Åke Sandström
Åke si chiuse la
porta di casa alle spalle esalando un respiro che somigliava ad un rantolo
rassegnato: quella mattina era stata caotica…molto caotica…troppo
caotica per i suoi gusti.
Quella mattina mentre
lui stava lavorando tranquillo, pacifico e, soprattutto, da solo e in silenzio
nel suo ufficio, un manipolo di elfi era entrato -senza degnarsi di bussare- sbraitando in preda al panico perché
l’ospedale magico svedese gli aveva spedito senza alcun preavviso via
passaporta -non autorizzata- un caso
di “maledizione oscura che necessitava
dell’intervento di uno spezzaincantesimi”, un modo estremamente elaborato
per descrivere un tizio che dopo aver toccato uno strano reperto vichingo che
vibrava insistentemente, trovato vangando nel suo giardino, (che razza di idiota si mette a toccare un reperto magico vibrante?!
Ma la gente non ha un minimo di amor proprio?!) che aveva cominciato a
subire continue e inspiegabili mutazioni.
E ovviamente in
cosa aveva preso a trasformarsi se non nella compilation completa di tutte le
maledettissime creature possibili, immaginabile e anche inimmaginabili?
Quando se l’era
trovato davanti con la testa di avvincino e il corpo di una sirena, per poco
Åke non si era messo a strillare in modo assai poco virile, ma era riuscito a
resistere all’impulso di darsela a gambe o di usare i folletti come scudo solo
perché gli altri sensate, probabilmente incuriositi da quello strano scenario,
erano magicamente comparsi di fianco a lui assistendo alla scena come se si
trattasse di un film appassionante, con tanto di popcorn che Rafael aveva
tirato fuori da non si sapeva dove.
Morale della
favola si era ritrovato a dover sistemare un ibrido di svariate creature
marine, esibendo una serie di complicati incantesimi e fatture alcuni dei
quali, con sua somma stizza, purtroppo fallimentari, per la bellezza di venti
minuti di fronte ad un pubblico molto attento e per certi versi troppo
entusiasta. Ogni riferimento a JB era puramente intenzionale e voluto.
Quando finalmente
quella cosa aveva smesso di sbavare
riempiendo di melma l’atrio della Banca Magica Svedese e aveva assunto
sembianze umane, il ragazzo aveva tirato un sospiro di sollievo, anche se era
più che certo che quella creatura avrebbe tormentato i suoi incubi per giorni.
Perché proprio un avvincino? Non poteva
essere un unicorno?
Una volta finito
con il mutante i medimaghi finalmente di erano degnati di presentarsi
affermando con una spocchia non indifferente che c’era l’assoluta necessità di
fare ispezioni nell’edificio e controllare che coloro che avevano assistito
alla scena. Il povero spezzaincantesimi aveva fatto veramente fatica a cercare
di evitare di mandarli tutti a cag…a
stendere insultandoli nelle tre lingue che conosceva, impresa resa ancora più
difficile dai suoi compagni di cluster che sembrava non cercassero nemmeno di
mascherare le risatine di fronte al suo volto paonazzo e alla sua espressione
omicida.
Dopo svariate ore
di visite, ispezioni, domande ripetute fino alla nausea e prelievi a dir poco
assurdi, Åke era stato finalmente congedato e non aveva aspettato nemmeno un
secondo prima di filarsela a casa.
Finalmente poteva stare tranquillo….
«Quel tipo era
veramente conciato male!» …o forse no
«Di maledizioni ne ho viste tante, ma mai nulla di simile; certo che i
vichinghi ne avevano di inventiva» JB entrò come nulla fosse nella casa del
ragazzo lasciandosi cadere sul divano del salotto e allungando le sue gambe
chilometriche mentre Blaise si sedeva con più discrezione sul bracciolo «Poi
che cos’era quella specie di piccola piovra deforme e assatanata…in Africa non
ho mai visto nulla del genere»
Cioccolata…aveva
bisogno di un bel pezzo di cioccolata o avrebbe finito per uccidere qualcuno.
«Si chiamano
avvincini» disse Blaise indirizzando un sorrisetto al biondo che la osservava
con la coda dell’occhio «Vivono principalmente nei piccoli bacini di acqua
fredda e salmastra»
«E che cosa fanno di
preciso?»
