Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Eneri_Mess    14/07/2009    0 recensioni
... Il bambino sopravvissuto, invece, rimase con lo sguardo incollato al pavimento, incapace di reagire. Se avesse potuto, avrebbe riso. Riso così forte da ascoltare con le proprie orecchie la miseria in cui sguazzava. Per dirla scherzosamente, Voldemort era passato al Piano B. Al piano di riserva.
[ Dopo l’Ordine della Fenice, prima del Principe Mezzosangue ]
Ad un mese dalla fine del quinto anno, Voldemort continua a nascondersi al Mondo Magico con il chiaro intento di riuscire ad avere la profezia andata perduta e di ripristinare il suo regno di terrore. Harry, ancora scosso dalla scomparsa di Sirius, inizia il suo sesto anno con la mente ingombra di pensieri e preoccupazioni.
Nuovi personaggi, nuovi scopi. Le Stirpi Antiche minacciate quanto quelle Moderne, segreti e muri tra mondi che si sgretolano e la speranza che un sottile velo celi in realtà molto più che morte.
Genere: Generale, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: Tutto ciò che è preso dai libri di Harry Potter non mi appartiene. I personaggi non estrapolati dalla saga, invece, sono di mia invenzione.

 

 

 

 

 

Le Lancette del Tempo

 

 

 

 

 

 

VII

 

 

 

 

 

 

 

 

Avesse conosciuto anche il più piccolo incantesimo per rallentare il tempo, Harry non avrebbe esitato a usarlo.

Le due settimane che lo separavano dal fatidico trentuno Agosto erano trascorse troppo veloci per il suo stato d’animo perennemente vacillante. Il ragazzo aveva sbarrato di rosso uno per uno quei giorni sul calendario riservato al conto alla rovescia per il rientro a scuola, cercando più volte di concentrarsi solamente sull’inizio del nuovo anno e pensando che presto sarebbe stato di nuovo circondato dalle familiari mura del castello, dalle tende del suo baldacchino o anche dai tetri alberi della Foresta Proibita.

Puntualmente, però, il trentuno si figurava più minaccioso che mai nei suoi pensieri. Quel dì avrebbe fatto un tuffo in ricordi ancora troppo scottanti e Merlino solo sapeva come ne sarebbe uscito. Se solo avesse avuto qualcosa con cui distrarsi davvero, probabilmente sarebbe stato meno ossessionato. Invece, la routine ormai scadeva nel limbo della dimenticanza.

Si alzava la mattina, faceva colazione e poi il vuoto. Totale. Forse studiava, forse giocava a scacchi, forse faceva di tutto e di più, ma non riusciva a trattenere nella mente quelle ore. Rammentava di aver tentato, circa una settimana addietro, insieme a Ron e Ginny, di persuadere la signora Weasley a portarli con lei a Diagon Alley per i consueti acquisti scolastici. Molly, purtroppo, seppur paziente e comprensiva, era stata irremovibile dal suo no.

Mancata quell’occasione, Harry aveva riversato con disperazione tutta la sua sporadica attenzione all’ora di cena.

Il signor Weasley rincasava tra le nove e le dieci di sera, un “orario barbarico” a detta della moglie, che passava i minuti prima del suo ritorno a lanciare occhiate al magico orologio che si era portata dalla Tana. Quando la lancetta di Arthur cominciava a muoversi, Molly non staccava gli occhi dalla sua parabola, rabbrividendo nel vederla passare tra “Ospedale” e “Pericolo di Morte”.

Al contrario, il Grifondoro impiegava quegli attimi a fissare la porta della cucina. Talvolta ad accompagnare il signor Weasley c’erano o Tonks o Kingsley o Marcus e ciò significava la possibilità di avere novità su quello che accadeva al di là delle mura di Grimmauld Place.

Il caso dell’indovino Incapace era però a un punto morto secondo il racconto degli Auror. Niente piste da seguire, niente moventi che non fossero le visioni confusionarie di Vargas, nessun passato legame con Arti o Maghi Oscuri. E Harry, a quella continua negazione dell’evidente, del fatto che Voldemort volesse quell’uomo, alla fine aveva abbandonato la propria ostinazione, anche troppo preso dall’arrivo della fine del mese.

Non ne aveva ancora parlato con nessuno degli altri e credeva che nemmeno l’avrebbe fatto. Ron, Hermione e Ginny parevano nascondere molto bene qualsiasi traccia di tensione ed erano altrettanto attenti a non sfiorare l’argomento. O almeno, così era in presenza del moretto, che si faceva via via sempre più taciturno e scostante.

Se il bambino sopravvissuto era irrequieto, però, non era l’unico.

Da diversi giorni si era accorto di vedere raramente il suo ex insegnanti di Difesa Contro le Arti Oscure. Il licantropo usciva quasi sempre dopo l’ora di pranzo e spesso faceva ritorno ben oltre le undici di sera. Dove si recasse, Harry non lo sapeva, ma si era reso conto del malumore di Ryahn.

La donna passava diverso tempo nel salotto al primo piano con lo sguardo perso oltre le finestre e sembrava fissare il cielo, riflettendo. A cosa, era arduo rispondere, tanto vuoti erano i suoi occhi d’ametista. Eppure il moretto era convinto che qualcosa la preoccupasse. Forse proprio le uscite di Remus, anche se dava l’impressione di sapere dov’è che andasse.

La curiosità che solitamente lo ammorbava quella volta si tenne da parte. Non parlava con la brunetta da quando si erano conosciuti e non c’erano state altre occasioni di discussioni comuni. Il che lo metteva un po’ a disaggio, riflettendo sul fatto che Ryahn era la donna amata da una delle persone a lui più care e di lei non sapeva niente.

Ma ben presto anche quella questione fu accantonata da problemi più urgenti. Ossia, come sopravvivere ai ricordi di ciò che era avvenuto in Giugno, i quali pesavano ogni momento di più con la deposizione imminente.

Ventisei Agosto. L’arrivo al Ministero. Missione di Salvataggio.

Ventisette Agosto. La discesa nel reparto Misteri. La porta nera in fondo al corridoio.

Ventotto Agosto. La ricerca vana di Sirius. « Dovrebbe essere qui vicino ».

Ventinove Agosto. La sfera di cristallo contenente la profezia. « C’è… c’è il tuo nome scritto qui ».

Trenta Agosto. La lotta contro i Mangiamorte.

Lui che scivola oltre il velo…

 

 

 

 

 

 

˜

 

 

 

 

 

Harry rimase sveglio a lungo quella notte.

Quando finalmente riuscì ad addormentarsi, sognò di essere al Ministero a dare la sua versione dei fatti. Il tizio che doveva ascoltarlo – e che stranamente aveva l’aspetto di Stan Picchetto – era concentrato a giocare a ping pong contro il muro, masticando rumorosamente del chewing gum.

Il moretto si stava sgolato nel tentativo di farsi prestare un minimo di attenzione, ma fece il suo ingresso Bellatrix, altera e maleficamente bella come il ragazzo non l’aveva mai vista. Stan si mise ad ascoltare ammaliato la Mangiamorte e il Grifondoro perse le staffe, sfoderando la bacchetta.

Un istante dopo si ritrovò circondato da persone incappucciate che gridarono come un sol uomo « Stupeficium! » …

… e il Bambino Sopravvissuto cadde dal letto lottando in un groviglio di lenzuola.

