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Autore: Old Fashioned    23/10/2018    16 recensioni
Nel Mondo dell'Amore è tutto molto bello, tutti si vogliono bene, tutti si amano, nessuno offende nessun altro, o se lo fa chiede scusa. Nessuno ha traumi, nessuno ha disagi, nessuno si sente discriminato o prevaricato.
Siamo proprio sicuri?
A scuola, un bambino fa un banale disegno. Per sua sfortuna, e per sfortuna dei suoi genitori, sceglie i colori sbagliati per decorarlo e una volenterosa giovane maestra, molto attenta alle problematiche di disagio familiare, sente il bisogno di consultare in merito la psicologa della scuola. La psicologa rileverà nel disegno elementi disfunzionali e da lì si scatena una concatenazione di eventi e situazioni sempre più gravi e pesanti.
Prima classificata al contest "Racconti al profumo di frutta" indetto da Dollarbaby sul forum di EFP.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Salve gente,
ecco un altro capitolo distopico. Come sempre grazie a tutti coloro che sono passati di qui, hanno letto o mi hanno gentilmente lasciato il loro parere. Sappiate che ho apprezzato moltissimo tutti gli spunti di riflessione che mi avete suggerito.





Capitolo 3

Altro che Omeopatia e Femminismo!” annunciò Tanasha trionfante. “Questa è roba forte!”
Esibì alle colleghe una velina che aveva appena recuperato dal cassetto della stampante.
Poronda alzò la testa dal monitor e fissò il foglio strizzando gli occhi. “Sarebbe?” chiese poco convinta.
Fallocrate sciovinista plagia moglie e figlio.”
Ne esistono ancora?” chiese Raynelle con un sorrisetto.
Imperterrita, la prima proseguì: “Scoperta la situazione di grave disagio grazie a un disegno realizzato dal bambino nel corso di un’attività di espressione delle emozioni tramite l’arte.” Fece un sorriso trionfante e dichiarò: “Zelda la adorerà.”
È il suo genere,” confermò Poronda.

Le immagini della cavalla alata che si allontanava sfumarono e sulla luna piena comparve la scritta Il mondo di Zelda. Una musica di presentazione introdusse la comparsa del salotto, con la conduttrice già solennemente seduta sulla sua poltrona. A ogni respiro della donna, l’abito di lamé mandava sprazzi di luce tutt’intorno.
Oggi siamo qui perché vogliamo capire,” annunciò Zelda rivolta ai telespettatori. “Perché sarebbe troppo facile condannare e basta.”
Su uno schermo alle sue spalle comparve il disegno di Leo.
Non sarebbe un atteggiamento femminile. Noi vogliamo comprendere, vogliamo empatizzare. Vogliamo andare alla radice dei problemi e per quanto possibile entrare nella mentalità di chi commette il male, per poterlo aiutare a non commetterlo in futuro.”
Scrosciò un lungo applauso.
Zelda annuì con atteggiamento di serena modestia, come chi sa di star facendo la cosa più giusta possibile, poi proseguì: “Abbiamo qui alcune ospiti che ci aiuteranno a parlare di questo problema. Mo’Nique.” Un riflettore la illuminò. La giovane donna quasi sussultò, poi sbatté gli occhi e istintivamente cercò di sedere più eretta. Zelda le sorrise con fare incoraggiante, quindi proseguì: “Mo’Nique è la bravissima maestra che si è accorta di questa spaventosa situazione di disagio. Senza di lei, un maschio violento continuerebbe a imporre la sua autorità fallocratica, a tarpare le ali di una giovane e bellissima donna e a imporre le proprie idee scioviniste a un bambino.”
Scrosciò un secondo veemente applauso, da dietro le quinte fioccarono i brava! e i bene! Addirittura si udì un bisognerebbe tagliargli le... La fine della frase fu coperta da un lungo biiiip.
Mo’Nique arrossì fino alla radice dei capelli e si girò verso Zelda come per chiederle aiuto.
La conduttrice si limitò a rivolgerle uno sguardo di incoraggiamento, quindi spostò la sua attenzione sull’ospite successiva, su cui si mosse anche il riflettore. Solennemente proclamò: “Qui abbiamo una giovane e valida psicologa, Melanie. Vuoi dirci cos’hai visto in quel disegno, cara?”
La ragazza si umettò le labbra con aria volenterosa, poi rispose: “Ecco, non vorrei che quello che sto per dire potesse turbare qualcuna delle nostre spettatrici. Sono concetti molto forti.”
In sovrimpressione comparve un segno di divieto rosso, accompagnato dalla scritta Avvisiamo che i contenuti del dibattito potrebbero risultare particolarmente disturbanti.
Zelda annuì in modo quasi solenne. “Ora puoi parlare, cara,” le disse. Il tono era quello con cui un medico avrebbe annunciato il sospetto di un male incurabile.
Il disegno è inequivocabile,” disse allora Melanie. “La figura paterna,” sullo schermo essa venne evidenziata da un minaccioso contorno rosso e lampeggiante, “è tirannica, incombente. È l’immagine di un padre fallico, che schiaccia e prevarica.”
Un mormorio attraversò la sala.
Continua, cara,” la invitò stoicamente Zelda.
Melanie annuì con la stessa espressione di stoicismo indomito. “E ora la madre.” La figura paterna smise di lampeggiare, quella della madre venne circondata da un gradevole alone di un colore a metà tra rosa e lilla, che pulsava dolcemente. “Vedi com’è piccola, Zelda? Come sono evidenti i suoi caratteri femminili? Indica una posizione di sottomissione anche nello stile di pensiero. Un’adozione – chiaramente imposta dal maschio patriarcale – di modalità di comportamento attinenti a epoche passate, in cui le donne erano sottomesse.”
Stronzo! provenne da dietro le quinte. Non ci fu nessun biiiip.
E ora il bambino,” disse la psicologa. La figura centrale si illuminò di un lampeggiare rosso appena un po’ più tenue di quello del padre. “Diventerà un piccolo tiranno se non interveniamo. Il padre lo sta plagiando. Vedete come si è dipinto simile a lui? Ma è più piccolo, segno che la sua fragile personalità in accrescimento è schiacciata e deformata da quella prevaricante e violenta dell’uomo.”
Bisogna aiutarli!” proclamò Zelda in tono appassionato.
Un terzo applauso, più forte dei precedenti, proruppe dal pubblico.

