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Autore: EstherLeon    15/10/2018    2 recensioni
Nuova Generazione.

Hogwarts è tornata definitivamente ad essere il luogo più sicuro del mondo magico, ma ci sono problemi dai quali neanche il Castello può salvarti se si è adolescenti. 
Così accadrà per la determinata Rose Weasley, costretta a dover sopportare il ragazzo che dal nulla si ritroverà sulla sua strada: Scorpius Malfoy. E non ci si può certo dimenticare di Roxanne Weasley, pronta a dover fare i conti con ciò che realmente significa per lei l’amicizia secolare condivisa con Lysander Scamander; di un Fred Weasley degno erede di suo padre, impegnato a sfuggire dall’incorruttibile Caposcuola Eleanor Wells; della radiosa Dominique Weasley, giudicata da tutti troppo libera di spirito, ma non dal misterioso Jonathan Steel; del combattivo Albus Potter, che lentamente dovrà scoprire Lorcan Scamander; di James Potter, soffocato da responsabilità che solo l’indipendente Evie Jordan riuscirà ad alleviare; e della dolcissima Lucy Weasley, improvvisamente travolta dall'uragano Charlie Chang.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Fred Weasley Jr, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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IV. Galeotto fu il tema da consegnare!
 

La Sala Comune di Grifondoro era sempre stata fin troppo rossa e oro per i gusti di Lysander Scamander.
Ovunque poggiasse gli occhi, non vi era un drappo, un arazzo o un divano che non fosse di quei colori. Perfino il fuoco sempre acceso nel grande camino centrale era decisamente troppo rosso; ma il fuoco di solito non aveva anche sfumature blu?

Certo, non avrebbe potuto negare che l’ambiente, meno arioso rispetto a quello della Sala Comune di Corvonero, gli provocasse un enorme senso di accoglienza; e molto probabilmente era per questo motivo che negli ultimi sei anni che lo avevano visto a Hogwarts non si era mai opposto alle richieste - o meglio, agli ordini - di Roxanne di ritrovarsi proprio lì.

Tuttavia Lysander non era uno provveduto; sapeva benissimo che quando Roxanne lo invitava a studiare o a fare i compiti nella propria Sala Comune ciò significava un’unica cosa: sentirla blaterare mentre lui, forgiato da anni di abitudine, si sforzava ad adempiere ai propri impegni scolastici.
« Dì la verità! Sono stata adottata!»
« Perché mamma e papà avrebbero dovuto adottare proprio te? Lo sai che ci sono bambini più intelligenti di te là fuori, vero?»
Lysander continuò imperterrito a tenere lo sguardo puntato sulla pergamena sulla quale, da oramai venti minuti buoni, stava tentando di scrivere il tema di Pozioni.
Riuscì a percepire dal timbro di voce di Fred Weasley, che al momento stava rispondendo a tono alla propria sorella, il sorriso sfacciato che doveva avere stampato in viso.
Non ebbe dubbi riguardo il broncio che invece con ogni probabilità faceva capolino sul volto tondo di Roxanne.
« Oh, ma cosa dici? Io sono intelligentissima!» Sentì lagnarsi l’amica. « Lys, diglielo che sono perfino più intelligente di te!»
Come spesso accadeva, Lysander seppe che quel pacifico momento dove poteva fare finta che le conversazioni tra Fred e Roxanne non stessero avendo luogo era definitivamente finito.
Alzò gli occhi azzurri e li puntò in quelli scuri della Grifondoro, scrutandone l’espressione seriosa; gli venne spontaneo lasciarsi sfuggire una breve risata: nonostante gli anni passati insieme, ancora non riusciva a capacitarsi di come potesse sempre sembrare tanto convinta delle proprie frasi sconclusionate.
« Non mettermi in mezzo.» Replicò il Corvonero, riservando uno sguardo di ammonizione prima a Roxanne e poi a Fred, giusto per evitare che venisse nuovamente chiamato in causa anche dall’altro erede di George Weasley.
« Non so proprio come faccia Lysander a sopportarti!»
« Beh, questo perché lui è il mio schiavo, deve fare tutto quello che gli dico!»
Lysander non poté fare altro che alzare vistosamente entrambi i sopraccigli, causando l’immediata risata isterica di Fred.
« Roxanne, non dire idioz– »
« Taci, mio schiavo.» Si premurò immediatamente Roxanne di far tacere Lysander, posizionandogli con modo molto indelicato un palmo della mano contro la bocca.
Il Corvonero scosse il capo sconsolato: ne aveva viste e sentite davvero troppe per avere anche solo custodita in corpo un briciolo di voglia di ribattere.