« Harry che succede!? »

Ron si era precipitato al suo fianco, raccogliendo gli occhiali rotondi del prima che il ragazzo li schiacciasse con il gomito mentre cercava di rimettersi a sedere. Il moretto stette un po’ a guardarsi intorno, cercando di mettere inutilmente a fuoco gli oggetti della stanza. Sentì il sollievo diffondersi nelle sue membra dopo che si fu ricacciato sul naso le lenti. Oltre a lui e a Ron non c’era nessun altro nella stanza, men che meno a minacciarlo con una bacchetta.

« Stai bene? Hai… hai visto qualcosa? » domandò a mezza voce il rosso, come se temesse che alle sue parole potesse sbucare dal nulla una creatura oscura.

Harry prese un bel respiro, prima di rispondere.

« Era solo un incubo, niente di che ».

Ron si concesse un sospiro di sollievo.

« Che ore sono? » chiese il ragazzo scarmigliato per cambiare discorso.

« Le otto. Andiamo a fare colazione? »

« Sì ».

 

 

 

 

Tutto sembrava dannatamente uguale a sempre.

Vestirsi, uscire nel lugubre corridoio e incrociare Hermione e Ginny. Scendere in punta di piedi in cucina. Nessuno, durante il tragitto, fiatò. Cercavano tutti di ostentare un’aria tranquilla ma il nervosismo strisciava viscidamente tra di loro.

Quella mattina c’era un po’ di trambusto nella cucina. Al tavolo erano già sedute Ryahn e un’Anna immusonita che rifiutava categoricamente il cucchiaio di omogeneizzato, minacciando di mettersi a strillare. Nell’ambiente sempre un po’ soffocante sfrigolavano uova e pancetta, intente a spadellarsi da sole, mentre più in là alcune brocche di succo giocherellavano a riempirsi a vicenda. La signora Weasley correva da una parte all’altra senza fermarsi un attimo. Mancò poco che travolgesse i figli senza neanche vederli da dietro la pila di panni che aveva tra le braccia e che le impedivano la visuale.

« Mamma, che diavolo stai facendo!? » gridò stralunato il rosso, appiattendosi contro il muro dato che la donna aveva tirato dritto verso un vecchio mobile.

Molly ignorò del tutto la domanda.

« Grazie al cielo vi siete svegliati da soli! » esclamò scalpitante, spingendoli in massa verso la tavola sgombra di stoviglie. « Ron, Ginny, apparecchiate, svelti! Sono quasi le nove e voi dovete ancora mangiare e darvi una lavata! » borbottò precipitandosi ai fornelli. Nel farlo, puntò la bacchetta verso un paio di cassetti e questi schizzarono via con il loro contenuto. Harry e Hermione fecero in tempo ad abbassarsi, evitando una forchettata in fronte ciascuno.

« Oh, scusatemi, scusatemi! » strillò allarmata Molly, senza fermarsi.

« Mamma, accidenti, dobbiamo essere al Ministero per le dieci e mezza! Non abbiamo tutta questa fretta! » fece notare Ron.

« Tuo padre ha detto di arrivare lì almeno mezzora prima! »

« Appunto, se andiamo con la Metropolvere… »

« Ronald Weasley! » vociò allarmata. «Vuoi presentarti a una convocazione ufficiale coperto di fuliggine!? »

Il figlio roteò gli occhi e lasciò perdere, cacciandosi a sedere come gli altri.

Harry avrebbe preferito saltare a piedi pari la colazione, che bruciacchiata era sicuramente meno invitante del solito. Tuttavia, sotto lo sguardo di Hermione, che gli stava comunicando minacciosa che mangiare gli avrebbe fatto bene, si costrinse a ingollare due dita di caffè per svegliarsi e altrettante strisce di bacon, con la nauseante sensazione che il tutto gli sarebbe rimasto sullo stomaco.

Dieci minuti dopo le fiamme del camino si levarono alte e smeraldine, facendoli sobbalzare. Dalla vampa luminosa vorticò fuori Lupin con in mano una logora valigia. Diede il buongiorno a tutti, depositando il bagaglio nell’angolo vicino e gettò uno sguardo all’orologio.

« Credo ci convenga andare » si rivolse alla compagna e Ryahn annuì, pulendo la bocca a una Anna, ancora imbronciata, e prendendola in braccio.

« Ci vediamo più tardi al Ministero » salutarono entrambi avviandosi su per le scale e sparendo. La porta del numero dodici si chiuse con uno sferragliare di catene.

« Ma dove vanno? » chiese Ginny, rimasta come gli altri tre ad osservare la scena senza capire.  

« Ryahn ha l’esame di Smaterializzazione » le rispose spiccia la madre, lanciando un incantesimo di auto-pulizia sulle stoviglie nel lavandino. « Avanti, finite di mangiare! »

« Ma come l’esame di Smaterializzazione? » continuò Hermione, la fronte aggrottata. « Non si fanno i corsi a Hogwarts? »

« Sì, sì, ma… è una storia lunga » replicò di nuovo la donna, occhieggiando l’orologio. « Adesso muovetevi! »

 

 

 

 

A conti fatti, dopo una dura lotta contro la porta del bagno che si rifiutava di fare uscire Ron, dichiarando con voce tonante che il custode di Grimmauld Place, un tale Alphonse Fidelforth, si era risvegliato, e altri imprevisti a seguire, i ragazzi e la loro accompagnatrice si ritrovarono a cinque minuti alle dieci davanti al grande focolare della cucina. O Metropolvere, o niente.

Intanto che i ragazzi finivano di allacciarsi i mantelli, la signora Weasley, arruffata e ancora furibonda per quel che improvvisamente stava succedendo alla casa, stava rovistando dentro un cassetto alla ricerca della Spazzola-Spazza-Fulligine della linea Nonna Acetonella.

« Oh eccola! » esclamò aspramente agguantandola e richiudendo poco gentilmente il mobile. « Ron, per primo! Ministero della Magia! Veloci o rischiamo di disperderci con la confusione che ci sarà! »

Ciò detto, il rosso fu praticamente buttato dalla madre tra le fiamme verdi. La sorella scampò per un pelo alla stessa sorte, mente Hermione tratteneva il fiato di fianco a Harry.

« Non ho mai usato la Polvere Volante! » bisbiglio, lanciando un’occhiata allarmata all’amico.

« Dì a chiare lettere “Ministero della Magia” e tieni le braccia incollate al corpo » le spiegò svelto, prima che mamma Weasley spingesse la Grifondoro nel camino. Confidando nelle rapide capacità di apprendimento dell’amica, anche Harry si apprestò a svanire risucchiato dalle fiamme, non prima di aver messo al sicuro gli occhiali.

Vorticò tra miliardi di immagini residue di altri focolari e, dopo quelli che non sembrarono neanche cinque secondi, atterrò su una superficie solida. Barcollante, fu afferrato per un braccio e strattonato via.

« Fatto buon viaggio? Hermione deve aver ingoiato un chilo di cenere! » ridacchiò Ron, indicando col capo la ragazza, piegata a metà lì vicino con la giovane Weasley a batterle la schiena.

Con un’ultima vampata tiepida apparve anche Molly, già armata della sua micidiale spazzola con cui tirò a lucido il gruppetto come neanche una lavatrice avrebbe saputo fare.

Il via vai presente nell’Atrio del Ministero della Magia pareva un crocevia di correnti marine. Due fiumi di impiegati correvano come folli su e giù, senza badare a chi rischiavano di travolgere rompendo l’osso del collo. I caratteri dorati incastonati nel soffitto blu pavone si muovevano freneticamente, cambiandosi di posto in continuazione, e un nugolo di maghi poco più in là li studiava con le fronti aggrottate, prendendo appunti. Dall’altra parte, verso i camini d’uscita, c’erano invece una dozzina di goblin accampati in un angolo con sguardi biechi che brontolavano tra loro, fissando malamente chiunque passasse lì vicino.