Efemena, educatrice della Casa per la Tutela delle Donne Abusate, spense il televisore e disse: “Vieni, Paula, è l’ora del counseling.”
La donna rimase seduta sul divano. Alzò gli occhi verso lo schermo ormai nero dell’apparecchio e disse: “Niente di quello che stanno dicendo è vero.”
Vieni a fare la tua seduta, Paula. Poi più tardi conoscerai il gruppo di auto-mutuo aiuto e potrai confrontarti con altre donne che hanno avuto il tuo stesso problema.”
Io non ho nessun problema,” rispose lei imperterrita. “Non di quel tipo, almeno. Vorrei solo sapere se Richard e Leo stanno bene.”
L’educatrice le si avvicinò, si sedette accanto a lei sul divano e le circondò le spalle con un braccio, sentendola irrigidirsi sotto la sua presa. Fece finta di niente: in un caso come quello, le resistenze all’inizio erano normali. Era ben nota, del resto, la dipendenza affettiva che la vittima instaurava nei confronti del carnefice. In tono affettuoso le disse: “Coraggio, tesoro, fa’ un piccolo sforzo. Ora parlerai un po’ con la terapeuta e vedrai che lei ti aiuterà a elaborare i tuoi conflitti.” Si alzò con fare incoraggiante, ma Paula rimase ostinatamente seduta. Da quella posizione alzò poi lo sguardo a fissarla negli occhi e disse: “Quelle della televisione sono solo falsità. Nessuno ascolta la mia versione dei fatti, in tutto questo? Nessuno chiede a me se amo mio marito, se voglio stare con lui, se condivido le sue idee?”
Ma cara, è ovvio che te lo chiederemo,” si affrettò a rispondere Efemena, “ma sappiamo che in questo momento ti trovi in una situazione di forte turbamento emotivo, che forse hai bisogno di fare chiarezza in te stessa, di aprirti con persone esperte che ti aiutino a elaborare i tuoi traumi, prima di poter parlare col sufficiente distacco di questa cosa.”
Quale cosa? E poi, io non ho nessun trauma. Stavo benissimo, avevo una vita del tutto normale, prima che arrivaste voi.”
Efemena sospirò e crollò il capo come chi si trova di fronte a un problema che conosce molto bene. “Allora per oggi niente counseling, vuoi? Andremo io e te a fare una bella passeggiata nel nostro giardino e poi, quando ti sarai rilassata, aiuterai a fare il mandala. Lo componiamo ogni giorno, tutte insieme, e nel farlo elaboriamo i nostri conflitti e liberiamo le nostre emozioni. Sarà un’esperienza molto bella, vedrai, che ti arricchirà spiritualmente.”
Paula si alzò in piedi, vagamente impacciata nel vaporoso abito indiano che le avevano consegnato al posto dei jeans che era solita indossare. Si raccolse i capelli biondi, ricordandosi solo all’ultimo momento di non avere più al polso l’elastico col quale di solito li legava. Li lasciò ricadere con uno sbuffo infastidito, quindi rispose: “Non mi interessa il mandala e non ho conflitti da elaborare. Voglio solo tornare da mio marito e da mio figlio. Quando potrò farlo?”
Ti farò parlare con la dottoressa,” sospirò Efemena. “Lei ti farà capire tante cose. Ti aiuterà ad abbandonare questo atteggiamento oppositivo e ad aprirti al vero aiuto, perché, credimi, ne hai davvero tanto bisogno.”

Aggrappato al tronco di un albero con tutte le sue forze, per l’ennesima volta Leo strillò: “Voglio il papà!”
Una maestra si avvicinò e il bambino, senza abbandonare la presa sul tronco, cercò di colpirla con un calcio. “Voglio il papà!” ripeté. Le lacrime gli ricavano il volto paonazzo, mescolandosi col moccio che gli colava dal naso.
Leo?” tentò allora la maestra. “La vuoi sentire una bella favola? Cappuccetto rosso e la lupa grigia fanno capire al cacciatore che uccidere è sbagliato, poi tutti insieme liberano la nonna prigioniera.”
Il bambino interruppe il suo convulso singhiozzare e con quanto fiato aveva in gola gridò: “Va’ via! Voglio il mio papà e la mia mamma!”
E la favola del principe addormentato? La principessa non lo sveglia, altrimenti lui avrebbe un trauma. Si mette con la guerriera che comanda le guardie e le fa capire il valore della non-violenza, adottano tre bambine di tre regni diversi e vivono tutte felici e contente. La vuoi sentire questa?”
Voglio il mio papà!”
Arrivò una maestra più anziana, che col tono di chi conosce molto bene il problema disse: “Lascia, ci penso io.”
Si sedette per terra accanto al bambino che strepitava e pazientemente aspettò che smettesse di urlare. Quando le strida furono sostituite da radi singhiozzi, gli disse: “Io sono Adorinda. Tu come ti chiami?”
Voglio il mio papà,” disse il bambino per tutta risposta.
Hai fame?” chiese la donna. “Stelara ha preparato il budino di tofu, hai voglia di assaggiarlo?”
Non mi piace il tofu.”
Adorinda fece una lieve risata. “Dici così perché non hai mai assaggiato quello di Stelara. Lei è una bravissima, cuoca, lo sai?”
Voglio gli hamburger che fa il papà.”
Come li fa il papà, col seitan?”
No, con la mucca.”
Ma la mucca è un essere vivente, tesoro. Non si può mangiare. Piange tanto, lo sai?”
Con lo sguardo ostinatamente rivolto altrove, il bambino ripeté: “Io voglio la mamma e il papà. Non voglio mangiare il Satana, voglio gli hamburger di mucca del mio papà, fatti sul barba-culo.
Il barbecue, vuoi dire?”
Papà dice che si chiama così perché quando i pirati prendevano una capra le tagliavano la barba e gliela mettevano nel culo, poi la cuocevano sulla griglia.”
La maestra registrò che il padre trasmetteva al bambino contenuti aggressivi e volgari, probabilmente nella demenziale convinzione che si trattasse di argomenti più maschi, ma fece finta di non aver nemmeno sentito. “Stelara fa dei buonissimi biscotti di farro,” lo informò. “Scommetto che vuoi assaggiarne uno.”
No.”
Non hai fame?”
No.”
Vuoi giocare, allora?”
Voglio tornare dal mio papà e dalla mia mamma.”
La maestra emise un sospiro e rispose: “Non si può, tesoro. Ora devi restare qui con noi per un po’.”
Perché?”
La tua mamma e il tuo papà devono andare a scuola.”
Ma i grandi non vanno a scuola.”
Loro sì, perché devono imparare tante cose.”
Il bambino si guardò intorno, fissò con aria schifata un gruppetto di suoi coetanei completamente nudi che stavano giocando su un prato, poi di nuovo chiese: “Quando potrò tornare a casa?”
Adorinda gli rivolse un sorriso amorevole, quindi in tono soave rispose: “Vedrai che presto ti abituerai e questo posto comincerà a piacerti. Ora andiamo dagli altri bimbi, così potrete conoscervi, che ne dici?”
No!” Leo, che aveva abbandonato il tronco dell’albero, ci si aggrappò di nuovo con tutte le sue forze.
La donna si limitò a scuotere la testa e si allontanò adagio, lasciando il bambino dove si trovava. Era solo questione di tempo, poi si sarebbe abituato da solo al nuovo ambiente e presto avrebbe addirittura smesso di chiedere dei suoi genitori.

