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Autore: VeganWanderingWolf    13/10/2018    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
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Capitolo 53

(‘CAUSE SHE WALKS MYSTERIOUS WAYS)

 

Danny si svegliò di soprassalto, e sussultò di conseguenza così violentemente da rischiare di cadere. Cadere da cosa… al momento gli sfuggiva.

Muovendosi più lentamente, e con più attenta circospezione istintiva, realizzò che giaceva appoggiato con la testa sulle braccia incrociate su quello che sembrava un bancone in legno – che peraltro gli risultava curiosamente piuttosto familiare – e seduto su uno sgabello dal quale appunto aveva rischiato di cadere.

Peccato che, non solo non ricordava affatto come era finito ad assopirsi in un qualche bar, e non solo non gli risultava che gli fosse ancora mai successo prima in vita sua, ma quella possibilità non apparteneva nemmeno al suo immaginario di cose che gli potessero accadere.

I suoi sensi furono di colpo pregni di odori e suoni di un pub, e spiandosi attorno cautamente riconobbe praticamente a prima vista l’interno del ‘Bone’s’, l’unico pub di Castle Mac’Hearty, nonché l’unico locale in cui - quando proprio aveva eventualmente la necessità di prendere qualcosa da bere che non consistesse in una bottiglia acquistata in supermercato e portata a casa del Conte - andava a finire occasionalmente per qualche minuto.

Tranne che in quel momento non riusciva affatto a ricordare esattamente di essere andato al Bone’s come l’ultima cosa di cui fosse stato cosciente.

Mentre ancora cercava di raccapezzarsi abbastanza da riordinare le sue memorie, di colpo il suo sguardo – e il resto dei suoi sensi – furono attirati dalla presenza di una massiccia figura in piedi di fronte a lui dall’altra parte del bancone. Alzando lo sguardo praticamente di scatto, Danny si ritrovò a fissare il proprietario del Bone’s; e a notare, con un’istintiva sorta di imbarazzo incerto, che quegli lo stava più precisamente fissando in attesa, con la sua solita espressione seria e chiusa appena incline ad un principio di spazientimento imminente.

A quel punto, non gli rimase altro che interpretare che l’uomo sembrava stare aspettando automaticamente – e con l’aria di qualcuno più che convinto che non ci sia alcun bisogno di esplicitare altrimenti qualcosa di così ovvio – di sentire che cosa lui volesse da bere.

Prima di pensarci, Danny si ritrovò a dire quasi di getto «Hum… Un… bicchiere d’acqua, grazie.»

Subito dopo gli sfuggì una notevole smorfia dolente, specialmente quando realizzò che era troppo tardi per correggersi e cambiare la richiesta.

Per quanto della semplice acqua fosse l’unica cosa che si sentiva di ingurgitare al momento, anche perché si sentiva piuttosto frastornato, non aveva mai sentito nessun’anima vivente osare una simile ordinazione al proprietario del Bone’s.

Danny si ritrovò a guardarlo in un conciso silenzio immobile e sospeso, sorvegliando appena qualsiasi reazione potenzialmente più o meno violenta potesse scaturirne a quel punto.

Ma l’uomo si limitò a considerarlo con quel suo sguardo terribilmente serio un momento di più, come se stesse suggerendo che, se quello era una specie di scherzo, aveva scelto proprio il posto e la persona sbagliate. Poi, come se avesse deciso da quel suo scrutinio che non sembrava uno scherzo, il proprietario del Bone’s annuì brevemente e nettamente, e si allontanò per andargli a riempire un bicchiere d’acqua.

Danny immaginò per un breve momento che si sarebbe sicuramente trattata di acqua di rubinetto, ma non aveva niente da obbiettare in proposito, specialmente perché non era nemmeno sicuro al momento di avere traccia di soldi in tasca. Soprattutto perché non ricordava affatto come diavolo era arrivato lì, quando o perché.

Ma di colpo e senza alcun preavviso, una ridda invadente di ricordi e immagini esplose in una sequenza di flash dentro la sua testa. E il più vivido, a causa della drastica violenza del suo contenuto e della recente posizione cronologica nella sua memoria, risultò quello dello scontro con Mara in forma di lupo, dei morsi micidiali dai quali era stato bersagliato ovunque tranne nei punti più strettamente vitali lungo il corpo, la sensazione di essere sul punto di morire che gli ritornò in mente chiara come un pugno dritto allo stomaco, più che sufficiente a togliergli il fiato per un momento.

