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Autore: ___Page    26/10/2018    4 recensioni
«Allora, cosa mi raccontate?!» tiene un braccio sulle mie spalle mentre ci avviciniamo al tavolo. «Il lavoro? Il trasloco?».
«Abbiamo una piccola divergenza di opinioni sul citofono» racconta Ace con un sorrisone.
«Al lavoro tutto bene. Un po’ presi da un nuovo progetto. I Cloth Tattoo vanno alla grande».
«E al Castello?»
Law ghigna, come sempre orgoglioso del suo ospedale pediatrico.
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Ora al posto dello sterrato c’è una gittata di asfalto, per agevolare il transito di macchine e della linea di autobus che il comune di Raftel ha attivato apposta per collegare l’ospedale al centro città, ma, come quasi mai accade, non è una brutta visione. Questa strada è il preludio di qualcosa di così bello da rendere i miei ricordi su questa collina ancora più preziosi.
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«Oh santo…»
«Non t’azzardare» lo ammonisce la voce da dentro la maschera. «Pesa quanto me e caccia un caldo allucinante»
«E dire che sembra così confortevole» commenta bastardo Law.
«Grazie al cielo il resto del costume non mi va. Ma non si poteva dire ai bambini che il Dugongo Kung Fu si è slogato una caviglia. No. Perché avrebbero perso fiducia nelle arti marziali. Capisci, Law?! S’è slogato il cervello, altro che la caviglia!»
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Koala, Sabo, Sanji | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Controllo per l’ennesima volta l’orologio, il piede che batte contro l’asfalto. Dire che sono teso è un eufemismo quanto affermare che la storica Guerra dei Vertici sia stata una scaramuccia.
Sono molto più che teso.
Sono tragicamente vicino a un crollo del sistema nervoso che potrebbe scaturire in un concreto attacco psicotico con annesso massacro. Perché di tutti i giorni che l’universo poteva scegliere per mandare in tilt il sistema di apertura e chiusura tecnologicamente avanzato delle Merry Go Round ha scelto proprio oggi.
Lo stesso giorno in cui il mio operatore telefonico è in blocco e la linea inesistente, tranne che per le chiamate d’emergenza – e ho seriamente fatto un pensiero sul chiamare i vigili del fuoco nella speranza di ricevere risposta dalla divisione di Ace ma il mio spirito di bravo cittadino me l’ha impedito – e l’autobus è in ritardo. Lo stesso giorno della deposizione più importanti del processo dopo quella di Ish. Il giorno della deposizione di Kuro.
E l’autobus. È. In ritardo.
Lancio un’altra occhiata all’orologio e un’altra al fondo della strada ma nulla di nuovo si intravede all’orizzonte. Forse dovrei andare a piedi, ma c’è un caldo desertico e io sono vestito fino ai denti e se arrivo in tribunale da strizzare potrei non fare una bella impressione al giudice Keji e non ho un cambio con me, perché sono uscito di casa con l’intenzione di  raggiungere la destinazione in macchina, prima di scoprire che le Merry Go Round non funzionano, che il mio cellulare non funziona e che l’autobus è in ritardo.
La sola cosa positiva è che da programma del giorno prima di Kuro dovrebbe deporre Praline, l’ultima testimone oculare da sentire riguardo l’accaduto in oggetto, prima di passare alle deposizioni riguardanti solo ed esclusivamente la condotta di Ishley, che culmineranno con la sua, nell’ultima giornata di processo, ovvero domani. E Praline è abbastanza furba e mi vuole abbastanza bene da fare qualunque cosa Reiju gli dirà di fare per prendere tempo e non farmi apparire un totale incapace, ritardatario ed inefficiente avvocato di quartiere.
Ma in tutto questo c’è una cosa che vorrei veramente sapere.
Dove diavolo è l’autob…
«Sabo?»
Mi giro d’istinto e l’asfalto che fissavo con occhio vitreo smette di fondere per qualche istante mentre metto a fuoco una macchina accostata a mezzo metro dal marciapiede, una Corrida color senape, e la sua conducente che mi osserva attraverso il finestrino abbassato e con un sorriso sul volto.
Ci metto un momento a riconoscerla e quando ci riesco, resto comunque molto sorpreso. «Rebecca!» esclamo, studiandola rapido ma preciso.
Sono passati tre mesi scarsi dall’ultima volta che l’ho vista eppure c’è qualcosa di diverso in lei. Da ex  seduttore del genere femminile, in perfetto Sanji Style ma senza cuori e con il fine ultimo di raggiungere un amplesso, non mi sfuggono i piccoli dettagli estetici quando vedo una donna a distanza di un tempo più o meno breve.
Ho notato che solo con Ish non mi succede. Quando vedo lei è come se riuscissi a concentrarmi su ogni singolo dettaglio e contemporaneamente sul quadro completo e questo mi fa sentire confuso ma anche in perfetto equilibrio. Non so cosa sia, non mi era mai successo prima ma so che è una bella sensazione.
Ma Rebecca non è Ishley e noto le piccole differenze , la frangia è sparita, per lasciare spazio alla fronte e due ciocche che le sfiorane le tempie, dandole nel complesso un’aria molto più adulta, il viso, a ricordo dell’ultima immagine che ho memorizzata di lei, mi sembra un po’ più pieno, forse ha messo su un paio di chili e, francamente, le ci volevano.
Anche Ish dovrebbe fare uno sforzo e mangiare qualcosina di più. Cioè non che così non sia bellissima ma è per il suo bene e io sto divagando di nuovo.