Improvvisamente, l’attenzione di Fred - che fino a quel momento aveva osservato la sorella interagire con l’amico come se fossero stati lo spettacolo più intrattenente del mondo - andò a puntarsi sulla porta della Sala Comune, dove una ragazza dai capelli corvini aveva appena fatto il proprio ingresso.
« Beh, amici miei, è stato un piacere, ma devo proprio scappare!» Disse quasi urlando, alzandosi in uno scatto dal posto e correndo verso la nuova arrivata.
Roxanne seguì con gli occhi i movimenti del fratello e, notato il nuovo oggetto del suo desiderio, non poté fare altro che scoppiare a ridere.
D’altra parte Lysander non si degnò nemmeno di spostare lo sguardo dal tavolo in cui era seduto; era certo che nel giro di un paio di giorni Fred Weasley sarebbe passato oltre con una nuova fortunatissima ragazza.
« Fratellone, ricorda le precauzioni! Non voglio diventare zia così giovane!» Gridò nuovamente la Grifondoro e, a quelle parole che di certo non potevano non destare curiosità, l’intero gruppo dei presenti si voltò a guardarla.
Roxanne si limitò a stringersi nelle spalle, non era certo la prima volta che si trovava ad essere al centro degli sguardi di tutti per qualcosa che aveva - urlato - detto.
Prima di allontanarsi definitamente con la fiamma del momento dai capelli corvini, Fred si voltò per qualche secondo per fare un occhiolino veloce alla sorella.
Nonostante di lui si dicesse di tutto e di più in giro per Hogwarts, Fred Weasley sapeva che avrebbe potuto contare su Roxanne per qualsiasi cosa: da parte sua, non avrebbe mai e poi mai ricevuto alcun giudizio.

Quando furono nuovamente soli, Lysander non perse tempo ulteriore; tornò a stringere con forza la piuma intinta di inchiostro e a rielaborare gli appunti scribacchiati che teneva vicini alla pergamena.
« Comunque sono davvero gelosa di Fred.» Diede voce ai propri pensieri la Grifondoro.
« Vorresti uscire con tutte le ragazze del Mondo Magico?»
« Beh, perché no? Sarei un’ottima amica e ci divertiremmo un sacco e– no, ehi! Non era questo il punto!»
Il Corvonero le lanciò uno sguardo di curiosità, incoraggiandola a proseguire.
« Il punto è che Fred è così… appagato! E io sono così frustrata, capisci!?»
« Se stai per parlare di ciò che credo, giuro che mi taglio le orecchie in questo preciso instante!»
Mise le mani avanti Lysander, già configurando dentro la propria mente il tipo di conversazione scomoda verso la quale l’amica stava vertendo.
Non che provasse imbarazzo quando si trattava di questioni intime e private - d’altronde con Roxanne la soglia dell’inibizione era stata superata molti anni addietro - ma per Lysander certi tipi di argomenti non erano nemmeno astrattamente da considerarsi come temi di conversazioni adatti a Roxanne Weasley.
Conoscendola, sarebbe stata in grado di travisare anche solo una sillaba di una frase e trasformarne completamente il significato.
« Dai, Lys! Dimmi il tuo segreto!» Cominciò a fare gli occhi dolci Roxanne e Lysander seppe immediatamente che fosse arrivato anche il momento delle sue tipiche reazioni teatrali.
« Non ho nessun segreto.»
« Come fai ad essere così tranquillo? Tu sei praticamente asessuato!»
Il Corvonero dovette fare appello a tutte le sue forze per non rovesciare il tavolo; aggrottò vistosamente la fronte, riservandole un’occhiata allucinata.
Qua sotto è tutto a posto e funziona benissimo, grazie mille!
Avrebbe voluto risponderle in prima battuta, magari anche puntualizzando sul fatto che avesse usato il termine sbagliato; ma Lysander non fece niente di tutto ciò, si limitò solamente a qualche breve parola.
« Non sono asessuato, e neanche asessuale se è per questo.»
« Fa lo stesso, che precisino che sei!» Ribatté con voce lamentosa Roxanne, muovendo esagitatamente una mano davanti al volto dell’amico.
La Grifondoro ebbe la brillante intuizione di tacere - per quanto le fosse stato possibile per indole, naturalmente. In ogni caso, anche solo un paio di minuti di silenzio, alle orecchie di Lysander furono percepiti come ore di pace.
E proprio come un orologio svizzero, allo scadere di cinque minuti, la bocca di Roxanne tornò nuovamente ad aprirsi, solamente per essere costretta a richiudersi l’attimo dopo quando Lysander la precedette.
« Rox, ti conviene studiare veramente.» Il Corvonero sapeva benissimo di risultare saccente e borioso ogni volta che ricordava all’amica di concentrarsi sui libri, ma non vi era molto altro che avrebbe potuto fare: il giorno dopo avrebbero dovuto consegnare il famoso tema di Pozioni e chiaramente Roxanne aveva ben pensato di aspettare l’ultimo giorno per cominciarlo.
« Non ha senso tanto ho il Troll fisso in Pozioni!» Rispose con rassegnazione, poggiando un gomito sul tavolo per poi prendersi il lato del viso con una mano.
« Forse dovrei smettere di studiare e trovarmi un marito ricco, che dici?»
Lysander non si scompose minimamente, alzò semplicemente le spalle per parlare con ovvietà.
« Certo, e chi sarebbe così folle da sposare proprio te?»
« Forse potresti farlo tu… »
« Zitta.» Chiuse duramente il discorso Lysander e Roxanne non poté fare altro che scoppiare a ridere divertita: amava punzecchiare l’amico, ma amava ancora di più vedere espresso negli occhi del Corvonero la stessa sensazione di familiarità che provava anche lei ogni volta che si ritrovavano a battibeccare.

