Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: fotone    30/10/2018    1 recensioni
A volte, ci prende un dolore, una fatica, che urla da dentro le nostre ossa e ci fa quasi battere i denti. A volte, sentiamo il terrore dell'atterrente realtà che ci circonda, sentiamo che bussa sulle ossa che formano la nostra scatola cranica. A volte sentiamo una frenesia che ci muove le dita, come un urlo di cui non sappiamo l'origine, come una patetica e violenta necessità di sfogare quel qualcosa di indefinito che ci galleggia nel cuore.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sento una sensazione fisica alla pancia, un malessere reale, una sofferenza per ogni cosa che mi seppellisce e non andrà mai via. Sento la sensazione che questo universo ce l'ha con me e forse sono pazza e forse ho ragione e forse entrambi. Sento che il funzionamento delle cose qui è che io non ottengo mai quello che voglio e mi chiedo se ci si aspetta solo che io arrivi al limite, mi chiedo se questo è il gran finale che si scalpita per vedere. Che poi chi dovrebbe vederlo? Penso non ci sia alcuna coscienza a governare la realtà ed è assurdo ed è sbagliato e se in realtà ce ne fosse una e mi sbagliassi è una coscienza veramente stronza. E in tutto questo sento ancora il malessere che ora è nel mio petto ed è ancora nella mia pancia ed è pure nelle fottute braccia e oddio è ovunque e mi copre e vaffanculo se deve essere così tanto temo che raggiungerò il limite presto. Voglio urlare e voglio urlare e voglio urlare e ditemi che sono poco educata, ditemi che sono una stronza, ma ora che sono stati tutti stronzi con me, tutte le persone possibili, ora voglio esserlo anche io. Sono stanca e stanca e stanca, voglio piangere e piangere e piangere, vorrei tanto che, quando avrò pianto abbastanza, questa sensazione finisse, ma so che non è così e allora davvero andate tutti affanculo. Fate come gli ebrei, in fila per il campo di concentramento, però voi in fila per andare affanculo. Che poi loro non se lo meritavano ma voi sì. Non mi si chieda perché, lo decido io. Voi avete ogni colpa, persone. Per colpa vostra gli ebrei erano lì, persone. Cazzo, ora oltre che triste sono anche incazzata. Ma la tristezza credo sia più forte perché questa sensazione tra il petto e l'addome mi sta urlando nelle ossa, mi sta piangendo nel cuore e mi sussurra "vaffanculo" allo stomaco. E non credo dovrebbe fare così, anzi, non credo neanche dovrebbe esserci. Prima andava tutto bene, era tutto perfetto ma è crollato tutto in un attimo. Idilliaco, oserei dire. Credo di aver raggiunto il grado massimo di perfezione concesso e che sia stato necessario far scendere tutto di qualche migliaio di gradini. Di testa. Le cose andavano bene prima e ora fanno schifo. Un tipo si è divertito a farsi un giretto su di me con una macchina e io ho speso mesi in ospedale e ora mi bocceranno per questo e i miei genitori non vogliono più esca di casa per questo, perché è stata colpa mia, perché io ho chiesto a quel pazzo di farsi una passeggiata sul mio cranio, perché questa è la libertà dei 18 anni. Tutto, tutto cade a pezzi e io voglio riavere la mia vita di prima. Gli infermieri hanno detto che l'avrei riavuta, ma mentivano. Continuo ad essere spostata indietro di dieci, venti, cento, mille caselle e io non so cosa potrei fare in proposito, a parte urlare. A parte piangere. Avevo tutto e ora niente, anzi, meno. A questo punto vorrei non essermi mai sposata da quella pozza di sangue, dall'asfalto, perché allora non avevano ancora iniziato ad andare veramente male, le cose, cioè, sì ma non avevo ancora iniziato a rendermene conto. Vorrei che fosse tutto finito così, vorrei che non ci fosse mai stato un "dopo". Vorrei tornare indietro e cancellare con un cancellino da lavagna tutto questo, questo obbrobrio che mi rifiuto di accettare, di riconoscere come mio. Mi chiedo, ora, e se Dio esistesse ma fosse semplicemente stronzo? E così passiamo dal proverbiale "Dio è morto" ad un "Dio è stronzo". Cazzo, tutto si può spiegare così. È la spiegazione più plausibile. È più plausibile della sua non-esistenza, effettivamente. Magari esiste e si diverte a vederci soffrire e ci fa dunque soffrire senza rimorsi e senza vergogna per ciò che sta facendo. Per questo io sono qui, in questa situazione. Stava andando tutto troppo bene nell'altra situazione, così Dio ha dovuto sconvolgere tutto, rendere tutto il peggio possibile. Così peggio che vorrei urlare e così peggio che vorrei piangere e così peggio che vorrei strapparmi gli occhi dalle orbite e così peggio che ora la mia massima aspirazione è cancellare tutto questo schifo con lo sbianchetto. Voglio urlare così forte da spaccare i vetri e voglio che quei vetri mi taglino e magari che una scheggia mi entri in cuore e mi provochi dolore inimmaginabile e magari spenga tutto. Sapete, io neanche volevo che questa luce di merda si accendesse. Che poi, che vuol dire? Cosa sono? Ero qualcosa prima? Dipendo così tanto dal mio corpo e il mio corpo si è rotto e merito tutta la consolazione possibile, perché senza corpo io non esisto. Io non sono esistita e vorrei fosse durata di più, altro che coma di meno di un mese, io avrei voluto direttamente una morte per un'eternità, scusate se chiedo troppo. Avrei avuto una pace eterna. Voglio piangere e mi pare l'unica cosa da fare, l'unica via di fuga. Oh, che orgasmo a dire semplicemente "via di fuga". Che bellezza. Vorrei una via di fuga esistesse veramente, vorrei su potesse scappare da tutto questo. Vorrei le mie lacrime potessero darmi un passaggio e, mentre loro scappano dal mio corpo, scappare anche io, lontano, da quel bastardo che è sempre stato solo un peso. E ora basta, voglio scappare e io non ci sarò per il gran finale, lo dovrete fare senza di me. Voglio piangere e voglio versare queste mie lacrime che mi sembrano coltelli e voglio affogare nel mio dolore anche solo perché, se affogo, tutto finisce. A volte sento ancora il desiderio di piangere. A volte sento ancora le punte delle dita cantare di quanto desidererebbero strozzarmi, porre una fine a tutto. A volte il mio corpo vuole sdraiarsi e non alzarsi mai più, non svegliarsi mai più. Non sentire, non percepire, non essere, limitarsi solo ad essere una goccia di veleno che scivola sull'asfalto.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: fotone