A colpirmi più di tutto, però, sono gli occhi. I suoi grandi e caldi occhi cioccolato che brillando di una luce tutta nuova, spigliata, allegra. Matura. Matura in quel senso.
«È tutto a posto?» aggrotta le sopracciglia preoccupata.
«Sì, sì!» mi affretto a rispondere, alzando le braccia e facendo ondeggiare la ventiquattrore al mio fianco. «Cioè, andrebbe meglio se l’autobus arrivasse ma sai come sono, questi mezzi» ridacchio e il suono che mi esce è palesemente isterico, cosa che a Rebecca credo non sia sfuggita a giudicare da come socchiude gli occhi.
«Dove devi andare?»
«Pangea, al tribunale»
«Salta su!» esclama senza esitazione, con tanto di cenno del capo. «Ti porto io, così facciamo anche quattro chiacchiere»
La guardo a bocca aperta per una frazione di secondo ma subito mi riscuoto, perché non ho veramente tempo da perdere, e aggiro veloce la macchina per salire dal lato passeggero. Universo, sei sulla buona strada per farti perdonare.
«Grazie» le dico, mentre allaccio la cintura e lei già riparte sfrecciando.
«Figurati! È un piacere vederti!» ride appena, più spontanea che mai e io sento un bel calore piacevole al centro del petto. È bello vederla così rilassata. «Ho letto della causa. Oggi è una giornata decisiva? Sembravi molto nervoso»
«Sono successe un po’ di cose tutte insieme stamattina» mi giustifico, assorbendo il fresco del climatizzatore, che riporta la mia temperatura corporea a livelli compatibili con la vita. «Ma sì, oggi è una giornata importante. Tu invece scoppi di salute eh! Sei in formissima!»
«Ah sì» per un attimo rivedo la Rebecca che ho conosciuto all’archivio, quando porta una mano verso la fronte per appiattire la frangetta che non c’è più, un’abitudine che non ha ancora perso, e le guance le si arrossano appena, ma il suo sorriso è sicuro, come anche il suo sguardo. «Devo ringraziare te per questo. Ho seguito il tuo consiglio» ammette, gli occhi che luccicano, mentre imbocca una curva.
«Ma davvero eh?» ridacchio senza scherno, gli occhi puntati sulla strada di fronte a noi. «Hai conosciuto qualcuno?»
«Sono andata a un paio di feste, mi sono… divertita ecco» il rossore aumenta. «Niente di troppo avventato eh!» mette subito in chiaro quando si accorge di come suona. «Ma mi sono lasciata un po’ andare anche se dirti che ho incontrato qualcuno è una mezza verità» si stringe nelle spalle. «Insomma qualcuno l’ho conosciuto ma nessuno di davvero interessante, non per me almeno»
La ascolto, sincera mente interessato e mi colpisce che bravo fratello maggiore sarei potuto essere per un sorella femmina. Non avrei fatto nemmeno il geloso! L’apprensivo, forse ma il geloso no.
«…’nsomma non è che voglio il principe azzurro, non dico questo, ma una persona con cui avere ogni tanto una conversazione un po’ più di spessore non mi dispiacerebbe. Sai quella via di mezzo tra il futile e i massimi sistemi? E poi mi sono accorta che mi piacciono tanto le persone con un forte senso di giustizia, lo trovo attraente! Cioè mi ci vorrebbe qualcuno simile a te! Oh…»si gira a guardarmi senza imbarazzo. «Non ci sto provando, davvero. Quella volta, non so proprio che mi sia preso…»
«Rebecca, tranqu…»
«Insomma, ho detto qualcuno simile a te non te, non potrei mai provarci con te o stare con te» calca il “te” per ben tre volte e io sto cominciando a pensare che dovrei sentirmi ferito nell’orgoglio o per lo meno un po’ indignato, quando con un’ultima sterzata Rebecca comincia a rallentare e parcheggia.
Il sollievo mi travolge. Siamo arrivati e ci abbiamo messo pochissimo, il che è un miracolo perché sono comunque a tanto così dall’essere in ritardo.
«E se venissi anche io?» mi domanda Rebecca, adesso sì lievemente imbarazzata, mentre slaccio la cintura. «A vederti intendo»
«Beh se vuoi…» apro la portiera, colpito lo ammetto. «Non hai da fare?» mi preoccupo ma lei si stringe nelle spalle.       
«Commissioni che possono aspettare» mi affianca sul lato destro quando attraversiamo la strada e mi lancia una rapida e divertita occhiata. «Vedo che certe abitudini sono dure a morire» commenta e io le lancio solo un’occhiata perplessa.
Devo sbrigarmi, dai, dai, dai.
«Comunque non ti saresti persa niente di che» l’avviso mentre saliamo le scale di gran carriera, la mano sale da sola ad accarezzare il retro del collo.
«Io non credo» afferma convinta lei e intanto entriamo. «Secondo me ti sottovaluti, guarda che hai fatto con me» mi prende in contropiede, con una rivisitazione di ciò che le ho detto io, quel giorno di due mesi e mezzo fa, quando mi ha chiesto di baciarla.
Ma non ho modo di ribattere quando svoltiamo nel corridoio che porta all’aula dove si tiene il nostro processo una voce si leva a chiamare il mio nome.