 

*

La Biblioteca, dacché ricordava di averci messo piede sei anni prima, non era mai particolarmente piaciuta a Rose Weasley.
Da sempre aveva creduto che fosse troppo buia e gremita di libri per essere collocata su due piani; come minimo avrebbe dovuto aver maggior spazio per passare attraverso gli scaffali e non venire schiacciata ogni volta contro a un mucchio di libri polverosi perché un paio di studenti del secondo anno non erano in grado di camminare in fila indiana!

Fu così che Rose si ritrovò quel primo pomeriggio di fine settembre a tenere il naso fisso contro gli scaffali, onde evitare di lanciare qualche fattura contro studenti distratti e poco attenti ai propri passi.
Fece scorrere l’indice contro le copertine dei libri, in attesa che gli occhi azzurri si posassero sul titolo che stava cercando.
Certo, le sarebbe stato molto più comodo mandare un gufo a sua madre e farsi arrivare nel giro di due giorni pacchi spropositati di tomi di approfondimento, ma perché avrebbe dovuto scomodare la grandissima Hermione Granger per uno stupidissimo compito sulla caccia alle streghe Babbana?
Dal momento che avrebbe dovuto avere a che fare con un semplice compito di Storia della Magia, la Biblioteca di Hogwarts - per quanto buia e desolata - se la sarebbe dovuta fare bastare.

« Non ti facevo una fan di Storia della Magia, di solito dormi sempre in classe.»
Come mossa da un istinto di sopravvivenza - chi mai osava disturbarla nel pieno di una attività che stava facendo perfino controvoglia!? - Rose si voltò di scatto in direzione del ragazzo che le aveva appena rivolto la parola.
Appena riconobbe il viso di Scorpius Malfoy, ebbe un attimo di stupore: perché mai un Serpeverde con il quale non aveva mai parlato granché ora le rivolgeva la parola addirittura due volte nel giro di una settimana?
« Perché? Tu non li fai i compiti?» Rispose polemica la Grifondoro, sentendo il bisogno di giustificare la propria presenza in quella Biblioteca quasi fosse stata la macchia più grande nella sua esistenza.
Il Serpeverde alzò una spalla, alludendo al fatto che le parole di Rose non facevano una piega; si stampò in viso un sorriso nervoso, era arrivato il momento di tirare fuori tutte le sue carte e dimostrare ai propri amici che nessuna sfida era per lui impossibile.
« Dico solo che è una sorpresa trovarti qui, tutta sola.» Disse in tono leggermente lascivo Scorpius e optò per appoggiare un fianco contro lo scaffale, assumendo una posa volutamente autorevole.
« La prossima volta organizzo un gruppo di amici che mi accompagni, tranquillo!» Gli riservò un sorriso vistosamente finto Rose, tornando l’attimo dopo a puntare nuovamente gli occhi sui libri polverosi.
Scorpius, nonostante la consapevolezza che non fosse riuscito nemmeno a fare una minima crepa nel muro della Grifondoro, non poté fare a meno che farsi spuntare un sorriso obliquo; forse aveva ragione Jonathan e le risposte che la ragazza era in grado di dare potevano davvero divertire.

