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Autore: Montana    01/11/2018    0 recensioni
"Preoccuparsi significa soffrire due volte"
Newt è tornato da New York e per la prima volta dopo molti anni è felice.
La sfortuna però sembra avere un debole per il povero Hufflepuff, che viene trascinato in un'indagine trans-continentale. Tra segreti, bugie, nemici vecchi e nuovi, la strada che Newt deve percorrere si allunga per tutta l'Europa; riuscirà, con un po' di aiuto, ad arrivare sano e salvo alla fine?
[Seguito di "Cos'è successo a Newt Scamander"; non seguirà il canon degli eventi di "Animali Fantastici-I Crimini di Grindelwald"]
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald, Newt Scamandro, Nuovo personaggio | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Newt Scamander's Saga'
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I
Dove sembra che vada tutto bene. Ma sarebbe troppo semplice, no?
 
16 Gennaio 1927
Prigione magica di massima sicurezza di Staten Island, New York
Sera
 
Albert Keen faceva la guardia carceraria solo perché era un lavoro ben pagato e perché la prigione era a poca distanza da casa sua. In realtà sarebbe voluto diventare un acrobata, ma una lesione da incantesimo alla gamba destra riportata in guerra aveva spezzato sul nascere quel suo grande sogno. Poi aveva tentato di diventare un Auror, ma non era abbastanza rapido con gli incantesimi. Alla fine aveva ripiegato sul carcere, e dopotutto sarebbe potuta andargli peggio; i detenuti del suo braccio erano i più pericolosi e quindi i più vigilati, in celle a prova di incantesimo e ammanettati con speciali catene che diventavano incandescenti se la persona che le indossava tentava di fare incantesimi non verbali. L’ultimo arrivato, il famoso mago tedesco che per anni aveva terrorizzato l’Europa durante la Grande Guerra, quello che era stato catturato da un ragazzetto inglese capitato lì per caso, si era procurato diverse ustioni nelle prime settimane di prigionia.
Erano quasi due mesi che l’avevano in custodia; gli Auror dell’ufficio di New York si erano messi in contatto con gli uffici europei di Londra e di Berlino per discutere del trasferimento e dei crimini per cui l’uomo sarebbe stato processato. Alla fine si era deciso che sarebbe stato processato in Inghilterra, viste le terribili condizioni in cui versava la Germania post bellica, e che un Auror inglese, un certo Scamander, sarebbe venuto a prenderlo entro la fine della settimana successiva.
Quella sera, Albert era di guardia proprio alla cella del malvagio tedesco, e si stava annoiando a morte.
«Ehi, crucco! Lo sai che sei proprio una piaga?» Lo apostrofò. L’altro non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
«Cosa c’è, non sono abbastanza vip per te? Solo perché non mi cago sotto a badarti allora non mi parli?»
Il tedesco alzò gli occhi e rimase a fissarlo con sguardo vacuo. Era effettivamente inquietante, ma Albert aveva voglia di infastidirlo «Effettivamente tu sì che sei un vip, con la tua cella privata, tutti gli Auror del mondo che ti davano la caccia, tre paesi che si litigano la tua custodia… e sei finito in prigione per colpa di un ragazzino? Se fosse successo a me, credo che passerei le mie giornate a maledirmi per la mia stupidità. Oh, ma scommetto che lo fai anche tu, vero? Chiuso in quella cella, con la consapevolezza di doverci rimanere fino alla fine dei tuoi giorni… mentre io tra dieci minuti stacco e torno a casa dalla mia mogliettina, dalla mia vita normale al di fuori di qui. Perché sì, crucco, io ho una vita al di fuori di qui, a differenza tua!»
L’altro continuava a fissarlo, lo sguardo un po’ meno vacuo, quasi con una punta di compatimento. Albert ebbe la spiacevole sensazione che qualcosa di pericoloso si stesse avvicinando alle sue spalle e un istante dopo sentì la serratura scattare. Sobbalzò e si girò di scatto, bacchetta alla mano. Sulla soglia della stanza c’era un uomo con una divisa da guardia carceraria, probabilmente venuto a dargli il cambio. Albert abbassò la bacchetta con un sospiro «Per Merlino, ragazzo, non si entra senza bussare! Cosa ci fai qui?»
«Sono venuto per il cambio di turno» rispose quello, lo sguardo basso.
«Ah sì? Ma mancano ancora dieci minuti, non so se posso già andarmene, insomma… aspetta, non doveva essere Joe a darmi il cambio?»
Nella penombra della stanza era difficile riconoscere i lineamenti dell’uomo, ma gli fu subito chiaro che chiunque quello fosse non era Joe.
«Oh santo…»
Un lampo di luce verde pose fine alle lamentele di Albert Keen. L’uomo vestito da guardia gli prese la bacchetta e pronunciò sottovoce la formula per aprire la cella.
«Finalmente. Pensavo di dover rimanere qui a subirmi le sue lamentele per tutta la notte» lo redarguì Grindelwald mentre gli si avvicinava per aprirgli le manette.
«Mi scusi, Signore, c’era una guardia particolarmente insistente» rispose quello.
«Hai dovuto uccidere qualcun altro?»
«Un babbano per rubargli la macchina»
«Intendevo qualcuno di importante. Oh, finalmente libero!» Esclamò il tedesco quando la morsa incandescente delle manette smise di torturargli i polsi. Prese a massaggiarseli, dolorante, e chiese all’aiutante dov’era la sua bacchetta.
«L’ho recuperata prima, Signore. Eccola»
«Ah, lo sapevo, stavano mentendo! Mi avevano detto di averla distrutta, questi stupidi americani. Fammi strada, Magnus. Portami via da questo dannato posto»
«Subito, Signore. La passaporta per la Germania sarà pronta domani mattina, nel frattempo abbiamo trovato un rifugio sicuro dove gli Auror non la troveranno» lo informò il compagno, scortandolo fuori dalla cella e lungo un interminabile corridoio.
«Bravi, bravissimi. Gli Auror comunque non mi spaventano, non sono stati loro a trovarmi l’ultima volta. Ma a questo ci penseremo una volta giunti in Inghilterra, quando tutto sarà pronto»
 