« Le dieci! » strillò mamma Weasley, agguantando Harry e Ron per le braccia e trascinandoli in mezzo al flusso di uomini e donne che puntavano nella direzione opposta alla loro. « Arthur si starà chiedendo che fine abbiamo fatto! » continuò a borbottare, senza preoccuparsi di sbatacchiare i due ragazzi addosso agli altri. Ginny e Hermione con febili « Permesso! Mi scusi! » le arrancavano dietro.

Circumnavigarono la piattaforma che un tempo aveva ospitato il complesso statuario dei “Magici Fratelli”, ora ricoperto da un telone violaceo, e si accodarono alla fila per gli ascensori. C’era qualcuno che urlava a squarciagola, ma la confusione aveva livelli talmente assurdi che il moretto percepiva a malapena il brontolio di Molly al suo fianco.

Finalmente, le elaborate cancellate luccicanti si chiusero sferragliando e l’ascensore partì cigolando con il peso di almeno due dozzine di persone pressate come sardine.

« Settimo Livello, Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici… » la monotona voce si perse quando uno sciame di aeroplanini di carta planò nell’abitacolo come missili bombardieri. Harry ringraziò la sua miopia che lo salvò da un centro sicuro di uno di quei foglietti piegati, mentre l’ascensore ripartiva tra le imprecazioni dei maghi che si massaggiavano le fronti.

Si intravedeva appena il pavimento del piano superiore quando una bordata di vento spettinò tutti. La voce fredda che avrebbe dovuto annunciare « Sesto Livello, Ufficio del Trasporto Magico » non si sentì per niente, mentre raffiche da uragano sbatacchiavano le porte degli uffici, tra strilla e ululati.

« Ma che accidenti succede!? » gridò Ron a fianco al moretto, artigliato per le spalle da una scioccata signora Weasley.  

Al Quinto Livello, contenente l’Ufficio per la Cooperazione Internazione Magica, si imbatterono solo in un cicaleccio demoniaco di pettegolezzi, ma niente di preoccupante quanto al Quarto Livello, con l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, dove una fiammata e un ruggito attraversarono il corridoio, facendo strillare le ragazze e schiacciare i passeggeri sul fondo dell’ascensore.

Al piano del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, invece, non c’era anima viva. Completamente deserto, tanto che dava un certo senso di angoscia rispetto a tutto quello che avevano appena passato.

« Secondo Livello » annunciò la voce annoiata, senza aggiungere altro mentre un certo brusio si faceva strada tra le sbarre dorate. Il Bambino Sopravvissuto stava per mettere piede fuori dall’ascensore, seguendo gli ultimi maghi rimasti e convinto di essere arrivato, quando la mano della signora Weasley lo trattenne.

« Aspetta, Harry caro. Dobbiamo scendere all’ultimo piano ».

E il ragazzo lasciò che l’inferriata si chiudesse di nuovo davanti a lui e che la salita proseguisse verso il « Primo Livello. Ufficio del Ministro della Magia e Collaboratori. Comprendente le Sale Riunioni e Congressi. Attuale Sede della Commissione Speciale ».

Li accolse una vasta hall circolare dal pavimento marmoreo su cui notarono, facendosi avanti, era inscritta un’enorme “M” viola. A fianco alle porte dell’ascensore erano sistemati alcuni divanetti color melanzana, mentre nel semicerchio opposto c’erano cinque porte di legno scuro. A dominare la scena sopra di esse era sistemato un gigantesco orologio dal quadrante d’oro finemente cesellato.

« Ma’… sicura che sia qui? Non c’è nessuno » disse Ron, guardandosi in giro con circospezione.

« Sì, tuo padre ha detto al Primo Livello… » rispose la donna ansiosa, continuando a tenere una mano sulla spalla del figlio e l’altra su Harry.

« Siamo ancora in anticipo. Sono le dieci e un quarto » intervenne Hermione, fissando le lancette extra large.

Si zittirono tutti per tendere le orecchie e ascoltare la quiete assoluta di quel posto, sperando di udire qualcuno. Ma tutto quello che si avvertiva era solo il profondo ticchettio dell’orologio che sembrava riprodurre il russare di un gigante. Neanche gli stessi caratteri dell’Atrio, che brillavano incastonati sopra le loro teste, non emettevano alcun suono nel zigzagare tra loro. Nel marmo lucido sottostante veniva riflessa l’immagine del loro gruppetto, unito e spaesato in quell’esagerata sala.

D’un tratto, con grande sollievo di tutti, si udì uno scalpiccio. Dall’angolo a destra spuntarono due persone. Il signor Weasley, andato al lavoro presto come ogni mattina, stava gesticolando animatamente verso la donna che camminava al suo fianco con andatura ferma e calcolata. Nessuno dei due parve accorgersi di loro.

« Arthur! » chiamò Molly rincuorata, facendosi avanti con i ragazzi.

« Oh! » esclamò l’uomo, evidentemente sorpreso di vederli. « Stavo giusto per scendere a cercarvi! Credevo aveste avuto problemi con l’ingresso visitatori. Un tizio si è incatenato alla cabina urlando che eserciti di Troll invaderanno Londra » disse scuotendo la testa.

Il trio si scambiò uno sguardo irrequieto.

« E’ uno scherzo, vero? » borbottò il figlio, schifato al ricordo del solo Troll con cui aveva avuto a che fare, sei anni addietro.

« La gente è nel panico e i fanatici ci ricamano sopra ».

A commentare in tono acre fu la donna che accompagnava il signor Weasley. A prima vista, il Bambino Sopravvissuto avrebbe giurato che si trattasse di una parente di Kingsley. Scura di carnagione quanto lui, aveva un corpo statuario, modellato in ogni particolare tanto da apparire priva di imperfezioni. Si muoveva con scioltezza, sebbene i suoi lineamenti rimanessero rigidi e impassibili. Lunghe treccine raccolte in una coda le sfioravano la casacca aderente porpora, in tandem con i suoi occhi rosso-bruni.

« Lei è Tanisha Hanks, Vice Capo delle Operazioni Auror » la presentò Arthur.

« Piacere di conoscervi » salutò garbatamente lei, mantenendo però la stessa inflessione nella voce.

Uno sferragliare alle loro spalle interruppe sul nascere ogni altra conversazione. Voltandosi, Harry accolse con uno strano sobbalzo interiore chi stava arrivando con l’ascensore. Si diede dello stupido. Doveva aspettarsi di incontrare anche loro lì.

« Perdiana! E’ questo il modo di mantenere il Ministero!? C’è una confusione inammissibile! » sbottò irritata una corpulenta donna anziana uscendo con passo di carica. Abito verde scuro, borsa rossa, inseparabile avvoltoio impagliato sul cappello, Augusta Paciock li raggiunse con ampie falcate, ma senza mai perdere la sua regale presenza. La seguì a qualche metro di distanza un imbarazzato e cereo nipote. Neville fece un goffo cenno di saluto ai compagni, mentre sua nonna riprendeva a inveire. « Cosa ci fa un uragano al Secondo Piano!? E chi è l’imbecille che ha lanciato un Incantesimo Engorgio su una Salamandra di Fuoco!? »

Impercettibilmente, tutti si ritrassero. Sembrava che incorrere in un tornado o in un drago in miniatura fosse molto più auspicabile che affrontare la signora Paciock, furiosa e scontenta dell’accoglienza.