Schifo essenzialmente «Ti
si avviluppano addosso e cercano di trascinarti con loro nell’acqua facendoti
annegare» commentò Åke con meno distacco di quanto non avesse preventivato al
punto che, sia Blaise che Jamal lo guardarono con aria interrogativa «Quando
ero piccolo uno di quegli affari ha cercato di trascinarmi nel lago…fortunatamente
mia sorella ha avuto uno scoppio di magia involontaria e non so come è riuscita
a liberarmi»
Blaise lo guardò
preoccupata mentre Jamal annuiva serio «Avere
dei fratelli è una gran bella cosa, a volte vorresti solo mandarli a stendere
ma il più delle volte ti salvano la vita»
«E dopo averlo fatto
ti trattano come un poppante per il resto della vita» rispose Åke senza però
riuscire a trattenere un sorriso spontaneo: iperprotettiva o meno, lui voleva
un mondo di bene a Edith «E’ il lato brutto e allo stesso tempo bello di essere
i più piccoli» gli diede manforte Blaise, pensando ai due fratelli maggiori che
non vedeva da qualche tempo.
«Lasciatevelo dire»
Sebastian entrò nella stanza con le mani in tasca «Voi fratelli piccoli siete i
più viziati…e in effetti è un po’ colpa anche dei fratelli maggiori, sono il
primo ad ammetterlo»
Rafael annuì
mentre Åke, vedendo quanta gente cominciava ad affollare il suo salotto. stava
seriamente per avere un colpo «Fate
tanto i duri perché volete essere indipendenti ma non combinereste nulla senza
i vostri fratelli e sorelle maggiori che vi proteggono»
«Hey non è il caso di
generalizzare» Camila incrociò le braccia al petto guardando con aria di sfida
il brasiliano mentre Margaret, in piedi al suo fianco, annuiva solennemente
«Posso assicurarti che me la cavo da dio anche senza i miei cari fratelloni»
percependo il tono altamente ironico della ragazza JB le aveva lanciato un
lungo sguardo penetrante che la ragazza aveva finto di ignorare per il momento.
Ci sarebbe stato tempo in fututro per certe confidenze.
«A quanto pare non
sono l’unico che viene comandato a bacchetta dalle mie sorelle minori» Andriy
scosse la testa lasciandosi sfuggire un sorrisetto «Sorelle?» chiese Hele
curiosa «Quante sono?»
«Solo due, Nastia e Svetlana…però
sono gemelle, quindi credo che valgano almeno per…»
«Almeno per
quattro…cavolo due in un colpo solo è una bella botta!»
Camila roteò gli
occhi «E’ di due sorelle gemelle che parliamo, non di un trauma infantile
insuperabile» Andriy scoppiò a ridere scuotendo il capo «Non è male come
sembra…quando si alleano tra di loro fanno abbastanza paura, ma mediamente è
bello averle intorno»
«Sei uno di quei
fratelli maggiori iperprotettivi che tra un po’ piazzano una cintura di castità
sulle sorelle?» chiese Margaret guardando il ragazzo severamente come a volerlo
sfidare a rispondere in modo affermativo «Assolutamente no…non sarebbe giusto e
comunque credo che se anche solo ci provassi loro mi affatturerebbero e mia
madre dopo finirebbe l’opera…e poi insomma, sono piccole per certe cose!»
Andriy si bloccò un attimo a riflettere improvvisamente preoccupato mentre Åke
grugniva non troppo convinto prima di parlare, sporgendosi oltre l’anta del
frigo «Ne riparleremo quando andranno alle loro prime feste serie…ora, giacché
a quanto sembra avete tutti deciso di mettere le tende nel mio salotto, volete
qualcosa da bere? Vi avverto però, non ho molto nel frigorifero…»
*
«210972»
«Non va»
«290567»
«Non va nemmeno
questa…che poi, perché proprio quelle combinazioni?»