§

Nella sala d’aspetto c’era un unico quadro: L’origine del mondo, di Gustave Courbet.
Richard cercava di non guardarlo, ma periodicamente, come calamitato, lo sguardo si fissava su quell’enorme vulva pelosa, che sembrava in procinto di saltare fuori dal quadro per avventarglisi addosso e divorarlo.
Si mosse nervoso sulla sedia e rivolse lo sguardo a una porta chiusa oltre la quale si percepiva un vago brusio.
A parte quel sommesso mormorare, nella sala c’era un perfetto silenzio, rotto solo dal ticchettare di una pendola scura in un angolo.
L’uomo spostò lo sguardo verso la finestra e lasciò vagare lo sguardo all’esterno. Si chiese dove fossero Paula e Leo, se stessero bene. Aveva cercato di contattare perlomeno il bambino, ma glielo avevano sempre impedito. La prima volta era rimasto un’ora ad aspettare davanti alla porta dell’assistente sociale, salvo poi sentirsi dire che la dottoressa era uscita e lui doveva tornarsene a casa.
La seconda volta era andato direttamente alla Comune Steineriana in cui avevano collocato Leo, ma una tizia di nome Adorabile, o qualcosa del genere, gli aveva detto che avrebbe potuto vedere il figlio solo nel corso di incontri protetti.
Era tornato dall’assistente sociale a chiedere l’autorizzazione agli incontri, ma da lì era stato spedito alla Giudice Tutelare, che ovviamente gliel’aveva negata almeno fino alle prime valutazioni del suo andamento nei corsi di Rifiuto della violenza e di Consapevolezza di Genere.
Come se avesse mai fatto male a qualcuno, poi, o non sapesse distinguere un maschio da una femmina.
Mentre era immerso in quelle meditazioni la porta si aprì. Sulla soglia comparve una giovane donna che gli disse: “Vieni, Richard. L’avvocatessa acconsente a vederti.”
L’uomo entrò in uno studio con le pareti tappezzate da imponenti librerie cariche di volumi dalle rilegature rifinite d’oro. In fondo alla stanza c’era una scrivania a cui sedeva una donna di circa sessant’anni, con i capelli grigi e un tailleur scuro.
Vieni avanti,” lo invitò la donna.
Richard raggiunse l‘unica sedia che si trovava di fronte all’imponente mobile e ne afferrò lo schienale, ma l’altra freddamente lo rampognò: “Non ti ho detto di sederti.”
Chiedo scusa,” si costrinse a rispondere Richard in tono sommesso, mantenendo lo sguardo fisso sul tappeto.
L’avvocatessa scorse alcune carte che la sua segretaria le aveva posto davanti, quindi rialzò la testa e chiese: “E così, tu saresti quello che ha plagiato e tenuto in stato di sottomissione psicologica moglie e figlio?”
Non ho fatto niente di tutto questo,” rispose Richard a denti stretti.
Sono vent’anni che lavoro, ma non ho ancora sentito un maschio ammettere di aver commesso un crimine,” fu la replica, proferita con un sorrisetto sarcastico.
L’uomo alzò la testa. “Perché, le femmine lo ammettono, invece?”
Le femmine non commettono crimini. Al massimo si difendono dalle prevaricazioni dei maschi.” L’avvocatessa fece una pausa di qualche secondo, poi chiese: “Tu perché sei qui, comunque?”
Perché sono innocente.”
La donna gli rivolse uno sguardo di degnazione. “Nientemeno.”
Non c’è niente di vero nelle accuse che mi sono state rivolte. Io e Paula stiamo bene insieme, ci amiamo. Nostro figlio Leo è la nostra vita.”
Forse tu starai bene,” replicò l’avvocatessa, “ma non c’è persona al mondo che possa stare bene, sottomessa e plagiata fino a che la sua volontà non viene distrutta.”
Richard aprì la bocca per replicare, ma l’altra non gliene diede il tempo. “Ho letto il tuo fascicolo,” gli disse. “Tu sei il genere di uomo peggiore, che maschera dietro un ostentato, posticcio sentimento d’amore il suo odio per la Femminilità. Vattene subito, oppure prenderò in considerazione il tuo caso, ma solo per farti sbattere fino alla fine dei tuoi giorni in un posto dove tu non possa più nuocere alle donne.”