Si irrigidì di concerto, come se temesse istintivamente di sentirsi da un momento all’altro invaso dal dolore di quelle ferite, e fece per abbassare lentamente lo sguardo sul suo stesso corpo, aspettandosi con timore di vedersi gli abiti zuppi di sangue e la pelle aperta dagli squarci dei morsi micidiali.

Ma una voce accanto a lui lo fece sussultare di sorpresa.

«Non preoccuparti. Avete la pelle dura, voialtri. Come dovresti ben sapere.» disse la voce, con calma e tono colloquiante.

Una voce assai familiare.

Danny girò la testa di scatto e spalancò gli occhi, vedendo Zoal, così semplicemente seduta sullo sgabello di fianco al suo, tranquillamente appoggiata al bancone con le mani, lo sguardo distrattamente fisso davanti a lei, un leggero sorriso che le aleggiava sulle labbra, composta e con qualcosa di implicitamente elegante. Di più elegante del solito, anche.

Danny boccheggiò per la sorpresa per qualche istante, e quindi corrugò la fronte e le sopracciglia, e spalancò gradualmente ancora di più gli occhi mentre registrava altri particolari incredibili. Come il fatto che Zoal indossasse un abito lungo e viola scuro, di foggia vagamente ottocentesca, elegante e decorato, dei guanti di abbinato colore, collant spessi e un paio di scarpe con tanto di tacco e di stile ugualmente elegante che si intravedevano appoggiate ai supporti dello sgabello appena al di sotto dell’orlo della lunga gonna.

«Z…oal…?» riuscì infine ad emettere, incerto.

C’era qualcosa di ancora più singolare di quello, tuttavia. Non che Danny non avesse mai visto, durante la loro attività come ‘4 di picche’, Zoal vestirsi in una simile maniera, anche se unicamente a preciso scopo di immergersi in un particolare ambiente con utilità immediatamente attinenti al caso che stavano seguendo, come una sorta di travestimento per così dire, e comunque l’ultima volta era stato anni prima. Ma Danny non aveva sicuramente mai visto metà del Bone’s, in particolare una metà che sembrava iniziare lungo una precisa linea che passava tra lui e Zoal, apparire come tutt’altro locale. E in particolare come un bar dall’aspetto assai più mondano e decentemente borghese di quello del pub senza pretese di Castle Mac’Hearty.

«Danny.» lo salutò di rimando lei, voltando lo sguardo su di lui e sorridendogli giusto un poco, ma amichevolmente e affettuosamente, sinceramente.

«Humm…» mugugnò lui riflessivamente, continuando a guardarsi intorno, registrando altri particolari che sembravano confermare, suo malgrado, quello che appariva impossibilmente al suo sguardo. Era come se lui e Zoal si trovassero in due luoghi diversi, ovvero in due bar totalmente diversi. Danny esitò un lungo momento, guardando come la metà del Bone’s in cui si trovava lui appariva esattamente come il solito pub che conosceva in tutto e per tutto, mentre la metà in cui si trovava Zoal, pur tuttavia essendo seduta accanto a lui, sembrava un altro bar, con tutto quanto diverso, incluso il fatto che ci fosse tutt’altro tipo di clientela seduta ai tavolini, e un certo rumoreggiare di sottofondo per via delle varie chiacchiere e risate ed esclamazioni di tutte quelle persone.

«Zoal… Dove… siamo…?» chiese, con precauzione. Non era del tutto sicuro di volerlo sapere esattamente. Ciò che vedeva era già abbastanza estraniante. Specialmente perché un rapido sguardo all’intorno sembrò confermargli l’impressione che né i pochi soliti clienti del Bone’s sparsi nei tavoli né quelli rumorosamente spensierati dell’altro bar sembravano essere affatto consapevoli di quell’assurda situazione, come di due diverse realtà accostate tra loro e separate da una sorta di parete invisibile.

Zoal si limitò a continuare a sorridergli gentilmente e non rispose, il suo sguardo intenso color verde come se stesse contemplando il suo studio della strana situazione. Danny, che aveva per un momento dubitato che Zoal stessa non fosse consapevole di quella situazione, si sentì quasi stupido per averlo pensato: certo che lei doveva esserne perfettamente consapevole.

Esitò a lungo, e infine, quasi ipnotizzato da ciò che stava vedendo, alzò lentamente una mano, allungandola pian piano a mezz’aria verso il punto in cui poteva o non poteva esserci quella sorta di netta separazione tra le due diverse realtà, come per tastarne incuriosito la natura, per vedere se si trattava proprio di una parete, o se la sua mano sarebbe semplicemente apparsa anche nell’altra realtà, come se fosse perfettamente normale.