 
Appartamento di Tina e Queenie Goldstein, New York
Notte
 
Tina Goldstein fu svegliata nel cuore della notte dal suono del telefono, quello installato per le emergenze di lavoro, quello che raramente suonava di giorno, figuriamoci di notte.
Intontita dal sonno, impiegò qualche secondo a capire dove si trovava e cosa stava succedendo.
«Tina, sono le due di notte e sta suonando il telefono. No, non so chi sia, non posso leggere nella mente dei telefoni. Vai a rispondere e chiudi la porta, io tra tre ore mi devo alzare!» L’ammonì sua sorella dal letto accanto.
“Se è ancora Graves in preda alla paranoia giuro che lo denuncio alle Risorse Umane; capisco lo shock del rapimento, ma c’è un limite a tutto” pensò Tina alzandosi per andare in salotto, accompagnata da una risatina della sorella che le aveva letto nel pensiero.
«Pronto, Auror Goldstein» biascicò alla cornetta.
«Signorina Goldstein, sono Madame Picquery»
Tina si fece molto più vigile all’istante «Madama Presidente, cosa posso fare per lei?»
«Deve venire subito al Ministero, signorina Goldstein. So che siamo nel cuore della notte ma non c’è un momento da perdere»
Il gelo cominciava a farsi strada nelle vene di Tina «Madama Presidente, cos’è successo?»
L’altra esitò un secondo, poi con voce tremante rispose «Grindelwald. È scappato»
 
