Capitolo 53
(‘CAUSE SHE WALKS MYSTERIOUS
WAYS)
Danny si svegliò di soprassalto, e
sussultò di conseguenza così violentemente da rischiare di cadere. Cadere da
cosa… al momento gli sfuggiva.
Muovendosi più lentamente, e con più
attenta circospezione istintiva, realizzò che giaceva appoggiato con la testa
sulle braccia incrociate su quello che sembrava un bancone in legno – che
peraltro gli risultava curiosamente piuttosto familiare – e seduto su uno
sgabello dal quale appunto aveva rischiato di cadere.
Peccato che, non solo non ricordava
affatto come era finito ad assopirsi in un qualche bar, e non solo non gli
risultava che gli fosse ancora mai successo prima in vita sua, ma quella
possibilità non apparteneva nemmeno al suo immaginario di cose che gli potessero
accadere.
I suoi sensi furono di colpo pregni di
odori e suoni di un pub, e spiandosi attorno cautamente riconobbe praticamente
a prima vista l’interno del ‘Bone’s’, l’unico pub di Castle Mac’Hearty, nonché l’unico
locale in cui - quando proprio aveva eventualmente la necessità di prendere
qualcosa da bere che non consistesse in una bottiglia acquistata in
supermercato e portata a casa del Conte - andava a finire occasionalmente per
qualche minuto.
Tranne che in quel momento non riusciva
affatto a ricordare esattamente di essere andato al Bone’s
come l’ultima cosa di cui fosse stato cosciente.
Mentre ancora cercava di raccapezzarsi
abbastanza da riordinare le sue memorie, di colpo il suo sguardo – e il resto
dei suoi sensi – furono attirati dalla presenza di una massiccia figura in
piedi di fronte a lui dall’altra parte del bancone. Alzando lo sguardo
praticamente di scatto, Danny si ritrovò a fissare il proprietario del Bone’s; e a notare, con un’istintiva sorta di imbarazzo
incerto, che quegli lo stava più precisamente fissando in attesa, con la sua
solita espressione seria e chiusa appena incline ad un principio di spazientimento imminente.
A quel punto, non gli rimase altro che
interpretare che l’uomo sembrava stare aspettando automaticamente – e con
l’aria di qualcuno più che convinto che non ci sia alcun bisogno di esplicitare
altrimenti qualcosa di così ovvio – di sentire che cosa lui volesse da bere.
Prima di pensarci, Danny si ritrovò a dire
quasi di getto «Hum… Un… bicchiere d’acqua, grazie.»
Subito dopo gli sfuggì una notevole smorfia
dolente, specialmente quando realizzò che era troppo tardi per correggersi e
cambiare la richiesta.
Per quanto della semplice acqua fosse l’unica
cosa che si sentiva di ingurgitare al momento, anche perché si sentiva piuttosto
frastornato, non aveva mai sentito nessun’anima vivente osare una simile ordinazione
al proprietario del Bone’s.
Danny si ritrovò a guardarlo in un conciso
silenzio immobile e sospeso, sorvegliando appena qualsiasi reazione
potenzialmente più o meno violenta potesse scaturirne a quel punto.
Ma l’uomo si limitò a considerarlo con
quel suo sguardo terribilmente serio un momento di più, come se stesse
suggerendo che, se quello era una specie di scherzo, aveva scelto proprio il
posto e la persona sbagliate. Poi, come se avesse deciso da quel suo scrutinio
che non sembrava uno scherzo, il proprietario del Bone’s
annuì brevemente e nettamente, e si allontanò per andargli a riempire un
bicchiere d’acqua.
Danny immaginò per un breve momento che si
sarebbe sicuramente trattata di acqua di rubinetto, ma non aveva niente da
obbiettare in proposito, specialmente perché non era nemmeno sicuro al momento
di avere traccia di soldi in tasca. Soprattutto perché non ricordava affatto
come diavolo era arrivato lì, quando o perché.
Ma di colpo e senza alcun preavviso, una
ridda invadente di ricordi e immagini esplose in una sequenza di flash dentro
la sua testa. E il più vivido, a causa della drastica violenza del suo
contenuto e della recente posizione cronologica nella sua memoria, risultò
quello dello scontro con Mara in forma di lupo, dei morsi micidiali dai quali
era stato bersagliato ovunque tranne nei punti più strettamente vitali lungo il
corpo, la sensazione di essere sul punto di morire che gli ritornò in mente
chiara come un pugno dritto allo stomaco, più che sufficiente a togliergli il
fiato per un momento.
Si irrigidì di concerto, come se temesse
istintivamente di sentirsi da un momento all’altro invaso dal dolore di quelle
ferite, e fece per abbassare lentamente lo sguardo sul suo stesso corpo,
aspettandosi con timore di vedersi gli abiti zuppi di sangue e la pelle aperta
dagli squarci dei morsi micidiali.