«Sabo finalmente!» Coby mi corre incontro. «Tutto a posto? Abbiamo provato a chiamarti per mezz’ora ma ci dava sempre staccato e… e t-tu, tu…» incespica Coby e no, anche se per un attimo lo sospetto, non sta facendo il rumore del telefono che suona a vuoto. Guarda Rebecca e sbatte le palpebre, confuso e frastornato. «Io…» esala e contrae rapidamente le sopracciglia prima di riuscire a soffiare: «Ciao»
Rebecca sussulta e la vedo con la coda dell’occhio afferrarsi una ciocca di capelli con entrambe le mani, mentre lo guarda dal basso verso l’alto e sussurra, altrettanto coinvolta: «Ciao»
«Vi conoscete?» domando, indagatore e tutti e due scuotono il capo, senza staccarsi gli occhi di dosso. Un sorrisetto mi stira le labbra. Ma che…? «Coby…» mi porto al suo fianco con entusiasmo. «…questa è Rebecca, una mia amica. Rebecca, lui è Coby, il secondo avvocato del processo e un braccio destro prezioso» gli do una pacca sulla spalla che lo fa ondeggiare appena sul posto. «Brillante e con uno spiccatissimo senso di giustizia» ammicco verso di lei, non che mi stia guardando né che abbia bisogno di altro per sentirsi attratta a giudicare da come lo fissa ipnotizzata.
Ma che succede a tutti in questi giorni? Non dovrebbe essere la primavera la stagione degli amori?
«P-piacere» le tende una mano Coby e Rebecca diventa ancora più rossa quando gliela stringe, non senza una piccola esitazione.
«Piacere mio…»
«Beh prendetevi pure un attimo per conoscervi» stringo la spalla a entrambi e mi allontano, lungo il corridoio e verso Reiju che mi viene incontro decisa.
«Sabo!»
 «Ehi Rei»
«Ma che fine avevi fatto?» mi rimprovera, fermandosi a pochi passi, le braccia strette sotto il seno. «Sono già tutti dentro»
Mi blocco stranito e per un momento mi verrebbe voglia di domandare un aspro “Tutti chi?”, visto che oggi potevano venire solo Sanji e Usopp e, ovviamente, Praline, ma mi trattengo e opto per lanciare un occhio all’orologio. «Mancano ancora cinque minuti»
«Hawkins lo ha fatto apposta» sibila, arrabbiata come la sera della rissa. «Quel bastardo, sono dieci minuti che fa del sarcasmo sulla tua assenza» stringe i pugni e io la studio e un moto di affetto per lei mi travolge.
L’ho notato, in queste due settimane di stretta collaborazione, piccoli gesti accorti che valgono più delle parole. Come il bicchiere di acqua che si riempiva magicamente ogni volta che lo svuotavo, gli appunti fino a un attimo prima dispersi che apparivano dal nulla in cima al resto di tutte le altre carte, e per finire l’altro ieri, tutto in silenzio, senza mai farsi notare, senza aspettarsi nulla in cambio.
Avrei potuto dubitare che lo avesse fatto solo per Ishley se non mi stesse dimostrando da giorni ormai l’affetto e la stima che ha per me. Se non mi stesse dimostrando che è il mio angelo custode.  
Faccio un passo e la abbraccio. Si irrigidisce, presa in contropiede, ma dopo un momento si rilassa.
«Grazie Rei»
Se fossi una persona più egoista, ora le chiederei di diventare mia assistente dopo la sua laurea, con ben quattro/cinque anni di anticipo. Ma lei è destinata a volare in alto, molto più in alto di me.
Sbuffa una mezza risata contro la mia mandibola e me la immagino sorridere serafica. Le sua braccia scivolano intorno ai miei fianchi e stringono appena. «Spero che almeno abbiate passato una bella serata»
«Non credo tu voglia i dettagli»
«Non da te» ribatte pronta e maliziosa, mentre ci separiamo. Mi fissa con evidente divertimento, un’espressione così simile a quella di Robin che quasi fa impressione e che presto, tuttavia, vira al perplesso. Perplessa e focalizzata sulla mia guancia. «Ma che hai fatto?»
«Che ho fatto?» ripeto e alzo la mano a sfregare la guancia.
«No, no!» mi ferma Reiju, afferrandomi il polso. «Così fai peggio!»
«Ma peggio cosa?»
«Non ti sei accorto che hai la faccia tutta impiastricciata?» mi domanda e io la fisso come se avesse appena parlato in Bantu o in Shandia.
La faccia… Ma che… Oddio no.
No.
Dimmi che non è quello che penso.
Dimmi che Eris, nei venti minuti che è stata da Law e Koala stamattina e dove io ho dormito stanotte perché tanto Ish era di turno – anche se mi è costato rinunciare alla nostra mezz’ora –, dimmi che non ha usato la mia faccia come foglio da disegno.
Ti.Prego.
Ecco di cosa parlava Rebecca.
«Hai uno specchietto?» le chiedo, implorante, ricominciando a sfregare ma Reiju mi blocca di nuovo.
«Sabo fai un disastro così» mi forza giù il braccio e ridacchia, mentre mi studia la guancia. «Hai quasi ucciso il gatto» afferma con finta serietà e intanto rovista nella propria borsa, alla ricerca di non so cosa.
«Non è un gatto» specifico con un sospiro. «È Sunny, il leoncino di Eris. Il suo peluche preferito»
Lo so anche senza vederlo, che è lui.
«E come fai a dirlo?»