 
17 Gennaio 1927
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Pomeriggio
 
Amy adorava casa sua. Era il suo nido, il suo rifugio dalle attenzioni esasperanti della madre, il luogo dove poteva essere adulta e allo stesso tempo ancora ragazzina senza che nessuno la disturbasse.
Aveva comunicato la sua decisione di trasferirsi a Londra, poco distante da Diagon Alley ma comunque fuori dal quartiere magico, subito dopo la cerimonia dei diplomi alla fine del suo ultimo anno ad Hogwarts. Aveva continuato a vivere con la madre, che ogni giorno la implorava di cambiare idea e di rimanere lì con lei, trovarsi un marito ricco e fare la mantenuta fino alla fine dei suoi giorni, finché non aveva sostenuto l’esame per diventare Spezzaincantesimi, passandolo a pieni voti. Con uno stipendio assicurato alla Gringott e una certa abilità nell’incanto Confundus aveva acquistato da un vecchio babbano un bell’appartamento in Tottenham Court Road e lì viveva da più di dieci anni. Aveva visto la Guerra distruggere la sua amata città e le si era spezzato il cuore a non poterla difendere, visto che il Ministero era stato irremovibile sull’assenza di aiuti magici ai connazionali babbani durante il periodo bellico, e ora ammirava come si stava rimettendo in piedi un poco alla volta.
L’appartamento non era grandissimo, doveva ammettere di essersi parecchio affezionata negli anni allo stile raccolto e caloroso della Sala Comune di Hufflepuff, ma era abbastanza grande per lei, il suo gatt, la sua Disgrazia Personale che prendeva il nome di Graham Collins (portiere degli Appleby Arrows e suo fidanzato da ormai dieci anni) e, all’evenienza, quello sconclusionato del suo migliore amico, Newt Scamander. Certo, quando erano tutti in casa l’ambiente poteva risultare soffocante, ma Newt aveva il pregio di occupare pochissimo spazio, passando quasi interamente le sue giornate dentro la valigia. Un tempo ci viveva spesso anche Doug Boot, altro loro amico dei tempi della scuola, ma da quando era diventato professore di Erbologia ad Hogwarts aveva un alloggio pagato e tornava a trovarli solo per le vacanze.
Quel giorno era stato abbastanza tranquillo, Graham era via con la squadra, alla Gringott non era successo nulla di male e Newt era chiuso nella valigia da quella mattina, intento a rifinire nei minimi dettagli il suo libro in prossima uscita, “Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli”.
Amy bussò sulla valigia «Newt, sono io! Va tutto bene, vuoi del cibo, qualcosa da bere?»
«Una tazza di tè. E magari qualche biscotto, quelli al miele…» le arrivò soffocata la risposta dell’amico. Amy rise «Preparo il tutto e te lo porto, così fai una pausa»
Pochi minuti dopo scendeva la ripida scaletta che portava all’appartamento dentro la valigia; per quanto ci andasse, non riusciva ancora a capacitarsi della magia che c’era in quel posto, né di come fosse possibile creare una cosa simile. Con impegno e dedizione, negli anni Newt era riuscito a suddividere l’apparentemente infinito spazio magico dentro la valigia in diversi ecosistemi, spesso incompatibili fra loro, così che tutti gli animali potessero vivere in pace ognuno al suo posto. In quel momento l’amico era nell’area campestre, dove vivevano lo Snaso e il Demiguise (chiamato Dougal per un’inquietante somiglianza con il loro amico Doug, anche se a lui non l’avevano mai detto), con Pickett l’Asticello sulla spalla.
«Servizio a domicilio per il signor Salamander» si annunciò Amy.
Newt si voltò e le sorrise, andandole incontro per aiutarla con il vassoio «Ah, signorina Prewett, non so proprio come farei senza di lei»
I due si sedettero sull’erba, come ai vecchi tempi.
«Come procede il libro? Abbiamo la versione definitivamente definitiva?»
«Non prendermi in giro, lo sai che voglio fare un lavoro fatto per bene! E poi è il mio editore che insiste perché sia tutto perfetto…»
«Il tuo editore, dici? Lo stesso che ormai sa che siamo amici e ogni volta che mi incontra mi chiede a che punto sei e perché mai sei improvvisamente diventato così perfezionista, visto che ogni versione che gli consegni per lui potrebbe essere quella definitiva ma tu ti ostini a cambiarla?»
Newt emise uno sbuffo imbarazzato «Voglio solo che sia tutto perfetto per… per quando tornerò a New York, ecco»
Amy gli mise una mano sulla spalla, comprensiva «Newt, sinceramente penso che a lei andrebbe bene qualsiasi versione del libro, anzi, le andresti bene anche senza libro. Però ti conosco, quindi capisco la tua ansia. Però, per cortesia, cerca di fare in modo che questa sia la versione definitiva per davvero, altrimenti sarò costretta a rivelare al tuo editore che non sei in ritiro in Scozia come pensa lui, ma in un appartamento nel centro di Londra»
Newt rise «È inutile, Caposcuola eri e Caposcuola sei rimasta!»
«Esatto, con la piccola differenza che una volta potevo solo toglierti punti, adesso se non esci da questa valigia e non vieni ad aiutarmi con la cena non avrai niente da mangiare»
«D’accordo, d’accordo. Finisco di dar da mangiare a queste povere bestie poi arrivo. Promesso!»
 