Mike scrollò le
spalle «Sono le date di
nascita dei fratelli Gallagher» Christie lo guardò abbastanza smarrita «Sono
membri di un famoso gruppo musicale babbano, gli Oasis…no, dai, non puoi non conoscere gli Oasis per i mutandoni di
Godric» il ragazzo guardò basito l’amica che sbuffò «Senti sapientone tu il
primo anno credevi che le Sorelle
Stravaghiere fosse un programma di cucina»
«Beh dal titolo mi
sembrava il genere di cosa che sarebbe potuta piacere molto a mia nonna»
Christie non riuscì a trattenere una risata. La ragazza mollò la presa sul
lucchetto per riavviarsi i capelli prima di guardarsi intorno, nella piccola e
incasinatissima camera dell’amico. Probabilmente, in origine, doveva essere
stata una stanza ampia, ma Mike l’aveva riempita con qualunque cosa
immaginabile, compresi un mini-canestro e una riproduzione di un anello da
quidditch «Da quanto hai l’anello? Non ricordo di averlo mai visto»
«Da un paio
d’anni…probabilmente non ti sei mai accorta di cosa fosse perché era coperto di
vestiti: lo uso molto come appendiabiti» Mike la guardò con un sorriso
smagliante «Un appendiabiti…come ho fatto a non pensarci?» mormorò la ragazza
mentre ricominciava a sparare combinazioni a caso.
Dopo circa sette
tentativi fallimentare Mike coprì con grande delicatezza le mani indaffarate
della ragazza con la sua, facendo arrossire Christie come un peperone «Credo che non abbia senso tirare a indovinare»
Mike mollò immediatamente la presa sulle dita della ragazza «Ehm…» sul serio
Mike ripigliati, sembri uno stoccafisso «Prova a pensare a cosa potrebbe aver
messo tuo zio»
Christie sospirò
schiarendosi la voce per cercare di non suonare imbarazzata «Fossi stata in lui
avrei messo un numero che fosse per me facile da ricordare…ma allo stesso tempo
non così facile da azzeccare»
«Niente compleanni
dunque»
«Decisamente no,
sarebbe troppo scontato»
«Un anniversario?»
«Ho già inserito
l’anniversario dei miei nonni…»
«Non per forza un
anniversario di matrimonio…una ricorrenza, qualcosa che è importante per la tua
famiglia»
La rossa si grattò
il naso incerta «Non mi viene in
mente nulla» borbottò sconfitta dopo un po’ prima che l’amico le mettesse un
braccio intorno alle spalle «Vedrai che ne verremo a capo, Chris» senza neanche
rendersene conto la ragazza si accoccolò meglio nell’abbraccio di Mike «Siamo
una squadra che non molla, giusto?» guardando gli occhi scuri scintillanti
dell’amico Christie non poté che sorride e annuire, improvvisamente incapace di
formulare una frase di senso compiuto.
Da quando Mike le
faceva quello strano effetto?
*
Margaux Fawley in
Nott si rigirò tra le mani un libro sul diritto magico cinese indecisa se
acquistarlo o meno: aveva passato l’intero pomeriggio libero a girovagare per
Diagon Alley, più a curiosare un po’ le vetrine che a comprare veramente
qualcosa, ma, come sempre, quando si ritrovava al Ghirigoro la tentazione di
dilapidare il patrimonio era fortissima.
Alla donna sembrò
quasi di vedere per un attimo tra gli ideogrammi il sorriso furbo del fratello
che la prendeva in giro dandole della secchiona. Non che effettivamente avesse
tutti i torti.
Chiuse di scatto
il manuale scuotendo il capo e, dopo averlo rimesso a posto nel punto giusto
agguantò un libro che aveva adocchiato poco prima nella sezione dedicata alla
storia della magia del Medioriente e si diresse verso la cassa.
Un visetto
famigliare la salutò con vivacità «Buongiorno
signora Nott, come sta? Tutto bene a casa?» Margaret Powell le rivolse un
grande sorriso che fu immediatamente ricambiato dalla donna «Buongiorno cara!
Stiamo tutti bene, ti ringrazio per l’interessamento» rispose cordiale mentre
la ragazza controllava il prezzo del libro «Tu invece come stai? Ti trovi bene
qui?» conoscendo la situazione famigliare decisamente problematica della
ragazza, Margaux preferì rimanere sul generico sulle domande. Davvero non
capiva come i Powell potessero essere così spregevoli con la figlia, quella
ragazza era tanto carina ed educata!
«Non mi lamento…sono dodici
falci e diciannove zellini…vuole per caso un sacchetto in cui ritirarlo?»
«Si ti ringrazio
cara…» quando alzò lo sguardo, Margaux per poco non urlò per la sorpresa: un
ragazzo alto e biondo in tuta e ciabatte stava porgendo a Margaret un bicchiere
di quello che sembrava essere succo. La donna si voltò indietro osservando le
persone in fila dietro di lei ma nessuno di loro sembrava essersi accorto del
ragazzo che era appena comparso.
