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Autore: bluepetrol    17/10/2018    1 recensioni
Il sesto anno di Hermione non sta andando come previsto. Braccata dai Mangiamorte, assistiti dal Ministero, sorvegliata dall'Ordine e con la metà dei suoi amici che cercano di infilarla in un corpetto solo per farglielo strappare dal suo nuovo marito. No, sicuramente non come aveva previsto.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Hermione scosse le spalle e i fianchi; se qualcuno l’avesse guardata avrebbe potuto pensare che stesse danzando a rallentatore su una melodia che solo lei sentiva, ma la realtà era che percepiva la biancheria estranea sotto ai jeans e al maglione. Nonostante i suoi vestiti apparissero normali, le davano una strana sensazione. Ogni volta che si muoveva, sapeva che c’era qualcosa di diverso.
“Avevano ragione,” ammise sottovoce Hermione alla cucina vuota.
Era vero ciò che Lily e Tonks avevano detto. La facevano sentire speciale. La facevano sentire bella. Ma neanche un corpetto di pizzo l’avrebbe potuta far sentire sexy.
“Due su tre è comunque un buon risultato,” riconobbe, agitandosi un’ultima volta prima di lasciarsi cadere su una sedia con in mano la sua fetta di pane imburrato e una tazza di thè. Mangiò da sola, giacché Tonks non era ancora tornata dalla sua caccia a Sirius e Remus. Considerando quanto poco Hermione conosceva Londra, era sorpresa che avessero anche preso in considerazione la possibilità che fosse scappata in città. Un’idea sciocca, davvero.
“Hermione?” chiamò Remus.
“In cucina!” gridò di rimando la ragazza.
Sentì passi pesanti risuonare sul pavimento, indice del fatto l’uomo stesse correndo dall’ingresso alla cucina. Grazie a dio Walburga era stata rimossa, altrimenti avrebbero avuto del da farsi per farla star zitta. Remus spalancò la porta e si precipitò nella stanza, tirandola in piedi e stringendola in un abbraccio. “Non osare mai più spaventarci così!” ordinò.
“Okay,” accordò, anche se l’incomprensione non era propriamente addebitabile a lei. Aveva dormito nel suo letto, esattamente dove avrebbe dovuto essere. Come poteva essere colpa sua che non si fossero preoccupati di spostare le coperte per vedere se fosse lì o meno?
“Eravamo così-“ le parole gli morirono in bocca mentre premeva la mano sulla sua schiena. Rimase paralizzato come le parole nella sua bocca, e seppe che aveva sentito i gancetti di metallo del corpetto sotto al suo maglione.
Sapeva.
Si scostò si scatto, concentrando lo sguardo con assoluta determinazione su un punto indefinito oltre la sua testa. Le guance dell’uomo assunsero un tono rosato che sospettava non avesse nulla a che fare con la sua corsa in quella fresca mattina autunnale. La ragazza si morse le labbra per l’imbarazzo, anche se, sorprendentemente, non ne sentiva molto da parte sua.
“Cosa succede, Lunastorta?” chiese Sirius.
“Nulla!” rispose velocemente l’uomo. “Sono felice che tu stia bene, ora me ne vado.” Girò sui tacchi e scappò via.
Gli occhi di Sirius seguirono la ritirata del lupo prima di tornare su Hermione. Non sembrava contento. “Felice che ti sia unita a noi,” disse, trattenendo a malapena un tono derisivo. Lo guardò andare alla ghiacciaia, con le spalle palesemente in tensione. Appoggiandosi sul bancone, con una bottiglia di birra in mano, continuò, “Pensavo che avessi detto che avresti lasciato un messaggio la prossima volta.”
“Si, e lo farò quando succederà,” disse, lasciando l’irritazione colorarle la voce. “Ma visto che non sono andata da nessuna parte, non capisco perché tu sia arrabbiato.”
“Mi sono svegliato da solo.”
“Dunque?”
“Mi sarei dovuto svegliare con te,” quasi gridò, sbattendo la bottiglia sul tavolo. “Cosa dovrei pensare se mi sveglio da solo dopo che ti ho offerto il mio letto?”
Lo guardò in cagnesco, cercando con tutte le suo forze di far prendere fuoco i suoi capelli con la sola forza della sua ira. “Di tutti i presuntuosi-“ sbuffò. “Ci vorrà più di un qualche suggerimento sonnolento e mezzo ubriaco per portarmi a letto, Sirius.”