« Non è facile avere una conversazione con te, eh?» Decise di dare libero sfogo ai propri pensieri; forse, quest’ultima tattica avrebbe funzionato.
Si puntellò i pugni dentro le tasche dei pantaloni, in attesa che Rose si voltasse di nuovo per degnarlo della sua attenzione.
La vide inspirare profondamente, quasi stesse recitando chissà quale mantra nel proprio cervello per non scoppiare da un momento all’altro.
E probabilmente Scorpius Malfoy fu benedetto da Salazar in persona, perché se avesse fatto uscire la risata che prepotentemente le era salita alla vista di quella scena - una Grifondoro che non raggiungeva neanche il metro e settanta e sul punto di implodere - sarebbe sicuramente andato incontro alla sua morte in quel preciso istante.
« Dipende con chi sto parlando.» Replicò con evidente fastidio Rose.
Possibile che una ragazza non avesse neanche più diritto di annoiarsi a fare i compiti senza che un maschio qualsiasi venisse ad infastidirla per un paio di inutili chiacchiere!?
Il Serpeverde continuò imperterrito a sorridere, d’altronde non poteva non ammettere che le risposte della ragazza fossero alquanto originali.
« Ecco, ci risiamo! Perché provare ad avere una conversazione con te quando posso ricevere in cambio un odio così amorevole?» Disse volutamente ironico Scorpius e Rose, che mai fino a quel momento aveva conosciuto quel lato del ragazzo, dovette ammettere nel profondo di essere rimasta colpita: quelle parole sarebbero potute benissimo uscire dalle sue stesse labbra.
Ma il secondo dopo era tornata ad essere se stessa e, notati gli occhi grigi di lui che brillavano per chissà quale euforia, non poté fare a meno che alzare al cielo i suoi.
« Beh, tu cosa ci fai in Biblioteca?» Chiese la Grifondoro, ma entrambi seppero che ricevere una risposta non le avrebbe potuto importare di meno. E ciò fu testimoniato dal tono nuovamente aggressivo, pronta a far intendere al suo interlocutore che avrebbe dimostrato quanto fosse infastidita dalla sua presenza fino alla fine.
« Ehm…» Scorpius non si fece trovare impreparato. Dal momento che non avrebbe mai potuto dire la verità - ehi, sì, devo provarci con te per far andare tuo cugino a una stupida festa - optò per l’improvvisazione: prese un libro a caso tra quelli posti di fronte alla testa di Rose e lo mostrò vittoriosamente scuotendolo in aria. « Sto leggendo questo capolavoro, non si vede?»
Poi ebbe la brillante idea di leggerne il titolo, pronunciando le parole con un senso di fierezza che andò drasticamente a calare quando si rese conto di che libro avesse appena tirato fuori.
« ‘Cento storie segrete d’amore per giovani streghe romantiche’… sì, proprio questo.»
Letto il titolo, Scorpius non poté che strizzare gli occhi dall’imbarazzo: ma il Destino proprio non voleva accorrere in suo aiuto?
« Beh, un libro che ti si addice, Malfoy.»
« Già.» Disse infine con la desolazione che faceva da padrona nel tono di voce, conscio che anche per questa volta la missione Rose Weasley era andata rovinosamente in frantumi.
La Grifondoro non lo degnò più neanche di uno sguardo e, dopo aver preso un paio di tomi dallo scaffale ed esserseli assicurati sotto a un braccio, prese a camminare in direzione del bancone di Madama Pince.
Scorpius non dovette neanche alzare lo sguardo per sapere dove fosse diretta, oramai sapeva che se l’avesse seguita o meno a Rose Weasley sarebbe importato meno di zero.

 

*

Albus Severus Potter poté giurare di non aver mai visto il suo migliore amico tanto in difficoltà come in quel momento.
Dovette metterci tutto l’impegno che avesse in corpo per non scoppiare fragorosamente a ridere lì, nel bel mezzo della Biblioteca di Hogwarts, mentre osservava da dietro uno scaffale Scorpius parlare con Rose - o, per essere più precisi, di tentare di parlare.
Seppe immediatamente che sua cugina con ogni probabilità gli stava facendo patire le pene dell’inferno; era chiaro dal modo in cui non lo degnava di uno sguardo, dal modo in cui il viso del Serpeverde si accigliava ogni volta che non riceveva la reazione che si aspettava alle sue parole.
Albus scosse le testa sconsolato; non vi era molto che avrebbe potuto fare per Scorpius quel giorno, avrebbe solamente riso di lui da lontano e magari gli avrebbe riservato anche qualche battuta canzonatoria quando si sarebbero ritrovati a cena.
Per ora, guardare sua cugina Rose correre via da Scorpius a gambe levate gli sarebbe bastato, si era già divertito abbastanza sulla pelle dell’amico.

Si voltò lasciandosi la triste figura di Scorpius alla spalle, volgendo lo sguardo verso il lato più remoto della Biblioteca.
Mosse qualche passo incerto, alla ricerca di qualcosa da fare o anche solo di qualcuno da importunare; non sarebbe stata la prima volta che Albus si intratteneva in chiacchiere vane semplicemente per il gusto di superare la noia.
Superò un paio di tavoli, seduti ai quali una manciata di studenti sembrava indaffarata a preparare chissà quale tema di chissà quale materia; evidentemente i professori si erano premurati di assegnare tutti i compiti quella settimana - pensò il ragazzo sorridendo tra sé e sé.
Presto le proprie gambe lo portarono verso una nuova sezione della Biblioteca, dove altri innumerevoli e immensi scaffali polverosi diventavano gli unici protagonisti dello scenario che si ritrovò davanti agli occhi.