 
MACUSA, New York
Reparto Auror
Mattina
 
Tina allungò la mano verso la tazza di caffè, la terza da quando si era svegliata. E non erano neanche le undici.
La notizia della fuga di Grindelwald l’aveva gettata nel panico, soprattutto considerato il ruolo che aveva avuto nella sua cattura e quindi le conseguenze che la sua fuga avrebbe potuto avere su di lei e su sua sorella. Non le aveva detto nulla ma era sicura che Queenie avesse capito perfettamente, visto com’era scattata a sedere sul letto appena lei era tornata in stanza. Il fatto che fosse una Legilimens certe volte era una benedizione, visto che in via legale non avrebbe potuto dirle nulla.
«I giornalisti qua fuori sono sempre più assatanati, vogliono dettagli sull’aggressione al carcere e io non so più cosa dirgli. Dov’è finito Graves?!» ringhiò Philip Grass, il suo collega rientrato in quel momento in ufficio.
Tina alzò un dito per indicargli l’ufficio del capo senza nemmeno alzare gli occhi dal fascicolo che stava leggendo: cosa si erano lasciati sfuggire? Con chi era riuscito ad entrare in contatto quel folle, da dentro le spesse e isolate mura del carcere? Dovevano controllare ogni guardia per cercare tracce della maledizione Imperius, cercare qualche testimone, trovare una versione della notizia che non generasse il panico tra gli astanti una volta data alla stampa…
«Goldstein, il capo ti cerca»
Tina fece un verso sconfortato e posò la tazza sulla scrivania: il suo capo, Percival Graves, era stato prigioniero del fuggiasco fino a pochi mesi prima. Stordito e sequestrato il capo degli Auror, Grindelwald non aveva dovuto far altro che prendere un po’ di Pozione Polisucco ogni giorno ed ecco che era riuscito a fregare la comunità magica americana per mesi. Persino i colleghi più stretti di Graves non avevano notato la differenza, abituati com’erano al suo temperamento collerico e arrogante; tutta un’altra persona rispetto all’uomo che sedeva ora alla scrivania dell’ufficio da Capo Auror. Profondamente segnato dall’esperienza, Graves soffriva ora di attacchi di panico e spesso arrivava in ufficio con occhiaie profonde per giorni e giorni, prima di cedere alle pozioni soporifere. La fuga di Grindelwald era sicuramente stata un duro colpo per i suoi nervi ormai fragili.
«Signor Graves, mi cecava?»
«Ah ecco, è arrivata. Tina, ti presento Friedrich Wolf, l’Auror tedesco responsabile del caso Grindelwald per la Germania» le disse, introducendole l’uomo seduto di fronte a lui. Questi si alzò per stringere la mano a Tina; doveva avere circa trent’anni, i capelli chiari pettinati con una severa scriminatura e uno sguardo glaciale.
«Piacere, io sono l’Auror Goldstein. Mi scusi, non avevo idea che il Ministero Tedesco si occupasse ancora del caso»
«In via ufficiale no, ma la notizia ci è stata riferita immediatamente dal vostro Ministero, e siccome il signor Grindelwald rimane un cittadino tedesco ho pensato di venire a controllare il vostro operato, e a dare una mano se serve»
Wolf non aveva un accento tedesco molto spiccato, si sentiva qualcosa di particolare solo nell’arrotare la erre e nel tono particolarmente freddo.
«Tina, appena avremo l’approvazione del Ministero il signor Wolf entrerà a far parte della nuova Squadra Operativa. Ti affido il compito di spiegargli come funziona la burocrazia americana» continuò Graves.
«Aspetti, quale Squadra Operativa?»
«Vista la gravità della situazione, è chiaramente necessario agire il più in fretta possibile. Madame Picquery ha deciso di creare una Squadra Operativa con giurisdizione nei tre paesi che si occupano del caso. Tu sarai l’Auror referente per l’America, il signor Wolf per la Germania e a breve dovremmo avere anche il contatto sul suolo inglese. Appena riceveremo conferma dal Ministero Britannico, chiederemo di attivare una passaporta e tu e il signor Wolf andrete a Londra»
Il cuore di Tina perse un battito, ma si disse che non era quello il momento per pensare a certe cose «A Londra, signore? Perché proprio a Londra? Non sarebbe meglio continuare a cercare qui a New York, almeno finché non si avrà la certezza che Grindelwald abbia lasciato gli Stati Uniti»
«Tina, non prendiamoci in giro: abbiamo entrambi visto di cos’è capace Gellert Grindelwald, sai benissimo anche tu che se anche fosse ancora a New York non riusciremmo a trovarlo in tempo. Inoltre, il nostro contatto al Ministero Britannico ha trovato un collegamento con Grindelwald sul suolo inglese, anche se non ci ha ancora potuto dire di cosa si tratta. Burocrazia inglese, sai. Non fare quella faccia, Tina: sei stata fondamentale per catturarlo una volta, non ti aspetterai sul serio che lasci la mia miglior Auror a marcire alla scrivania durante una missione così importante! Si occuperanno altri dell’indagine in America, non preoccuparti»
Tina annuì, la gola secca e il cuore in tumulto «Va bene, signor Graves. Grazie per la fiducia che ripone in me. Per caso saprebbe dirmi quando, più o meno, dovremo farci trovare pronti per partire per l’Inghilterra?»
«Al più tardi domattina, molto probabilmente stanotte. Dipende quanto in fretta gli inglesi riusciranno ad attivare la passaporta»
«Capisco. Allora, se volete scusarmi, andrei velocemente a casa a fare i bagagli così da poter essere subito pronta all’evenienza. Posso?»
«Certo, certo, vai pure. Se dovessero esserci degli sviluppi nel frattempo ti chiamerò»
Tina si accomiatò dai due uomini e riattraversò l’ufficio in fretta e in silenzio, come a sfuggire da tutti. Raccolse al volo il soprabito e la borsa e si fiondò oltre la soglia dell’ufficio, camminando sempre più velocemente.
“Queenie, se mi senti vieni a casa. Subito. Ho delle cose da dirti e non so ancora se siano buone o cattive” pensò intensamente e ripetutamente mentre si avvicinava ai camini con la metropolvere. S’infilò dentro ad uno di questi e, chissà come, riuscì a mantenere abbastanza concentrazione per arrivare a casa senza problemi.
 