“Evidentemente,” concordò sardonicamente. “Nonostante Azkaban si avvicini sempre di più, preferisci nasconderti nella tua stanza come un coniglio spaurito.”
“Sono vergine, bastardo!” lo schiaffeggiò in pieno volto con abbastanza forza da fargli ruotare la testa. “Ho il diritto di essere nervosa!”
Serrò la mascella, ovviamente cercando di combattere il desiderio di ricambiare l’assalto fisico. “Dovresti anche essere sveglia.”
“Sei assolutamente insopportabile,” dichiarò, o quantomeno provò a farlo. Era difficile parlare quando le loro labbra erano incollate. La sua lingua si fece strada nella sua bocca, portandosi dietro tutto il suo rancore e la rabbia fervente. Per quanto riguardava i baci, questo era di gran lunga il più piacevole che avesse mai dato, il che la rese ancora più arrabbiata. Voleva ricambiarlo, per passargli tutto il suo sdegno proprio come lui stava facendo con lei, ma sapeva che era ciò che l’uomo voleva. Si sarebbe nutrito della sua rabbia, l’avrebbe trasformata in desiderio, e senza alcuno sforzo sarebbero stati entrambi nudi e colti dagli spasmi di un sesso esilarantemente feroce. Senza dubbio sarebbe stato il migliore della sua vita, ma non era così che la sua prima volta doveva andare.
Con una forza di volontà monumentale, districò le dita dai suoi capelli e spinse via il suo petto, riuscendo solo a farlo appoggiare ancora di più, reclinandole la testa all’indietro e approfondendo il bacio.
‘Non bene,’ pensò, cercando disperatamente un modo per interrompere il bacio, sapendo che non si sarebbe mai fermato da solo. Rabbrividendo al pensiero di quanto si sarebbe arrabbiato, ricorse all’unico metodo che conosceva che avrebbe garantito risultati. Tirò una ginocchiata il più velocemente possibile, colpendo il bersaglio con spiacevole precisione.
“Cazzo!” boccheggiò Sirius, cadendo per terra, piegato su se stesso stringendosi l’inguine. “Cazzo… ow… merda…” 
“Sei un maiale!” Urlò, scappando via dalla stanza, sbattendo prima la porta della cucina e poi quella della sua camera.
Passarono diversi minuti che la videro accucciata dietro il suo letto, bacchetta pronta alla mano e occhi fissati sulla porta, aspettandosi di vederlo irrompere scagliandole dietro maledizioni varie, ma le sue orecchie tese colsero solo il rumore della porta d’ingresso sbattuta e un sonoro ‘crack’. Sirius doveva essere molto arrabbiato per aver fatto un tale rumore Smaterializzandosi; solitamente si smaterializzava non facendo praticamente rumore a segnalare la sua partenza. Si accigliò ancora una volta, chiedendosi quando, esattamente, aveva iniziato a notare quanto rumorose fossero le sue smaterializzazioni. Senza prestarci attenzione, accantonò la strana informazione.
“Non è andata bene,” sospirò.
Nessuno entrò in camera sua per il resto della mattinata, nemmeno Lily o James. Colse di sfuggita gli ordinati capelli corvini e i curiosi occhi grigi di Regulus far capolino dalla cornice e la tela del panorama dipinto appeso nella sua stanza, ma non disse niente, andandosene prima che potesse dire qualcosa. Non riusciva a capire cosa fosse venuto a vedere. Era seduta sul suo letto a leggere il suo libro di Trasfigurazione – wow! Così emozionante! Alzando gli occhi al cielo, tornò alla sua lettura.
Poco prima delle due del pomeriggio mise la testa fuori dalla porta. La casa era immersa in un silenzio tombale. La cosa la rendeva solo più nervosa. A passi felpati discese le scale, entrando in cucina, che era altrettanto silenziosa. Non volendo continuare in quello stato, afferrò tutto il cibo che poté, compreso il pollo arrosto che aveva infilzato viziosamente la notte prima. Carica al massimo con le razioni, si sbrigò a tornare nella sua stanza e ci rimase chiusa e sotto protezioni per il resto della notte.
Con l’avvicinarsi della mezzanotte, mentre giaceva distesa senza riuscire a dormire, il pavimento fuori dalla sua stanza scricchiolò sotto il peso di qualcuno decisamente più pesante di Kreacher. Chiunque fosse, camminò in direzione della stanza di Sirius; mezzo minuto dopo le assi scricchiolarono nuovamente. Il battito del suo cuore le riempì le orecchie del suo spaventato ritmo erratico, che non fece che velocizzarsi e diventare più frenetico quando vide le protezioni intorno alla porta illuminarsi mentre venivano rimosse. La maniglia ruotò lentamente, per poi fermarsi, il pavimentò ad indicare che Sirius – perché doveva essere Sirius - se ne stesse andando di nuovo.