Solo dopo che Augusta si fu messa a discutere con i coniugi Weasley e la Hanks, Harry notò altre due persone uscire dall’ascensore. Inseparabile dalla sua perenne aria trasognante e da un paio di ravanelli che le penzolavano dai lobi delle orecchie, Luna Lovegood veleggiò verso di loro accompagnata da quello che doveva essere il padre. Alto e svagato al pari della figlia, il signor Lovegood girava su se stesso come se fosse stato catapultato nel Paese delle Meraviglie.

« Ciao Harry » salutò la Corvonero quando gli fu davanti, ignorando completamente gli altri. Lo studiò un po’, inclinando il capo e allargando più del naturale i suoi grandi occhi sporgenti. « Non devi preoccuparti di oggi » disse in tono semplice e diretto.

Non essendo una domanda, il ragazzo si trovò a corto di repliche e ringraziò il cielo quando un nuovo trambusto riecheggiò nella hall, attirando l’attenzione.

Qualcuno stava inveendo così furiosamente che capire le esatte parole fu impossibile. Però quel qualcuno si palesò un attimo dopo. Dalla parte opposta degli ascensori si aprì una delle porte, la centrale, e ne uscì un uomo imponente, con corti capelli neri e un viso totalmente squadrato e cupo. Incrociarne lo sguardo metteva una certa soggezione.

Ma non era lui a sbraitare, bensì l’ometto che lo seguì e che agitava rabbiosamente i pugni in aria nell’intento di difendersi da una minaccia invisibile.

« Come si permette di prendere queste decisioni da solo, Craig! Doveva avvertirmi prima di spedire metà degli Obliviatori e l’intero Comitato Scuse ai Babbani a rimodificare la memoria ai babbani coinvolti nella sciagura di St. James’s Park! Chi si crede di essere!? Sa che dopo aver cancella- » ma la voce di Cornelius Caramell incespicò fino a spegnersi del tutto in un singhiozzo, che sembrò più lo squittio di un topo, di fronte alla dozzina di facce che lo stavano osservando curiose. Sbatté un paio di volte le palpebre, per assicurarsi che non fossero allucinazioni. Decisosi che tutto era reale, scoccò uno sguardo all’orologio sopra la porta da cui era uscito. Le dieci e mezza. 

« Oh » tossicchiò, lisciandosi il panciotto e voltando la testa ovunque tranne che in direzione del folto gruppo. « Sì, giusto, le deposizioni… »

Poi parve inaspettatamente riacquistare un po’ di contegno. Si erse in tutta la sua statura, esigua in confronto al signor Craig che avrebbe potuto competere con Hagrid, e si girò di scatto verso uno degli usci ancora chiusi.

« AMANDA! » tuonò e in risposta ci fu uno strilletto spaventato. Tre secondi a seguire e una donna che non dimostrava trent’anni corse trafelata fuori da una delle porte. Minuta e circondata in viso da folti boccoli color cioccolato, aveva l’aspetto di una piccola bambolina abbigliata con una camicetta di pizzo e una gonna al ginocchio.

« Ministro! » esclamò mettendosi quasi sull’attenti. Quando si accorse del numero delle persone presenti, arrossì, facendo però una panoramica generale del gruppo e indugiando su Harry. « Cosa… cosa posso fare per lei? »

« Va’ ad avvertire Dobson e Cruz e… si be’, va’ a chiamare la Commissione Speciale » gracchiò Caramell con un tono altalenante tra il seccato e l’autoritario. La segretaria caracollò nel corridoio di sinistra.

Cadde uno strano silenzio. Da una parte la frotta di ragazzi e famigliari, raccolti in ranghi serrati e guardinghi, in mezzo la montagna di muscoli che era il signor Craig insieme alla sua Vice, e più in là, quasi fosse stato un randagio tagliato fuori, il Ministro, paonazzo in volto e con le mani occupate a sistemare inesistenti pieghe sul vestito.

Harry fu contento di vederlo così agitato, e avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo guardare anche solo un secondo negli occhi e fargli capire che si meritava ciò che gli stava succedendo, di sprofondare sotto le dita puntate e inquisitorie del Mondo Magico.

Purtroppo, l’ometto continuò a svicolare ogni occhiata, anche se talvolta sembrò sul punto di riaprire bocca contro Craig e riprendere la sfuriata. Qualcosa però, forse proprio lo sguardo inespressivo di quest’ultimo, che si era sistemato a braccia conserte, ricordando un bodyguard che aspettava solo di poter rompere il collo a qualche malcapitato, lo fece desistere.

A spezzare l’imbarazzo crescente, fu l’arrivo di un gruppo di anziani guidati da Amanda. Indossanti lunghe tuniche bianche con decorazioni viola e una sigla, “C.S.”, ricamata in oro all’altezza del cuore, i cinque maghi e le due streghe dall’aria boriosa squadrarono prima gli adulti, accennando con la testa in direzione di Craig e della Hanks, per poi spostare gli occhi sui giovani. E fu come essere passati ai raggi X: invadenti e soprattutto fastidiosi, dato che qualcuno di loro arricciò le labbra e le due streghe, poco educatamente, si scambiarono un bisbiglio.

Uno dei maghi, con occhi chiari e un pizzetto spinoso ben curato, si fece avanti, superando Caramell come se facesse parte dell’arredamento.

« Siete in ritardo » esordì e già da quella sola frase tutti lo presero in antipatia, a partire dalla signora Weasley e dalla nonna di Neville che strinsero in simultanea le labbra, a Ron che lo guardò di traverso. Senza soffermarsi sulle loro espressioni accigliate, riprese a parlare privo di alcun tono o preambolo, facendo rabbrividire gli studenti di Hogwarts. « La signorina Lovegood si accomodi con Madame Cheadle in Sala Uno ».

Nella pausa spiazzante che si creò, Luna seguì una delle due anziane senza fare una piega. Prima dell’angolo, però, si voltò e sorrise ai compagni con tranquillità. Harry ebbe l’orribile sensazione che non l’avrebbe rivista mai più.

« Il signor Paciock in Sala Due con il Signor Garford. La signorina Granger in Sala Tre con il Signor Cruz. La signorina Weasley in Sala Quattro con il Signor Tibbs. Il signor Weasley in Sala Cinque con il Signor Facer ».

Il Bambino Sopravvissuto avvertì il respiro stagnarsi nei polmoni quando anche Ron, con un cenno, fu sparito insieme al suo esaminatore.

Un mese prima li aveva avuti tutti al suo fianco nella lotta alla sopravvivenza. Adesso, passato il pericolo e a distanza di qualche piano, erano stati divisi. Decimati. Era rimasto solo lui, con i coniugi Weasley da un lato, Augusta Paciock e il signor Lovegood dall’altro e due membri della Commissione Speciale che lo guardavano attentamente.

Ci si può sentir braccati in questo modo? Si chiese deglutendo.

« Bene, signor Potter » riprese il vecchio, con un accento che si sarebbe potuto definire spietato. « Io e Madame Lodge ci occuperemo di lei in Sala Sei » e lo disse in un modo che fece guizzare sdegnosamente la bocca alla signora Weasley.

Ma Harry non ci badò. Guardò fisso negli occhi quello che, ultimo rimasto, doveva essere Dobson, e ricambiò la sua impassibilità contraendo la mascella. Ma non nervosamente. Risoluto.

Non sapeva chi fosse e non gli importava minimamente. Gli avrebbe raccontato quello che voleva. Ciò che era successo. Avrebbe rivissuto quegli attimi. E poi se ne sarebbe andato, di nuovo, forse leccandosi ferite che si stavano ancora rimarginando, forse con la voglia di sfogarsi. Ma sarebbe stata la prima e l’ultima volta. Quel posto aveva iniziato a nausearlo e dopo la deposizione non avrebbero più dovuto chiedergli niente.