L’uomo si trovò in strada senza nemmeno rendersi conto di come ci era arrivato. Tirò fuori di tasca un foglietto sul quale c’era un elenco di nomi e indirizzi, prese una matita smozzicata e tracciò una riga sul primo.
Si guardò intorno: un uomo stava spazzando il marciapiede, un altro paio trasportavano dei pannelli di cartongesso su un carrello. Un quarto emerse da un tombino coperto di fango nero, due donne che passavano di lì si fecero indietro protestando per il cattivo odore ed egli si affrettò a scomparire di nuovo nelle viscere della terra.
Raggiunse il secondo indirizzo che si era segnato, suonò il campanello ed entrò in un androne in stile moderno, con marmi, luce soffusa e pannellature in vetro satinato.
L’avvocatessa lo accolse seduta a un tavolo basso e decorato con piastrelle di ceramica, che sembrava più adatto a un salotto che a uno studio. Aveva capelli rossi lunghi e ondulati e un aderente abito nero, con una scollatura che lasciava vedere una buona porzione del seno.
Quando lo vide arrivare accavallò le gambe, mettendo in mostra calze sostenute da giarrettiere di pizzo, e disse: “Vieni avanti, Richard.”
Accompagnò l’invito col movimento di un dito indice dall’unghia lunga e laccata di rosso.
L’uomo si avvicinò mantenendo lo sguardo sul pavimento e si fermò a un paio di metri di distanza.
Siamo timidi?” lo provocò la donna.
Richard non rispose.
Eppure sei un bel pezzo d’uomo. Quanto sei alto, un metro e novanta?”
Uno e novantacinque.”
Hai un bel fisico. Fai qualche sport?”
Quelli che facevo sono stati proibiti.”
L’altra alzò le sopracciglia. “Capisco. Cose da maschi, non è vero?” Si passò una mano su una coscia.
Sport di competizione,” rispose Richard con la sensazione di trovarsi su un campo minato.
Oh, roba forte. Corso di Rifiuto del Machismo assicurato, non è vero?”
Già.”
È per lo sport che sei qui?”
No.”
Per che cosa, allora?”
Richard raccontò tutta la questione. Alla fine alzò fugacemente lo sguardo e vide che la donna lo stava fissando con interesse. “Puoi fare qualcosa per me?” le chiese. Poi, dopo una pausa: “Troverò i soldi necessari.”
L’avvocatessa lo squadrò dalla testa ai piedi, poi gli disse: “Possiamo metterci d’accordo.”
L’uomo aggrottò le sopracciglia. “In che senso?”
Diciamo che non è necessario che tu mi paghi in denaro.” Con un gesto apparentemente casuale, la donna si passò la lingua sulle labbra color carminio.
Richard strinse i pugni. Alzò lo sguardo fino a fissarlo in quello della sua interlocutrice e lentamente rispose: “Diciamo che io non sono in vendita.”
L’altra non si lasciò turbare dalla frase tagliente. “Lo sai che io ti potrei accusare di molestie, vero?” lo informò, col tono leggero di una banale conversazione. “Pensi che troveresti qualche avvocatessa disposta a difenderti?”
Non sono in vendita,” si limitò a ripetere l’uomo, quindi le girò le spalle e uscì dalla stanza.
Procedette poi verso l’androne e da lì in strada, sempre aspettandosi di sentire uno strillo alle sue spalle, o di vedersi arrivare contro un gruppo di Guardie Rosa contro lo Stupro armate di taser e manganelli.
Non accadde nulla di ciò che temeva.
Quando fu a un’adeguata distanza dal palazzo dell’avvocatessa, si lasciò cadere su una panchina e per un po’ rimase semplicemente fermo a pensare, con i gomiti puntati sulle cosce e la testa fra le mani. Si chiese per l’ennesima volta dove fossero Leo e Paula, se stessero bene.
Si chiese come fosse cominciato tutto quanto e si accorse di non riuscire a darsi una risposta.
Ripensò all'avvocatessa. Avrebbe dovuto accettare? Qualche scopata in cambio della difesa non era forse un prezzo che un padre avrebbe potuto pagare per riavere suo figlio? Si sentì un egoista.
Involontariamente rialzò lo sguardo verso la direzione da cui era venuto, ma per quanto cercasse di far appello a logica e senso pratico, non riusciva a convincersi che cedere a certe proposte fosse la scelta migliore. A prescindere da orgoglio e dignità personale, cui sarebbe anche passato sopra, pur di riavere Leo e Paula, come avrebbe potuto, ad esempio, esigere il rispetto dell'accordo? Era un uomo, non aveva diritti, chiunque – a maggior ragione una celebre avvocatessa – avrebbe potuto accusarlo di molestie e lui non avrebbe avuto voce in capitolo per replicare.
Con un sospiro tirò fuori di tasca il foglietto, su cui rimaneva un solo nome.