«Perché Eris mette Sunny in tutti i suoi disegni. Ogni tanto mette anche Kiwi e Mozu ma solo quando non disegna il momento del caffè, perché il caffè si serve con la torta al rabarbaro e Kiwi è allergica al rabarbaro, allora in quel caso disegna solo Sunny, Mozu e Zanbai» spiego mentre Reiju mi pulisce con una salviettina umida.
«Però!» esclama lei, sinceramente colpita. «Incredibile quante informazioni apparentemente superflue il cervello immagazzina quando c’è di mezzo un bambino a cui si tiene eh? Ed è solo tua nipote, figurati se fosse tua figlia» ridacchia ancora e il mio stomaco fa una capriola. No, non per il riferimento a una mia probabile futura figlia, che voglio, eccome se la voglio, ma per qualcosa di molto ma molto più meraviglioso vista la situazione in cui ci troviamo. Perché se quello che sto pensando può funzionare avere una figlia, in un futuro prossimo o anteriore che sia, sarà molto più semplice e bello se prima avrò salvato la carriera di sua madre e la reputazione del posto in cui lavora e, soprattutto, la bambina per cui ha rischiato tanto. «Ho detto qualcosa che non dovevo?»
«Oh no! No, tutt’altro» soffio, la voce rotta dall’adrenalina. «Andiamo» la afferro per il gomito e mi precipito verso la porta dell’aula. «Coby, andiamo!» alzo appena il tono per farmi sentire ma non aspetto che ci raggiunga, sono troppo elettrizzato e terrorizzato da quello che ho appena deciso di fare.
«Sabo non ho finito di pulir…»
«Non importa»
«No, Sabo! Aspetta, c’è una cosa che devi saper…»
Il primo flash mi acceca quando entriamo nell’aula ma non barcollo e ci metto un attimo a recuperare la vista e accorgermi che l’ala di pubblico dalla parte di Kuro è zeppa di giornalisti.
«Hawkins?» domando a Reiju che si limita ad annuire mentre Coby e Rebecca ci raggiungono.
Prendo un profondo respiro.
Va bene, Hawkins ha invitato un nugolo di giornalisti ad assistere alla giornata di oggi, certo della propria vittoria, giornata in cui ho deciso di tentare una pazzia, con la faccia imbrattata di pastello e appena tre persone dal nostro lato dell’aula a sostenerci.
Non importa.
Non cadrò vittima dei suoi subdoli trucchetti, non mi farò agitare o intimorire.
Sono un professionista, io, anche con la faccia imbrattata di pastello.
«Ragazzi» ricomincio a camminare. «Facciamoci onore»
 

 
***

 
Stacco i pezzi di macramè intagliato in precedenza sul bordo della gonna, con gesti meccanici e la testa altrove.
Glielo dico.
Non glielo dico.
Mi basterebbe dare una spintarella a Nami nella giusta direzione, per mettere Zoro spalle al muro e obbligarlo a parlarle. Sarebbe la cosa più equilibrata da fare, ben più giusta che spifferarle tutto io, meno giusta che continuare a farmi gli affari miei.
Glielo dico.
Non glielo dico.
Se non le dico nulla, però, la mia ingerenza nella loro privacy, con tanto di coinvolgimento dei miei suoceri, perderebbe ogni significato. Lo avrei fatto solo per dormire sonni più tranquilli, una speranza vana, oltretutto.
Glielo dico.
Non glielo dico.
Glielo dico.
Non glielo dico.
Che poi non riesco a capire. Nami è così scaltra di solito. Si accorge di ogni minimo dettaglio, com’è che possibile che non…
«Ahi!»
Sollevo il capo dai ritagli di macramè in tempo per vedere Nami portarsi un polpastrello alla bocca, un ago nell’altra mano. Succhia qualche secondo e quando lo toglie dalle labbra non mi sfugge la piccolissima goccia di sangue che stilla, così come non mi sfuggono i segni di altre mini punture sullo stesso dito.
La fisso, perplesso.
In tutte queste settimane, non ho mai visto Nami pungersi o faticare per inserire il filo nella cruna e ora sembra si sia punta ripetutamente nell’arco di solo stamattina. Inalo a fondo.
Si è accorta. Si è decisamente accorta e ora che la guardo bene noto quanto è tirata. Non sta affatto bene.
Porca miseria.
Glielo dico.
Non glielo dico.
Glielo dico.
Non glielo dico.
Perché proprio a me? Perché di tutte le persone a questo mondo dovevo scoprirlo proprio io?
 
«C'è qualcosa che vorresti sapere?»
«Una mia amica... una mia cara amica… Lei ecco...Diciamo che avrò un ruolo importante nella vita sua e di suo "marito". Sarò all'altezza?»
 
Aggrotto le sopracciglia quando riconosco nella mia testa la mia assurda conversazione con Madame Shirley a Marijoa. Perché mi viene in mente ora? Che c’entra con tutta questa storia? Io…
Il respiro mi si mozza.
 
«Lui nasconde un segreto. Sta a te scoprirlo»
 
Oh…
Oh.
Oh Kami del cielo! Non parlava di Marco! E… E nemmeno di Law! Io non le ho mai detto che l’amica in questione era la mia migliore amica, non ho voluto dirglielo e sì, è vero che quando ho detto la parola “marito” ho fatto i segni delle virgolette ma Shirley non mi guardava in quel momento, lo rammento bene, come se fosse appena accaduto!
Lei… Lei parlava di Zoro.
«Izou, è tutto a posto?»