La donna osservò
meglio il biondo che, improvvisamente si voltò incrociando il suo sguardo
stupito. Con una tremenda sensazione di vuoto allo stomaco la signora Nott si
affrettò ad abbassare gli occhi e a pagare. Dopo aver salutato Margaret e aver
dedicato alla giovane e al ragazzo al suo fianco un ultimo veloce sguardo si
affrettò ad uscire dalla libreria cercando di trattenersi dallo scappare a
gambe levate…
*
Åke osservò la
donna bionda allontanarsi in tutta fretta con lo sguardo corrucciato «Margaret conosci quella signora? Ho avuto
l’impressione che mi stesse fissando» Margaret si strinse le spalle nel modo
più discreto possibile senza staccare i soldi dalla cassa dalla quale stava
tirando fuori il resto per un altro cliente. Lo svedese fece per chiederle
nuovamente qualcosa ma sentì un tocco leggero sulla propria spalla «Margaret
sta lavorando ora, non credo possa mettersi a chiacchierare all’aria di fronte
ai clienti o la prenderebbero per pazza» disse saggiamente Blaise mentre
l’inglese, fingendo di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio
annuiva.
«Ragazzi io sono
convinto che quella donna mi vedesse» si incaponì Ake «Mi ha guardato negli
occhi ed è rimasta di sasso»
«Sai com’è non è
propriamente normale vedere un tipo in pigiama che offre ad un’impiegata del
succo come se nulla fosse nel bel mezzo di una delle librerie più antiche del
mondo» fece notare Hele lanciando uno sguardo eloquente all’abbigliamento
decisamente comodo del ragazzo.
«E’ una tuta, non un
pigiama!» replicò stizzito lo spezzaincantesimi facendo scoppiare a ridere gli
altri «E comunque secondo me c’è qualcosa che non va…tanto per cambiare»
qualcuno dei ragazzi avrebbe probabilmente avuto qualcosa da ribattere ma
Margaret scarabocchiò in tutta fretta un messaggio su un pezzo di pergamena che
fece scivolare sul bordo del bancone in modo che gli altri sensate potessero
leggerlo.
Non per sembrare cattiva ma vi prego tacete, non riesco a
concentrarmi! xoxo
*
Margaux si rigirò
tra le mani il braccialettino argenteo della figlia con un groppo alla gola:
Christianna era stata in mansarda e il baule di Paul era improvvisamente
sparito.
La mattina dopo la
festa al ministero si era assicurata che fosse ancora al suo posto dopo che
l’aver incontrato il figlio di Elijah Kincaid l’aveva mandata completamente in
tilt: che stesse portando avanti le stesse indagini del padre?
Soprattutto cosa
diamine voleva fare sua figlia, la sua piccola Christianna, con il baule dello
zio? Kincaid per caso l’aveva costretta ad aiutarlo fornendogli delle
informazioni? Sua figlia poteva anche fare Nott di cognome ma in una comunità
magica pettegola e ristretta come quella britannica non doveva essere troppo
difficile scoprire con chi era imparentata, tanto più che comprensibilmente
l’uomo aveva certamente cercato di reperire informazioni riguardo al lavoro del
padre che era morto quando era solo un bambino.
La donna si lasciò
cadere sul davanzale della piccola finestra triangolare passandosi con
frustrazione una mano sul volto. Per quanto ancora avrebbe potuto fingere che
nulla fosse fuori dall’ordinario come aveva fatto ogni giorno per più di
venticinque anni? Ma d’altro canto valeva davvero la pena di mettere a rischio
la vita di altre cinque persone?
Anni prima erano
stati loro a rispettare la sua scelta acconsentendo a interrompere a tempo
indeterminato i contatti…con che coraggio poteva rettificare tutto sulla base
solo di alcuni sospetti?
Il fatto però che
gli appunti di suo fratello fossero spariti proprio quando lei si ritrovava
davanti due membri di un cluster -perché non c’era dubbio, Margaret Powell e il
ragazzo biondo erano sicuramente dei sensate, sapeva
come riconoscerli- non poteva essere una coincidenza.
E poi non poteva
astenersi dall’aiutare se necessario quella ragazza: sarebbe
potuta essere sua figlia e di certo non poteva contare sull’aiuto della
propria famiglia.