Ma una voce accanto a lui lo fece
sussultare di sorpresa.
«Non preoccuparti. Avete la pelle dura,
voialtri. Come dovresti ben sapere.» disse la voce, con calma e tono
colloquiante.
Una voce assai familiare.
Danny girò la testa di scatto e spalancò
gli occhi, vedendo Zoal, così semplicemente seduta
sullo sgabello di fianco al suo, tranquillamente appoggiata al bancone con le
mani, lo sguardo distrattamente fisso davanti a lei, un leggero sorriso che le
aleggiava sulle labbra, composta e con qualcosa di implicitamente elegante. Di
più elegante del solito, anche.
Danny boccheggiò per la sorpresa per
qualche istante, e quindi corrugò la fronte e le sopracciglia, e spalancò
gradualmente ancora di più gli occhi mentre registrava altri particolari
incredibili. Come il fatto che Zoal indossasse un
abito lungo e viola scuro, di foggia vagamente ottocentesca, elegante e
decorato, dei guanti di abbinato colore, collant spessi e un paio di scarpe con
tanto di tacco e di stile ugualmente elegante che si intravedevano appoggiate
ai supporti dello sgabello appena al di sotto dell’orlo della lunga gonna.
«Z…oal…?» riuscì
infine ad emettere, incerto.
C’era qualcosa di ancora più singolare di
quello, tuttavia. Non che Danny non avesse mai visto, durante la loro attività
come ‘4 di picche’, Zoal
vestirsi in una simile maniera, anche se unicamente a preciso scopo di
immergersi in un particolare ambiente con utilità immediatamente attinenti al
caso che stavano seguendo, come una sorta di travestimento per così dire, e
comunque l’ultima volta era stato anni prima. Ma Danny non aveva sicuramente
mai visto metà del Bone’s, in particolare una metà
che sembrava iniziare lungo una precisa linea che passava tra lui e Zoal, apparire come tutt’altro locale. E in particolare
come un bar dall’aspetto assai più mondano e decentemente borghese di quello
del pub senza pretese di Castle Mac’Hearty.
«Danny.» lo salutò di rimando lei,
voltando lo sguardo su di lui e sorridendogli giusto un poco, ma amichevolmente
e affettuosamente, sinceramente.
«Humm…» mugugnò
lui riflessivamente, continuando a guardarsi intorno, registrando altri
particolari che sembravano confermare, suo malgrado, quello che appariva impossibilmente al suo sguardo. Era come se lui e Zoal si trovassero in due luoghi diversi, ovvero in due bar
totalmente diversi. Danny esitò un lungo momento, guardando come la metà del Bone’s in cui si trovava lui appariva esattamente come il
solito pub che conosceva in tutto e per tutto, mentre la metà in cui si trovava
Zoal, pur tuttavia essendo seduta accanto a lui,
sembrava un altro bar, con tutto quanto diverso, incluso il fatto che ci fosse
tutt’altro tipo di clientela seduta ai tavolini, e un certo rumoreggiare di
sottofondo per via delle varie chiacchiere e risate ed esclamazioni di tutte
quelle persone.
«Zoal… Dove…
siamo…?» chiese, con precauzione. Non era del tutto sicuro di volerlo sapere
esattamente. Ciò che vedeva era già abbastanza estraniante. Specialmente perché
un rapido sguardo all’intorno sembrò confermargli l’impressione che né i pochi
soliti clienti del Bone’s sparsi nei tavoli né quelli
rumorosamente spensierati dell’altro bar sembravano essere affatto consapevoli
di quell’assurda situazione, come di due diverse realtà accostate tra loro e
separate da una sorta di parete invisibile.
Zoal si limitò a
continuare a sorridergli gentilmente e non rispose, il suo sguardo intenso
color verde come se stesse contemplando il suo studio della strana situazione.
Danny, che aveva per un momento dubitato che Zoal
stessa non fosse consapevole di quella situazione, si sentì quasi stupido per
averlo pensato: certo che lei doveva esserne perfettamente consapevole.
Esitò a lungo, e infine, quasi ipnotizzato
da ciò che stava vedendo, alzò lentamente una mano, allungandola pian piano a
mezz’aria verso il punto in cui poteva o non poteva esserci quella sorta di
netta separazione tra le due diverse realtà, come per tastarne incuriosito la
natura, per vedere se si trattava proprio di una parete, o se la sua mano
sarebbe semplicemente apparsa anche nell’altra realtà, come se fosse
perfettamente normale.