Eppure, nonostante la prospettiva di incontrare in Biblioteca unicamente essere inanimati fatti di pagine di pergamena, presto l’attenzione di Albus fu catturata da una figura già a lui nota.
Lorcan Scamander se ne stava di fatti in piedi davanti a uno scaffale del reparto sulle curiosità Babbane, mentre con gli occhi stretti in una fessura scrutava insistentemente i diversi libri.
Non nel modo col quale aveva fatto precedentemente Rose, poggiando le dita prepotentemente su ogni copertina sulla quale fosse riuscita a metter mano, no, Lorcan osservava e leggeva i titoli con un muto rispetto, con un certo luccichio negli occhi che tanto sapeva di devozione e che lasciava intendere che i libri, per lui, non erano solamente pile di pagine, ma i suoi più compagni più grandi.

Albus gli si avvicinò con cautela, ricordando di come solamente pochi giorni prima aveva invece scelto di osservarlo da lontano.
Gli si posizionò accanto, cominciando a scrutare anche lui i libri che avevano davanti; si rese conto che Lorcan non si mosse di un millimetro e che probabilmente non si fosse nemmeno accorto del suo arrivo.
« Prova con questo, è l’unico scritto da un Nato Babbano.» Esordì Albus, puntando l’indice contro uno dei volumi che Lorcan stava fissando.
Il Serpeverde riconobbe subito di che libro si trattasse, ricordava ancora di quando l’aveva scoperto un paio di anni prima, proprio nello stesso reparto e scaffale in cui si trovava ora.
Non sapeva che significato avrebbe potuto avere quel libro per Lorcan Scamander, ma sapeva bene che cosa aveva significato per lui: in poche e brevi pagine, era venuto a conoscenza di quelle che erano state le lotte che i Babbani amavano chiamare ‘per la rivendicazione dei diritti’.
Un concetto così elementare - rivendicare ciò che si dovrebbe avere per diritto -  un concetto così semplice e del quale nel corso della sua vita nel Mondo Magico non aveva mai sentito parlare.
Non perché i maghi non avessero problemi intrinsechi della natura umana, semplicemente nel Mondo Magico vi erano tutt’altri problemi.
Ma quando sei un adolescente alla ricerca di te stesso, non è forse la scoperta di ciò che è connaturato nell’uomo che vai cercando?
Di certo questo era ciò di cui Albus era sempre stato convinto.

« Ehm… grazie.» Sibilò solamente Lorcan e il Serpeverde non poté fare a meno di chiedersi perché non sembrasse minimamente stupito della sua presenza.
Se solo due anni prima un ragazzo gli avesse consigliato quel tipo di lettura, Albus si sarebbe di certo domandato se sul suo volto fosse stato chiaro quanto si sentisse perso dentro di sé.
Sul viso di Lorcan però non vi era nulla di espresso.
« Sai, se ti interessano davvero questi argomenti dovresti chiedere ad un Nato Babbano, la nostra scuola è piena.» Sentì di dover continuare a parlare il Serpeverde, scrollando le spalle nel mentre; non avrebbe saputo spiegarsi il perché, ma sentiva di dover dare la parvenza di indifferenza.
Il che non aveva alcun senso, dato che davanti a sé vi era un ragazzo con cui era cresciuto assieme - nonostante avessero preso strade diverse nel corso degli anni -  e non un completo sconosciuto: l’autoconservazione non aveva motivo di essere.
« Preferisco i libri, grazie.» La voce del Corvonero uscì nitida e perentoria e Albus non poté fare a meno di notare quanto quel suono così tagliente discordasse con i tratti rilassati del viso.
Lorcan ora lo guardava con serenità, ma con una punta di freddezza nello sguardo, quasi non vedesse a fondo la persona che aveva davanti a sé; probabilmente avrebbe riservato un’espressione diversa se avesse avuto quello scambio di battute con un essere inanimato, magari un libro.
Albus alzò vistosamente un sopracciglio, sorpreso che una reazione del genere potesse provenire da un ragazzo che per tanti anni aveva pensato essersi rovinato dalla propria timidezza.
« Beh, mio padre ha vissuto come un Babbano per un bel po’, magari potrei dirti qualcosa io– »
« Come ho detto, preferisco i libri, ma grazie lo stesso!» Si sforzò di risultare più gentile il Corvonero, mentre allungava un braccio per prendere il libro che poco prima Albus gli aveva consigliato e assicurarselo tra le mani.
Non diede nemmeno il tempo al Serpeverde di riservargli una parola di saluto, né tantomeno se la sarebbe aspettata; d’altronde, non erano tante le persone che si degnavano di salutarlo ogni volta che lo vedevano entrare o uscire da una stanza.

