando, che non ti stia conquistando. Lui sembra accorgersene, e si ferma. Si ferma e tu non lo fai, perché il cuore ti batte a mille, perché hai paura. Perché non vuoi darlo a vedere. Perché sei così innamorato da non poterlo nascondere. Perché ogni istante in cui cerchi di prendere le distanze, succede qualcosa che inesorabilmente le accorcia.

  «Perché fai così?», ti chiede e se non lo conoscessi bene, diresti che quel tono scocciato non significa niente. Invece vuol dire tante cose, tra cui la sofferenza per qualcosa che speri di aver travisato.

  Ti fermi, finalmente, e ti volti. «Così come?»

  «Perché ti comporti in modo evasivo?»

  «Lo sai il perché. È ovvio, voglio essere previdente perché ho paura di dirti troppo e n-»

  «Cazzate», dice e ferma sul nascere quel tuo tentativo di nasconderti, per l’ennesima volta, dietro la scusa del tuo presente, della tua inesistente attenzione nel mantenere ogni cosa che conosci, segreta. Ti spiazza ancora. Spalanchi gli occhi e vuoi solo che non prosegua. Non vuoi, perché tu non sai cosa dire, e rimanere in silenzio significa dargli la conferma che ha ragione. E ce l’ha, eccome se ne ha. Fa un passo verso di te, e il Tony sorridente e spensierato di poco prima sparisce. La sua solita maschera che dice a tutti che va sempre tutto bene, crolla. Crolla anche in quella realtà, crolla ancora di fronte a te.

  Ti indica. «Tu vuoi distaccarti! E questo distacco lo vuoi solo per un motivo, Peter. E se il motivo non è questa stracazzo di previdenza, come la chiami tu, allora significa che hai paura. Cosa faccio di così spaventoso nel futuro da farti chiudere così?»

  «Non ho paura di te. Mai avuta. Mai l'avrò e… ti prego. Ti prego, smettiamola di parlare del te del mio presente… per favore.»

  «Allora se non sono io, qual è il tuo problema, una volta per tutte? Dimmelo, Peter, perché se so che continueremo ad avere un dialogo sempre e solo a senso unico, allora tanto vale che io mi fermi qui e prenda le distanze che tanto vuoi. Insistere su qualcosa che voglio solo io è inutile», ti dice e continua ad avere ragione, stavolta solo in parte.

  «Io lo voglio, davvero, vorrei… vorrei che fosse tutto più naturale con te, come lo è nel mio presente ma… Tony, io… io ho paura di me. Solo ed esclusivamente di me», ammetti, infine e sei certo, dallo sguardo confuso che ti ha lanciato, di averlo spiazzato tu, stavolta.

  «Che cosa hai paura di rovinare, nel futuro? Cosa stiamo facendo di così strano da poter cambiare così tanto le cose?» ti chiede, frustrato.

  «È complicato… e non posso dirtelo. Su altre cose potrei sorvolare, ma su di te… e me, no. È troppo importante, non voglio dover tornare e scoprire che…» che ti ho perso.

  «D’accordo. D’accordo, senti, torniamo. Decisamente non è il caso di proseguire, se devi starci così male. Mi faceva piacere; la tua compagnia non mi dispiace, ma se per te non è lo stesso, che senso ha?»

  «Perché stai travisando? Non è quello che ho detto!»

  «Non cambia il fatto che tra me e te non potrà mai esserci un dialogo, come invece avevo immaginato… perciò, torniamo indietro e basta.» Fa male. Fa così male che rimani muto, e deglutisci un groppo in gola che sembra solo l’insieme di tante lame taglienti. Scendono, fino al cuore, lo feriscono e ti spaccano. Il viaggio a ritroso è solo l’incontro delle sue spalle. Non si gira più a guardarti come prima, cercando di infonderti sicurezza e fiducia, come se tu non ne provassi per lui e avesse bisogno di ricordartelo… quando è proprio quello il problema che vi sta dividendo. Ti senti uno schifo, e forse ad avergli detto quelle cose hai solo peggiorato la situazione che troverai poi. Tony è un tipo che non dimentica facilmente, per questo si circonda spesso di nemici e poche persone fidate. Rischi così, di non far parte di nessuna delle due categorie.

  L’arrivo al quartier generale è solo la bilancia che pesa l’ago verso quella situazione ingestibile e, pur non avendo spiccicato una sola parola, ti accompagna fino alla tua stanza, dove poco prima di aprire la porta, ti volti a guardarlo sperando solo di non vedergli troppa rabbia scintillare nelle iridi castane.

  «Tony…», lo chiami, a fior di labbra, la fronte aggrottata. Una voglia sconfinata di farti abbracciare e sentirti dire che tra trent’anni sarà tutto immutato; che quando tornerai sarà tutto come lo hai lasciato.

  «Tu non hai paura di me, non hai paura nemmeno di te. Tu hai paura di noi. O no?», ti chiede brusco, e tu indietreggi. La tua schiena incontra l’entrata chiusa della tua stanza e sei in trappola. «O no?», ripete, più forte. Poggia le mani sulla porta e ti blocca lì, costretto a guardarlo cercare delle risposte a qualsiasi costo. Sobbalzi dalla paura; sobbalzi perché certi scatti non li ha mai avuti, con te. Sobbalzi perché ha ragione, ancora e ancora e ancora...

  «Ho paura che i noi di qui possano cambiare troppe cose che ci siamo guadagnati con troppa fatica, Tony…» rispondi, inclini la testa di lato, terrorizzato, «Non voglio perdere quello che ho… l’unica certezza che ho».