«Non lo farei, se fossi in te…» suggerì con calma Zoal, quasi distrattamente, come se avesse visto il suo gesto anche se il suo sguardo era tornato ad abbassarsi sul bancone davanti a lei con placida tranquillità.

Danny si bloccò e ritrasse in fretta la mano.

Zoal sorrise appena, un poco divertita e affettuosamente, rivolta a delle carte da gioco che stava disponendo con fare come casuale sul bancone davanti a sé, con movimenti che avevano qualcosa di singolarmente elegante e preciso. «Non hai mai reagito molto bene a queste cose.» disse ancora, come per spiegare gentilmente il perché lo aveva detto.

Danny fece per dire qualcosa, ma in quella con la coda dell’occhio vide una massiccia figura comparire dall’altra parte del bancone di fronte a lui, e voltò immediatamente lo sguardo, appena in tempo per non sussultare troppo quando il proprietario del Bone’s appoggiò proprio davanti a lui, con una determinazione implicitamente significativa, il bicchiere d’acqua che aveva chiesto.

Danny si ritrovò a contemplare la sua faccia con un certo nervosismo comunque incuriosito, cercando di capire se l’uomo si rendeva conto che metà del suo pub era in quel momento un bar di un’altra realtà, peraltro assai diverso da come avrebbe gradito trovare regolarmente al proprio posto la solita metà del suo locale; ma quegli si limitò a fissarlo come se stesse ancora sospettando vagamente che la sua richiesta di un semplice bicchiere d’acqua fosse una specie di scherzo, e di concerto con l’anticamera di un che di minaccioso.

Danny raccolse prontamente il bicchiere dal bancone e accennò una smorfia che imitasse almeno vagamente un sorriso cortese. «Grazie…» tentò.

Il proprietario del Bone’s emise semplicemente una specie di grugnito, in qualche modo alquanto significativo, e si allontanò per tornare a sistemare qualcosa dietro il bancone. Non appena fu certo che si fosse allontanato abbastanza da non udirlo, e sospettando che comunque se lui non riusciva a vedere l’altra realtà probabilmente non vedeva nemmeno Zoal, e quindi ai suoi occhi sarebbe risultato come se stesse parlando da solo, Danny si voltò di nuovo prontamente verso di lei, e abbassando il tono più possibile chiese «Siamo in un… sogno…?»

Zoal alzò lo sguardo su di lui, di nuovo con quel tranquillo accenno di sorriso gentile, ma con una punta di leggero divertimento, e rispose solo «A me sembra un bar…»

Danny scosse appena la testa, sorridendo a sua volta piuttosto divertito, e rassegnato tutto sommato. «Beh, a me sembra un pub, invece…» contraccambiò lo scherzo.

Zoal gli sorrise un poco di più, un rapido piccolo lampo di divertito apprezzamento per la risposta che le attraversava come una stella cadente fuggente lo sguardo verde intenso.

Danny si decise infine a spiare in basso il proprio corpo, rilevando in effetti che i suoi vestiti non erano affatto zuppi di sangue, e che la sua pelle non era squarciata da orrendi risultati di una lotta all’ultimo sangue con Mara. La scoperta non lo rincuorò comunque particolarmente, anche se era automaticamente grato al fatto di non stare provando quel dolore lancinante, almeno per il momento.

Un nuovo dubbio lo colse di colpo, e impallidì di netto, rialzando di scatto lo sguardo su Zoal, sul punto di chiederle qualcosa con allarmata urgenza, quando vide qualcosa che lo fece sussultare violentemente.

Una persona che camminava dietro il bancone spuntò nella metà del bar dove si trovava Zoal, apparendo veramente come dal nulla. Danny intuì che quella persona doveva semplicemente starsi muovendo nella realtà dove si trovava Zoal, e che totalmente inconsapevole si era appena spostata dalla metà di essa che Danny non poteva vedere a quella che poteva vedere.

Ma rimase ancora più basito quando la persona si fermò di fronte a Zoal appoggiando davanti a lei una piccola tazza trasparente nella quale c’era un liquido relativamente denso che sembrava liquore all’assenzio, e le chiese con allegra familiarità «Si può sapere che hai stasera? Sembri più sorridente del solito. Che ti frulla per la testa, sorellina?»