«Non lo farei, se fossi in te…» suggerì
con calma Zoal, quasi distrattamente, come se avesse
visto il suo gesto anche se il suo sguardo era tornato ad abbassarsi sul
bancone davanti a lei con placida tranquillità.
Danny si bloccò e ritrasse in fretta la
mano.
Zoal sorrise appena,
un poco divertita e affettuosamente, rivolta a delle carte da gioco che stava
disponendo con fare come casuale sul bancone davanti a sé, con movimenti che
avevano qualcosa di singolarmente elegante e preciso. «Non hai mai reagito
molto bene a queste cose.» disse ancora, come per spiegare gentilmente il
perché lo aveva detto.
Danny fece per dire qualcosa, ma in quella
con la coda dell’occhio vide una massiccia figura comparire dall’altra parte
del bancone di fronte a lui, e voltò immediatamente lo sguardo, appena in tempo
per non sussultare troppo quando il proprietario del Bone’s
appoggiò proprio davanti a lui, con una determinazione implicitamente
significativa, il bicchiere d’acqua che aveva chiesto.
Danny si ritrovò a contemplare la sua
faccia con un certo nervosismo comunque incuriosito, cercando di capire se
l’uomo si rendeva conto che metà del suo pub era in quel momento un bar di
un’altra realtà, peraltro assai diverso da come avrebbe gradito trovare
regolarmente al proprio posto la solita metà del suo locale; ma quegli si
limitò a fissarlo come se stesse ancora sospettando vagamente che la sua richiesta
di un semplice bicchiere d’acqua fosse una specie di scherzo, e di concerto con
l’anticamera di un che di minaccioso.
Danny raccolse prontamente il bicchiere
dal bancone e accennò una smorfia che imitasse almeno vagamente un sorriso
cortese. «Grazie…» tentò.
Il proprietario del Bone’s
emise semplicemente una specie di grugnito, in qualche modo alquanto
significativo, e si allontanò per tornare a sistemare qualcosa dietro il
bancone. Non appena fu certo che si fosse allontanato abbastanza da non udirlo,
e sospettando che comunque se lui non riusciva a vedere l’altra realtà
probabilmente non vedeva nemmeno Zoal, e quindi ai
suoi occhi sarebbe risultato come se stesse parlando da solo, Danny si voltò di
nuovo prontamente verso di lei, e abbassando il tono più possibile chiese
«Siamo in un… sogno…?»
Zoal alzò lo sguardo
su di lui, di nuovo con quel tranquillo accenno di sorriso gentile, ma con una
punta di leggero divertimento, e rispose solo «A me sembra un bar…»
Danny scosse appena la testa, sorridendo a
sua volta piuttosto divertito, e rassegnato tutto sommato. «Beh, a me sembra un
pub, invece…» contraccambiò lo scherzo.
Zoal gli sorrise un
poco di più, un rapido piccolo lampo di divertito apprezzamento per la risposta
che le attraversava come una stella cadente fuggente lo sguardo verde intenso.
Danny si decise infine a spiare in basso
il proprio corpo, rilevando in effetti che i suoi vestiti non erano affatto
zuppi di sangue, e che la sua pelle non era squarciata da orrendi risultati di
una lotta all’ultimo sangue con Mara. La scoperta non lo rincuorò comunque
particolarmente, anche se era automaticamente grato al fatto di non stare
provando quel dolore lancinante, almeno per il momento.
Un nuovo dubbio lo colse di colpo, e
impallidì di netto, rialzando di scatto lo sguardo su Zoal,
sul punto di chiederle qualcosa con allarmata urgenza, quando vide qualcosa che
lo fece sussultare violentemente.
Una persona che camminava dietro il
bancone spuntò nella metà del bar dove si trovava Zoal,
apparendo veramente come dal nulla. Danny intuì che quella persona doveva
semplicemente starsi muovendo nella realtà dove si trovava Zoal,
e che totalmente inconsapevole si era appena spostata dalla metà di essa che
Danny non poteva vedere a quella che poteva vedere.
Ma rimase ancora più basito quando la
persona si fermò di fronte a Zoal appoggiando davanti
a lei una piccola tazza trasparente nella quale c’era un liquido relativamente
denso che sembrava liquore all’assenzio, e le chiese con allegra familiarità
«Si può sapere che hai stasera? Sembri più sorridente del solito. Che ti frulla
per la testa, sorellina?»
E Danny riconobbe Yuta.