Con passo fermo, seguì l’invito di Dobson a precederlo e puntò al corridoio di sinistra, verso la sala numero sei.

 

 

 

 

 

˜

 

 

 

 

 

 

Svuotato.

Era così che Harry si sentiva dopo tre ore in cui aveva ascoltato unicamente la propria voce ripetere e ripetere come una prostrata litania i minuti, i secondi, passati nell’Ufficio Misteri. Avevano voluto sapere i particolari, ma senza insistere con le domande. Bastavano gli sguardi falsamente gentili, le sopracciglia inarcate scetticamente. E il bambino sopravvissuto aveva sentito rabbia e dolore fondersi dentro e scorrergli vorticosamente nel sangue, facendogli girare la testa. Tuttavia aveva tirato dritto, come loro volevano, rispiegando monotono ogni cosa, pregando che fosse la volta buona e che la finissero.

Ora si trovava di nuovo nell’Atrio, in un posto appartato che non aveva mai notato: la zona Ristoro.

Amanda Hazel, la segretaria di Caramell, li aveva accompagnati lì a mangiare un boccone, ma nessuno pareva in vena di mettere sotto i denti nemmeno una briciola.

Neville era più bianco e taciturno di quand’era arrivato e continuava a fissare il fondo del suo bicchiere di tè con aria assente. Luna appariva forse la più tranquilla, sebbene anche lei non avesse più fiatato e fosse rimasta seduta tutto il tempo accanto al padre. Ron, Hermione e Ginny, che lo circondavano, stavano chiacchierando a monosillabi con i signori Weasley.

« Cielo! Perché ci tengono ancora qui? Cos’altro vorranno? » sospirò la signora Weasley per quella che doveva essere la dodicesima volta.

Più imbarazzata che mai, Amanda, rimasta tutto il tempo con loro, si mosse a disagio.

« Mi dispiace » si scusò, allungando un’occhiata furtiva a Harry che si stava facendo i fatti suoi. « Credo che… ecco, credo che stiano controllando le vostre dichiarazioni… per incongruenze… »

Ron le scoccò un’occhiataccia, ma Hermione gli piantò un gomito nel costato prima che potesse aprire bocca.

« Quindi ci vorrà ancora parecchio » concluse Ginny con uno sbuffo depresso, massaggiandosi le tempie.

Il silenzio cadde di nuovo, contornato dal brusio degli impiegati in perenne agitazione. Non sembrava di essere più al Ministero della Magia. Nel tempo che avevano passato seduti al tavolo del bar avevano visto succedere di tutto e di più. Era passato un gruppo di vampiri, completamente imbacuccati in mantelli neri, che avevano aperto la folla come neanche Mosè era stato in grado di fare con le acque del Mar Rosso; dieci minuti dopo era scoppiata una rissa tra alcuni maghi su questioni riguardanti l’Ufficio Brevetti Ridicoli ed erano volate fatture ovunque; non si era conclusa la lite che ne era scoppiata un’altra con quelli della Manutenzione Magica e il loro “scherzetto” ai danni del Sesto Livello.

Poco prima avevano anche incrociato due stanchi e scombussolati Remus e Ryahn, con un’Anna che si guardava in giro divertita. Erano di corsa perché stavano tornando finalmente a Grimmauld Place, dopo aver aspettato quattro ore per venire a sapere che l’esame di Smaterializzazione della brunetta era stato rimandato al giorno seguente a causa del tifone che aveva reso inagibili le aule.

« Vado in bagno » borbottò Harry alzandosi all’improvviso. Stanco di restarsene lì con l’attesa che gli gravava addosso, e soprattutto stufo delle occhiate che Amanda lanciava alla sua cicatrice, aveva buttato la prima scusa venutagli per allontanarsi.

Lasciatosi alle spalle le fronti corrugate di tutti, avanzò al limitare del muro per evitare di essere travolto dalla mischia vociante. La testa gli ronzava così tanto che udiva a malapena le conversazioni circostanti.

Continuando a camminare si ritrovò davvero davanti ai servizi e, dato che l’alternativa era farsi sbatacchiare a destra e a manca, optò per entrare.

Il bagno degli uomini era spazioso tanto quanto quelli a cui era abituato a Hogwarts, solo che questi avevano intense piastrelle viola alternate ad altre bianco sporco che dovevano aver passato tempi di igiene migliori. Il pavimento in alcuni punti sembrava quello di una stazione di servizio, bagnato d’acqua e impronte, con alcuni cumuli di carta assorbente in giro. La nota positiva era l’apparente desolazione.

Un po’ di pace, pensò andando a sciacquarsi le mani e il viso. Avrebbe potuto fare concorrenza a uno dei succhiasangue visti prima in quanto a pallore. Solo che i suoi occhi verdi, ora abbacchiati dallo stress, presentavano pesanti occhiaie.

“Domani sarai a Hogwarts” si ripeté come ormai faceva da un po’. E non era neanche una bugia, visto che alle undici del giorno successivo sarebbe stato comodamente seduto sull’Espresso per la scuola.

Dopo essersi scrollato le mani meglio che poteva in assenza di salviette, si guardò intorno, cercando vanamente qualcosa da fare per non dover tornare subito. Chiudersi in un cubicolo era alquanto squallido anche per la sua disperazione. Ma intorno non c’era niente.

Fece per andarsene, dicendosi che avrebbe fatto il giro lungo per tornare al bar, quando l’occhio gli cadde sul grande cestino a fianco alla porta. Sopra ai rifiuti c’era un giornale che attirò la sua attenzione con il titolo in prima pagina. Era di quel giorno.

Fregandosene che qualcuno l’avrebbe potuto vedere, recuperò il quotidiano, spiegandolo davanti agli occhi.

 

 

 

 

ALBUS SILENTE CI RIPROVA

NUOVO INSEGNANTE DI DIFESA CONTRO LE ARTI OSCURE

 

 

Come molti sanno – scrive Rita Skeeter – la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts, Scuola di Magia e Stregoneria, sembra protrarre una maledizione: dopo cinque anni Albus Silente, stravagante preside, pare non aver ancora trovato un insegnante che sia durato due anni di fila. Che qualcuno abbia gettato davvero il malocchio?

L’anno scorso il Ministero della Magia aveva trovato la soluzione con Dolores Umbridge, celeberrima Sottosegretaria Anziana ora ricoverata al San Mungo in prognosi riservata. Purtroppo, anche lei, per cause tuttora sconosciute, ha deposto le armi.

Dopo i recenti avvenimenti (il ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato) è diventato indispensabile trovare un professore in cui riporre la massima fiducia e Silente, da alcune indiscrezioni, sembra avere la risposta: Maryanne Watson.

Maryanne Watson, figlia della strabiliante Auror Astasia Rupert – uccisa nel 1973 da anonimi esponenti di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato – risulta essere una formidabile Auror che presta servizio in Estremo Oriente.

« Si potrebbe pensare che abbia preso dalla madre, ma non possiamo esserne certi appieno » commenta un funzionario anziano del Ministero alla notizia.

« Personalmente, non riuscirei a fidarmi di un Auror che ha preferito il Giappone all’Inghilterra! Ci hanno spedito la sua scheda di rendimento a disegnini! » dichiara irritato un impiegato del Quartier Generale degli Auror.

Queste sono solo alcune delle voci che circolano sul conto della signorina Watson al Ministero della Magia. Silente negli ultimi anni ha fatto scelte piuttosto discutibili riguardo la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, come il semiumano Remus Lupin e lo iettatore Alastor “Malocchio” Moody.