E Danny riconobbe Yuta. Solo che sembrava più giovane di qualche anno, anche se quella non era la prima differenza che gli balzò allo sguardo, quanto piuttosto il fatto che vestiva più comunemente e un po’ più elegantemente del solito, con una pratica maglietta e un paio di fuseaux, entrambi di colori smagliantemente vivaci. Yuta si era appoggiata cospiratoriamente in avanti sul bancone, guardando Zoal direttamente, e ignorando lui totalmente. Danny sentì un piccolo groppo di magone di mancanza, desiderando poter salutare anche lei, ma intuì dal modo in cui Yuta lo stava ignorando troppo massicciamente persino per qualcuno che volesse farlo apposta, e da quello con cui Zoal non gli stava più dedicando nemmeno uno sguardo, ricambiando invece quello della sorella con un sorriso, che anche Yuta, così come il proprietario del Bone’s, non solo non era consapevole dell’altra realtà accostata a quella in cui si trovava, ma non riusciva a vederla.

«Oh, niente di che.» rispose semplicemente Zoal, senza fare alcuno sforzo per cambiare la sua espressione gentilmente e cospiratoriamente sorridente, sorseggiando il liquore all’assenzio e abbassando lo sguardo.

Yuta inarcò un sopracciglio, guardandola come se cercasse di capire che cosa stesse nascondendo, divertita ma anche con un evidente sospetto che probabilmente non l’avrebbe mai potuto indovinare, e infine scrollò appena le spalle e sogghignò verso Zoal, abbassando una mano e scombinandole le carte sul bancone con fare scherzoso. «E va bene. Beccati questo allora. Così impari a tenerti il divertimento tutto per te.» celiò, sorridendo.

Zoal alzò di nuovo lo sguardo su di lei e sorrise di più. «Oh, ma anche tu ti stai divertendo.»

Yuta si rialzò in piedi e si piazzò le mani sui fianchi. «Come no. Come una matta.»

Zoal le fece l’occhiolino, e Yuta roteò gli occhi emettendo un piccolo sbuffo che fallì quasi completamente l’intenzione di voler apparire almeno un poco pazientemente rassegnato e risultò più che altro divertito.

Quindi, un qualche cliente più in là lungo il bancone nella realtà in cui si trovavano chiamò «Signorina…»

«Credo che ce l’abbiano con te…» osservò con calma Zoal, abbassando di nuovo lo sguardo sul bancone con un accenno di sorriso divertito, mentre raccoglieva le carte di nuovo in un unico mazzo.

Yuta roteò di nuovo gli occhi, e si allontanò verso il cliente che aveva chiamato più in là lungo il bancone.

Danny si ritrovò allora a contemplare quasi solo Zoal, la quale lo spiò appena di sbieco lanciandogli un rapido sguardo, sempre continuando a sorridere quietamente tra sé e sé, mentre legava con un nastro sottile il mazzo di carte e lo riponeva in un sacchetto di stoffa colorato di un motivo arabescato di colori scuri che portava legato alla cintura dell’abito. E si sentì quasi chiudere la gola quando la sua attenzione ritornò sul dubbio che lo aveva assalito prima di vedere comparire quella versione di Yuta in quella sorta di altra realtà.

«Sono… Sono morto…?» chiese lentamente.

Zoal alzò lo sguardo su di lui senza fretta, ed inarcò eloquentemente un sopracciglio molto scetticamente, sorpresa e divertita dalla sua domanda.

Danny tirò un rapido sospiro di sollievo, e poi scosse la testa e gli venne da ridacchiare, nervosamente ma tutto sommato divertito. «D’accordo. Questa era stupida.»

«Un poco… sì… » ammise Zoal, fissando il suo bicchierino di liquore all’assenzio, facendovi ballare lentamente il liquido all’interno con un movimento circolare, sorridendo di nuovo un poco con quella gentile affettuosità di sottofondo.

Dall’altra parte del bancone, Yuta ripassò camminando con pragmatica rapidità, scoccando appena uno sguardo tra il divertito e l’incuriosito a Zoal di sbieco, prima di sparire alla vista di Danny quando attraversò la metà netta di separazione tra i due ambienti, o forse tra le due realtà. Danny non poté fare a meno di sussultare di nuovo automaticamente e istintivamente. Zoal lo spiò appena, affatto sorpresa da quella sua difficoltà, ma come se la tenesse comunque sotto controllo per sicurezza.

«Che cosa ci facc… fai… facciamo, qui… quindi… ovunque siamo, insomma?» chiese di nuovo Danny, tornando a guardarla. Poi, tuttavia, non poté trattenersi dal chiedere piuttosto «E Yuta… faceva veramente la barista??»

Zoal rise, appena e tenuamente, ma sinceramente. «Potrebbe essere.» disse.

Danny sorrise un poco. «Beh… non male.» constatò, come in mancanza di un migliore commento, prima di tornare a concentrarsi su quello che probabilmente doveva essere la sua più reale priorità. «Mi devi dire qualcosa, non è vero?»