Lo sguardo perso, mi giro vero Nami che mi fissa di rimando preoccupata.
Cosa faccio? Cosa dovrei fare?
 
«Sarò all'altezza?»
«Se resterai fedele a te stesso, lo sarai»
 
Fedele a me stesso…
«Izou ehi!» la mano di Nami si posa sulla mia schiena e sfrega appena, in una ruvida e materna carezza. «Non ti agitare, abbiamo praticamente finito e gli abiti sono tutti perfetti»
 
«Izou Wano che ritiene che qualcosa non siano affari suoi? Che cosa ti è successo?»
 
Stavolta è la voce di Koala a venire in mio aiuto e, come sempre, lei sa dirmi qual è la cosa giusta da fare, direttamente o indirettamente che sia. Faccio un profondo respiro.
«Sto bene, Nami» le sorrido. Spero di essere bravo anche solo la metà di Naso Sexy a dissimulare. «Mi è solo venuto in mente che devo andare a ritirare oggi i biglietti che la Baroque Works ci ha fatto avere per il concorso» mi alzo in piedi e mi guardo intorno, alla ricerca della mia crocchia e del mio zainetto.
«E ci vai ora?» si stupisce lei ma io mi stringo nelle spalle.
«Così non ci penso più» argomento, raccogliendo rapido ed esperto i capelli. «Lo hai detto anche tu no? Abbiamo praticamente finito»
Non le do quasi il tempo di ribattere e le volto le spalle, avviandomi per uscire ma fermandomi volutamente sulla porta del salotto. Faccio un profondo respiro. Ora o mai più Izou.
«Ah Nami! Mi stavo dimenticando!» mi rigiro, battendo una mano sulla fronte. «Che sciocco. Ha chiamato l’ospedale, hanno detto che devono spostare la visita a Zoro e di richiamarli al centralino per concordare un momento adatto per lui»
La guardo, irrigidirsi, puntare per un attimo lo sguardo nel vuoto, trattenere il fiato. La guardo e mi odio.
«O-Ospedale?» esala e subito scuote il capo per simulare noncuranza. «Di che visita parli?» ridacchia nervosa e io mi stringo nelle spalle.
«Ah boh. Io ho solo detto che avrei riferito. Insomma, se non lo sai tu che sei sua moglie…» lascio la frase in sospeso con un’altra stretta di spalle e poi mi impongo di sorridere, sorridere finché non mi fanno male le guance. «Allora io vado eh! Ho un altro paio di commissioni da fare poi, magari rientro direttamente stasera» la avviso ma non credo mi senta.
Voglio lasciarle campo libero per mettere la casa a soqquadro e trovare tutte le carte, che io ho rimesso al loro posto dopo l’altra sera. E per quando arriverà Zoro, preferisco non essere presente.
Con un movimento silenzioso, scivolo fuori di casa e richiudo la porta, appoggiandomici con la schiena. Non posso nemmeno pensare a come deve sentirsi Nami in questo momento. Tradita, ferita, spaventata. La sola idea mi lacera dentro ma non posso starle accanto ora.
Questa è una cosa che devono risolvere insieme e senza nessuno in mezzo.
La mia parte l’ho fatta.
«Kami del cielo» sospiro. «Vi prego, ditemi che ho fatto la cosa giusta»

 
***

 
«Il Castello sulla Collina contro Kuro Krahador. Quarta udienza, presiede il giudice Hina Keji. Tutti in piedi»
Le mani artigliate alle mie stesse cosce scivolano lungo i fianchi mentre ci mettiamo in piedi e io ne approfitto per provare a distendere corpo e polmoni. Lancio un’occhiata a Sabo che si sistema il nodo alla cravatta mentre mia sorella gli controlla il colletto con una furtiva occhiata che diventa sofferente quando si posa sulla guancia del nostro amico.
È sporca di pastello e, per un qualche motivo, quando Reiju ha provato a finire di ripulirlo lui l’ha fermata. “Ormai mi hanno fotografato così” l’ho sentito dire prima di aggiungere: “Mi è venuta un’idea”.
Un’idea.
Se bastasse un’idea per uscire vincitori da questa situazione, ora sarei più sollevato. Ma non basta un’idea, lo so bene, lo vedo in che unica e ormai irrevocabile direzione è andato questo processo. Io e Usopp ci siamo mossi lo stesso, abbiamo fatto la nostra parte, se però Kuro riesce a mantenere la custodia di Kaya sarà stato inutile, perché la porterà via e noi non la vedremo mai più, non la stringeremo più, non la sentiremo più ridere, non le racconteremo più storie orribili o meravigliose.
«Sanji»
La mano di Usopp si intreccia con la mia e quando mi giro a guardarlo, il cuore perde un battito. Sorride, con così tanto coraggio e così tanta dolcezza che mi sento lacerare dentro da quello che provo per lui. Come fa? Come fa a sorridere così e a darmi così tanta forza? A me, che non riesco a dargli nemmeno una speranza e riesco a ricambiare solo con un flebile mezzo sorriso?
«Non è ancora finita, Sanji» mi ricorda, stringendo appena.
«Potete accomodarvi» annuncia la bellissima giudice, un’eterea creatura che ha in mano la nostra futura felicità.
«Ehi ragazzi» sussurra una voce alla mia sinistra e io mi volto mentre ci risediamo, per vedere Koala, Law, Cora e Gerth scivolare lungo la fila di sedie fino a noi. «Ce l’abbiamo fatta» sorride Koala, allungando una mano ad accarezzare Usopp sulla guancia, materna e piena d’amore per tutti. 