Fissò la porta, aspettando che tornasse indietro e chiedendosi se l’avrebbe fatto davvero. Era quel tipo di uomo che si prendeva ciò che voleva e basta? Questo, ovviamente, implicava che la volesse.
‘No,’ pensò. ‘Non mi vuole. Vuole evitare Azkaban.’
Mentre rimuginava, lo sguardo fisso, la maniglia ruotò ancora.
Questa volta senza fermarsi.
Più velocemente che poté, prima che la porta venisse aperta, si appoggiò al fianco e cercò di modulare il respiro come se fosse immersa in un sonno profondo. Desiderava ardentemente aprire gli occhi, vedere se la porta fosse stata aperta, per sapere se fosse entrato nella stanza.
Sapeva come appariva ai suoi occhi – come una bambina, quella ragazzina di quattordici anni che aveva incontrato a malapena due anni fa, dagli enormi incisivi e dai capelli indomabili che volteggiavano come se fosse stata fulminata in un giorno umido. Doveva essere ciò che vedeva ora, ragionò, e il motivo per cui borbottò “Secchiona” alla stanza buia prima di lasciarla senza averla sfiorata. Osando dare un’occhiata, guardò la porta chiudersi dietro di lui. Non ritornò; lo sapeva perché restò sveglia tutta la notte a pensare a ciò che davvero la preoccupava.
Mentre odiava l’idea di dover perdere la verginità con un uomo che non amava per una costrizione, non era quello il problema. Immaginare ciò che Sirius vedeva quando la guardava le aveva mostrato ciò che la preoccupava. Aveva paura che non sarebbe stata abbastanza. Come aveva detto Sirius, lui aveva fatto la sua buona dose di scopate, mentre lei non era andata oltre al bacio, e per giunta con un solo ragazzo. Suo marito probabilmente si aspettava qualcosa di almeno decente, se non spettacolare, dopo averle fornito tutti quei manuali. Li aveva letti, era vero, ma non significava che potesse mettere in pratica tutta quell’informazione al primo tentativo.
Peggio di aver paura della sua stessa inadeguatezza, ora era spaventata dalla rabbia di Sirius. Si era comportata in modo pessimo, e per giunta infantile. Ad ogni modo, ad un certo punto tra Sirius che andava via dalla sua stanza e l’alba, quell’imbarazzo per come l’aveva trattato sfumò, e venne rimpiazzato dall’assoluta convinzione che Sirius avesse meritato quel tentativo di castrazione dopo averla insultata così cinicamente ed essersi forzato su di lei. Si era comportato come un bastardo, e la sua reazione era stata perfettamente comprensibile per gli standard moderni.
Si sedette e sbuffò per la maggior parte di quella domenica, senza nessuno a disturbarla finché il tardo pomeriggio non venne spaventata da un battito forte alla porta.
“Hermione?” urlò Tonks. “Sei lì? E’ ora di andare!”
“Sei da sola?” domandò la ragazza.
“Si,” replicò, confusa. “Dov’è Sirius?”
Hermione spalancò la porta. “Non lo so e non m’importa. Andiamocene prima che torni.” Afferrò la mano di Tonks e corse giù per le scale.
“Alla prossima volta!” gridò James mentre gli sfilava davanti.
Hermione gemette. “Non avevo pensato alla prossima volta.”
“Il sesso è stato brutto?” Chiese Tonks, visibilmente scioccata.
“Non posso saperlo.”
“Huh?”
“Fammi andar via da qui e basta!” ordinò, afferrando il braccio dell’altra così stretto da lasciarle un livido. Girarono sul se stesse, ed Hermione sentì la solita compressione mentre la magia le trasportava da Londra a Hogsmeade.
“Quindi…” iniziò Tonks, mentre camminavano per il sentiero tortuoso che portava al castello. “Cos’è successo?”
“Nulla,” replicò la ragazza con così tanta forza che Tonks non provò più a parlare finché non le venne offerto un ‘ciao’ imbarazzato al cancello d’entrata di Hogwarts.