Zoal tornò a guardarlo con quel suo sguardo verde, attento e concentrato ora, sebbene la sua espressione fosse ancora tranquillamente e appena sorridente, in quel suo modo relativamente enigmatico come sempre erano quasi tutti i suoi sorrisi, come per un’inclinazione naturale della sua espressività.

«L’altra volta… quando sei… entrata dentro un mio sogno? O ti ho sognato? Comunque sia, l’altra volta dovevi dirmi qualcosa. Anche se non sono sicuro di averlo capito.» proseguì il ragionamento Danny «Quindi… anche stavolta devi dirmi qualcosa…? Qualcosa di importante…?»

Zoal inclinò appena un poco di più un angolo delle labbra nel suo sorriso gentile, e con calma puntualizzò semplicemente «Tu hai detto qualcosa a me. Io ti ho solo risposto.»

Danny corrugò appena la fronte per la concentrazione. Non provò nemmeno a chiedersi se quello fosse una specie di modo in cui “funzionava” quella cosa di Zoal che entrava nei suoi sogni, sempre che quello fosse un sogno, sempre che quella fosse Zoal piuttosto che solo un personaggio del suo sogno. Aveva comunque la sensazione che Zoal non gliel’avrebbe mai veramente detto di che cosa si trattava esattamente, anche se lui gliel’avesse chiesto esplicitamente quando l’avesse vista da sveglio.

‘Gran parte della magia funziona quando le persone non sanno come funziona.’ Aveva detto una volta Zoal, tempo prima, in una delle sue rare, e non per questo meno enigmatiche, “spiegazioni”. ‘Non è molto diverso da un trucco da prestigiatore, per molti versi, per quello che ne possono percepire le persone…’

Ma Danny sapeva per esperienza, esattamente quanto lo sapeva Zoal, che per ingannare del tutto lui con un trucco del genere non ci si poteva basare solo sul senso della vista; in quanto mezzo lupo, aveva molti più sensi assai sviluppati ai quali si affidava quasi parimenti che alla vista, a differenza degli esseri umani completi. E il suo olfatto gli stava dicendo al momento che non percepiva niente di quello che c’era nella metà della realtà in cui si trovava Zoal, nemmeno l’odore di Zoal stessa, o quello dell’assenzio che aveva nel bicchiere. E lui era abbastanza sicuro del fatto che i suoi sogni non erano mai così strani come, a quanto pareva, quei due in cui gli era comparsa e gli stava comparendo Zoal.

Ad ogni modo, se questo era ciò che Zoal chiedeva per far funzionare il suo trucco, o se semplicemente non aveva niente a che fare con quello ma gli stava offrendo invece amichevolmente di darle lui un argomento perché era lì per ascoltarlo più che per parlare, Danny si fidava più che a sufficienza di lei ormai da tempo.

Sospirando appena, riportò lo sguardo sul bancone davanti a sé e mormorò piano «E’ stata solo colpa mia…»

«Per che cosa?» domandò quietamente Zoal, che aveva ripreso a sorseggiare con calma il suo liquore all’assenzio, guardando davanti a sé ma ascoltandolo con tutta la sua concentrazione apparentemente.

Danny esitò e fece una smorfia dolente. «Mara… è morta, non è vero?»

Zoal non rispose, ma dopo qualche istante disse «L’hai uccisa tu?»

Danny corrugò la fronte. «Non direttamente ma… sostanzialmente, sì. L’ho sconfitta. E di fronte ai suoi… “accoliti”…»

Zoal tacque per qualche istante come con calmo tatto. «E se non l’avessi sconfitta saresti morto tu. Giusto?» domandò con tranquillità.

Danny alzò lo sguardo di scatto davanti a sé. «Sì…»

Zoal accennò un sorriso tra il dolente e l’affettuosamente comprensivo. «Persino per te, Danny, a volte potrebbe risultare impossibile andare contro alla realtà. A volte non ci sono molte vie di uscita, né molte strade lungo le quali proseguire. A volte è solo che noi non riusciamo a vederne altre, o ad immaginarle. E forse in tali occasioni potremmo recriminarci di non aver trovato prima un’altra soluzione, quando poi ci viene in mente, troppo tardi per metterla in atto. Ma quando anche ripensandoci all’infinito non riusciamo ad immaginare un’altra possibile soluzione, che cosa ci rimane da recriminarci? Di non aver spiccato il volo senza essere uccelli?»