«Che bello rivederti Rebecca»
«È un piacere anche per me, Cora-san»    
«Avvocato Monkey» il giudice Keji lo chiama, autoritaria, e Sabo subito si alza in piedi. «Procediamo con la prima deposizione di oggi»
Sabo annuisce, si sistema i baveri della giacca e prende un profondo respiro. «Chiamo a testimoniare il signor Kuro Krahador»
Un lieve brusio si leva tutto intorno, principalmente dall’ala della difesa dal momento che di qui ci siamo solo noi, Kuro aggrotta le sopracciglia stranito e Hawkins solleva il capo dai propri appunti. «Mi scusi, Vostro Onore» si alza appena dalla sedia il Profeta. «In programma per oggi c’era prima la deposizione della signora Shark»
«Vostro Onore secondo l’articolo 46, secondo paragrafo, comma 3 non vi è alcun obbligo a seguire l’ordine previamente concordato a meno che non vi siano impedimenti fisici come l’assenza del teste chiamato a deporre e purché il teste chiamato dovesse già, da programma, deporre nella data corrente» si alza subito Coby, ed è la prima volta che lo vedo reagire con così tanta verve e ribattere con così tanta convinzione. «Ci sono tutti gli estremi per il mio collega per richiedere prima la testimonianza del signor Krahador» conclude si risiede e io mi scambio un’occhiata sorpresa con Uso-chan.
Chissà che gli è preso.
«Quand’è così…» il giudice Keji intreccia le dita. «Signor Krahador, la prego di accomodarsi alla sbarra. Non sono una a cui piace perdere tempo» lo informa e, non versassi nelle condizioni emotive in cui verso, io ora mi lancerei in un turbine di cuori.
Quando si alza in piedi e si sistema il nodo alla cravatta, Kuro ha l’aria di uno che ha appena ingoiato un rospo, mentre Hawkins rimane impassibile e studia attento Sabo che si porta al centro dell’aula.
«Ma che ha sulla guancia?» domanda Koala, le sopracciglia aggrottate. Io e Usopp ci stringiamo nelle spalle e scuotiamo appena il capo.
«Dal poco che vedo, sembra opera di Eris» si sporge in avanti Law, posando gli avambracci sulle cosce.
Sabo si schiarisce la gola e si avvicina alla sbarra. «Signor Krahador, lei sa che io ho una nipote?»
«Obiezione, Vostro Onore» interviene immediatamente Hawkins, il tono annoiato.
«Accolta. Avvocato Monkey, la prego di attenersi a domande coerenti con il caso»
Stringo i pugni ma Sabo non si scoraggia e sorride al giudice Keji. «Ma Vostro Onore, volevo chiedere al signor Krahador se conosce un modo efficace per rimuovere tracce di pastello dalla mia faccia. Vede?!» gira il volto a mostrare la guancia e io socchiudo gli occhi.
Non capisco cosa sta facendo ma voglio fidarmi di lui. Tutt’al più che Aisa sta riprendendo con il telefonino perciò probabilmente Sabo non si sta arrampicando sugli specchi come mi verrebbe voglia di pensare.
«Avvocato Monkey…»
«Ho capito, Vostro Onore» alza le mani Sabo in segno di resa e poi torna verso la sbarra. «Signor Krahador, è mai capitato che Kaya le abbia disegnato in faccia?»
Kuro allunga un braccio verso la ringhiera di fronte a sé e appoggia il palmo sul legno, mostrandosi volutamente esasperato.
«No, avvocato Monkey, non è mai accaduto»
«Mh» si acciglia Sabo. «Dunque non le è mai capitato che Kaya le abbia pasticciato in volto con i pastelli in quattro anni che Kaya è sotto la sua custodia. Sono quattro anni giusto? Kaya ne deve compiere cinque, è corretto? O li ha già compiuti?» domanda e Kuro si irrigidisce. È impercettibile ma io lo vedo e vedo come Kuro cerca Hawkins con gli occhi.
Che… che sta succedendo?
«Signor Krahador?» lo incita Sabo.
«Li deve compiere» risponde un po’ troppo in fretta e Uso-chan trattiene il fiato, indignato.
«Ah. Che strano, mi era parso di aver capito che l’avvocato Hawkins avesse definito… com’era Reiju?» si gira verso mia sorella, gli occhi socchiusi nel finto sforzo di ricordare.
«Invadente e inopportuno»
«Invadente e inopportuno il gesto del signor Sharpshooter di potare a Kaya un regalo per il suo compleanno. Evidentemente ricordo male» minimizza Sabo ma Kuro ringhia di fastidio e Hawkins non fissa più i suoi appunti.
Trattengo il fiato. Credo di aver capito cosa vuole fare.
«Quindi, mi conferma che non le ha mai pasticciato la faccia?»
«Vostro Onore!»
«Avvocato Monkey!»
«Signor Krahador lei sa qual è il colore preferito di Kaya?» ricomincia Sabo e io stringo più forte la mano di Usopp, incastrata nella mia.
Kuro sbuffa e agita una mano in aria. «Il rosa, immagino»
«Immagina» alza le sopracciglia Sabo. «Interessante. E Kaya cosa vuole fare da grande?»