Lorcan si allontanò il più velocemente possibile da quel reparto della Biblioteca che aveva agognato per tutta l’estate e che tanto aveva sperato di trovare vuoto; ma soprattutto seppe che se ora le gambe avevano smesso di camminare per passare quasi ad una corsa era perché, tra tutte le persone che avrebbero potuto scovarlo ad interessarsi di certi argomenti, era stato colto con le mani nel sacco proprio da Albus Severus Potter.
Lo stesso ragazzo che aveva osservato due anni prima nascondersi in quello stesso reparto della Biblioteca alla ricerca degli stessi libri, lo stesso ragazzo che ora non aveva alcun problema a parlare di sé e delle proprie intimità, lo stesso ragazzo che rappresentava ciò che vi era di più distante da lui.
Varcò con urgenza la porta della Biblioteca non curandosi di scontrarsi con chi gli venisse incontro, deciso più che mai a rinchiudersi nella sua altissima e distantissima Torre di Corvonero: avrebbe avuto con sé la compagnia di nuovi interessantissimi libri.

*

Vi era un fatto noto a tutti a Hogwarts, ma del quale nessuno mai proferiva parola.
Chiunque passasse davanti alla Sala Grande tra le quattro e le sei del venerdì pomeriggio, aveva l’accortezza di non varcare il pesante portone; se lo avesse fatto, avrebbe avuto davanti a sé due scenari possibili: venire malmenato dal professor Filius Flitwick, oppure essere costretto con la forza dallo stesso a cantare nel coro della scuola.

Di fatti, per quelle uniche due ore a settimana, la Sala Grande diveniva esclusivo territorio del Capo della Casa di Corvonero.
Inutile dire che il corpo studentesco non morisse dalla voglia di cantare canoni in latino e di esibirsi ad ogni evento scolastico per farsi prontamente prendere in giro, perciò la Sala Grande il venerdì pomeriggio tendeva verso la desolazione più totale.
Eppure vi era un particolare gruppetto di coraggiosi studenti che al Quidditch preferiva di gran lunga l’esercizio delle corde vocali e al quale di venire derisi dai propri coetanei non importava minimamente.

Tra le file del coro, spiccava di gran lunga la matassa di capelli ricci e biondi di Dominique Weasley, che proprio quel particolare venerdì sembrava essere più raggiante del solito: da quando era entrata in Sala Grande non aveva smesso di sorridere neanche per un secondo, nemmeno quando il professor Flitwick li aveva obbligati a cantare delle noiosissime scale per un’interminabile mezz’ora.
Ma se ci si fosse soffermati sulla direzione in cui lo sguardo della Tassorosso si era fermato per tutta la durata della prova del coro, ci si sarebbe certamente accorti di come non si fosse mai mosso dalla figura del nuovo arrivato, che - ironia della sorte - era proprio lo stesso ragazzo con il quale ricordava di aver avuto una conversazione alquanto particolare solamente qualche giorno prima.

Dominique era a conoscenza di come Jonathan Steel venisse definitivo da tutti la nuova stella emergente del Quidditch, di come era destinato a diventare un giocatore di enorme successo e di quanto Hogwarts ne andasse fiera, e allora perché proprio lo stesso Jonathan si trovava ora nascosto dietro altri due studenti nell’ultima fila del coro a intonare stupidi esercizi vocali?
Dalla posizione in cui si trovava, esattamente opposta rispetto a lui - i soprani a destra e i bassi a sinistra, ricordate, ragazzi, i veri cori sono composti così! - Dominique poteva osservarne ogni minimo movimento: dal modo in cui la fronte si aggrottava ogni volta che bisognava eseguire un esercizio di cui non avesse la benché minima conoscenza, a quello in cui contorceva le labbra quando evidentemente emetteva suoni del tutto fuori tono.
Per più volte la Tassorosso dovette sforzarsi a non far uscire delle risate tra le note che stava emettendo; se mai le fosse stato riferito, non avrebbe mai creduto a quanto la visione di Jonathan Steel forzato a rimanere composto a cantare l’avrebbe divertita.