Danny strinse la mascella, combattuto. Sapeva che Zoal aveva ragione, e che era una semplice osservazione perfettamente sensata. «Ma questo non basta a mandare via il dolore, comunque… non è vero…?» mormorò quietamente, riabbassando lo sguardo.

Zoal spiò appena di sbieco verso di lui. «No…» disse infine, dopo qualche lungo istante di silenzio. «Quello è il tempo. Che lo attenua, almeno un poco. Almeno un poco…»

Danny annuì appena, distrattamente. «Non sembri stupita che io sia dispiaciuto per la morte di una che ha tentato di uccidere me. Ed Uther. E molti altri, quasi sicuramente.»

«Dovrei…?» replicò tranquillamente Zoal, restituendogli la domanda come un gentile invito semplicemente a proseguire.

Danny sbuffò appena, amaramente e sarcasticamente. E dopo qualche momento disse, in tono distratto e distante «C’è stato un tempo in cui lei era… come la mia unica chance di sopravvivere. L’unica cosa su cui potessi contare per sperare di cavarmela. Lei mi ha in effetti permesso di sopravvivere. Anche se… beh, anche se dubito seriamente… anzi, no, decisamente non si potrebbe mai dire che l’abbia fatto per “bontà”, o affetto, o gentilezza o qualsiasi altra cosa del genere…»

Zoal si limitò ad accennare un lento e calmo assenso, come a dare segno che lo stava ascoltando e, in qualche modo, comprendendo molto bene.

«E allo stesso tempo sapevo… no… ero convinto che sarebbe stata anche la mia morte. Letteralmente. Che prima o poi mi avrebbe ucciso. Probabilmente quando si sarebbe semplicemente stancata di me.» e Danny emise di nuovo un breve verso di risata profondamente amara e priva di ogni traccia di gioia o ilarità.

«Così, è ingombrante pensare che qualcosa di così totalizzante non esista più.» disse con tranquillità Zoal.

Danny voltò di scatto lo sguardo su di lei, stupito dalla precisione della sua osservazione, che lui per primo non avrebbe saputo spiegare così puntualmente, né capire da se stesso. Ora aveva più nettamente la sensazione che lei stesse capendo fin troppo bene di che cosa stesse parlando, e la guardò con sorpresa e una dolente interrogatività.

Ma Zoal si limitò a rivolgergli un tenue sorriso gentilmente affettuoso ed empatico. «Ma è passato molto tempo da allora. E altro ne passerà.» gli disse semplicemente.

Danny annuì, abbassando lo sguardo. «Ma credo che comunque Mara mi abbia insegnato qualcosa, alla fine…» Quando spiò di nuovo verso di lei, vide che Zoal non sembrava minimamente sorpresa o scioccata da quella cosa, ma anzi stava ancora ascoltando quietamente, come se lui non avesse appena detto che una mezza lupa follemente omicida gli aveva insegnato qualcosa di valido. «Una… dimostrazione chiara di che cosa non vorrei mai essere…» disse più piano, distogliendo lo sguardo e deglutendo, per poi emettere un piccolo verso amaramente auto-derisorio. «Qualcosa per non diventare la quale credo di aver fatto e che farò sempre del mio meglio…»

Con la coda dell’occhio, vide Zoal accennare un assenso leggero col capo, mentre prendeva la tazza dal bancone davanti a lei e beveva con calma un piccolo sorso di quel suo liquore all’assenzio. Danny non aveva ancora la più pallida idea di come facesse a sapere che era all’assenzio, dal momento che non riusciva a sentire nemmeno una pallida traccia dell’odore che emanava. Doveva davvero essere un sogno, dopotutto.

«Sei stato capace, e sarai ancora capace, di trarre da te stesso ben più di questo, Danny.» disse tranquillità seria Zoal, guardando davanti a sé come se allo stesso tempo stesse ripassando col pensiero anche qualcos’altro. «Dovresti saperlo.»

Danny la guardò sorpreso, ma lei continuò con calma a sorseggiare dalla sua tazza, inclinando appena un angolo delle labbra in un sorrisetto piuttosto affettuosamente divertito, come se avesse indovinato quanto lui non si aspettasse lontanamente parole come quelle semplicemente dal suo silenzio, e lo trovasse piuttosto divertente in qualche modo familiare.

E alla fine Danny si ritrovò ad accettare quelle parole, ma prima di rendersene conto mormorò anche «Grazie… Zoal

Stavolta, lei girò lo sguardo dritto su di lui, inarcò appena un sopracciglio, e poi scoppiò a ridere, leggermente ma cristallinamente, lasciandolo piuttosto stupito. In qualche modo, quando rideva Zoal riusciva a far appare il ridere da parte sua come qualcosa di allo stesso tempo sorprendentemente improbabile e totalmente naturale e spontaneo.