«Non ne ho idea»
«Quindi suppongo che chiederle qual è il peluche preferito di Kaya e il suo nome sarebbe inutile, signor Krahador»
«Obiezione. L’avvocato Monkey sta insinuando»
«Accolta. Avvocato Monkey…» lo richiama il giudice e il cuore mi perde un battito quando sorride a Sabo, e non perché abbia un sorriso celestiale. «…ponga la domanda al signor Krahador così che possa risponderci»
«Subito Vostro Onore» annuisce Sabo. «Signor Krahador sa indicarci qual è il peluche preferito di Kaya e il suo nome?» si avvicina alla sbarra, mani in tasca e sorriso in faccia, con il preciso intento di provocare Kuro.
E ci riesce. Oh se ci riesce.
Kuro squadra la mascella, cerca Hawkins con gli occhi ma quello non fa una piega.
«Signor Krahador, risponda alla domanda» ordina il giudice.
«Non ce l’ha un peluche preferito, va bene?!» esplode Kuro, contenendosi a stento dal picchiare un pugno sulla ringhiera. È la prima volta che non lo vedo freddo e distaccato.
«Non ce l’ha?» sgrana gli occhi, Sabo. «Ma davvero?» sfila una mano dalla tasca e si sposta rapido verso il tavolino della stenografa. «Signorina, posso chiederle gentilmente le trascrizioni della deposizione del signor Sharpshooter, del dottor Trafalgar, del signor Charlotte e della dottoressa Jailer?» tende un mano e afferra i fogli che gli vengono tesi, studiandoli un paio di secondi prima di riprendere. «Dunque, cito testualmente. Dalla testimonianza oculare del signor Sharpshooter:  “Sono entrato nella stanza e il letto di Kaya era vuoto, così come l’armadio. C’era solo Merry, il suo peluche preferito, per terra al centro della stanza”. Il dottor Trafalgar ha invece dichiarato: “Anche se non dobbiamo farci coinvolgere, arriviamo a conoscerli come se fossero nostri. Tutti sanno che Kaya e il suo ariete peluche sono inseparabili, per esempio”. Dopodiché abbiamo il signor Charlotte Katakuri: “Kaya è una bambina espansiva e altruista. Le uniche due cose da cui non si separerebbe mai sono il suo anello rosso e il suo ariete di peluche, Merry”. E per finire, la dottoressa Jailer, la psicologa del Castello afferma: “Kaya è una bambina equilibrata per le numerose degenze ospedaliere che ha subito. Come tutti i bambini ha un colore preferito, una fiaba preferita, un peluche preferito, nella fattispecie un piccolo ariete di nome Merry”» Sabo riporta gli occhi su Kuro che ormai ha la faccia deformata dalla rabbia. «Non ce l’ha signor Krahador? O lei non conosce affatto Kaya?
«Come le dicevo, io ho una nipote di tre anni e in tre anni non ho passato insieme a lei nemmeno due mesi. Ma so che il suo colore preferito è il viola, che il suo peluche preferito è un leoncino di nome Sunny e che da grande vuole fare l’archeologa. La mia ragazza…» prosegue Sabo e io mi giro perplesso verso Law.
«Ha una ragazza?» domando ma Law resta impassibile. «Così pare» si stringe nelle spalle mentre Koala sorride enigmatica.
«Ma da quando?»  
«Oh sì» gongola Praline, seduta tra Usopp e Aisa. «Ce l’ha eccome»
«…, con cui sto da neanche due mesi, sa anche lei tutto questo e che è allergica alle fragole e io so che adora la torta al rabarbaro e addirittura che uno dei suoi peluche, Kiwi, è allergico al rabarbaro e quindi non la può mangiare. Io so tutto questo di mia nipote, una bambina che ho vissuto pochissimo e con un sacco di zii mentre lei, signor Krahador, lei che è tutore e unica costante adulta nel mondo di Kaya da ben quattro anni, non sa nulla di lei e nemmeno ci ha mai davvero giocato insieme. Perché? È un bravo cittadino che fa il proprio lavoro? E allora mi domando, perché si è tanto battuto e opposto alle tre richieste di affidamento che Kaya ha ricevuto negli ultimi quattro anni? Può rispondermi signor Krahador?»
«Non erano idonei…» ringhia Krahador a denti stretti.
«Ma esistono giudici apposta per decretare l’idoneità, signor Krahador. E poi, così poco idonei da sentire il bisogno di cambiare città ogni volta nonostante la salute cagionevole di Kaya?»
«Obiez…»
«Deve tenere davvero molto a questa bambina ma allora perché non è mai capitato che le abbia disegnato in fac…»
«Quella gente non saprebbe cosa farsene dell’eredità di Kaya, è chiaro?!?! Sono tutti degli insulsi, romantici smidollati che le lascerebbero decidere cosa fare di un patrimonio immenso una volta raggiunta la maggiore età!! Ma non io, io so cosa fare, io so pensare in grande!!!»
Sabo fa un passo indietro, non si scompone, sfila anche l’altra mano dalla tasca. «Vostro Onore, io ho concluso. Il teste alla difesa» informa il giudice e io mi accorgo di essere in apnea.
Uso-chan mi stritola la mano e un boato quasi si leva dal gruppo di giornalisti, un vociare che obbliga la bellissima giudice a usare con violenza il martelletto.
«Silenzio!!! Voglio silenzio nella mia aula!» ordina, prima di rivolgersi al Profeta. «Avvocato Hawkins, vuole controinterrogare?» gli domanda e quello raccoglie le sue carte in un unico plico e le picchietta sul tavolo. «Non credo sarebbe in alcun modo utile, Vostro Onore. E so che non ama perdere tempo» annuncia, recuperando la propria ventiquattrore.