Hermione marciò su per il sentiero, la rua rabbia che si gonfiava ad ogni passo. Una volta arrivata alla Torre di Grifondoro, fatta cadere la borsa per terra e marciato indietro alla Sala Grande, era oltre il livore e aveva iniziato a vedere Azkaban come un’alternativa perfettamente accettabile rispetto all’idea di spendere anche un secondo in compagnia di Sirius, figurarsi nel suo letto.
“Stai bene?” Chiese Harry vedendola infilzare la patata in camicia nel suo piatto.
“Il tuo padrino è insopportabile,” abbaiò.
“Oh,” replicò, con qualcosa di simile al sollievo a fargli capolino sul volto. “Avevo paura che saresti tornata tutta appiccicosa e Lavandosa per lui.”
Sbuffò aspramente. “Non proprio.”
“Ron era sicuro saresti stata completamente persa dopo… lo sai…”
Le sopracciglia della ragazza si incrociarono in un cipiglio profondo e scontento. Perché i suoi amici, i suoi amici maschi che parlavano solo di Quidditch e Voldemort, discutevano della sua vita sessuale in sua assenza? Focalizzò la sua ira su Harry prima di girarsi per guardare Ron. I suoi occhi caddero su un posto vuoto. Guardò all’altro lato di Harry, dove stava seduto Seamus. Il suo sguardo torvo svanì in favore di una sincera curiosità. “Dov’è Ron?”
“Lui è… uh… con Lavanda,” replicò sottovoce Harry. “Stanno uscendo insieme, più o meno.”
“Oh,” disse. “E’ una bella cosa.”
“Non sei arrabbiata?” chiese. “Pensavo vi piaceste.” Il ragazzo evitò il suo sguardo, scegliendo invece di concentrarsi sulle sue stesse, nervose mani.
“Sono arrabbiata,” sospirò, “ma non per quello. Solo perché la mia vita è stata distrutta dalla Dannata Legge non vuol dire che non voglio che i miei amici siano felici. Se si piacciono, allora va bene.”
Annuì silenziosamente per un minuto, il cipiglio delle sue sopracciglia che andava approfondendosi ad ogni movimento della sua testa. “E se non andasse bene a me?” Si avvicinò, calando il tono della voce ad un lieve sussurro. “Lavanda è davvero fastidiosa.”
Hermione rise, una risata pienamente rumorosa che le scosse il petto e le distorse il volto con un sorriso che le faceva male alle guance.
“Dico davvero!” insistette. “Gli parla come se fosse un bambino, e lo chiama ‘Ron-Ron’.”
“Oh, impagabile!” urlò Hermione, lacrimando. “Non vedo l’ora di vedere la faccia di Ron!”
Harry si accasciò sulla panca, rimanendo cupo per il resto della cena. Brontolò per tutta la strada fino alla sala comune, e gemette quando Ron e Lavanda si sedettero di fianco a lui sul divano, tubando e sbaciucchiandosi rumorosamente.
“Non sono fantastici?” ghignò Hermione.
Harry le colpì il braccio, sussurrando, “Non incoraggiarli!”
Ron e Lavanda sembravano completamente ignari del fastidio di Harry e dei canzonamenti di Hermione, e continuarono a pomiciare con trasporto anche dopo che Harry se n’era andato per la lezione privata con il Preside. Hermione rise per tutta la strada fino al suo letto, e dormì indisturbata da sogni di maniglie tintinnanti.
Harry stava ancora sbuffando a colazione, anche se forse la cosa aveva più a che fare con l’imminente lezione di Difesa Contro le Arti Oscure con Piton piuttosto che con la sua mancanza di solidarietà. La ignorò nei suoi tentativi di conversazione, non smuovendosi neppure quando gli chiese quali ricordi avevano esaminato lui e Silente la notte prima. Il ragazzo rimase taciturno nei suoi confronti per tutta la durata della lezione e per il resto della giornata.
oOo
“Non riescono a smettere neanche durante le lezioni?” gemette Harry mentre uscivano dalla sesta serra quel martedì. “E’ imbarazzante.”
Hermione annuì. Era grata che la coppia fosse ancora nella serra a venir rimproverata e assegnata una punizione dalla solitamente gioviale Professoressa Sprout. Non fosse stato quello il caso, i piccioncini avrebbero camminato di fianco a lei ed Harry, baciandosi sonoramente. Doveva ammetterlo, “Inizio ad essere un po’ stufa.”
“Ha!” dichiarò trionfante Harry. Sopportò i suoi ‘te l’avevo detto’ fino alla Sala Grande, dove il ragazzo si fermò di scatto. “Hey, c’è Sirius. Cosa ci fa qui?” 