Ci viene spontaneo chiederci se Silente, per caso, non possegga certe tendenze che lo spingano a cercare aspiranti professori in grado di elargirgli affetti che le donne britanniche non possono offrirgli.

 

 

 

 

 

Appoggiandosi con la schiena alla parete, Harry lasciò vagare lo sguardo sulla fotografia allegata. Hogwarts era baciata dal sole estivo e uno stormo di uccelli volteggiava metri sopra i suoi tetti. Scorse la fine dell’articolo e trovò un rimando a pagina tre. Sfogliando incappò soltanto in altre disquisizioni su Silente, sul fatto che da Giugno era stato quasi del tutto irreperibile e che alcuni della Commissione Speciale avevano discusso la sua nuova assunzione, non approvandola.

Sbuffò e accartocciò il giornale prima che la porta del bagno si aprisse ed entrasse Ron, che lo fissava con una smorfia infastidita.

« La prossima volta che vuoi svignartela avvertimi e non lasciarmi lì a patire » borbottò, dandosi un’occhiata in giro. « Che stavi facendo? »

Harry non rispose. Aveva gli occhi puntati su un angolo sporco dello specchio. Rifletteva.

« Ti dice niente Maryanne Watson? » chiese d’un tratto.

Aveva una strana sensazione legata a quel nome. Una specie di… reminiscenza? Come se lo avesse già sentito da qualche parte tanto tempo prima. Ma né un volto né altro si intrecciavano a quell’identità. Forse l’aveva solo letto da qualche parte.

« Mmh… Non è una di scuola? Di Corvonero? » replicò l’amico dopo averci rimuginato su un po’.

Il bambino sopravvissuto scosse il capo.

« Quella è Marilyn Adso ».

« Ah » fu l’intelligente risposta gutturale del rosso, rimasto pensieroso con la bocca semichiusa e la fronte corrugata.

La porta dei servizi si aprì di nuovo.

« Oh, siete qui! » esclamò il signor Weasley facendo capolino. « Venite, ci hanno richiamati di sopra ».

E con una nuova discesa dell’umore a livelli depressivi, Harry tornò al Primo Livello, dove ad attenderlo ci furono solo tanti altri interminabili minuti di tormento psicologico.

 

 

 

 

 

 

˜

 

 

 

 

 

 

 

Quando Harry respirò di nuovo l’aria di Londra, sull’orizzonte era visibile una sola intensa striscia di colore che variava dall’arancio rossiccio al violetto.

Alla sua mente spossata e infastidita, le ore del pomeriggio avevano giocato il brutto scherzo di non trascorrere mai. Era rimasto con un occhio incollato all’orologio per tutto il tempo, ritrovandosi a supplicare le lancette di balzare in avanti e lasciarlo andare. Ma anche quando era finalmente giunta l’ora per gli impiegati di avviarsi verso casa, loro erano dovuti rimanere un’ora in più per cavilli, documenti e ultime pratiche burocratiche. Il moretto era arrivato a credere con disperazione che avrebbero passato la notte lì, che avrebbero mancato il treno per Hogwarts e che quell’incubo non sarebbe mai finito.

Poi, miracolosamente, qualcuno aveva notato quanto tardi si fosse fatto, e le tre famiglie erano state congedate, con l’assicurazione che al termine delle indagini sarebbero state informate.

Quando, dopo aver salutato Luna e Neville ed essersi imbarcati su una soffocante corsa della metro londinese, giunsero finalmente a Grimmauld Place, Harry non fu mai così contento di veder apparire l’orrida porta nera dal batacchio serpentino. Tutto ciò che voleva era chiudersi in camera e dormire, o almeno riuscirci. Era così stanco e abbattuto che il nervosismo di quella mattina gli sembrava una sensazione non più provabile.

« Cielo! Arthur, è tardissimo! » sussurrò la signora Weasley mentre entravano. Ad attenderli non c’era la famigliare oscurità in cui si sentiva il flebile russare dei quadri. I candelabri erano accessi e il moretto notò il brutto porta ombrelli a zampa di Troll giacere a terra. Che Tonks fosse o meno nei paraggi, il Bambino Sopravvissuto tirò dritto, occhieggiando le scale come alla manna. Desiderava solo dormire e svegliarsi con l’unica prospettiva di varcare il binario 9 e ¾ il prima possibile.

« Harry caro, aspetta! » lo fermò Molly, avanzando a passetti rapidi verso di lui. « Dobbiamo scendere » aggiunse mal volentieri, lanciando un’occhiataccia al marito.

Non fece in tempo a replicare, toccando di nuovo le soglie della disperazione costatando quanto le scale si stessero allontanando, che si trovò, suo malgrado sorpreso, ad oltrepassare la porta della cucina. Gremita.

Un brusio uniforme, rotto da qualche risatina o borbottio rimbombante, si levò verso di loro come i vapori del tè dai maghi e dalle streghe ammassate sulle sedie del tavolo in semicerchio o su panche apparse per l’occasione. Quale occasione fosse, Harry lo capì soltanto quando notò, vicino al camino, l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere: Piton, intento a togliersi di dosso il mantello nero lucido di pioggia e a sistemarsi irritato alcune ciocche incollatesi al viso olivastro.

« La riunione! » mormorò senza fiato Hermione, guardandosi freneticamente intorno, per poi strattonargli una manica. « E guarda! C’è Silente! »

Il moretto, improvvisamente incapace di respirare, seguì la direzione indicatagli e scorse la fluente barba argentea del preside poco distante dall’insegnante di Pozioni. Stava parlando con Elphias Doge e Malocchio.

Harry si sentì inaspettatamente sveglio. Fu come essere catapultati in sé senza alcun preavviso. Una strana sensazione lo pervase, qualcosa di indefinito che lo spinse a scendere i gradini senza indugi, zittendo la platea con la sua sola presenza. Non alzò però lo sguardo, né allo sbuffo seccato di Piton, né quando avvertì quello di Silente passarlo da parte a parte. Strinse i pugni, maledicendosi.

« Ci siamo tutti » tuonò la voce di Kingsley, riportando l’ordine.

La porta dell’atrio fu chiusa e cadde il silenzio. Il silenzio dell’attesa.

« Prego, sedetevi » invitò Silente rivolto agli ultimi arrivati. La signora Weasley sembrava avere tutta l’intenzione di trascinare Ginny al piano di sopra, avendo borbottato con il marito fino a quel momento, ma Arthur, con un ultimo sguardo, la placò.

Harry, Ron e Hermione presero posto su una panca tra Marcus e Tonks.

« Direi di cominciare ».

La voce gentile di Silente attraversò l’aria, ma Harry non ebbe alcun impulso ad alzare il capo verso di lui. Con il cuore a battergli in gola, stava inspiegabilmente combattendo il desiderio di scagliarsi contro il preside e sputagli addosso tutto il veleno che in quei due mesi estivi aveva racimolato. E questo perché adesso che ce l’aveva davanti, il fastidioso, odioso dubbio che fosse un’azione sbagliata, ingiusta, lo stava fermando. Se soltanto avesse potuto alzarsi e sbattersi alle spalle la maledetta porta della cucina, Harry avrebbe agito privo di esitazioni. Purtroppo, a lottare con ciò, c’era l’indiscutibile e inappagata sete di sapere.

Già. Il bisogno di capire era più forte di qualsiasi altro impulso.

Perché Domingo Vargas?

Quali erano i nuovi piani di Voldemort?

Cosa, soprattutto, dovevano aspettarsi?

Il primo a cominciare a parlare fu Kingsley, appoggiato ai fornelli. Con un gesto della bacchetta fece apparire sul tavolo, sistemato di traverso, alcune pergamene.