Aspetta un attimo. Che sta succedendo? Che significa?
«Hawkins, cosa diavolo fai?» sibila Kuro quando Hawkins si alza in piedi, ma non lo guarda nemmeno di striscio e si rivolge nuovamente al giudice Keji. «Attendo il verdetto per rispetto nei suoi confronti, Vostro Onore»
«Molto bene» annuncia lei e vedo con la coda dell’occhio Sabo che torna al tavolo, Reiju che gli porge un bicchiere d’acqua e Coby che gli fa le feste e lo riempie di pacche sulle spalle.
Cosa succede, dannazione! Cosa?!      
«Alla luce dei recenti avvenimenti credo di poter decidere senza troppe riflessioni. La corte dichiara il signor Kuro Krahador colpevole di negligenza nel suo lavoro di tutore legale e revoca la custodia della signorina Kaya Kurami al sopracitato soggetto nonché la sua nomina a tutore statale»
«Cosa?! No!»
«Il signor Krahador potrà fare ricorso per il secondo verdetto, per quanto riguarda la signorina Kurami, le sarà assegnato un nuovo tutore legale in mancanza di richieste di affidamento, in caso contrario si valuteranno i richiedenti affidatari, con il fine ultimo di raggiungere un’adozione definitiva. La corte si ritira» il giudice Keji picchia di nuovo il martelletto e io ricomincio a respirare.
Ce… ce l’ha fatta? Abbiamo vinto?
«Sanji…»
«Abbiamo vinto…»
«S-Sanji…» mi richiama Usopp e quando mi giro a guardarlo mi accorgo che ha le lacrime agli occhi. Non solo lui. Gli circondo il viso con le mani. «Abbiamo vinto Usopp» soffio con voce rotta e poi scoppio a ridere «Abbiamo vinto!» ripeto baciandolo con quanto fiato ho in corpo.        
Ommioddio, abbiamo vinto!
«Avvocato Hawkins, una dichiarazione!»
«Avvocato Hawkins è la sua prima sconfitta in anni, vuole lasciarci un comm..» un paio di giornalisti lo inseguono fuori dall’aula, seguiti a ruota da Kuro che si ferma un solo momento di fronte a noi, apre bocca, la richiude, solleva il mento e se ne va e io torno ad abbracciare Usopp. Non è finita, non è affatto finita ma, mio dio, ce l’abbiamo fatta! Sabo ce l’ha fatta!
«Le sto mandando il video» vedo Aisa smanettare al cellulare, addossata contro Praline. «È stato sexy da morire, secondo me stasera si fa trovare nuda con solo il tocco della sua laurea in testa e gli fa vedere i fuochi d’artificio»
Mi piego verso di loro, portando Usopp con me. «Ma chi è? Noi non sapevamo niente!»
«Dottor Trafalgar, Signorina Surebo, potrei conferire un istante con voi nel mio studio?» domanda dall’alto scranno il giudice Keji e, mentre Law e Koala sgusciano fuori dalla fila per raggiungerla, aggiunge: «Qualcuno dovrà avvisare la dottoressa Habena che la sua deposizione non è più richiesta e la sua condotta non più sotto processo»
«Ci penso io!» risponde prontamente Sabo, estraendo il cellulare e avviandosi lungo il corridoio. «Vado fuori a chiamarla» mormora passando davanti a noi.
«Le ho mandato il video» lo avvisa Aisa. «Preparati a una notte di fuoco, avvocato!»
Le fisso a occhi sgranati, lei e Praline. «Ish?» domando, incredulo. «Sabo e Ish?» specifico, giusto per andare sul sicuro e Aisa si stringe nelle spalle.
«Lo sapevo!» sussurra vittorioso Usopp e io gli lancio un’occhiata basita. «Oh dai! Era evidente»
«Ma evidente cosa?» protesto.
«Ehi Principe, dovresti essere contento» mi fa l’occhiolino Praline. «Adesso che c’è Mingherlino, Ish non fa più gli occhi dolci a Nasolungo»  
Se fosse possibile, la mascella mi cadrebbe al suolo. «Che cosa signif…»
«Una dichiarazione?» un registratore compare sotto al mio naso, interrompendomi e io lo fisso con sguardo truce finché Praline non afferra il polso del giornalista e lo abbassa alla propria altezza. «Ti do un consiglio per il titolo dell’articolo, dolcezza. “Il Mago batte il Profeta”. E ora vai, va a scrivere e rendi fiera zia Praline, su» lo liquida prima che un forte tonfo risuoni in aula.
«Silenzio in aula per favore!» richiede l’agente in carico e poco per volta il forte brusio si calma fino a spegnersi. «Richiesta di affidamento della signorina Kaya Kurami da parte dei signori Sanji Benjamin Vinsmoke e Usopp Timotheus Sharpshooter. Prima udienza, presiede il giudice Hina Keji. Tutti in piedi»
Io e Usopp tratteniamo il fiato, riportati bruscamente alla realtà. Alzo le mani alla mia cravatta, stringo il nodo e poi controllo veloce quella di Usopp e gli circondo di nuovo il viso con le mani.
«Andiamo» lo bacio sulla punta del naso.
No non è affatto finita. Per noi è appena iniziata ma con la mano stretta in quella di Uso-chan, non ho paura di niente.
  
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