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Autore: Martocchia    24/10/2018    1 recensioni
Sequel di "Ojos de Cielo"
Sono passati pochi mesi dalla scomparsa di Clara, ma tutto sembra essere cambiato nel mondo di Luca: tutto è nero, niente ha più valore per lui, neanche ciò che lo legava così strettamente a "lei". Sì, perché quel nome è impronunciabile per chiunque.
Le persone intorno a lui stentano a riconoscere in quel ragazzo cupo, sarcastico e menefreghista, Luca. Ma delle promesse sono state fatte e delle persone faranno di tutto per mantenerle e per farle mantenere.
Riuscirà Luca a trovare la forza per andare avanti? Riuscirà a cantare. suonare, amare ancora, come lei gli ha chiesto? E se sì. come?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 – Gone forever

La luce della scrivania è accesa ad illuminare libri e appunti. Luca non avrebbe mai pensato che studiare gli tenesse così occupata la mente da dimenticarsi per qualche istante il dolore. Almeno una parte della promessa è riuscito a mantenerla… Gli ha chiesto di cantare quella maledetta canzone e lui l’ha fatto; gli ha chiesto di continuare a studiare e lui lo sta facendo. Per il resto… Prima di conoscerla non era così difficile fare quelle cose. Cantare, suonare, vivere. Ma ora, senza di lei, a che pro continuare? Gli ha chiesto di amare, ma amare chi? Che cosa? Lui non lo comprende. E che lei possa fulminarlo pure! È stata la sua minaccia, ma allora perché non lo fa? Perché non gli permette di andare da lei?

Toc toc.
Qualcuno che bussa alla porta distoglie dai suoi pensieri Luca, il quale, di malavoglia, si alza per andare ad aprire, chiedendosi chi sia.
“È ormai ora di cena. Le persone non mangiano?” si domanda, mentre apre lo scatolino delle chiavi di fianco all’ingresso della dependance. Si blocca per un istante osservando la copia che aveva fatto fare per lei e che non aveva fatto in tempo a darle prima dell’incidente. Voleva che quello diventasse anche il suo covo, un posto dove poter cantare e stare insieme…
Luca chiude la scatola con un gesto secco e apre la porta d’ingresso: davanti a sé trova sua madre e, dietro di lei, un uomo di mezz’età sorridente. Il colletto bianco, che spunta al di sopra della cerniera della giacca, rende la sua identità inconfondibile.

- Luca, hai visite. Comportati bene, mi raccomando. - la mamma gli rivolge un mezzo sorriso e poi si allontana lasciando il don e il figlio uno davanti all’altro.
Luca si fa da parte per far entrare il prete, senza dire nulla, pallido come un cencio, dopodiché si chiude la porta alle spalle e rimane fermo in piedi, non sapendo bene come comportarsi.

- Se vuole sedersi… - incomincia il ragazzo esitante, indicando il divano.

- Oh, grazie. - risponde il sacerdote accomodandosi. – E dammi pure del tu. Non sono così formale. Non ti ruberò troppo tempo, stavi studiando, vero? -.

- Sì, ma non fa niente. -.
Luca prende una poltroncina e la sposta davanti al divano sedendosi anch’egli.
- Come mai sei venuto qui? Hai bisogno di qualcosa? -.

-In realtà è ciò che vorrei chiedere a te, Luca. È passato qualche mese e volevo accertarmi che tu stessi bene. -.
Dagli occhi dell’uomo traspare un’immensa dolcezza, che non permette a Luca di essere caustico, come lo è con tutti gli altri.

- Sto bene, don. Non ti devi preoccupare. Certo, non è stato facile e non lo è ancora, per essere onesti, ma tiro avanti e con il tempo sta migliorando. -.

- Se ne sei convinto… - il ragazzo ignora la frecciatina del prete e rimane in silenzio. – Comunque è davvero un bel posto questo! – esclama il sacerdote, cambiando argomento. - È dove canti e suoni? -.

Luca cambia posizione sulla sedia, agitato, prendendo tempo.
- Sì… - risponde infine – Ma non ho molto tempo ultimamente… -.

- Capisco. Sei in quinta, avrai molto da studiare. – il suo sguardo sembra scandagliare in profondità l’animo di Luca, come se potesse vedere il buio che in realtà si cela in lui. Il giovane non può fare a meno di sentirsi a disagio.
- Ma, sai, è importante anche riservare del tempo alle proprie passioni, per sfogarsi, schiarirsi le idee. Se si studia e basta si finisce per impazzire. -.

-Presumo di sì. - è la striminzita risposta del ragazzo.

- Scommetto che questo posto piaceva molto anche a lei. – continua a parlare il don, cercando di sondare le reazioni di Luca, il quale sussulta a sentirla nominare.

