Videogiochi > Detroit Become Human
Segui la storia  |       
Autore: Roiben    23/10/2018    2 recensioni
Che cos'è la devianza? Un semplice virus digitale diffusosi fra gli androidi a seguito di contatti e scambio di dati? Un malfunzionamento patogeno causato da un errore di progettazione? L'evoluzione autonoma di un programma preinserito? O la semplice presa di coscienza della propria esistenza e di un pensiero indipendente?
Come l'hanno percepita gli androidi? E gli esseri umani?
Anche gli androidi hanno dei sogni?
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Connor/RK800, Elijah Kamski, Hank Anderson, Markus/RK200
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

chapter 09. Research



DETROIT

Date

NOV 14TH, 2038


100011101101111011000010101010111011011010101110


CYBERLIFE TOWER

Belle-Isle

Floor -38

Time

AM 11:15



Le telecamere della videosorveglianza interna non hanno più la possibilità di seguirlo lungo il suo cammino. Non che trovi particolarmente fastidioso farsi riprendere, ben inteso, ma ha scoperto in fretta che mostrandosi al loro occhio attira sgradevolmente l’attenzione degli umani presenti nell’edificio, e la sua piccola spedizione è qualcosa che ritiene privato, nulla insomma che desideri condividere con qualcuno, soprattutto se quel qualcuno è così diverso da lui.


A volte si attarda di fronte a qualche porta a vetri, scrutando con attenzione ciò che può vedere, con l’inespresso desiderio di cambiare quel riflesso. Ma è solo diverso tempo dopo, nel corso del suo vagabondaggio attraverso i differenti corridoi e piani di quella babele post-moderna, che trova nel proprio archivio un’informazione capace di rasserenarlo.


Allora decide di tentare, apre una delle innumerevoli porte disseminate per i corridoi e se la richiude alle spalle, bloccandone l’accesso con un codice crittografato, quindi si mette al lavoro, ricalcando a mente e con cura le caratteristiche osservate nelle tante fotografie e tenendo d’occhio i risultati sul proprio riflesso alla finestra che dà sul cielo esterno. Attentamente passa in rassegna le opzioni, trovando la sfumatura che più lo convince, ottenendo finalmente un rivestimento del tutto simile all’incarnato di un umano maschio europoide; poi si concentra sui capelli, scegliendo qualcosa di più comune: un rilassante castano scuro andrà più che bene sulle sue iridi grigie.


Mancano però ancora alcuni particolari, dettagli che ha potuto verificare da sé e che vuole possedere. Poggia un palmo sul vetro, si avvicina maggiormente al proprio riflesso e assottiglia le palpebre; morbide ciglia scure ora ornano i suoi occhi, e delicate sopracciglia formano curve armoniose al di sopra, replicando la tinta dei capelli. Senza conoscerne il motivo, le sue labbra, ora piacevolmente rosa, si flettono puntando verso l’alto. Sta per prendere la via dell’uscita, soddisfatto, ma un ultimo dettaglio lo blocca a mezza strada e gli fa aggrottare le sue nuovissime sopracciglia: il suo corpo ora somiglia a quello umano, ma è nudo. Che fare? Si guarda attorno, dubbioso: non scorge traccia di abiti in quel posto. Scrolla le spalle, rassegnato; li troverà altrove. Sblocca la porta e riprende il proprio cammino.


Tempo dopo, mentre vaga ancora, impegnato nella ricerca di qualcosa di idoneo con cui coprirsi, gli altoparlanti sparsi per la torre frusciano brevemente, e una voce stentorea si spande per tutto l’edificio.


«RK900, hai l’ordine inderogabile di fare ritorno ai laboratori del quarantaquattresimo piano con effetto immediato. Non ti è permesso spostarti per i settori della torre e nemmeno lasciare l’edificio».


Solleva gli occhi, cercando i collegamenti dell’impianto acustico che si diramano all’interno delle pareti.


«Ripeto» riprende la voce chiara e decisa di poco prima. «Torna immediatamente ai laboratori. Se rifiuterai di obbedire, le squadre della sicurezza hanno l’ordine di abbatterti a vista».


Ha individuato i segmenti interessati. Poggia una mano sul muro in corrispondenza di uno di questi e manda un segnale di spegnimento. Il lieve fruscio scompare e tutto torna silenzioso. Annuisce, soddisfatto, e riprende la ricerca.


100011101101111011000010101010111011011010101110


CANADA

Date

NOV 13TH, 2038


100011101101111011000010101010111011011010101110


CHATHAM-KENT - ONTARIO

470 McNaughton Ave

Time

PM 10:22


Quando Dick rincasa e, dopo un veloce sopralluogo, non trova nessuno, né poliziotti svitati né tanto meno androidi devianti, si chiede per un istante se non si sia immaginato tutto quanto. Tuttavia, fermandosi accanto alla sua scrivania, nota un piccolo post-it sul quale può abbastanza facilmente decifrare poche righe scritte da qualcuno che, poco ma sicuro, non è Hank Anderson, considerato che l’amico scrive peggio di un medico. Il messaggio avvisa gentilmente che sono usciti a portare a passeggio il cane.