Queenie la raggiunse pochi minuti dopo, accompagnata da un sonoro crack! che la fece sobbalzare.
«Tina! Non provare mai più a usare quel metodo di comunicazione! Mi sentivo letteralmente come se mi stesse esplodendo la testa, Jacob ha pensato che stessi male. Ho dovuto farglielo credere, altrimenti non credo mi avrebbe lasciata uscire dal negozio a metà mattina… ma cosa stai facendo?» si interruppe la bionda, vedendo che la sorella stava facendo la valigia.
“Queenie, ora voglio che mi ascolti attentamente. Quello che sto per dirti non potrebbe uscire dal Ministero, ecco perché te lo sto dicendo così. Grindelwald è scappato, questo l’avevi probabilmente già intuito stanotte. Non si sa come, quando, non si sa niente. Un Auror inglese doveva arrivare per prenderlo in custodia entro la fine della settimana, ma a quanto pare adesso saremo noi ad andare da lui. La Picquery ha creato una Squadra Operativa apposta per questo caso, composta da me, un Auror tedesco e uno inglese. Stanotte o domattina partiremo per Londra con una passaporta.”
«Vengo con te» esclamò Queenie, per poi tapparsi la bocca all’occhiata in tralice della sorella.
“Voglio venire con te. Ho visto di cos’è capace quell’uomo, non potrei vivere sapendo di averti lasciata andare da sola contro un individuo del genere!”
“Queenie, io sono un Auror, tu un’ex segretaria aiuto-fornaia. Se ti lasciassi venire con me, sarei io a non poter vivere sapendo di averti esposta così stupidamente al pericolo. Devi rimanere qui, mandare avanti la tua pasticceria con Jacob e aspettare che il nostro contatto a Londra ci dia le informazioni necessarie a catturare di nuovo quel maledetto bastardo.”
Queenie stava per replicare quando si rese conto di una cosa molto importante “Hai detto che andrete a Londra?” chiese.
Tina la guardò male, arrossendo furiosamente.
La risata cristallina di Queenie risuonò nell’appartamento, impossibile da trasmettere con la Legimanzia.
“Queenie! Questa è una cosa seria!”
“Lo so, scusa.”
Poi ad alta voce aggiunse «Sembra che qualcuno non dovrà aspettare ancora a lungo per avere la sua copia autografata di un certo libro…»
Tina le lanciò una scarpa.

 
  
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