- Sì, infatti. – annuisce il giovane, cercando di non dare a vedere quanto sia difficile per lui affrontare l’argomento.

- Già… Quando cantava brillava, era la persona più felice del mondo. Quando ti ho sentito cantare al funerale ho capito subito che non potevi essere che tu… - l’uomo sorride dolcemente e gli occhi gli si inumidiscono per un istante.

- Che cosa vuoi dire? – chiede incerto Luca.

- Per te è lo stesso. Solo qualcuno che ama così profondamente la musica avrebbe potuto comprenderla fino a quel punto. Nonostante stessi soffrendo, c’era una luce ad animarti. Una luce che ora non vedo più. – risponde il prete, osservandolo attentamente.

- Che cosa vuoi da me? Perché sei venuto qui? – chiede con tono irritato il ragazzo, alzandosi in piedi.

- Te l’ho detto: per accertarmi che stessi bene e per darti questo. -.
L’uomo tira fuori da una tasca un CD e lo porge a Luca, il quale lo guarda con sospetto.

- Che cos’è? – chiede allungando una mano per prenderlo.

- È la registrazione che ho fatto sentire al funerale, che lei mi ha fatto avere. -.

Luca tira immediatamente indietro la mano, come se si fosse scottato:
- Non la voglio. N… Non posso tenerla io. L’ha data a te e a te deve restare. -.

-Io invece credo che sia giusto che la tenga tu. Penso fosse suo desiderio che te la cedessi, che lo volesse Cl… -.

- Non dire il suo nome! – grida Luca, stringendo i pugni. – Non voglio sentirla nominare, non voglio quel CD e adesso devo chiederti di andartene. -.

- D’accordo. – dice pacificamente il prete, rimettendo il CD a posto e tirando fuori, invece, un foglietto, mentre si alza dal divano e si dirige verso la porta.
- Questo è il mio numero di telefono. Se avessi bisogno, volessi la registrazione o semplicemente volessi fare una chiacchierata più onesta di questa, chiamami. -.
Con la mano sulla maniglia l’uomo rimane per un attimo a fissare il ragazzo davanti a lui, che lo sta guardando con occhi pieni di rabbia e dolore, e prima di uscire gli rivolge altre parole. Sono poche, ma il giovane le scorderà difficilmente:

- Luca, non pronunciare o non sentire il suo nome non cambierà il fatto che lei sia morta. -.
Dopodiché il prete appoggia il foglietto sul tavolino di fianco alla porta e se ne va, lasciando Luca con la testa fra le mani, accasciato sul pavimento.


È passato qualche giorno dalla visita del don e Luca continua a sentire nelle proprie orecchie quella frase. Lui non sta cercando di ignorare la realtà, non sta fuggendo, non… Okay, non convince proprio nessuno.
È, però, affar suo come sta gestendo il lutto! Se questo riesce a farlo sentire meglio, allora… No, non va bene: neanche questo è vero.
“Cosa accidenti mi sta succedendo? Perché adesso mi faccio paranoie? Perché ci sto pensando? Perché cerco di giustificarmi?”.
Il ragazzo si massaggia la fronte ad occhi chiusi, mentre la prof di italiano sta per iniziare a spiegare.

- Tutti a posto, forza che iniziamo! – esclama lei, battendo le mani, nel tentativo di richiamare l’attenzione dei suoi alunni, i quali obbediscono un po’ sbuffando e un po’ con espressioni rassegnate alle due ore di letteratura che li aspettano.
- Bene. – la professoressa si siede alla cattedra tutta sorridente, mentre l’aula si riempie del suono di libri lasciati cadere sul banco e di pagine sfogliate, cercando di ricordarsi l’ultimo argomento fatto. – Andiamo avanti con il nostro Leopardi. L’ultima volta abbiamo letto la prima stanza del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”. Chi mi sa dire in quale fase del pensiero filosofico leopardiano ci troviamo? -.

- Nella fase del pessimismo cosmico. – risponde prontamente una delle compagne di classe di Luca.

-Ovvero? – chiede ancora l’insegnante. – Qualcun altro per favore. -.

- Leopardi sostiene che l’origine dell’infelicità umanità risieda nella natura, in quanto quest’ultima crea tutte quelle illusioni che fanno credere all’uomo di poter essere felice, nascondendogli, invece la verità, cioè che l’esistenza non è altro che sofferenza. – risponde un altro ragazzo.

- Esattamente. Infatti, se vi ricordate, il pastore in questa canzone si rivolge in particolare alla luna, che. indifferente alle sue richieste, se ne sta silenziosa in cielo. Che cosa vuole comprendere il pastore tramite queste sue continue domande, ve lo ricordate? -.