Zoal finì di ridere quasi di colpo, esattamente come aveva cominciato, e lo guardò dal sotto in su inclinando un poco la testa, con un accenno di sorrisetto complicemente divertito. «Perdonami, ma… questo è veramente sciocco.»

Danny la guardò con intenzione, sentendosi curiosamente impegnato in una sorta di testarda battaglia in cui stava cercando di convincerla ad accettare un ringraziamento, e con assieme la praticamente certa consapevolezza che l’avrebbe persa.

«Lo è. Sul serio…» confermò con calma Zoal, annuendo appena e tornando a sorseggiare il suo liquore. «E, oh, tu lo sai che lo è.»

Danny rimase per un altro poco in silenzio, ma alla fine si arrese. Non ricordava l’ultima volta che qualcuno degli ex ‘quattro di picche’ aveva rivolto un ringraziamento ad un altro di loro, se mai era successo. Perlomeno, non un ringraziamento così chiaro e a parole. Non ricordava da quando sapeva con la stessa certezza con cui sentiva il cuore che gli batteva e il suo corpo muoversi assecondando il modo in cui voleva farlo – e con altrettanta sconcertante, netta e assoluta naturalezza scontata – che loro si sarebbero sempre aiutati tra loro in caso di bisogno.

«Sì…» ammise infine con un sospiro arreso, ma scuotendo comunque un poco la testa. «Dopotutto, forse è piuttosto sciocco.»

Zoal si limitò a sorridere appena, gentilmente e con paziente approvazione, rivolta perlopiù al liquido all’assenzio che aveva ripreso a far ondeggiare distrattamente dentro la tazza che aveva in mano.

Danny fu colto da un altro pensiero, e di nuovo corrugò la fronte riflessivamente. «Tu… sapevi…?» mormorò, incredulo e sospettosamente, cercando invano di leggere eventuali reazioni sul viso di lei totalmente quieto. «Quando sei comparsa nel mio sogno… ho sognato proprio Mara. E non la sognavo da… da non ricordo nemmeno quanto. E non avevo mai sognato la prima volta che l’avevo incontrata.»

Zoal rimase in silenzio, limitandosi a guardarlo in ascolto, senza lasciare trapelare nulla dalla sua controllata espressione attenta.

Danny lo prese come una possibile conferma, o come semplicemente l’interesse di lei per quel ragionamento, e si sforzò di portarlo avanti. «Come se mi volessi avvertire… no… come se mi volessi dire qualcosa di utile per qualcosa che sarebbe successo… E siccome non mi risulta di aver mai avuto doti di… preveggenza…»

Di nuovo, esitò, ma di nuovo Zoal si limitò a guardarlo in attesa, senza dire nulla.

Il sospetto inquieto si rafforzò in Danny. «Zoal. Sta per succedere qualcos’altro.»

E lei distolse lo sguardo dopo qualche istante, riabbassandolo sull’assenzio che tornò a sorseggiare. «Sta sempre per succedere qualcos’altro…» mormorò, quasi distrattamente.

Danny strinse le labbra e si sporse un poco di più verso di lei, quel tanto possibile senza rischiare di venire in contatto con quella sorta di invisibile linea separatoria tra quelle che sembravano due realtà diverse. «Sì, ma... qualcosa di... particolarmente grave?»

Zoal rialzò lentamente lo sguardo su di lui, e gli sorrise di nuovo, gentilmente e affettuosamente, ma anche più di prima, la qual cosa preoccupò maggiormente Danny.

«C’è qualcosa nell’aria.» gli disse infine «Ma, Danny… Sembra che tu non ricordi per nulla quello che potrei averti detto una volta. Non esiste il futuro come qualcosa di già stabilito. Ogni cosa sia dietro o davanti a noi nel tempo o nello spazio, non può che essere in qualche modo, e in varia misura, storpiata dalla nostra capacità di ricordare, prevedere, immaginare, interpretare e accettare. Tutto è ridipinto dalle nostre stesse mani come se stessimo cercando di fare una copia da poter conservare e/o mostrare, ma di fatto, abbiamo solo pennelli e colori, e la realtà contiene sempre molte più e forse infinite altre sfumature. Ad ogni modo, è sempre stato vero quello che ti ho detto fin dall’inizio. Non devi temere. Andrà tutto bene, comunque…»

Danny deglutì. «Che cosa è nell’aria…?»