Solo che sembrava più giovane di qualche anno, anche se quella non era la prima
differenza che gli balzò allo sguardo, quanto piuttosto il fatto che vestiva
più comunemente e un po’ più elegantemente del solito, con una pratica
maglietta e un paio di fuseaux, entrambi di colori smagliantemente
vivaci. Yuta si era appoggiata cospiratoriamente
in avanti sul bancone, guardando Zoal direttamente, e
ignorando lui totalmente. Danny sentì un piccolo groppo di magone di mancanza,
desiderando poter salutare anche lei, ma intuì dal modo in cui Yuta lo stava ignorando troppo massicciamente persino per
qualcuno che volesse farlo apposta, e da quello con cui Zoal
non gli stava più dedicando nemmeno uno sguardo, ricambiando invece quello
della sorella con un sorriso, che anche Yuta, così
come il proprietario del Bone’s, non solo non era
consapevole dell’altra realtà accostata a quella in cui si trovava, ma non
riusciva a vederla.
«Oh, niente di che.» rispose semplicemente
Zoal, senza fare alcuno sforzo per cambiare la sua
espressione gentilmente e cospiratoriamente
sorridente, sorseggiando il liquore all’assenzio e abbassando lo sguardo.
Yuta inarcò un
sopracciglio, guardandola come se cercasse di capire che cosa stesse
nascondendo, divertita ma anche con un evidente sospetto che probabilmente non
l’avrebbe mai potuto indovinare, e infine scrollò appena le spalle e sogghignò
verso Zoal, abbassando una mano e scombinandole le
carte sul bancone con fare scherzoso. «E va bene. Beccati questo allora. Così
impari a tenerti il divertimento tutto per te.» celiò, sorridendo.
Zoal alzò di nuovo lo
sguardo su di lei e sorrise di più. «Oh, ma anche tu ti stai divertendo.»
Yuta si rialzò in
piedi e si piazzò le mani sui fianchi. «Come no. Come una matta.»
Zoal le fece
l’occhiolino, e Yuta roteò gli occhi emettendo un
piccolo sbuffo che fallì quasi completamente l’intenzione di voler apparire
almeno un poco pazientemente rassegnato e risultò più che altro divertito.
Quindi, un qualche cliente più in là lungo
il bancone nella realtà in cui si trovavano chiamò «Signorina…»
«Credo che ce l’abbiano con te…» osservò
con calma Zoal, abbassando di nuovo lo sguardo sul
bancone con un accenno di sorriso divertito, mentre raccoglieva le carte di
nuovo in un unico mazzo.
Yuta roteò di nuovo
gli occhi, e si allontanò verso il cliente che aveva chiamato più in là lungo
il bancone.
Danny si ritrovò allora a contemplare
quasi solo Zoal, la quale lo spiò appena di sbieco
lanciandogli un rapido sguardo, sempre continuando a sorridere quietamente tra
sé e sé, mentre legava con un nastro sottile il mazzo di carte e lo riponeva in
un sacchetto di stoffa colorato di un motivo arabescato di colori scuri che portava
legato alla cintura dell’abito. E si sentì quasi chiudere la gola quando la sua
attenzione ritornò sul dubbio che lo aveva assalito prima di vedere comparire
quella versione di Yuta in quella sorta di altra
realtà.
«Sono… Sono morto…?» chiese lentamente.
Zoal alzò lo sguardo
su di lui senza fretta, ed inarcò eloquentemente un sopracciglio molto
scetticamente, sorpresa e divertita dalla sua domanda.
Danny tirò un rapido sospiro di sollievo,
e poi scosse la testa e gli venne da ridacchiare, nervosamente ma tutto sommato
divertito. «D’accordo. Questa era stupida.»
«Un poco… sì… »
ammise Zoal, fissando il suo bicchierino di liquore
all’assenzio, facendovi ballare lentamente il liquido all’interno con un
movimento circolare, sorridendo di nuovo un poco con quella gentile
affettuosità di sottofondo.
Dall’altra parte del bancone, Yuta ripassò camminando con pragmatica rapidità, scoccando
appena uno sguardo tra il divertito e l’incuriosito a Zoal
di sbieco, prima di sparire alla vista di Danny quando attraversò la metà netta
di separazione tra i due ambienti, o forse tra le due realtà. Danny non poté
fare a meno di sussultare di nuovo automaticamente e istintivamente. Zoal lo spiò appena, affatto sorpresa da quella sua
difficoltà, ma come se la tenesse comunque sotto controllo per sicurezza.
«Che cosa ci facc…
fai… facciamo, qui… quindi… ovunque siamo, insomma?» chiese di nuovo Danny,
tornando a guardarla. Poi, tuttavia, non poté trattenersi dal chiedere
piuttosto «E Yuta… faceva veramente la barista??»
Zoal rise, appena e
tenuamente, ma sinceramente. «Potrebbe essere.» disse.
Danny sorrise un poco. «Beh… non male.»
constatò, come in mancanza di un migliore commento, prima di tornare a
concentrarsi su quello che probabilmente doveva essere la sua più reale priorità.