La terza avvocatessa era anche la più celebre. Aveva uno studio in pieno centro, in un palazzo dall'aria prestigiosa.
Il portone d'ingresso dell'edificio era di legno scuro, con due enormi battenti di ottone lucidato a specchio. L'androne era così grande che ogni rumore, dai passi a un colpo di tosse, produceva un'inquietante serie di echi. Il pavimento era di marmo pregiato, così come le colonne e le pannellature delle pareti. Le rifiniture erano in bronzo.
Per terra correva una passatoia rossa fermata da stecche di ottone.
Richard si guardò intorno vagamente intimidito, poi identificò l'ascensore, vi entrò e premette il bottone corrispondente all'ultimo piano.
Sbucò direttamente in una sala d'aspetto con sedie antiche allineate lungo le pareti. Dal centro del soffitto pendeva un lampadario tutto pieno di volute e riccioli, con scintillanti gocce di cristallo. Appesi al muro c'erano solo due grandi paesaggi, uno con delle montagne e uno con un lago al tramonto, racchiusi in imponenti cornici dorate.
Accanto a una porta chiusa si trovava una scrivania, dietro la quale sedeva una ragazza dall'aria seriosa.
Richard la raggiunse, declinò le sue generalità e il motivo per cui si trovava lì. La ragazza non fece altro che indicargli una delle sedie, quindi premette un pulsante e si piegò a parlare a bassa voce in un microfono. Scambiò qualche frase che lui non riuscì ad afferrare, quindi rivolse lo sguardo verso di lui e disse: “L'avvocatessa ti riceverà fra poco.”
Grazie,” rispose Richard, ma la ragazza non lo degnò di ulteriore attenzione.
Passò circa mezz'ora. Nella sala c'era silenzio, a parte il crepitare della tastiera o il raro cigolio della sedia girevole della segretaria. Al di là della porta non si udiva il più piccolo rumore.
L'uomo si guardò le mani indurite dal lavoro, quindi fece girare lo sguardo sulla stanza: tutto trasudava soldi, compreso l'abito della ragazza, che era del genere che sua moglie aveva sempre desiderato ma non si era mai potuta permettere. Si chiese come avrebbe fatto, con il suo misero stipendio da maschio, a pagare la parcella.
Era così perso nei suoi ragionamenti che la voce della segretaria lo fece quasi sussultare. “L'avvocatessa acconsente a vederti,” lo informò, con l'aria di considerare la cosa come una strana eccentricità della suddetta.
Richard alzò lo sguardo: la porta si era aperta e da essa stavano uscendo due donne che si tenevano a braccetto. Le due lo oltrepassarono senza degnarlo di uno sguardo e scomparvero nell'ascensore.
Egli a questo punto si alzò ed entrò nello studio. L'avvocatessa era in piedi in mezzo alla stanza, era evidente che si era alzata per accompagnare le due precedenti clienti alla porta. Era una donna alta e snella, poteva avere cinquant'anni ottimamente portati. Aveva i capelli biondi tagliati corti e niente trucco, cosa che comunque quasi non si notava, data l'incisività dei suoi lineamenti decisi. Dava l'idea di essere una che non mollava fino a che non aveva ottenuto quello che voleva.
Se ne sentì rinfrancato, ma al tempo stesso intimidito: ricevere le avances di una del genere e rifiutarle non doveva essere un atto privo di conseguenze.
La donna attese che lui si fosse avvicinato, quindi gli tese la mano. “Nit mi ha detto che hai bisogno di un consulto,” esordì mentre lui gliela stringeva.
Veramente, ho bisogno di assistenza legale,” fu la risposta.
La donna lo fissò attenta, stringendo appena gli occhi. Due rughe verticali le comparvero alla radice del naso. “Siediti,” disse indicando una seggiola posta davanti a un'imponente scrivania di legno scuro, quindi aggirò il mobile e si accomodò a sua volta. “Ti ascolto,” disse poi.
Richard spiegò tutto, cercando di raccontare le cose in modo più possibile neutro e imparziale. Mentre parlava cercava di leggere l'espressione della donna, che però rimaneva insondabile.
Quando il racconto finì, ella rimase a fissarlo in silenzio.
Lui si agitò nervoso sulla sedia. Il silenzio era perfetto, la donna rimaneva immobile con gli occhi fissi su di lui. “Puoi aiutarmi?” le chiese alla fine, già aspettandosi di venire scacciato come l'ultimo dei porci e degli stupratori.
Contrariamente alle previsioni, l'avvocatessa rispose: “Ti costerà parecchio.”
Non sono in vendita,” si sentì in dovere di precisare.
La donna assunse un'espressione sprezzante, quindi gli disse: “Sei un maschio. Nulla di ciò che hai da offrire, a parte i soldi, può interessarmi.”
Quanti soldi?” chiese Richard.
Cinquemila per cominciare, e poi mille ogni volta che dovrò intervenire.”
Cinquemila?” mormorò lui smarrito. Si era immaginato molti soldi, ma non avrebbe mai pensato che ne occorressero così tanti.
Per cominciare,” precisò lei impassibile, “e non ti garantisco il risultato, il tuo è un caso dei peggiori. Fammi comunque avere tutti gli incartamenti, quando mi porti i soldi.”
Va bene.”
Ora vattene, devo lavorare.”

§

I gomiti appoggiati al bancone, un bicchiere vuoto davanti a sé, Richard emise un sospiro e disse: “E così, adesso devo trovare quei cinquemila, per cominciare.”
Al suo fianco, Brunn chiese: “Ti ha dato qualche speranza di riuscita?”
No, ha detto solo che è un caso dei peggiori.”
E allora?”
Richard chinò il capo. Gli occhi fissi sul bicchiere vuoto, rispose: “Io ci devo almeno provare, capisci? Io rivoglio la mia famiglia.” Si voltò verso Brunn e proseguì: “Noi stavamo bene insieme. Io e Paula ci amiamo, Leo è la nostra vita. Niente di quello che hanno detto su di noi è vero e io mi rifiuto di piegare la testa di fronte a questa ingiustizia, mi rifiuto di passare da porco e violento quando non lo sono mai stato in tutta la mia fottuta vita.”
L'altro rimase in silenzio.
Io ho il diritto di far sentire la mia voce,” insisté Richard alzando il tono, “ho il diritto di dimostrare la mia innocenza!”
Brunn a questo punto si girò fino a fronteggiarlo. La luce che cadeva dall'alto era schermata dalla visiera del berretto da baseball, quindi il suo viso rimaneva in ombra. Di esso si notavano solo gli occhi chiari e la barba, così lunga da arrivare fin sul petto. “Continui a non capire,” disse lentamente. “Tu non hai nessun diritto, qui, se non quello di piegare la testa.”
Richard strinse i pugni. “Non può essere così. Io non ho fatto niente.”
Dimostralo.”
Lo farò!”
Come? Con che soldi? Quale giuria accetterà di giudicarti per quello che hai fatto veramente e non per quello che rappresenti?”
Richard non rispose, le nocche sbiancarono. L'altro attese qualche secondo, poi gli batté la mano sulla spalla e disse: “Non è così dappertutto, amico.”
Il primo sollevò su di lui uno sguardo torvo. “So cosa stai per dire,” lo avvisò, “ma io non lascio mia moglie e mio figlio.”
Tra un po' saranno loro a lasciare te.”
Non dire stronzate. Perché dovrebbero lasciarmi?”
Perché cominceranno a pensare come loro.”
Impossibile.”
Brunn si limitò a un'alzata di spalle. Fece un cenno a Lonnie perché riempisse i due bicchieri ormai vuoti, quindi abbassò gli occhi sul proprio. Dopo un po' disse: “Una volta io ero come te. Pensavo che si potesse parlare, che ci si potesse confrontare.” Fece una breve pausa, poi ripeté: “Confrontare. Una parola che piace molto, ma che attualmente ha perso ogni significato. Perché o dal confronto esce che le donne sono quel che adesso dicono di essere, oppure vieni bollato come maschio fallocratico affamato di predazione e conquista e il confronto finisce lì.”
E la verità? Dovrà pur venire fuori la verità, prima o poi.”
Dire la verità può essere uno sforzo inutile, soprattutto se non c'è nessuno che vuole sentirla.”
Di nuovo calò il silenzio. In sottofondo si sentivano un vago brusio e una musica fioca. Richard bevve un sorso di bourbon e rimase a rigirarsi il bicchiere fra le dita, gli occhi fissi sul liquido ambrato che si agitava a seconda dei movimenti del recipiente.
Gli giunse di nuovo la voce di Brunn: “Pensa a quello che ti ho detto.”
Non lascio mia moglie e mio figlio.”
Non puoi più fare niente per loro, ma non te ne rendi ancora conto. Pensi che quell'avvocatessa ti aiuterà?” Fece un gesto sprezzante. “Stronzate. Non conta chi ha veramente ragione, conta quello che serve a rinsaldare il loro potere.”
Io comunque voglio provarci.”
Brunn scosse la testa, poi disse: “L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi.”
Beh, io la mia decisione l'ho presa, amico. Me li riprenderò e poi ce ne andremo tutti insieme in questo posto di cui parli sempre.”
Brunn scosse di nuovo la testa e quando Richard fece per replicare, si limitò a vuotare il bicchiere. Dopodiché buttò sul bancone un paio di banconote e disse: “Pensaci, quando ti troverai sbattuto in prima pagina come il mostro di turno, quando tua moglie ti sputerà in faccia perché sei uno sporco sciovinista e tuo figlio non si ricorderà nemmeno come ti chiami. Pensaci, e nel caso vieni a cercarmi.”