Zoal divenne di colpo più seria, e lo fissò dritto nello sguardo. «Forse sentirai qualcosa, più avanti, tu stesso. Ma non cercare di capirlo. Presto ci avremo a che fare. Dopotutto…» e di nuovo tornò a sorridere gentilmente e con sentito affetto con qualcosa di appena complice «Siamo sempre e comunque i ‘4 di picche’, noi.»

Danny rimase in silenzio per un poco, quindi fece per dire qualcos’altro, quando di nuovo con la coda dell’occhio notò un movimento dietro il bancone davanti a lui, e girando la testa di scatto si trovò di fronte il proprietario del Bone’s che gli porgeva la cornetta di un telefono che aveva portato fino a lì grazie ad un filo eccezionalmente lungo.

Danny abbassò lo sguardo sulla cornetta con aria confusa e incerta.

Dopo qualche istante, l’uomo si decise ad esplicitare verbalmente con una sorta di grugnito sull’orlo della pazienza, e assai significativo «È per te.»

Danny esitò, rivolgendo uno sguardo rapido di sbieco a Zoal, la quale tuttavia era tornata a sorseggiare tranquillamente il suo liquore all’assenzio guardando distrattamente davanti a sé. «Credo che tu debba andare, ora…» osservò solo, quietamente, senza guardarlo, ma sorridendo di nuovo un poco, affettuosamente.

Percependo la pazienza sempre più in bilico del proprietario del Bone’s, Danny trattenne la domanda che era sul punto di fare a Zoal a proposito di che cosa volesse dire, e si affrettò piuttosto a rivolgergli un accenno di sorriso tirato e a prendere in mano con precauzione la cornetta del telefono. L’uomo emise un altro breve grugnito che sembrava una sorta di ‘alla buon’ora’, e appoggiò pesantemente il telefono sul bancone, prima di allontanarsi di nuovo.

Danny studiò la cornetta del telefono con una sorta di esitante sospetto come se potesse esplodergli tra le mani da un momento all’altro, poi se la avvicinò lentamente all’orecchio e tentò un incerto «Pronto…?»

Tutto quello che udì dall’altra parte fu un debole «Danny…»

Rimase di sasso, prima di esclamare «Kumals??»

Ma dall’altra parte la voce di Kumals disse solo, come se non stesse affatto parlando con lui «Mi dispiace… sul serio…»

Danny corrugò la fronte perplesso. Non ricordava di aver mai sentito Kumals dire qualcosa del genere con tanta aperta sincerità. «Kumals? Ti dispiace per… che cosa…?»  domandò, ancora più incerto, scoccando uno sguardo verso Zoal, solo per trovare lo sgabello dove lei sedeva vuoto.

Voltò la testa, cercandola con lo sguardo, ma senza trovarla in tutto l’ambiente del bar dell’altra realtà. Come se fosse semplicemente andata via, o meglio, dal momento che lui avrebbe probabilmente notato il movimento con la coda dell’occhio, anche se non ne era certo dal momento che dopotutto si trattava di Zoal, come se fosse semplicemente scomparsa.

E l’istante successivo Danny aprì gli occhi e si ritrovò a fissare il soffitto di una stanza. Quando abbassò lo sguardo di scatto, si ritrovò sdraiato in un letto, accanto al quale Kumals sedeva in una poltrona e lo stava contemplando con non così minore sorpresa di lui.

«Danny?» disse.

Lui si limitò a sbattere le palpebre più volte, dubitando di dove fosse ora esattamente, se fosse un altro sogno o la realtà o chissà che altro ancora, decisamente frastornato.

«Beh… ben svegliato.» sembrò riprendere la sua consueta aria casualmente ironica Kumals, osservandolo con qualcosa tra la curiosità e la relativa preoccupazione incuriosita. Poi si fermò e sembrò venir colto da un dubbio. «Aspetta un momento… da quanto sei sveglio esattamente?» gli domandò, inarcando un sopracciglio con un che di sospettoso.

 

Soundtrack:

Catch my fall (Billy Idol)

Probabile disclaimer: il titolo mi è stato probabilmente ispirato (anche se l’ho modificato) da un verso della canzone ‘Mysterious ways’ degli U2 (che non ascolto da così tanti anni che nemmeno me la ricordo).

 

Note dello scribacchiatore: ho l’impressione che questo capitolo mi abbia richiesto ere geologiche o giù di lì. Prima di ottenerne qualcosa che mi soddisfa abbastanza. Ma avevo buttato giù appunti prima, poi l’ho scritto interamente, poi riletto e risistemato più di una volta. Quindi, alla fine, chissà che ne è saltato fuori alla lettura, davvero! ;p Spero giusto sia leggibile, toh.

  
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