Dopo aver preso un
profondo respiro la donna chiuse gli occhi cercando di concentrarsi: erano
ancora in grado di mettersi in contatto dopo tutto quel tempo?
«Ma che
cavolo…Margaux? Per tutti gli Opaleye degli antipodi, sei proprio tu?!» una
famigliare voce dall’accento australiano la fece sorride e la signora Nott
aprendo gli occhi si ritrovò davanti un uomo dai folti capelli scuri
leggermente brizzolati che la guardava stupito.
Prima che uno dei
due potesse dire qualcosa una terza voce, decisamente seccata li precedette «Par bleu, non ci sentiamo per venticinque anni e
decidete di ricomparire mentre sto guidando in via Cigna alle cinque di
pomeriggio? Avete un tempismo allucinante lasciatevelo dire» una donna con uno
stretto chignon castano li fulminò sullo sguardo mentre si trovava buffamente
seduta apparentemente nel vuoto.
«Ah Emilia, mi
commuove sapere che ti siamo mancati» un uomo mingherlino con almeno un metro
di rasta in testa si stiracchiò alzandosi da terra «Come mai questa riunione
d’emergenza? Non che non mi faccia piacere rivedervi, ma sono abbastanza
sorpreso»
Margaux guardò
quei volti quasi sconosciuti dopo tanti anni ma nei quali vedeva ancora
chiaramente i suoi vecchi compagni di avventure «So
di non avere alcun diritto di chiedervelo, ma ho bisogno del vostro aiuto»
Gli occhi a mandorla
dell’uomo più sulla sinistra si illuminarono «Quale avevamo stabilito che fosse
la prima regola del cluster?»
«Non avere mai paura
di chiedere aiuto agli altri membri» disse retorica Emilia «Ora, prima che
qualcuno possa aggiungere qualcosa cercate di tacere quaranta secondi, che vedo
di infilarmi in una traversa»
«Non puoi accostare
la macchina con le frecce?»
«Ma ti sembra che con
sto casino io possa accostare la macchina in mezzo alla strada?! Non so come
guidiate voi a Kingston, ma qua a Torino probabilmente mi tamponerebbero in un
millisecondo»
*
Silas stava
esaminando la sfera arancione più piccola quando improvvisamente una luce
fortissima si diffuse in tutta la stanza costringendolo a chiudere gli occhi
per non esserne abbagliato mentre un incessante ronzio gli perforava i timpani.
L’uomo raggiunse a tentoni la parete e, quando la luce sembrò diminuire
leggermente di intensità si azzardò ad aprire gli occhi. Il blocco
prendi-appunti gli cadde dalle mani per la sorpresa mentre meravigliato
spalancava la bocca: insieme alle nove sfere arancioni su cui stava lavorando
ne erano comparse altre sei di colore verdi più piccole ma decisamente più
luminose, identiche in tutto e per tutto a quelle descritte da suo padre negli
appunti, che sembravano guardarlo con aria di sfida.
Quello decisamente
non l’aveva preventivato.
Speravo di aggiornare in una settimana ma anche stavolta sono
in ritardo…tanto per cambiare.
Allora a parte la mia disorganizzazione cosmica, come avrete
notato Åke ha vinto l’avvincente sfida del televoto: voi tutte brave persone mi
avete mandato due voti a testa e di questi alla fine ne avevo quattro sia per
Åke che per Rafael e ho scelto lo svedese per il semplice fatto che è stato la
prima scelta di tre persone mentre il brasiliano solo di due. Ovviamente il
prossimo capitolo sarà dedicato al nostro barista preferito. Solo una domanda:
vi siete messi d’accordo? XD
Ta-ta-ta-ta-taaan, ecco che arriva la cavalleria! Complimenti
a Phebe che ci ha preso in pieno un bel po’ di capitoli fa: ebbene sì Madama
Nott fa parte di un cluster e potete stare tranquilli, difenderà con le unghie
e con i denti i membri del cluster più giovane, aiutata dai suoi compagni
ovviamente, che faranno da comparse. Ah, dimenticavo, i membri dei vari cluster
possono vedersi tra di loro.
Ora vi lascio e vado a convincere Silas a non spaccarsi la
testa a furia di prendere a testate il muro dopo aver scoperto di non aver a
che fare con solo uno, ma con ben due cluster!
Ci sentiamo spero presto,
Em