§

Richard appoggiò il martello sul bancone, si pulì le mani sporche di grasso con uno straccio e si diresse verso un ufficio separato dall’officina tramite pareti di vetro. Al di là, seduta a una scrivania, una donna stava compilando dei moduli e ogni tanto sollevava lo sguardo per controllare gli operai.
L’uomo si avvicinò e bussò cautamente alla porta.
La donna gli fece cenno di avvicinarsi. “Non sporcare per terra,” lo accolse.
Va bene.”
Richard rimase in piedi davanti alla scrivania. l’altra finì di compilare il modulo, lo mise da una parte poi chiese: “Cosa vuoi?”
Avrei bisogno di fare qualche turno in più.”
La donna aggrottò le sopracciglia. “perché?”
Mi servono soldi.”
Ah, soldi. E cosa ci vuoi fare con i soldi?”
Ne ho bisogno.”
Ma certo, lo immagino. Ti vorrai comprare roba proibita sottobanco. Guarda che se ti becco con della mercificazione del corpo femminile ti segnalo immediatamente alla Commissione per la Consapevolezza di Genere, e ci penseranno loro a raddrizzarti.”
Vorrei fare dei turni in più,” si limitò a ripetere Richard.
La donna lo scrutò stringendo gli occhi. “Non è che te ne vuoi stare qua a bighellonare con i tuoi colleghi uomini mentre tua moglie a casa deve sobbarcarsi tutti i lavori?”
L’altro lanciò un’occhiata all’officina, in cui i pezzi più leggeri che venivano movimentati pesavano quaranta chili, e disse: “No, ho solo bisogno di soldi.”
Va bene, ti puoi fermare per un’ora dopo ogni turno.”
Posso fermarmi due ore?”
No, una. E poi te ne torni a casa difilato. Non voglio certo contribuire a creare una figura di padre assente e disinteressato.”

Richard piantò la vanga nel terreno in modo che non cadesse, quindi si asciugò il sudore dalla fronte e disse: “Ho finito.”
Di già?” Una donna si avvicinò e scrutò critica la terra rivoltata di fresco. Spostò una zolla con la punta del piede e chiese: “Sei stato veloce. Sei andato in profondità come ti avevo chiesto?”
Sì.”
Fammi controllare.”
Sono andato giù per quaranta centimetri.”
In così poco tempo? Non è che hai vangato solo la prima parte e nel resto ti sei limitato a togliere lo strato d’erba?”
No, ho fatto il lavoro correttamente.”
La donna fece una risatina. “Un lavoro corretto fatto da un uomo devo ancora vederlo.”
Questo è fatto come si deve,” replicò Richard con una punta di durezza nella voce.
Siamo suscettibili, eh? Ma è scientificamente provato che il cervello maschile non è in grado di organizzare i lavori complessi, quindi è inutile che tu faccia l’offeso se voglio controllare.”
L’uomo non disse nulla, limitandosi a calcolare mentalmente la cifra che avrebbe raggiunto con il pagamento di quell’ultimo lavoro.
Era desolatamente bassa.
Potresti darmi i soldi, per favore?” chiese. “Devo pulire una piscina prima che faccia buio.”
La donna contò alcune banconote e gliele porse, Richard si affrettò a farle sparire nella tasca anteriore della salopette, che poi chiuse con cura. “Ora scusami,” disse, “ma devo andare.” Corse fuori prima di sentire la risposta della donna.