«Mi devi dire qualcosa, non è vero?»
Zoal tornò a guardarlo
con quel suo sguardo verde, attento e concentrato ora, sebbene la sua
espressione fosse ancora tranquillamente e appena sorridente, in quel suo modo
relativamente enigmatico come sempre erano quasi tutti i suoi sorrisi, come per
un’inclinazione naturale della sua espressività.
«L’altra volta… quando sei… entrata dentro
un mio sogno? O ti ho sognato? Comunque sia, l’altra volta dovevi dirmi
qualcosa. Anche se non sono sicuro di averlo capito.» proseguì il ragionamento
Danny «Quindi… anche stavolta devi dirmi qualcosa…? Qualcosa di importante…?»
Zoal inclinò appena un
poco di più un angolo delle labbra nel suo sorriso gentile, e con calma
puntualizzò semplicemente «Tu hai detto qualcosa a me. Io ti ho solo risposto.»
Danny corrugò appena la fronte per la
concentrazione. Non provò nemmeno a chiedersi se quello fosse una specie di
modo in cui “funzionava” quella cosa di Zoal che
entrava nei suoi sogni, sempre che quello fosse un sogno, sempre che quella
fosse Zoal piuttosto che solo un personaggio del suo
sogno. Aveva comunque la sensazione che Zoal non
gliel’avrebbe mai veramente detto di che cosa si trattava esattamente, anche se
lui gliel’avesse chiesto esplicitamente quando l’avesse vista da sveglio.
‘Gran parte della magia funziona quando le
persone non sanno come funziona.’ Aveva detto una volta Zoal,
tempo prima, in una delle sue rare, e non per questo meno enigmatiche,
“spiegazioni”. ‘Non è molto diverso da un trucco da prestigiatore, per molti versi,
per quello che ne possono percepire le persone…’
Ma Danny sapeva per esperienza,
esattamente quanto lo sapeva Zoal, che per ingannare
del tutto lui con un trucco del genere non ci si poteva basare solo sul senso
della vista; in quanto mezzo lupo, aveva molti più sensi assai sviluppati ai
quali si affidava quasi parimenti che alla vista, a differenza degli esseri
umani completi. E il suo olfatto gli stava dicendo al momento che non percepiva
niente di quello che c’era nella metà della realtà in cui si trovava Zoal, nemmeno l’odore di Zoal
stessa, o quello dell’assenzio che aveva nel bicchiere. E lui era abbastanza
sicuro del fatto che i suoi sogni non erano mai così strani come, a quanto
pareva, quei due in cui gli era comparsa e gli stava comparendo Zoal.
Ad ogni modo, se questo era ciò che Zoal chiedeva per far funzionare il suo trucco, o se
semplicemente non aveva niente a che fare con quello ma gli stava offrendo
invece amichevolmente di darle lui un argomento perché era lì per ascoltarlo
più che per parlare, Danny si fidava più che a sufficienza di lei ormai da
tempo.
Sospirando appena, riportò lo sguardo sul
bancone davanti a sé e mormorò piano «E’ stata solo colpa mia…»
«Per che cosa?» domandò quietamente Zoal, che aveva ripreso a sorseggiare con calma il suo
liquore all’assenzio, guardando davanti a sé ma ascoltandolo con tutta la sua
concentrazione apparentemente.
Danny esitò e fece una smorfia dolente.
«Mara… è morta, non è vero?»
Zoal non rispose, ma
dopo qualche istante disse «L’hai uccisa tu?»
Danny corrugò la fronte. «Non direttamente
ma… sostanzialmente, sì. L’ho sconfitta. E di fronte ai suoi… “accoliti”…»
Zoal tacque per
qualche istante come con calmo tatto. «E se non l’avessi sconfitta saresti
morto tu. Giusto?» domandò con tranquillità.
Danny alzò lo sguardo di scatto davanti a
sé. «Sì…»
Zoal accennò un
sorriso tra il dolente e l’affettuosamente comprensivo. «Persino per te, Danny,
a volte potrebbe risultare impossibile andare contro alla realtà. A volte non
ci sono molte vie di uscita, né molte strade lungo le quali proseguire. A volte
è solo che noi non riusciamo a vederne altre, o ad immaginarle. E forse in tali
occasioni potremmo recriminarci di non aver trovato prima un’altra soluzione,
quando poi ci viene in mente, troppo tardi per metterla in atto. Ma quando
anche ripensandoci all’infinito non riusciamo ad immaginare un’altra possibile
soluzione, che cosa ci rimane da recriminarci? Di non aver spiccato il volo
senza essere uccelli?»
Danny strinse la mascella, combattuto.