- Egli vuole capire qual è lo scopo dell’esistenza umana, breve rispetto all’immortalità della luna. -.

- Bravi. E questa esigenza di capire a che pro l’uomo debba vivere percorre tutto il testo. Adesso andiamo avanti con la seconda stanza. Vediamo un po’… - prende tempo la prof, mentre cerca di capire se sia davvero il caso di mettere in pratica ciò che ha pensato di fare prima di entrare in classe, per poi puntare il proprio sguardo in fondo alla classe e prendendo la propria decisione.
- Luca, puoi per favore leggerla. Pezzo per pezzo poi la commentiamo insieme. -.

Il ragazzo annuisce e con poco entusiasmo legge i primi versi.

“Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo,
con gravissimo fascio in su le spalle,
per montagna e per valle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
al vento, alla tempesta, e quando avvampa
l’ora, e quando poi gela,
corre via, corre, anela”

- Ok, puoi fermarti per adesso. Il soggetto di questi versi penso sia chiaro: è una persona anziana, malata e malvestita che corre, corre, in qualunque condizione atmosferica, su qualsiasi tipo di terreno, con un gran peso sulle spalle. Secondo te, Luca, che cosa o chi rappresenta questo vecchierello? -.

- L’uomo in generale, l’umanità, penso. – tenta lui.

- Bene, mentre il gran peso sulle sue spalle? Che cos’è? Non è così difficile se consideri il suo pensiero. – aggiunge la donna, notando lo sguardo perso dell’alunno, in cerca di una spiegazione.

- Potrebbe essere l’infelicità umana? – risponde Luca dopo averci rimuginato su per un istante.
 
- Proprio così! La sofferenza pesa sull’uomo ed ostacola la sua vita, che non è altro che questa lunga e faticosa corsa. Infatti se leggi i tre versi seguenti… -.

Luca continua a leggere obbedientemente:
 
“Varca torrenti e stagni,
cade, risorge, e più e più s’affretta,
senza posa o ristoro”

- E qui si nota ancora la fatica che contraddistingue questa corsa che tende, però, a che punto? Continua pure. – l’insegnante gli fa segno di andare avanti con la lettura, ma appena il ragazzo posa gli occhi sugli ultimi versi della stanza, la sua bocca diventa asciutta e la voce gli si blocca in gola, mentre fissa la pagina stralunato.
- Tutto a posto? C’è qualcosa che non va? – gli chiede la prof, osservandolo intensamente e chiedendosi se non sia andata troppo oltre troppo presto.

- No, va tutto bene. Avevo solo perso il segno. – trova finalmente le parole Luca e, senza lasciare alla donna il tempo di dire altro, riprende a leggere:

“Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
abisso orrido, immenso,
ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.”

-Il punto di arrivo è dunque la morte, che per lui coincide con il nulla, l’oblio e la dimenticanza. – spiega la prof alla classe, prima di essere interrotta dalla mano alzata di Luca.
- Sì, dimmi. -.

- Come fa Leopardi ad essere così sicuro che la morte sia solo questo? -.

- Non ne è sicuro, nessuno può esserlo a proposito. Si può solo credere in una determinata visione, avere una propria idea. Come sappiamo Leopardi era ateo, non credeva in una vita dopo la morte. Probabilmente considerava queste convinzioni semplici illusioni. Quest’anno studierete un importante filosofo che la pensa nello stesso modo ed è, anzi, più esplicito in questo senso. Nietzsche ritiene che Dio, la religione e tutto ciò che essa comporta sia una di quelle che lui definisce menzogne millenarie: concetti resi assoluti dall’uomo, ma che in realtà sono stati creati da lui stesso per rispondere a determinate esigenze, ad un principio di utilità. Ma questa non è altro che una delle tante visioni esistenti. Non si può sapere quale sia quella esatta. – cerca di spiegare la professoressa.

- Per cui chi vive la propria vita secondo il credo cristiano e va incontro alla morte riponendo tutta la propria fede in esso è solo un illuso? Finirà semplicemente in un buco e basta? Non ricorderà più nulla, neanche il più piccolo sentimento, non veglierà su chi è rimasto? – insiste Luca, con la voce tremante di rabbia.

Sulla classe cala il gelo. Gli altri ragazzi si limitano a seguire a disagio lo scambio di battute, aspettandosi che il loro compagno scoppi da un momento all’altro.

- Se vuoi la mia risposta, Luca, non lo so, non lo possiamo sapere, ma spero proprio che non sia come dici tu. Se vuoi, invece, la risposta di Leopardi, allora hai centrato pienamente il suo pensiero. – risponde con cautela la donna.