Dick vorrebbe sbattere la testa contro il primo muro disponibile o, in alternativa, accendersi uno spinello. Si trattiene dal commettere azioni inconsulte a stento, pensando che l’amico debba essersi definitivamente bevuto il cervello. Insomma, a spasso col cane ci può anche stare; nel suo quartiere è un’azione abbastanza usuale dopo tutto. Ma non con un androide! Sta per strapparsi i capelli per la frustrazione, salvo poi rammentare all’ultimo momento di possederne già in scarsa quantità. Così, anche per questa volta, si controlla limitandosi a sciorinare un’apprezzabile sequela di imprecazioni.


*


Contrariamente ai pessimistici presentimenti di Dick, Hank non è ancora del tutto suonato. Prima di uscire di casa con Sumo e Connor ha setacciato il guardaroba di Dick e ha scovato un cappello di lana per l’androide. Che, d’accordo, è effettivamente un tantino vistoso, così rosso e con un pon-pon in cima, ma se non altro serve egregiamente allo scopo di celare quello stupido led che brilla senza tregua come un faro nella notte, strillando ai quattro venti: «Androide!». Squilibrato potrebbe anche esserlo, ma scemo no ci certo. E già che c’era ha riesumato anche un vecchio cappotto che ha sicuramente visto giorni migliori, un po’ spelacchiato sui gomiti e dietro il colletto, e ha suggerito a Connor di sbarazzarsi di quella giacca al neon che si ritrova e sostituirla con un meno pretenzioso cappotto nero in panno, il quale ha l’indubbio vantaggio di dare nell’occhio il meno possibile.


Connor, dopo che Hank gli ha infilato il cappello in testa assicurandosi che faccia il suo bravo lavoro, lo ha guardato con occhi grandi e un poco imbarazzati, ma non ha detto una sola parola, lasciando che il tenente disponesse di lui come meglio credeva opportuno. L’idea di fare qualcosa di così normale come portare a passeggio il cane, a dirla tutta, ha la capacità di emozionarlo, in un modo che non è completamente in grado di comprendere, ma che si rivela comunque piacevole.


100011101101111011000010101010111011011010101110


DETROIT

Date

NOV 14TH, 2038


100011101101111011000010101010111011011010101110


CYBERLIFE TOWER

Belle-Isle

Floor 43

Time

AM 11:30


Un nuovo segnale acustico avvisa l’uomo che ha una chiamata in attesa. Lancia una fugace occhiata all’androide, ancora intento nel venire a patti con le ultime cattive notizie, poi distoglie l’attenzione per scoprire chi lo cerca. Il professor Phillips: sta diventando un vero tormento quell’uomo. Sospira e attiva la comunicazione.


«Kamski» sibila contrariato, facendolo somigliare a una minaccia.


Ascolta con pazienza, probabilmente più di quanta se ne possa realmente permettere, e a stento si trattiene dallo sbuffare.


«Professor Phillips, perdoni l’interruzione, ma quando le ho chiesto di tenermi informato sugli sviluppi potrei non essermi adeguatamente spiegato. Ciò che intendevo era di essere contattato se o quando aveste qualche buona notizia. Lei, ora, mi sta dicendo che il prototipo è scomparso, che risulta introvabile, e io vorrei rispettosamente farle notare che ci troviamo all’interno di una torre e che, a meno che non abbia sconsideratamente deciso di gettarsi dalla cima, l’unica via di entrata e d’uscita praticabile si trova, come certo lei ben sa, alla base. Voglio sperare che abbiate provveduto a disporre i necessari controlli all’accesso» rimarca, vagamente stizzito per la futile interruzione ai suoi preziosi studi.


Altre vuote spiegazioni riempiono le sue orecchie. Chiude gli occhi e si massaggia una tempia con il pollice, impegnandosi nonostante tutto nel rimanere concentrato sulla conversazione.


«Professore, mi rendo conto che potrei, forse, risultare scontato, ma se nessuno risulta essere uscito dall’edificio, come mi ha gentilmente assicurato poco fa, il fatto che la sicurezza non ne abbia ancora trovato traccia non significa matematicamente che non si trovi più all’interno della torre. Provi se non altro a vedere il lato positivo: comportamento fuori dagli schemi a parte, il nostro nuovo prototipo ha dimostrato in modo inoppugnabile di poter agire con estrema efficacia e rapidità, disattivando sia l’impianto di videosorveglianza che quello delle comunicazioni. Si tratta senz’altro di un dato favorevole, non trova anche lei? Ora non resta che lasciare che le guardie riescano infine a ritrovarlo. Confido nelle loro indiscutibili qualità. E… cortesemente, la pregherei di volermi ricontattare solo quando avrete sistemato la situazione, o in alternativa nel caso in cui lui abbia sistemato voi. Buona giornata, professor Phillips» decreta, chiudendo bruscamente la comunicazione.