Sapeva che Zoal aveva ragione, e che era una semplice
osservazione perfettamente sensata. «Ma questo non basta a mandare via il
dolore, comunque… non è vero…?» mormorò quietamente, riabbassando lo sguardo.
Zoal spiò appena di
sbieco verso di lui. «No…» disse infine, dopo qualche lungo istante di
silenzio. «Quello è il tempo. Che lo attenua, almeno un poco. Almeno un poco…»
Danny annuì appena, distrattamente. «Non
sembri stupita che io sia dispiaciuto per la morte di una che ha tentato di
uccidere me. Ed Uther. E molti altri, quasi sicuramente.»
«Dovrei…?» replicò tranquillamente Zoal, restituendogli la domanda come un gentile invito
semplicemente a proseguire.
Danny sbuffò appena, amaramente e
sarcasticamente. E dopo qualche momento disse, in tono distratto e distante
«C’è stato un tempo in cui lei era… come la mia unica chance di sopravvivere.
L’unica cosa su cui potessi contare per sperare di cavarmela. Lei mi ha in
effetti permesso di sopravvivere. Anche se… beh, anche se dubito seriamente…
anzi, no, decisamente non si potrebbe mai dire che l’abbia fatto per “bontà”, o
affetto, o gentilezza o qualsiasi altra cosa del genere…»
Zoal si limitò ad
accennare un lento e calmo assenso, come a dare segno che lo stava ascoltando
e, in qualche modo, comprendendo molto bene.
«E allo stesso tempo sapevo… no… ero
convinto che sarebbe stata anche la mia morte. Letteralmente. Che prima o poi
mi avrebbe ucciso. Probabilmente quando si sarebbe semplicemente stancata di
me.» e Danny emise di nuovo un breve verso di risata profondamente amara e
priva di ogni traccia di gioia o ilarità.
«Così, è ingombrante pensare che qualcosa
di così totalizzante non esista più.» disse con tranquillità Zoal.
Danny voltò di scatto lo sguardo su di
lei, stupito dalla precisione della sua osservazione, che lui per primo non
avrebbe saputo spiegare così puntualmente, né capire da se
stesso. Ora aveva più nettamente la sensazione che lei stesse capendo fin
troppo bene di che cosa stesse parlando, e la guardò con sorpresa e una dolente
interrogatività.
Ma Zoal si
limitò a rivolgergli un tenue sorriso gentilmente affettuoso ed empatico. «Ma è
passato molto tempo da allora. E altro ne passerà.» gli disse semplicemente.
Danny annuì, abbassando lo sguardo. «Ma
credo che comunque Mara mi abbia insegnato qualcosa, alla fine…» Quando spiò di
nuovo verso di lei, vide che Zoal non sembrava
minimamente sorpresa o scioccata da quella cosa, ma anzi stava ancora
ascoltando quietamente, come se lui non avesse appena detto che una mezza lupa follemente
omicida gli aveva insegnato qualcosa di valido. «Una… dimostrazione chiara di
che cosa non vorrei mai essere…» disse più piano, distogliendo lo sguardo e
deglutendo, per poi emettere un piccolo verso amaramente auto-derisorio. «Qualcosa
per non diventare la quale credo di aver fatto e che farò sempre del mio meglio…»
Con la coda dell’occhio, vide Zoal accennare un assenso leggero col capo, mentre prendeva
la tazza dal bancone davanti a lei e beveva con calma un piccolo sorso di quel
suo liquore all’assenzio. Danny non aveva ancora la più pallida idea di come
facesse a sapere che era all’assenzio, dal momento che non riusciva a sentire
nemmeno una pallida traccia dell’odore che emanava. Doveva davvero essere un
sogno, dopotutto.
«Sei stato capace, e sarai ancora capace,
di trarre da te stesso ben più di questo, Danny.» disse tranquillità seria Zoal, guardando davanti a sé come se allo stesso tempo
stesse ripassando col pensiero anche qualcos’altro. «Dovresti saperlo.»
Danny la guardò sorpreso, ma lei continuò
con calma a sorseggiare dalla sua tazza, inclinando appena un angolo delle
labbra in un sorrisetto piuttosto affettuosamente divertito, come se avesse
indovinato quanto lui non si aspettasse lontanamente parole come quelle
semplicemente dal suo silenzio, e lo trovasse piuttosto divertente in qualche
modo familiare.
E alla fine Danny si ritrovò ad accettare
quelle parole, ma prima di rendersene conto mormorò anche «Grazie… Zoal.»
Stavolta, lei girò lo sguardo dritto su di
lui, inarcò appena un sopracciglio, e poi scoppiò a ridere, leggermente ma
cristallinamente, lasciandolo piuttosto stupito. In qualche modo, quando rideva
Zoal riusciva a far appare il ridere da parte sua
come qualcosa di allo stesso tempo sorprendentemente improbabile e totalmente
naturale e spontaneo.
