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Autore: LysandraBlack    30/10/2018    3 recensioni
Aenor Mahariel, Geralt Amell, Kallian Tabris, Elissa Cousland, Natia Brosca e Duran Aeducan.
Chi erano prima di diventare gli Eroi del Quinto Flagello?
Dieci drabble ciascuno, di cento parole esatte, per raccontare qualcosa in più sul loro passato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Anders, Custode, Mabari, Merrill
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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KALLIAN TABRIS

 

 

Adaia canta mentre pettina i capelli della figlia, districando i ricci corvini con pazienza, senza farle male.

Kallian si stringe nell'asciugamano, rabbrividendo. Il secchio di acqua appena tiepida per il bagno era quello che ci voleva, dopo una giornata passata a giocare nella neve.

La madre si china a prenderla in braccio, soffocando poi un gemito di dolore.

«Mamma?»

Scuote la testa, nascondendo i lividi sulla schiena e sulle braccia, dandole un buffetto sulle guance. «Sono solo stanca, tesoro. Il palazzo dell'Arle di Denerim non si pulisce da solo! Ora vai a vedere se papà ha finito con la cena...»
 

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«Perchè non posso dirlo anche a Soris e Shianni? Piacerebbe anche a loro...»

Il cipiglio severo di Adaia la fa zittire subito. Stringe il piccolo arco tra le mani, abbassando lo sguardo.

«Cosa ti ho già detto, Kallian?»

Esita un attimo, prima di ripetere le parole che sa a memoria. «Nessuno deve sapere. Gli elfi non possono portare armi in città.»

«Esatto. Vuoi mettere in pericolo i tuoi cugini?»

Si rigira una freccia tra le mani, guardandosi le scarpe. «No ma... Perchè allora mi stai insegnando?»

«Potrei non essere sempre qui a proteggerti, tesoro mio. Ma credimi, lo vorrei tanto.»

 

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Soris e Shianni divorano i loro biscotti come se fossero inseguiti dai mabari.

Kallian ne ha mangiato solo uno, riponendo gli altri quattro in un fazzoletto di stoffa e nascondendoli in un ripiano della credenza, lontano dagli insetti, dai topi e dai cugini.

«Non ne mangi più?» Chiede Cyrion, guardandola deluso. Ha risparmiato tutta la settimana per comprarne abbastanza per la figlia e i nipoti.

La bambina incrocia le braccia davanti al petto. «Se li finisco tutti adesso, domani non ne avrò più. Così, posso mangiarne uno tutti i giorni. Lo so che costano tanto.»

Cyrion sorride, fiero di lei.
 

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Il Vhenadahl è addobbato a festa, centinaia di nastri dai mille colori pendono dai grandi rami e le lanterne rosse e gialle illuminano tutta la piazza principale. La processione avanza chiassosamente, chi può indossa abiti sgargianti, alcuni solo un fazzoletto colorato tra i capelli o attorno al collo.

La primavera è alle porte, l'inverno è stato particolarmente rigido ma l'hanno superato anche stavolta, nonostante Soris li abbia fatti spaventare parecchio con quella febbre.

Kallian divide una mela caramellata con i cugini, appollaiata sulla tettoia di casa, al sicuro dal trambusto.

Shianni la tira per una manica. «Torniamo alla spiaggia, quest'estate?»
 

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I ragazzi umani li stanno inseguendo armati di bastoni. Sono più grandi di loro, tutti e quattro, ma Kallian è più veloce. Trascina Soris per un braccio, infilandosi in una via laterale, saltando alcune casse di legno marcio e schizzando fango nella loro folle corsa.

«Vi ammazziamo, topi di fogna!»

I due elfi si arrampicano agilmente sul muro che circonda l'enclave, saltando poi sulla tettoia della casa più vicina. Kallian afferra una trave di legno che giace abbandonata, i chiodi arugginiti che spuntano su tutta la superficie.

Li guarda dall'alto in basso, schernendoli con una linguaccia. «Provateci, se vi riesce!»
 

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Le note riempiono la casa.

Il vecchio liuto di Adaia è nelle mani della figlia, che pizzica le corde con dita esperte, la melodia che accompagna la canzone della madre. Cyrion ascolta ad occhi chiusi, dondolando leggermente la testa, appoggiato alla parete.

Shianni, una coroncina di fiori sulla testa, si lecca ancora le dita sporche di crema, la tortina al limone per il suo compleanno divorata in un attimo. Soris sta già dormendo, la pancia piena e un sorriso beato sul volto.

Una strofa viene ripetuta più volte, perché nessuno si ricorda più come proseguiva quella vecchia canzone in elfico.

 

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«Dov'è mia madre!?» Urla, sbatte i piedi per terra, ma l'unica cosa che riesce ad ottenere sono le risa di scherno delle guardie, due uomini alti e grassi che non si curano per niente della sparizione di un'elfa.

«Sarà a succhiare l'uccello di qualcuno, come tutti gli altri giorni!» Ribatte uno dei due, scatenando altre risate sguaiate. Mima il gesto, per poi cercare di afferrare la bambina per un braccio.

Kallian si ritrae con uno strattone, la mano che vola istintivamente al coltello che nasconde sotto le vesti.

«Kallian! Vieni qua!»

Si volta di scatto. Alarith scuote la testa, spaventato.
 

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Adaia non torna più a casa. Cyrion cerca di corrompere le guardie per sapere qualcosa sulla moglie, ma non hanno mai abbastanza denaro, gli umani intascano quel poco che offre loro e lo buttano nel fango a calci e pugni.

Kallian si fa sempre più taciturna. Sparisce per ore, è scostante, ogni sera il padre la aspetta con un nodo alla gola, temendo di perdere anche lei.

Passano i mesi, il primo inverno senza musica, la festa della primavera non è più la stessa, ancora riempiono tre tazze per il tè, lasciandolo raffreddare senza riuscire a guardarlo.

Torna l'estate, torrida.
 

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Il giorno dopo il suo quindicesimo compleanno, Shianni lo passa in lacrime a casa loro. Ha ancora i postumi della sbornia, l'intero stipendio del mese perso per sempre, rubato da qualche sconosciuto che ne ha approfittato.

Kallian sospira, lasciando da parte l'idea di comprarsi una camicia nuova. Dovranno di nuovo tirare la cinghia.

È primavera, magari riuscirà a fare qualche straordinario intrecciando corone e bouquet di fiori per le feste delle ricchie signore di Denerim.

Prepara un infuso per il mal di testa, il pensiero che torna a quella bella camicia dalle maniche larghe nella bancarella di fronte alla propria.

 

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Cyrion è di nuovo malato.

Kallian mette a bollire le erbe medicinali, si è persino avventurata fuori dalla città a cercarle, l'arco nascosto sotto il mantello pronto ad ogni evenienza.

Mette una pezzuola fresca sulla fronte del padre, sperando che la temperatura si abbassi.

Quello si muove nel sonno, sussurrando qualcosa.

La ragazza si morde il labbro, tornando a controllare la radice elfica nel pentolino, lo stomaco che le si stringe dalla nostalgia. Sono passati ormai sei anni e ancora lui sogna il ritorno della moglie.

La tazza di Adaia è ancora lì, sul ripiano più alto, sbeccata sul bordo.







 

  
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