§

Richard scese da uno sgangherato autobus azzurro – quelli riservati ai maschi – poi si incamminò lungo un vialetto con alberi sui due lati. Raggiunse un alto muro di cinta, dietro il quale si intravedevano in lontananza i tetti di un’imponente costruzione. Si avvicinò a un portone di ferro e cercò di scrutare al di là. Subito si udì il ronzio di un cicalino, si attivò l’occhio rosso di una telecamera e da un altoparlante provenne una voce femminile che ruvidamente disse: “Cosa stai facendo? Guarda che stiamo filmando e registrando. Prova a muoverti e ti becchi una denuncia!”
L’uomo si irrigidì. “Vorrei vedere Paula.” spiegò.
Paula, chi?”
Paula. Dovrebbe essere da voi per un decreto della Giudice Tutelare.”
Ci fu qualche istante di silenzio, poi la voce chiese: “Tu chi saresti?”
Suo marito, Richard.”
Ah, il porco sciovinista.”
L’uomo si costrinse a non replicare. “Posso vederla?” chiese dopo un po’.
Neanche per sogno. Le hai già fatto abbastanza male.”
Richard alzò lo sguardo verso la telecamera, come per fissare un’eventuale interlocutrice, quindi disse: “Ho un permesso delle assistenti sociali.”
Fa’ vedere.”
L’uomo trasse di tasca un foglio accuratamente piegato in quattro, lo spiegò e lo sollevò verso l’occhio elettronico. Dall’altoparlante provenne una risata sprezzante, quindi la voce disse: “Chiunque potrebbe falsificare uno di quelli, persino un maschio. Andrò a fare una telefonata a chi di dovere.”
Trascorse un tempo imprecisato, che Richard impiegò passeggiando su e giù davanti al portone. Fece un altro tentativo di guardare attraverso una fessura, ma di nuovo la telecamera si attivò e lo puntò, cosa che lo convinse ad arretrare immediatamente.
Alla fine, dall’altoparlante la voce lo informò: “Mi hanno confermato il permesso.”
Posso entrare?”
Qui non entrano maschi. Aspetta qui, se Paula acconsente a parlarti verrà, altrimenti te ne puoi andare.”
Si udì uno scatto metallico e nel portone si aprì un finestrino munito di una grata.
Non provare a toccarla,” lo ammonì la voce, “non passarle niente e ricordati che stiamo filmando e registrando.”
Di nuovo, Richard alzò lo sguardo verso la telecamera e chiese: “Che cos’è, un carcere?”
No, è un luogo puro, in cui la femminilità non è contaminata dalla presenza dei maschi e può esprimersi in tutta la sua meravigliosa pienezza.”
Passò altro tempo. L’uomo si piegò per dare un’occhiata attraverso il finestrino e vide un immenso parco fiorito. In lontananza c’erano donne con abiti lunghi e capelli sciolti che fluttuavano al vento. Esse parevano indaffarate a completare una specie di grande disegno colorato che stava prendendo forma sul pavimento.
Una delle donne si staccò dal gruppo, e prima ancora che si girasse verso di lui, Richard riconobbe la tonalità di biondo che tanto amava. Sentì il cuore balzargli nel petto.
Paula!” chiamò. Si accorse di avere il respiro accelerato per l’emozione. “Paula!”
La donna alzò la testa e scrutò nella sua direzione come se l’avesse sentito. La immaginò stringere gli occhi come faceva di solito.
È un po’ miope,” disse fra sé e sé, ma sembrò che lo stesse confidando a chi lo stava ascoltando attraverso il sistema di sicurezza.
Istintivamente allungò una mano verso la grata, ma subito la voce lo avvertì: “Vuoi uno shock elettrico nelle palle?”
Fece un passo indietro.
Paula nel frattempo si stava muovendo nella sua direzione. Si chiese perché non corresse. Lui avrebbe corso con tutte le sue forze, se fosse stato al suo posto.
La fissò con apprensione, ma non sembrava sofferente. I suoi movimenti avevano la fluidità di sempre, il volto era liscio e rilassato. “Paula!” ripeté. La donna alzò a malapena la testa.
Si fermò a un metro dal cancello e solo a quel punto, in tono calmo, disse: “Ciao, Richard.”
Paula, tesoro!” Di nuovo l’uomo tentò di avvicinarsi alla grata, ricordandosi solo all’ultimo momento della proibizione. “Paula, come stai?”
La donna gli sorrise. “Bene, e tu? Come te la cavi a casa da solo?”
Mi mancate da morire.”
Paula annuì quasi con indulgenza.
Sto facendo di tutto per farvi tornare, sai? È stato un clamoroso errore, e io lo dimostrerò. Sono andato dall’avvocatessa migliore della città.”
Non dovevi disturbarti.”
Stai scherzando? Io non vedo l’ora che tutto torni come prima, tesoro. Non vedo l’ora di riavere te e Leo a casa.”
Di nuovo la donna annuì appena, poi gli disse: “Le cose non torneranno più come prima, caro.”
Richard si trovò a deglutire, spiazzato dalla strana risposta. “Che cosa intendi?” le chiese diffidente.
Lei alzò le spalle. “Niente. È che qui si impara a vedere le cose sotto un aspetto diverso.”
Cioè?”
Niente.” Poi, dopo una pausa: “Come va il lavoro? Ti vedo stanco.”
Bene, non preoccuparti. Sto solo facendo un po’ di straordinari per prendere qualche soldo in più.”
Lei sorrise di nuovo, con la brezza che le agitava appena i capelli. Qualche filo dorato le rimase impigliato nelle labbra. Richard si sentì pervadere da una strana apprensione: sua moglie aveva un aspetto vago, remoto. Gli dava l’impressione di guardare la fotografia di una persona molto amata ma ormai scomparsa.
La sua voce lo richiamò alla realtà: “Ora devo andare.”
Di già, tesoro?” Notò che non si era sentito alcun richiamo e che nessuna delle donne che si muovevano sullo sfondo sembrava fare caso a lei.
Devo aiutare a finire il mandala. È molto rilassante e aiuta a elaborare le emozioni. Grazie a quello, le donne violate dall’odio imparano a riappropriarsi della loro dignità.”
L’uomo si costrinse a ignorare quella strana frase. “Non mi hai detto niente di te, Paula. Come ti trattano, cosa fai...”
Devo andare,” lo interruppe la donna. “A presto, Richard,” si girò e prese ad allontanarsi senza fretta, come se si fossero salutati in una mattina qualsiasi, prima di recarsi ognuno al rispettivo lavoro.
Richard rimase a guardarla fino a che lo sportellino metallico non si richiuse con un tonfo, facendolo sussultare per la sorpresa.
Adesso vattene!” ordinò brusca la voce.