Luca non prolunga il dibattito oltre e china sconfitto la testa sul banco.
Tutti lo fissano per un lungo istante senza sapere come uscire da questa imbarazzante situazione, fino a quando l’insegnante non si riscuote e sorridendo richiama l’attenzione della classe sulla lezione in corso.

- Andiamo avanti con il componimento. Chi vuole leggere la terza stanza? -.

Fino al suono della campanella dell’intervallo, non si sente più la voce di Luca, il quale si è richiuso nel suo guscio di silenziosa indifferenza.
Appena la classe si svuota la prof di italiano si avvicina al ragazzo, sedendosi al banco davanti al suo.

- Luca? – lo richiama con delicatezza.
Lui rialza piano lo sguardo. Ancora una volta lei rimane senza parole davanti al doloroso vuoto di quegli occhi.

- Lo ha fatto di proposito? Farmi leggere quella stanza… -.

La donna abbassa lo sguardo, colpevole.
- Sì, mi spiace. Forse era troppo presto… -.

- Mi risparmi le sue scuse! – esclama il ragazzo bruscamente, suscitando profondo sbigottimento nella sua insegnante, la quale non aveva mai visto una simile reazione da parte sua.
- Dovete piantarla tutti di scusarvi con me! – continua Luca con occhi fiammeggianti di irritazione – Non mi aiuta affatto essere trattato come una vittima. Non sono io! Mi fa infuriare vedervi tutti così preoccupati per me. A giugno non sono morto io! -.

- Allora non dimostrare il contrario! – esclama la professoressa con severità.

- C…Cosa?! -.

Lo sguardo della donna si addolcisce:
- Sai perché Leopardi mi piace tanto? Tutti i miei studenti in questi anni non lo hanno mai sopportato, hanno sempre pensato fosse un depresso cronico, un nichilista… -.

- Perché? Non lo è forse? Dopo quello che ci ha spiegato oggi… - commenta il ragazzo con sarcasmo.

- Assolutamente no! – afferma lei con convinzione – Il nichilista si lascia andare al vuoto, si svuota egli stesso e si arrende completamente a questa situazione. Leopardi non fa niente di tutto ciò e la canzone che abbiamo letto insieme oggi ne è una prova: lui continua a domandare, a cercare un senso ed una via d’uscita da questo vuoto. Non vuole adagiarsi in esso e rimanere lì! Vuole vivere! Ed onestamente lui mi sembra molto più vivo di te! -.

- Adesso mi dirà anche lei che sono cambiato, che non sono più lo stesso? Non è la prima che lo fa e non lo capisco. È ovvio che sia cambiato dopo tutto ciò che è successo! – esclama Luca esasperato.

- Certo, hai ragione. Ma cambiare non significa lasciarsi morire lentamente. Non mi guardare così, è quello che stai facendo! – lo rimprovera, accennando alla sua espressione incredula – Forse neanche te ne rendi conto… Prova a guardarti per bene allo specchio e ti renderai conto che quelli non sono gli occhi di una persona viva. – detto ciò la prof si rialza e ritorna alla cattedra come se nulla fosse.

Luca rimane per un attimo a fissarla, indeciso sul da farsi. Poi si risolve nel verificare una volta per tutte quella assurda convinzione che tutte le persone intorno a lui hanno cominciato a inculcare anche nella sua testa. Forse sarà la volta buona che si libererà da tutte quelle fastidiose paranoie. La prossima volta che qualcun altro proverà a fargli certi commenti, lui saprà come rispondere.
Per cui si alza dal banco e si dirige in bagno. Si sciacqua il viso stanco e assonnato, per poi fissare il proprio riflesso nello specchio. A dire la verità è da molto che non compie questa semplice azione, o almeno non lo fa prestandoci realmente attenzione.
Le sue mani si stringono al bordo del lavandino finché le nocche sbiancano. Se non avesse quel sostegno probabilmente le gambe gli cederebbero: davanti a sé vede l’abisso orrido e immenso di cui parla Leopardi. Gli occhi di Cielo che lei tanto amava non esistono più.

Angolo dell'Autrice
Buonasera!
In questo capitolo Luca viene messo un po' alla prova, ma sembra iniziare a rendersi conto che non può andare avanti in questo modo. La strada però è ancora lunga...
L'ultima volta mi sono dimenticata di dire che, esattamente come in "Ojos de Cielo", anche in questo caso i titoli dei capitoli sono tutti canzoni che, o sono presenti nel capitolo stesso, o rimandano al suo contenuto nel titolo o nel testo. Per questo capitolo il brano è "Gone forever" dei Three Days Grace, mentre la volta scorsa "Follow Through" di Gavin DeGraw.
Buona lettura!
Marta
 

   
 
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