*


Markus ora lo sta fissando, pensieroso. Elijah se ne rende conto con un po’ di ritardo, e a quel punto reclina il capo, interdetto.


«Perché fai questo? Perché te la prendi con quell’androide? Non ha neppure avuto il tempo di conoscersi, non può certo averti creato problemi» protesta risentito, non riuscendo a comprendere il comportamento dell’uomo.


«Hai male interpretato le mie azioni. Non agisco in questo modo per un qualche tipo di rancore nei suoi confronti, al contrario…» prova.


«Stai giocando con lui, con la sua esistenza. Come altro dovrei interpretarlo? Questo non è certo il modo di fare di qualcuno che lo apprezza» lo accusa senza più remore. Ride, un suono amaro e metallico. «Cazzo, dobbiamo proprio aver fatto qualche cosa di veramente orribile, in passato, per esserci meritati un creatore psicopatico» ringhia.


«No, non è così» replica pacato l’uomo. «Sono conscio che non sei in grado di comprendere il mio fine e ciò ti turba. Presto capirai, te lo prometto».


Ci sono momenti nei quali avrebbe una gran voglia di ucciderlo con le proprie mani e liberare il mondo da una creatura così pericolosa e imprevedibile, ma la sola idea di farlo in quel modo, a sangue freddo, gli mette addosso un certo terrore e disgusto, per sé stesso.


«Per favore, smettila di parlare per enigmi. Se vuoi tenere per te i tuoi segreti, fallo pure, ma evita di rifilarmi scuse senza alcun senso unicamente per tenermi buono. Non funziona per niente, te lo assicuro; ho ancora una maledetta voglia di torcerti il collo» lo informa per dovere di cronaca.


«Mh, confortante» commenta leggero.


«Per niente. E non stavo scherzando».


Elijah lo osserva a lungo, in silenzio, aspettando che il momento passi e la rabbia si sgonfi da sé così da permettergli di tornare lucido a sufficienza.


«Tu, Connor e il nuovo prototipo avete qualcosa in comune» mormora, studiando con attenzione la reazione dell’androide.


Markus fissa gli occhi in quelli dell’uomo e arriccia le labbra in un macabro ghigno.


«Intendi dire, a parte l’essere il parto della tua mente malata?».


Un piccolo sbuffo, che diviene lieve risata, irrita il suo processore audio.


«Sì, esatto, a parte quel dettaglio» conferma di buon grado.


Per quale motivo debba invariabilmente fargli perdere la pazienza a quel modo, è solo uno dei troppi misteri che ruotano attorno a quell’uomo.


«E dunque? Quale sarebbe questo qualcosa in comune di cui parli?» borbotta infine, arreso all’evidenza di dover chiedere, se desidera una parvenza di risposta.


«Un esperimento. Gli unici tre esemplari esistenti della serie RK. Pensavi davvero si trattasse di un caso?» sorride divertito.


100011101101111011000010101010111011011010101110


CANADA

Date

NOV 13TH, 2038


100011101101111011000010101010111011011010101110


CHATHAM-KENT - ONTARIO

470 McNaughton Ave

Time

PM 11:04


Ha un piccolo sorriso sulle labbra, mentre passeggia senza fretta lungo la silenziosa via alberata in compagnia del tenente e del suo San Bernardo. Le villette che superano hanno tutte le finestre illuminate, e i lampioncini sui marciapiedi creano una luce piacevolmente ovattata sulla strada deserta. Non c’è nulla che debba fare, a parte camminare; ma anche questo non è un dovere, è semplicemente qualcosa che vuole fare. Nessun obbligo, nessun ordine, nessun obbiettivo; solo bianche nuvolette di condensa che escono dalle fauci spalancate di Sumo e dalle labbra di Hank, e il rassicurante ticchettio dei loro passi. Questo è quello che significa essere liberi? Se è così, è davvero una bella sensazione. È pace senza aspettative, sicurezza senza pressioni.


«È bello» mormora al nulla.


Hank si volta, lo fissa un momento, aggrotta le grigie sopracciglia.


«Come?» chiede, incerto su cosa abbia appena sentito.


Connor solleva gli occhi un po’ stupiti sul viso del tenente e sorride nuovamente.


«È bello» ripete semplicemente.


«Uhm» borbotta Hank, quasi più confuso di poco prima. «Beh, immagino di sì. È tranquillo» ammette. “Un po’ troppo” pondera invece fra sé.


Connor stavolta si limita ad annuire e a proseguire in silenzio al loro fianco.


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Detroit Become Human / Vai alla pagina dell'autore: Roiben