« Bene, ottimo lavoro per oggi! Siete arrugginiti dall’estate, si sente chiaramente, ma confido che grazie anche ai nuovi componenti saremo in grado di fare grandi cose!» Dichiarò con grande entusiasmo il professor Flitwick, scendendo con un balzo dal piedistallo dal quale dirigeva il coro. Passò in rassegna gli occhietti vispi sul viso di ciascuno studente, non mancando di riservare sorrisi di incoraggiamento e, soprattutto, fu evidente il modo in cui si soffermò sul viso di Jonathan Steel per riservargli un sorriso vistosamente più allargato.
E non aveva reagito da meno neanche due ore prima, quando il Serpeverde aveva fatto il suo plateale ingresso in Sala Grande per chiedere con voce flebile se c’era un posto vacante nel coro: se il resto degli studenti aveva boccheggiato incredulo alla vista di uno degli studenti più popolari che chiedeva di unirsi a loro, il professore si era limitato ad accoglierlo con un semplice e cordiale sorriso, prima di ribattere con un perentorio ‘più siamo meglio è!’.

Le parole di Flitwick diedero il chiaro segnale che la lezione fosse finalmente finita e presto gli studenti abbandonarono le proprie stoiche posizioni nel coro per spargersi lungo i tavoli della Sala, chi per scambiarsi qualche chiacchiera, chi già in procinto di pregustarsi la cena.
Dominique non si fece sfuggire l’occasione e decise di dare libero sfogo alle proprie curiosità; si liberò in fretta di un povero Corvonero che aveva cercato di intavolare una conversazione con lei - non era di certo un segreto che l’aspetto della Tassorosso attraesse il genere maschile, come non lo era d’altronde il fatto che a lei non importasse minimamente - e raggiunse con passo frettoloso Jonathan Steel, intento a maneggiare con il proprio borsone al tavolo di Serpeverde.
Dominique notò immediatamente che il contenuto del borsone non era propriamente composto da libri e pergamene: quello era a tutti gli effetti un borsone da Quidditch, con l’intera attrezzatura compresa. Si chiese se non fosse venuto direttamente dagli allenamenti e soprattutto se la sua squadra fosse a conoscenza del suo nuovo hobby.