  Lui si avvicina di più, non ti lascia andare, piuttosto ti intrappola ancora in quella gabbia fatta dalle sue braccia tese tra di te. «Hai una cotta per me? Per il me del futuro? Quello più grande di te di oltre trent’anni?» Qualcosa si spezza e per una volta non è il tuo cuore. È l’incertezza a sbriciolarsi. Allora è tutto capovolto, persino le emozioni. Ti sentivi esposto e non lo sei più. Non lo sei mai stato, se tutto ciò che è riuscito a capire dai tuoi sguardi è solo quel blando sentimento. Solo una ridicola e infantile infatuazione? Solo… una cosa così povera? Alzi gli occhi, e sai che ardono. Lui pensa di averci preso, con la sua solita arroganza che a volte vorresti estirpargli di dosso per quanto fa male. Stavolta però non fa male. Fa solo rabbia.

  «No, Tony… tu non hai capito proprio niente», gli dici, semplicemente, prima di girare il viso dall'altra parte e ti ammutolisci.

  «Quindi… la certezza non sono solo i sentimenti, la certezza sono io, non è così? Io ricambio, e c’è qualcosa tra di noi e tu hai paura di non trovare la stessa cosa al tuo ritorno.» Abbassi la testa, colpito e affondato da quella verità che ha compreso, che ti ha gettato addosso come se non fosse così importante e che, inesorabilmente, sta già cambiando le cose perché tu, dopotutto, non hai nemmeno cercato di fingere che non sia così.

   «Dì qualcosa, Peter!», ti dice, col tono di voce di chi sta per perdere la pazienza.

  «Cosa?», sbotti, e alzi lo sguardo sul suo, per fulminarlo, bloccarlo, fargli morire sul nascere quella sua dolorosa intenzione di denigrare il vostro futuro, come se fosse la cosa meno importante del mondo, quando il Tony del tuo tempo ha sempre dimostrato che tu, proprio tu, sei una delle poche cose che hanno un senso nella sua vita, «Cosa vuoi che ti dica? Che è vero? Sì, lo è! C’è qualcosa tra di noi, qualcosa di forte, che non voglio perdere! L’unica cazzo di cosa che vorrei rimanesse immutata per sempre… e tu non hai alcun diritto d-» Un bacio. A bloccare le tue parole è un suo bacio, veloce e lapidario dato da chi ha paura di perdere il coraggio di farlo. Lo ha fatto. Si spezza il tempo, e seppure è un contatto diverso e inesperto da parte sua, le sue labbra le riconosceresti in ogni universo. Un suo bacio è immutato perché, pur essendo parte di un periodo diverso, lui è sempre lui. E tu sei sempre tu. Ti sbilanci verso di lui, e sei dannatamente avventato nel voler approfondire quell’unione ma, di scansarlo, non ci riusciresti nemmeno se ti stessero puntando una pistola addosso con l’intento di ucciderti. È il suo primo bacio, lo senti. Come il suo, nel tuo presente, fu il primo per te. Ed è tuo, quello è tuo. Col passare del tempo sarebbe appartenuto a qualcun altro e invece no. È tuo, e ne vai fiero e allo stesso tempo ti senti immensamente stupido ad averglielo rubato. L’hai violato, e hai violato il tempo. Lo hai sfidato. Le vostre labbra si dividono, tra il dolce suono dei respiri spezzati che cercano di smetterla di risultare indecenti e rumorosi.

  «Ho una cotta per te…», ammette, mentre si perde nei tuoi occhi, passa lo sguardo dalla tua anima alla tua bocca come se non esistessero regole, «È così sbagliato?»

  «Lo è… ed è per questo che ho paura. In questo tempo… che cosa sai di me?»

  Lui sembra spiazzato da quel fatto, perché dopotutto è la verità. Cosa sa di te, se tu stesso hai solo evitato che potesse conoscerti così a fondo da cadere in quella trappola anche lì?

  «Ha davvero importanza?» Ne ha. Ne ha da morire. Perché, in quell'universo, non c'è lo stesso, medesimo sentimenti reciproco. Ci sei solo tu che lo ami, e lui che ha solo messo il primo tassello per iniziare a farlo. Eppure eccovi qui, a guardarvi come se niente, ma proprio niente, contasse di più.

  Sorridi. «No, non ne ha», ed è una bugia, ma è dolce come quel bacio nuovo che ti chiede con gli occhi, sbattendo le ciglia lunghe. Ti uccide dentro, eppure ti rassicura come sempre; come avrebbe fatto anche il Tony del tuo presente. Glielo dai, quel bacio, perché lo vuoi e niente al mondo, nemmeno la paura di ciò che verrà poi, ti persuade dal coronare quel desiderio comune.



 

Fine Capitolo II


________________________
 
Angolo delle angolate angolose di Miryel:
Diversamente da altri miei progetti, che pubblico di solito solo una volta terminati, la scriverò man man. Questo un po' mi spaventa, perché ho paura che il blocco mi colga proprio ora, ma da una parte potrò sperimentare e vedere cosa deciderà di fare la storia stessa scrivendola il più di getto possibile.
Parlando della challenge, è molta libera. Gli unici vincoli, se così possiamo chiamarli, sono la presenza delle parole: "Autunno" o "Ottobre/Novembre", ma non ho intenzione di utilizzare l'autunno solo come semplice ambientazione di questa storia. Vorrei prenderne gli elementi che lo caratterizzano e cercare di usarli come guida verso un finale che, per fortuna, è già interamente concluso (nella mia testa, però).
Sperando che anche questo secondo capitolo vi abbia incuriositi, vi do appuntamento alla prossima settimana.
Ringrazio il gruppo, ringrazio i suoi utenti e ringrazio chiunque mi stia ancora sopportando.
Un caro abbraccio.
Miry
 
 

 
   
 
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