Marvellous gli indicò una sedia bassa, che sembrava provenire dall’arredamento di una classe. “Puoi sederti qui,” gli disse.
Richard ci si accomodò a fatica, finendo per trovarsi praticamente con le ginocchia contro il mento. “Quando arriva Leo?” chiese.
Per tutta risposta, Sam accese un monitor che si trovava su un tavolino e sullo schermo comparve una stanzetta piccola, con il linoleum sul pavimento e le pareti verde chiaro, arredata con un banco di scuola e un paio di sedie come quella su cui sedeva lui.
L’uomo alzò lo sguardo sull’assistente sociale e chiese: “Che significa?”
Procedura di prevenzione degli acting-out.”
Avevo chiesto di vederlo,” protestò Richard. “Ci siete voi a sorvegliarmi, e poi con un’eventuale azione inconsulta avrei tutto da perdere. Voglio vedere mio figlio di persona.”
Sam scosse la testa e in tono neutro lo informò: “È statisticamente dimostrato che gli uomini reagiscono alle situazioni di forte stress emotivo con passaggi all’atto. Dobbiamo tutelare il bambino.”
Dovete tutelarlo da me? Ma io sono suo padre.”
L’analisi del disegno di Leo e i risultati dei test hanno dimostrato che sei una persona violenta e impulsiva.”
Un momento,” chiese Richard in tono diffidente, “quali test?”
Ma non fece in tempo a sentire la risposta, perché la porta della stanza che si vedeva nel monitor si aprì e da essa, tenuto per mano da una donna, entrò il bambino.
Leo!” esclamò Richard. “Leo, mi vedi? Riesci a vedere papà?”
Il piccolo sorrise e corse verso il monitor. “Papà!” esclamò. “Papà, quando andiamo via?”
Presto,” gli assicurò l’uomo, faticando per mantenere la voce normale. “Prestissimo. Papà è andato da un’avvocatessa, sai? un’avvocatessa molto brava, che ci aiuterà a tornare insieme.”
Io, te e la mamma?”
Sì, tutti noi insieme,” rispose di getto l’uomo, cercando di ignorare la sensazione di disagio che il colloquio con la moglie gli aveva lasciato.
Papà, qui sono tutti strani,” lo richiamò la voce del figlio. “Delle volte ci fanno stare senza vestiti e poi non ci danno neanche un po’ di ciccia.”
Davvero?”
Neanche un po’,” ripeté il bambino facendo il broncio. “Io gli ho detto che tu la sai fare tanto buona, che se mai potevo chiamarti, che tu glielo insegnavi anche a loro, come si fa, ma mi hanno detto che le mucche piangono tanto tanto.” Fece una pausa. “È vero che piangono, papà?”
Beh...” Richard sentì su di sé lo sguardo severo delle due assistenti sociali.
Per fortuna, il bambino cambiò discorso e gli chiese: “Quando posso tornare a casa?”
Ecco… ci vorrà ancora un po’.”
Ma quanto? Io voglio tornare con te e la mamma, non mi piace stare qui.”
Devi avere pazienza, Leo,” sospirò l’uomo. “Vedrai che quando tornerai a casa faremo una bella festa.”
Con la ciccia?” chiese il bambino fissandolo speranzoso.
La donna che lo accompagnava a quel punto si piegò su di lui e disse: “Lo sai cosa fa la ciccia, Leo? Ti fa tanta bua alla pancia, perché quando la mucca muore sente tanto male e quel male rimane dentro la sua ciccia.”
Il bambino si voltò a fissarla con apprensione. “Davvero?”
Sì. La mucca, poverina, soffre tanto. Le danno una botta proprio qui, sulla testa, e l’osso fa crack! e si rompe in due. E il cervello della mucca, lo sai che cosa fa? Il cervello esce tutto dai buchi del naso, insieme al sangue. E intanto gli uomini cattivi che le hanno dato una botta in testa la legano per un piede e la sollevano, e poi le aprono la pancia, ma la mucca non è mica ancora morta...”
Il bambino scoppiò in un pianto disperato. “Papà!” urlò fra i singhiozzi.
Ehi, ma che accidenti state dicendo a mio figlio?” sbottò Richard sollevandosi per metà dalla sedia.
Per quanto fosse dall’altra parte del monitor, la donna che accompagnava Leo si fece indietro. “Tu sei un violento!” strillò. “Sei un prevaricatore, uno che non consente agli altri di esprimere le loro opinioni!”
Certo che no,” replicò l’uomo, incurante dei richiami delle assistenti sociali. “Se le tue cosiddette opinioni sono racconti del terrore che fanno piangere mio figlio!”
Deve sapere la verità! Deve sapere cosa succede agli animali che voi carnivori uccidete!”
È solo un bambino, cazzo!”
A quel punto, la burrosa Marvellous saltò su come punta da una vespa e in tono tagliente disse: “Ma certo, quando le cose si mettono male, voi maschi frustrati tirate subito fuori il vostro fallo, eh? Lo ostentate. Pensate che quell’insulso pezzo di carne vi renda superiori a noi, non è vero?”
Dall’altra parte del monitor, il bambino continuava a piangere. La donna che era con lui gli stava dicendo: “Bravo, tesoro, fai bene a sfogarti. Questo non riporterà certo in vita i poveri animali uccisi, ma almeno ti aiuterà a empatizzare con il loro dolore. Lo sai cosa vuol dire empatizzare, caro?”

§

Di nuovo a casa – una casa straordinariamente silenziosa e vuota, senza Leo e Paula – Richard si lasciò cadere sul divano e per un po’ rimase semplicemente sdraiato a occhi chiusi. Il gruzzolo che stava con fatica racimolando cresceva con una lentezza esasperante, mentre le visite a sua moglie e a suo figlio gli avevamo fatto capire con spietata chiarezza che l’intervento dell’avvocatessa non poteva essere differito ulteriormente.
Si voltò e fissò lo sguardo su un quadro che rappresentava bambine di vari colori con tuniche arcobaleno impegnate in un festoso girotondo.
Non era quell’immagine che gli interessava, ovviamente.
Dietro di essa era nascosta la cassaforte, all’interno della quale c’era l’ultimo ricordo della sua famiglia, l’ultima testimonianza delle sue origini.
Emise un lungo sospiro. Non aveva mai visto il luogo che una volta era chiamato Baviera, ma suo padre gliene aveva parlato così spesso che gli sembrava di esserci cresciuto.
Se chiudeva gli occhi, riusciva a immaginare montagne inviolabili dalle vette coperte di neve, che si stagliavano contro cieli di un azzurro purissimo, oppure prati costellati di fiori, o stelle alpine che spuntavano tra le rocce.
Se si concentrava, riusciva persino a sentire il canto del vento tra le vette o il grido acuto dell’aquila.
Andò alla ricerca del telefono, compose un numero.
Dall’altra parte, una voce maschile disse: “Pronto?”
Jack?”
Sì, chi parla?”
Sono io. Ti interessa ancora quella cosa?”
Ci fu qualche secondo di esitazione, poi giunse la risposta: “Sì, certo. Hai deciso di venderla, finalmente?”
Sì. Il prezzo è sempre quello che mi avevi proposto?”
Certo. Se è autentica, naturalmente.”
Lo è. Dove ci troviamo?”
Il posto che avevamo pattuito. Domani sera va bene? Mi serve un po’ di tempo per recuperare tutti quei contanti.”
D’accordo.”
Richard chiuse la comunicazione, poi fissò di nuovo lo sguardo sul quadro col girotondo. Non ereditiamo il mondo dai nostri padri, c’era scritto sotto, lo prendiamo in prestito dai nostri figli.
Gli era sempre parsa una stronzata.




   
 
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