« Abbiamo setacciato gli ultimi posti frequentati da Vargas nella periferia a Est di Londra. Da quando è arrivato qui ha alloggiato al Satyr Inn, ma in pochi l’hanno notato. Il proprietario ha riferito che era un tipo schivo e solitario, dal cappuccio sempre in testa e dal bicchiere perennemente pieno. Nulla di più » senza alcuna pausa, ripresa subito. « Il sopralluogo sulle montagne a Nord del Galles è stato un altro buco nell’acqua. Vargas ha vissuto per quasi un anno nel villaggio di Dinasbryn, una comunità di Maghi Naturalisti ».

Moody lo interruppe, sbottando in una risata acida.

« Figurarsi se quelli si azzardano a parlare » sibilò mentre il suo occhio magico vorticava rapidamente nell’orbita. « Detentori di magie arcane! Puah! »

« Maghi Naturalisti? » pigolò Hermione, le gote imporporate di imbarazzo.

« Sono comunità di maghi e streghe che preferiscono confidare nella magia degli elementi e nella natura piuttosto che nella pratica con la bacchetta » le spiegò Tonks tranquillamente, ignorando i rimbrotti di Malocchio.

« Abbiamo però scoperto che poco lontano da Dinasbryn vive una profetessa da cui Vargas si recava regolarmente: Rhan Armes » continuò Shacklebolt e la sua voce profonda rimbombò sulle pareti di pietra.

« Che vi ha detto? » borbottò Moody.

« Niente » sospirò l’Auror con una smorfia. « Non l’abbiamo trovata. Abita all’interno di una montagna in cui sono stati scavati centinaia di cunicoli tappezzati di Incantesimi Disorientanti ».

« Bell’affare » grugnì burbero l’altro, battendo il suo bastone per terra. « Nasconderà qualcosa, come quegli altri ciarloni naturalisti! Craig dovrebbe concentrarsi su di loro e non andare in giro a desmemoralizzare babbani! »

« Malocchio calmati » ingiunse Tonks con un’occhiata seria. « L’idea di Craig ha dato i suoi frutti » aggiunse e il chiacchiericcio della platea si quietò di nuovo. Tutti fissarono la metamorphomagus, curiosi.

« Beh!? Che aspetti, parla! » abbaiò l’ex-Auror.

Nymphadora roteò gli occhi.

« Prima che intervenissimo, alcuni dei babbani presenti dichiarano di aver sentito Vargas urlare qualcosa tipo “Il Signore Oscuro non l’avrà più!”, mentre un altro testimone afferma che ha gridato anche “Io non te la consegnerò mai!” »

Nessuno fiatò. Qualcuno si mosse a disaggio sulle sedie; Ryahn strinse la mano a Remus. Piton, rischiarato appena dai bagliori del fuoco, aveva uno sguardo impenetrabile, le labbra così strette che parevano cementate.

« Albus, che cosa significa? » domandò la McGranitt, esangue e rigida.

Tutti, all’unisono, voltarono il capo verso il preside, intento a osservare tranquillamente i guizzi di luce sulla caraffa d’argento posta sul tavolo. Perfino Harry gli lanciò un’occhiata. Aveva le mani strette e sudate, i battiti del cuore a rimbombargli nelle orecchie. Lui avrebbe saputo. Lui sapeva sempre.

« Temo di avere solo ipotesi, Minerva » rispose infine Silente pacato, increspando la fronte rugosa senza però distogliere lo sguardo dalla brocca.

« Da quello che Vargas ha detto… » iniziò Marcus, tormentandosi il labbro inferiore. « Sembrerebbe che Voi-Sapete-Chi lo volesse vivo ».

« Voldemorto lo voleva vivo ».

Harry non si accorse nemmeno di aver parlato finché non concluse la frase, respirando forte. Al suo fianco Ron rabbrividì, come metà delle persone presenti. Quando alzò il viso, notò molte facce sorprese e pallide.

« Era infuriato quella notte. Dopo che Vargas è morto » aggiunse per spiegarsi in un calare di tono. Aveva le labbra secche e la gola dolorante. Ma era lucido. Per settimane aveva cercato di capire perché tale sorte fosse ricaduta su quell’indovino, e ora che poteva avere le risposte… avrebbe accantonato il resto.

« Hai sentito le… le emozioni di Tu-Sai-Chi? » a sussurrare atterrita era stata Lucy Fevert, seduta vicino a Myers. Il moretto non le rispose, come non diede altre spiegazioni alle facce sgomente degli altri. Piton, dal suo angolo, espirò sprezzante.

« Perché Voi-Sapete-Chi avrebbe voluto… lo avrebbe voluto vivo? » esalò la signora Weasley spaventata. « E-Era un Incapace! »

Il cicaleccio crebbe ancora, inondando l’ambiente di bisbigli e mormorii concitati, fino a quando Silente non levò una mano e tutti tacquero, guardandolo a occhi sgranati.

« Per quanto il signor Domingo sia stato ritenuto un Incapace, fu il primo a predire l’effettivo ritorno di Lord Voldemort. Io stesso ebbi modo di ascoltare la profezia prima che fosse archiviata, e posso assicurarvi che ciò che disse si è realizzato ».

Non c’era bisogno di assensi. Nessuno avrebbe mai dubitato della parola di Albus Silente, ma Harry si sentì combattuto. Stavano di nuovo parlando di profezie di cui lui non sapeva niente e che potevano riguardarlo. Lui era finito al cimitero dove Cedric era morto e Voldemort tornato. E se Vargas avesse vaticinato qualche particolare? Se in qualche modo si fosse potuta evitare la rinascita del mago oscuro? Silente gliel’avrebbe davvero taciuta?

« P-Professore… » titubante, Hermione alzò appena una mano, prima di riabbassarla subito sentendosi ridicola.

« Sì, signorina Granger? » la incoraggiò il preside con un sorriso.

« Voldemort non starà puntando di nuovo alla… alla profezia, vero? »

Nessuno escluso, perfino il moretto, la fissarono. Piton assottigliò lo sguardo.

« Cosa glielo fa credere, signorina Granger? » replicò tranquillamente l’anziano, uno strano scintillio soddisfatto negli occhi blu.

La Grifondoro prese un respiro profondo, lo stesso che era solita prendere quando stava per affrontare un argomento spinoso.

« Perché ha dato la caccia a un indovino che aveva avuto visioni che lo riguardavano. E perché le sue parole… di Vargas, intendo… »

Silente sorrise di nuovo, alzando il capo per vedere meglio l’alunna attraverso le lenti a mezzaluna.

« Noto con piacere che condividiamo le stesse teorie, signorina Granger ».

Hermione divenne più rossa di un pomodoro.

« Però… » riprese subito, torturandosi le mani in grembo. « Però… sarebbe impossibile riprodurla… ogni profezia è unica… »

Se possibile, Silente sembrò ancora più compiaciuto. I membri dell’Ordine, al contrario, erano rimasti a bocca aperta, Ron in primis.

« Corretto, signorina Granger. Ogni profezia è unica. Duplicarne una è impossibile ».

Sebbene la maggior parte del gruppo sembrò rincuorato da quelle parole, alcuni, tra cui Harry, Remus e Ryahn sentivano ci sarebbe stato un “ma”. Come accadde.

« Esistono, tuttavia, alcune pratiche che possono indurre un veggente a predire qualcosa di simile a ciò che è andato perduto. O semplicemente, a prevedere quello che accadrà. Si parla di Arti vietate, in quanto è alto il rischio di portare la morte cerebrale del veggente sottoposto a tali artifici. Il loro limbo onirico è ritenuto inviolabile ».