« E così ti piace la musica, Jonathan Steel.» Gli disse con tranquillità, sedendosi sulla superficie del tavolo e poggiando i piedi sulla panca adibita a seduta.
Jonathan, una volta accortosi di chi gli avesse appena rivolto la parola, smise all’istante di maneggiare con la borsa e la fece cadere in malo modo sul tavolo; Dominique si ritrovò nuovamente a dover reprimere una risata.
Il Serpeverde si schiarì la gola con un finto colpo di tosse, nel tentativo di darsi un contegno; non poteva di certo dare a vedere segnali di debolezza, soprattutto se davanti a sé vi era una bella ragazza.
« Beh, a tutti piace la musica. Solo ai sociopatici non piace!» Jonathan alzò le spalle, palesando l’ovvietà di ciò che aveva appena detto e, come si era aspettato che facesse, ben presto la Tassorosso gli scoppiò a ridere in faccia. Non seppe dirsi se la ragazza stesse ridendo per la sua, per quanto banale, battuta o se stesse ridendo direttamente di lui, ma non si fece troppe domande, non se la risata di Dominique aveva un suono tanto piacevole.
« Non tutti passano l’audizione di Flitwick però!» Riuscì a dire lei una volta che le risate scemarono.
« Si vede che riesco davvero ad ammaliare chiunque!» Ribatté Jonathan senza pensarci, lanciandole un veloce occhiolino; Dominique sbuffò sonoramente, scuotendo lievemente il capo.
Non seppe spiegarsi perché poco prima aveva sentito il bisogno di parlargli, ma realizzò che la curiosità per questo ragazzo raggiungeva le stelle; lo stesso ragazzo che, nonostante dovesse correre agli allenamenti di Quidditch - e questo lei lo sapeva bene - si era fermato a parlarle, lo stesso ragazzo che spesso la osservava da lontano, convinto che lei non se ne accorgesse.
Ma ora questo stesso ragazzo era entrato a far parte del suo personalissimo mondo e lei non avrebbe potuto fare il nome di un altro ragazzo che fosse più distante da ciò che era lei e ciò che rappresentava: anche se avesse voluto, Dominique Weasley non avrebbe perciò potuto essere più curiosa riguardo a Jonathan Steel.
« Certo, sicuramente, è andata così. Lo hai fatto cadere ai tuoi piedi!» Lo canzonò allora lei, annuendo con convinzione.
Jonathan poggiò un palmo della mano sulla superficie del tavolo, spostando il peso del corpo su di esso e terminando inevitabilmente per torreggiare sulla figura della ragazza. Reagì alle parole di lei facendosi spuntare un sorriso obliquo, incassando il colpo della beffa.
Non erano molte le persone, ad eccezione dei suoi due migliori amici, che si permettevano di prenderlo in giro: tutti lo trattavano sempre con un muto rispetto, quasi come se Jonathan-giocatore-di-Quidditch venisse prima di Jonathan-persona.
E soprattutto, nessuna persona di genere femminile lo aveva mai trattato così, ridendo di gusto ad ogni sua frase e non prendendolo mai sul serio, e questo a Jonathan Steel non era passato inosservato: Dominique Weasley non era come nessuna della ragazza con le quali aveva avuto a che fare.
« Dubiti delle mie capacità naturali?»
« Oh, certo che no, Jonathan Steel! Non ho dubbi che il mondo giri sempre dalla tua parte!» Concluse Dominique, scendendo con un balzo dal tavolo su cui era seduta e piazzandosi di fronte a lui.
Jonathan non riuscì ad interpretare il tono della voce di lei, se lo stesse continuando a prendere in giro o se credesse fermamente a ciò che aveva appena detto; l’unica cosa di cui fu certo fu il velo di malinconia che la voce di lei nascose.
Notò che la Tassorosso gli riservò un ultimo gesto, una indecifrabile pacca su un braccio, prima di spostare l’attenzione su qualcosa che doveva trovarsi alle sue spalle.
« Ciao, Alby, sei bellissimo come sempre!» La sentì dire e, quando si voltò per guardarla, i suoi dubbi furono confermati: Albus li aveva appena raggiunti e ora li stava osservando con innato interesse: non era certo cosa di tutti giorni vedere sua cugina Dominique avere una conversazione normale con un ragazzo e per di più con uno dei suoi migliori amici.
La suddetta Dominique non indugiò oltre né tantomeno attese la risposta del cugino; fece un cenno col capo in segno di saluto a Jonathan e si incamminò prontamente in direzione del Tavolo di Tassorosso, dove già un paio di compagni di Casa la stava aspettando.
Jonathan non mancò di notare come la ragazza non si voltò a guardarli nemmeno una volta, quasi si fosse già dimenticata di aver avuto una conversazione con lui fino a quel momento.
Forse rimase a fissare la schiena della Tassorosso allontanarsi più del dovuto, perché presto fu riportato alla realtà da una gomitata di Albus; quando si voltò a guardarlo e lo vide fissarlo con un sopracciglio inarcato, decise di prendere parola per primo.
« Alby? È il soprannome più brutto che abbia mai sentito.» Albus alzò gli occhi al cielo, infastidito dal fatto che il soprannome con cui lo chiamavano i membri della sua famiglia fosse venuto a conoscenza dell’amico.
« Beh? Cosa ci facevi in Sala Grande così presto? Se non ti conoscessi penserei che eri con quegli sfigati del coro!» Lo incalzò Albus, fissando gli occhi verdi scrutatori in quelli blu intenso di Jonathan.
Quest’ultimo si ritrovò figuratamente con le spalle al muro: fin da quando aveva deciso di unirsi al coro aveva avuto l’intenzione di dire tutto ai suoi migliori amici, ma ora, dopo le parole di Albus, il discorso che si era preparato gli morì in gola.
Cosa avrebbe dovuto dire esattamente? Sì, ero con loro e ora sono uno sfigato anche io?
Gli saltò improvvisamente in testa l’immagine di Scorpius che gli scoppiava a ridere in faccia e che gli diceva che un giocatore di Quidditch non avrebbe mai potuto perdere tempo con scemenze come il coro della scuola; i giocatori importanti come lui, con un futuro florido davanti a sé, non potevano pensare ad altro se non al Quidditch.
Fu con questi pensieri in testa che gli venne d’istinto di mentire: si sforzò di fare una finta risata in risposta alle parole di Albus, prima di aprire bocca e dare una voce alla bugia che il suo cervello aveva appena creato.
« Coro? Sei pazzo? Gli allenamenti oggi mi hanno distrutto, semplicemente non vedo l’ora di mangiare!»
Albus non dubitò neanche di una sillaba, alzò le spalle e dimenticò presto la questione.
Jonathan rimase fermo in piedi mentre l’amico si sedette compostamente al tavolo, e non poté fare a meno di voltarsi in direzione del tavolo di Tassorosso per posare gli occhi su una particolare testa bionda; si domandò come facesse Dominique a sembrare sempre così rilassata, come se le questioni del mondo non la toccassero nemmeno.
Sospirò profondamente prima di sedersi nel posto di fronte ad Albus; poco male, avrebbe avuto tutti i venerdì dell’anno per scoprire il segreto di Dominique Weasley e imparare da lei.



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Un grazie enorme per aver letto questi primi capitoli!
Ora che avete familiarizzato con i personaggi, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Insomma, chi è il vostro preferito e chi non vedete l'ora di rivedere (o meglio, rileggere)?
E sopratutto, se avete letto Anything You Synthetize, cosa ne pensate di questi cambi di personalità e dei nuovi personaggi?
Fatemi sapere, mi raccomando, e alla prossima ;)

  
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