Zoal finì di ridere
quasi di colpo, esattamente come aveva cominciato, e lo guardò dal sotto in su
inclinando un poco la testa, con un accenno di sorrisetto complicemente
divertito. «Perdonami, ma… questo è veramente sciocco.»
Danny la guardò con intenzione, sentendosi
curiosamente impegnato in una sorta di testarda battaglia in cui stava cercando
di convincerla ad accettare un ringraziamento, e con assieme la praticamente
certa consapevolezza che l’avrebbe persa.
«Lo è. Sul serio…» confermò con calma Zoal, annuendo appena e tornando a sorseggiare il suo liquore.
«E, oh, tu lo sai che lo è.»
Danny rimase per un altro poco in
silenzio, ma alla fine si arrese. Non ricordava l’ultima volta che qualcuno
degli ex ‘quattro di picche’ aveva rivolto un ringraziamento
ad un altro di loro, se mai era successo. Perlomeno, non un ringraziamento così
chiaro e a parole. Non ricordava da quando sapeva con la stessa certezza con
cui sentiva il cuore che gli batteva e il suo corpo muoversi assecondando il
modo in cui voleva farlo – e con altrettanta sconcertante, netta e assoluta
naturalezza scontata – che loro si sarebbero sempre aiutati tra loro in caso di
bisogno.
«Sì…» ammise infine con un sospiro arreso,
ma scuotendo comunque un poco la testa. «Dopotutto, forse è piuttosto sciocco.»
Zoal si limitò a sorridere
appena, gentilmente e con paziente approvazione, rivolta perlopiù al liquido
all’assenzio che aveva ripreso a far ondeggiare distrattamente dentro la tazza
che aveva in mano.
Danny fu colto da un altro pensiero, e di
nuovo corrugò la fronte riflessivamente. «Tu… sapevi…?» mormorò, incredulo e
sospettosamente, cercando invano di leggere eventuali reazioni sul viso di lei
totalmente quieto. «Quando sei comparsa nel mio sogno… ho sognato proprio Mara.
E non la sognavo da… da non ricordo nemmeno quanto. E non avevo mai sognato la
prima volta che l’avevo incontrata.»
Zoal rimase in
silenzio, limitandosi a guardarlo in ascolto, senza lasciare trapelare nulla
dalla sua controllata espressione attenta.
Danny lo prese come una possibile
conferma, o come semplicemente l’interesse di lei per quel ragionamento, e si
sforzò di portarlo avanti. «Come se mi volessi avvertire… no… come se mi
volessi dire qualcosa di utile per qualcosa che sarebbe successo… E siccome non
mi risulta di aver mai avuto doti di… preveggenza…»
Di nuovo, esitò, ma di nuovo Zoal si limitò a guardarlo in attesa, senza dire nulla.
Il sospetto inquieto si rafforzò in Danny.
«Zoal. Sta per succedere qualcos’altro.»
E lei distolse lo sguardo dopo qualche
istante, riabbassandolo sull’assenzio che tornò a sorseggiare. «Sta sempre per
succedere qualcos’altro…» mormorò, quasi distrattamente.
Danny strinse le labbra e si sporse un
poco di più verso di lei, quel tanto possibile senza rischiare di venire in
contatto con quella sorta di invisibile linea separatoria tra quelle che
sembravano due realtà diverse. «Sì, ma... qualcosa di... particolarmente
grave?»
Zoal rialzò lentamente
lo sguardo su di lui, e gli sorrise di nuovo, gentilmente e affettuosamente, ma
anche più di prima, la qual cosa preoccupò maggiormente Danny.
«C’è qualcosa nell’aria.» gli disse infine
«Ma, Danny… Sembra che tu non ricordi per nulla quello che potrei averti detto
una volta. Non esiste il futuro come qualcosa di già stabilito. Ogni cosa sia dietro
o davanti a noi nel tempo o nello spazio, non può che essere in qualche modo, e
in varia misura, storpiata dalla nostra capacità di ricordare, prevedere,
immaginare, interpretare e accettare. Tutto è ridipinto dalle nostre stesse
mani come se stessimo cercando di fare una copia da poter conservare e/o
mostrare, ma di fatto, abbiamo solo pennelli e colori, e la realtà contiene
sempre molte più e forse infinite altre sfumature. Ad ogni modo, è sempre stato
vero quello che ti ho detto fin dall’inizio. Non devi temere. Andrà tutto bene,
comunque…»
Danny deglutì. «Che cosa è nell’aria…?»
Zoal divenne di colpo
più seria, e lo fissò dritto nello sguardo. «Forse sentirai qualcosa, più
avanti, tu stesso. Ma non cercare di capirlo. Presto ci avremo a che fare.