Il respiro di ognuno sembrò rimanere sospeso nell’aria. Molly, Lucy e la McGranitt si coprirono la bocca, quest’ultima chiudendo anche gli occhi, disgustata. Ryhan si coprì il viso con le mani, scuotendo la testa amaramente. Gli altri, chi più chi meno, si scambiarono occhiate febbrili.

Il Bambino Sopravvissuto, invece, rimase con lo sguardo incollato al pavimento, incapace di reagire. Se avesse potuto, avrebbe riso. Riso così forte da ascoltare con le proprie orecchie la miseria in cui sguazzava. Per dirla scherzosamente, Voldemort era passato al Piano B. Al piano di riserva.

Non poteva avere la prima profezia di Sibilla Cooman? E allora che cosa gli impediva di rapire qualche profetessa o indovino e ucciderli pur di sentirsi dire che alla fine sarebbero stati faccia a faccia solo loro due? Che uno sarebbe stato la vittima e l’altro l’assassino? Che non aveva niente da temere da Silente? Che doveva preoccuparsi solo di un ragazzino sedicenne?

« Dov’è Voldemort adesso? » parlò, perché se no ci sarebbe stato davvero un buon motivo per ritenerlo pazzo.

Nel silenzio generale, Silente si accarezzò pensieroso la barba.

« Presumo sia tornato nel vecchio maniero di Phantom Shade, visto che l’intera proprietà è sparita dal Devon circa un anno fa ».

« Sparita? »

« Come può sparire un maniero? » rincarò Ron, che sembrava sull’orlo delle risate anche lui. Aveva sulle labbra il sorrisino di chi crede di ascoltare un mucchio di panzane.

Il vecchio mago guardò entrambi con benevolenza.

« Lord Voldemort ha i suoi mezzi. Shade Manor fu anche in passato il suo “quartier generale”, se così vogliamo intenderlo. Non sappiamo con precisione dove l’abbia collocato questa volta, ma nutriamo forti sospetti che si trovi nel Nord dello Yorkshire ».

« E’ lì che ci sono state le più alte concentrazioni di creature oscure nell’ultimo periodo » disse prontamente Bill prima che i due Grifondoro ponessero nuove domande.

« Che genere di creature oscure? » domandò Hermione, che continuava a scaricare il suo nervosismo strapazzandosi la gonna.

« Gruppi di Troll, Vampiri e Lupi Mannari » rispose Lupin con una smorfia amara. « Li stiamo tenendo d’occhio al meglio, ma ora come ora agire sarebbe un suicidio. La zona pullula di Dissennatori ».

« Voldemort sta stringendo alleanze per il suo esercito » spiegò Kingsley. Le sue parole attraversarono la cucina assorbendo ogni altro mormorio e riempiendo i cuori tumultuosi di ansia. « E dopo l’omicidio di Vargas, che crediamo volesse far passare in sordina, sarà pronto a scendere in campo ».

Fu così che quella riunione si concluse, abbandonando strascichi di cupi e sinistri presentimenti nell’aria pesante. Uno dopo l’altro, i membri dell’Ordine lasciarono Grimmauld Place con pochi saluti e sorrisi tirati, e Harry poté finalmente abbracciare il proprio letto.

Tuttavia, non ci fu sonno ad avvolgerlo, a confortarlo. La sua mente si era bloccata su quell’ultima ora. Del giorno passato restavano ancora le spiacevoli emozioni dovute alla deposizione, sebbene fossero state quasi soppresse da quegli ultimi minuti, di cui ogni singola parola gli ronzava impietosamente in testa, senza lasciargli riposo.

Aveva il sentore che presto si sarebbe trovato ancora una volta ad affrontare eventi molto più grandi di lui.

 

 

 

 

 

 

˜

 

 

 

 

 

 

 

 

A miglia e miglia di distanza, il cielo notturno rumoreggiava. Borbottii lontani annunciavano piogge imminenti, ma la luna, piccola e fulgida, faceva ogni tanto capolino, macchiando le colline sottostanti di chiazze argentee. Una di queste illuminò brevemente il profilo di due uomini apparsi dal nulla.

Il più giovane strinse le labbra, disgustato.

« Una gran bella messinscena » soffiò sarcastico, scandendo ogni singola parola con sprezzante divertimento.

L’anziano al suo fianco sospirò.

« Severus, gradirei il tuo resoconto e non i tuoi commenti ».

« Crede davvero che Potter se ne starà buono ora che finalmente ha provato il brivido di essere messo al corrente dei fatti? Che fatti, poi » perseverò Piton.

« Non commetto gli stessi errori due volte » replicò pacato il preside. « Ed è giusto che Harry sappia » aggiunse e questa volta fu chiaramente udibile una nota di avvertimento.

Il professore di pozioni si limitò ad arricciare le labbra.

« Che mi dici di Madame Armes? » domandò Silente.

« Si rifiuta di collaborare anche dopo aver saputo quello che è successo a Vargas. E sono dell’opinione che tornare a parlarci sia una totale perdita di tempo ».

Il vecchio mago sorrise divertito.

« Ti lasci battere da un’arzilla vecchietta, Severus? »

L’oscurità era abbastanza da nascondere l’indignazione che colorò le gote pallide dell’uomo.

« Con tutto il rispetto, preside, non intendo perdere le mie giornate ad ascoltare le sue risatine rimbombare in quel groviglio di cunicoli dove abita » sibilò velenoso, sopprimendo imprecazioni.

Silente ascoltò solo per metà lo sproloquio, assorto a fissare il cielo senza stelle.

« Sei riuscito a spezzare gli Incantesimi Disorientanti? »

« Solo in parte » disse l’insegnante, riacquistando i suoi freddi modi di fare. « Ma anche così rimane il problema del labirinto. Non è facile trovare la strada giusta ».

« Quelle informazioni ci servono, Severus. Non abbiamo altri indizi che ci portino a lei ».

Un tuono rumoreggiò sopra le loro teste e un flash lontano accese la volta.

Il pozionista non replicò subito, ma parve piuttosto raccogliere i pensieri. Espirò stancamente.

« Oltre ad essere un’eterna fonte di guai, quella donna è un’arrogante testarda » disse a mezza voce, guardando fisso il superiore. « La conosco sufficientemente per assicurarle che non accetterà mai la sua proposta ».

« Sapremo convincerla » fu la sibillina risposta dell’anziano. « Non possiamo permettere che la storia si ripeti ».

Le nocche di Piton sbiancarono per quanto strinse i pugni, rivolgendo i suoi occhi neri e contratti al terreno.

« Lei… è come il Vaso di Pandora ».

Silente sorrise, indulgente.

« Esatto » sussurrò. « Ed è per questo che dovremo trovarla e custodirla. Si è fatto tardi, Severus. Ci vediamo domattina nel mio ufficio alla solita ora. Buonanotte ».

Il vento turbinò improvviso e impetuoso, ma sulla collinetta non c’era più nessuno a cui scompigliare le vesti.

 

 

 

 

To be continued?

 

 

 

 

 

Due note:

I cognomi di Maryanne Watson e Marilyn Adso giocano sia un po’ sulla loro assonanza, ma anche sul fatto che sono i nomi di due “assistenti detective”: Watson di Sherlock Holmes e Adso del Nome della Rosa. … non ho proprio resistito a questa scemenza!

Il nome “Dinasbryn” significa “Città (dinas) Collina (bryn)”. Vengono dal gallese. Personale adattamento.

 

 

Un grazie alle persone che mi aiutarono a scrivere questo cap!

 

E grazie a voi della lettura ;)

 

~ene

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Eneri_Mess