Seguì con lo sguardo la linea del suo dito, finché i suoi occhi non si posarono sul bel volto di Sirius Black. Era seduto al tavolo dei professori, e parlava con Hagrid sfoggiando un sorriso disinvolto. Mentre lo osservava, lui si girò e li guardò, annuendo col capo al cenno e al largo sorriso che gli stava indirizzando Harry, prima di incontrare i suoi occhi. La mancanza di emozione mentre la guardava la diceva lunga su quanto fosse felice di vederla. 
“Bastardo,” borbottò, girando sui tacchi e tornando a passo pesante a rifugiarsi nella Torre di Grifondoro, chiudendosi nella sua stanza e non curandosi minimamente che le altre due ragazze con cui la condivideva non potessero entrare. Se non potevano loro, non poteva neanche Sirius. Si sedette sul davanzale, fissando il sentiero che portava al cancello principale, certa che prima o poi se ne sarebbe dovuto andare passando di lì. La schiena le s’intorpidì e le venirono i crampi alle gambe, ma si rifiutò di allontanarsi dalla sua postazione. Calì venne a bussare alla porta, e Ginny si unì poco dopo; Hermione negò ad entrambe l’accesso alla stanza. Finalmente, dopo otto lunghe ore e due pasti saltati, avvistò Sirius allontanarsi dal castello con il Professor Silente. I due uomini presero il loro tempo, passeggiando svogliatamente sul cammino consunto; Silente si fermò, indicando la Torre di Grifondoro. Era certa che stessero parlando di lei.
“Perché tutto questo?” chiese Ginny non appena la porta le venne aperta. 
“Da quanto tempo sei lì?”
“Da subito dopo cena,” le disse la rossa. “C’era anche Sirius. Perché tu no?”
Non le rispose.
“Il fine settimana non è andato bene?” provò ad indovinare Ginny.
“No,” disse Hermione.
“No, non è andato bene… o no, invece si?”
“Non è andato bene per niente,” sospirò Hermione. La ragazza più giovane aspettò, i suoi occhi e la sua espressione pretendenti informazioni che presto Hermione fornì.
“Ha fatto il deficiente, non è vero?” scosse la testa Ginny. “Alla sua età, uno si aspetterebbe che sappia come approcciare una ragazza.”
“A quanto pare non lo sa.”
“Beh, è meglio che impari in fretta,” commentò lei. “La scadenza è fra due giorni.”
Hermione grugnì, nascondendosi il volto tra le mani. “Non ricordarmelo!”
“Qualcuno deve farlo,” disse la ragazza, alzandosi in piedi. “Azkaban non è un posto che mi piacerebbe visitare. Specialmente se l’alternativa è andare a letto con un bellissimo uomo.”
Hermione sbuffò. “Sarà bellissimo, ma resta comunque un cretino.”
Ginny sorrise, lasciando Hermione da sola.
La Dannata Scadenza, ecco come aveva iniziato a chiamarla. La Dannata Scadenza per adempiere ai loro doveri sotto al Dannato Emendamento della Dannata Legge. Ne odiava ogni parte, ma questo non tratteneva questa dall’avvicinarsi ad una velocità spaventosa. Mercoledì passò, con il pomeriggio speso a sbollire nel bagno dei Prefetti dopo che Nick Quasi-Senza-Testa aveva commentato di aver visto Sirius dirigersi con determinazione verso la Torre di Grifondoro.
Il suo comportamento era infantile, e lo sapeva. Sapeva anche che si erano divisi nel modo peggiore possibile; si aspettava pienamente che l’uomo fosse arrabbiato con lei tanto quanto lei lo era con lui, e non voleva affrontarlo finché non fosse diventato strettamente necessario, che era il motivo per cui giovedì mattina trovò Hermione sbirciare oltre ogni angolo, cercando qualunque segno di suo marito sulla strada per dalla Sala Grande a Trasfigurazione.
“Chi stai cercando?” le sussurrò qualcuno nell’orecchio.
“Non sono affari tuoi!” sbottò, rifiutandosi di venir dissuasa.
“Lo sono se è me che cerchi,” replicò questi.
Si paralizzò. “Sirius?”
“Si,” replicò lui, mettendole con nonchalance un braccio attorno alla vita. “Tieniti forte,” l’avvertì mentre sentiva la presa di una Passaporta agganciarsi al proprio ombelico.
   
 
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