Dopotutto…» e di nuovo tornò a sorridere gentilmente e con sentito affetto con
qualcosa di appena complice «Siamo sempre e comunque i ‘4 di picche’, noi.»
Danny rimase in silenzio per un poco,
quindi fece per dire qualcos’altro, quando di nuovo con la coda dell’occhio
notò un movimento dietro il bancone davanti a lui, e girando la testa di scatto
si trovò di fronte il proprietario del Bone’s che gli
porgeva la cornetta di un telefono che aveva portato fino a lì grazie ad un
filo eccezionalmente lungo.
Danny abbassò lo sguardo sulla cornetta
con aria confusa e incerta.
Dopo qualche istante, l’uomo si decise ad
esplicitare verbalmente con una sorta di grugnito sull’orlo della pazienza, e
assai significativo «È per te.»
Danny esitò, rivolgendo uno sguardo rapido
di sbieco a Zoal, la quale tuttavia era tornata a
sorseggiare tranquillamente il suo liquore all’assenzio guardando
distrattamente davanti a sé. «Credo che tu debba andare, ora…» osservò solo,
quietamente, senza guardarlo, ma sorridendo di nuovo un poco, affettuosamente.
Percependo la pazienza sempre più in
bilico del proprietario del Bone’s, Danny trattenne
la domanda che era sul punto di fare a Zoal a
proposito di che cosa volesse dire, e si affrettò piuttosto a rivolgergli un
accenno di sorriso tirato e a prendere in mano con precauzione la cornetta del
telefono. L’uomo emise un altro breve grugnito che sembrava una sorta di ‘alla
buon’ora’, e appoggiò pesantemente il telefono sul bancone, prima di
allontanarsi di nuovo.
Danny studiò la cornetta del telefono con
una sorta di esitante sospetto come se potesse esplodergli tra le mani da un
momento all’altro, poi se la avvicinò lentamente all’orecchio e tentò un
incerto «Pronto…?»
Tutto quello che udì dall’altra parte fu
un debole «Danny…»
Rimase di sasso, prima di esclamare «Kumals??»
Ma dall’altra parte la voce di Kumals disse solo, come se non stesse affatto parlando con
lui «Mi dispiace… sul serio…»
Danny corrugò la fronte perplesso. Non
ricordava di aver mai sentito Kumals dire qualcosa
del genere con tanta aperta sincerità. «Kumals? Ti
dispiace per… che cosa…?» domandò,
ancora più incerto, scoccando uno sguardo verso Zoal,
solo per trovare lo sgabello dove lei sedeva vuoto.
Voltò la testa, cercandola con lo sguardo,
ma senza trovarla in tutto l’ambiente del bar dell’altra realtà. Come se fosse
semplicemente andata via, o meglio, dal momento che lui avrebbe probabilmente
notato il movimento con la coda dell’occhio, anche se non ne era certo dal
momento che dopotutto si trattava di Zoal, come se
fosse semplicemente scomparsa.
E l’istante successivo Danny aprì gli occhi
e si ritrovò a fissare il soffitto di una stanza. Quando abbassò lo sguardo di
scatto, si ritrovò sdraiato in un letto, accanto al quale Kumals
sedeva in una poltrona e lo stava contemplando con non così minore sorpresa di
lui.
«Danny?» disse.
Lui si limitò a sbattere le palpebre più
volte, dubitando di dove fosse ora esattamente, se fosse un altro sogno o la
realtà o chissà che altro ancora, decisamente frastornato.
«Beh… ben svegliato.» sembrò riprendere la
sua consueta aria casualmente ironica Kumals,
osservandolo con qualcosa tra la curiosità e la relativa preoccupazione
incuriosita. Poi si fermò e sembrò venir colto da un dubbio. «Aspetta un
momento… da quanto sei sveglio esattamente?» gli domandò, inarcando un
sopracciglio con un che di sospettoso.
Soundtrack:
Catch
my fall (Billy Idol)
Probabile
disclaimer: il titolo mi è stato probabilmente ispirato (anche se l’ho
modificato) da un verso della canzone ‘Mysterious ways’
degli U2 (che non ascolto da così tanti anni che nemmeno me la ricordo).
Note
dello scribacchiatore: ho l’impressione
che questo capitolo mi abbia richiesto ere geologiche o giù di lì. Prima di ottenerne
qualcosa che mi soddisfa abbastanza. Ma avevo buttato giù appunti prima, poi l’ho
scritto interamente, poi riletto e risistemato più di una volta. Quindi, alla
fine, chissà che ne è saltato fuori alla lettura, davvero! ;p
Spero giusto sia leggibile, toh.