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Autore: LadyMintLeaf    02/11/2018    2 recensioni
"Lei era bella e gentile a tal punto che nessun'altro fuorché un folle avrebbe potuto desiderare di farle del male.
Ma Loki le aveva fatto del male, molto male; troppo forse, ed in un istante ad esso tornarono in mente un antico poema runico norvegese che aveva letto una volta in un libro proveniente da Midgard.
"Þurs vældr kvinna kvillu, kátr værðr fár af illu", diceva e tradotto, significava "Il gigante causa dolore alle donne, pochi uomini gioiscono della sfortuna.".
E forse lui non era figlio di uno di quei giganti che tanto facevano tremare la gente al solo sentirli nominare?
Ma no.
Lui non voleva essere considerato un mostro..... Non voleva fare del male a nessuna donna.
Eppure a Sigyn aveva già fatto del male."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Un plotone di Einherjar passò davanti a lui di corsa, senza pensare a null'altro se non a dare la caccia al Dio degli Inganni e a coloro che lo stavano aiutando nella sua fuga, senza minimamente sospettare che il principe traditore in realtà si stesse nascondendo proprio a pochi passi da loro.

Alcune delle guardie impugnavano spade e scudi da guerra, altri lance e picche.

Mentre avanzavano nel corridoio dalle pareti dorate si lanciavano occhiate distratte attorno a loro ma nessuno notò la figura del Dio degli Inganni acquattata nell'ombra, dietro ad una delle enormi statue poste ai lati del passaggio.

In silenzio Loki si sporse un poco dall'apertura di fianco al gomito destro della statua dorata, sbirciando nel corridoio illuminato dai bracieri.

Trattenne il fiato mentre osservava l'ultimo degli Einherjar che passava davanti a lui, affrettandosi a raggiungere il resto del drappello e scompariva nella direzione nella quale gli altri soldati si erano già dileguati.

Quindi, sorrise debolmente fra sé.

Aveva già percorso parecchia strada da quando aveva lasciato le prigioni.

Eppure non si era diretto immediatamente alle porte della Città Eterna, dalle quali progettava di fuggire, possibilmente inosservato, come forse tutti si sarebbero immaginati.

Prima aveva bisogno di prendere le proprie armi e di cambiarsi d'abito.

Odiava l'armatura rigida degli Einherjar che, ancora una volta era stato costretto ad indossare per fingersi qualcun'altro; per nascondere la sua vera identità.

Per il momento quell'armatura era servita al suo scopo, proteggendolo dai suoi nemici; aiutandolo a confondersi fra loro; ma non aveva intenzione di doversela tenere addosso anche durante la fuga da Asgard.

Una volta uscito dalla città, Loki sapeva già dove si sarebbe diretto; o almeno ne aveva una vaga idea.

Avrebbe dovuto cavalcare e lui non sarebbe stato certo a suo agio in sella, rinchiuso in quel barattolo di latta che era l'armatura sfavillante degli Einherjar.

Per non parlare del fatto che fuori dai confini di Asghard, quel tipo di armatura sarebbe stata sin troppo appariscente.

Proprio per questo, invece di dirigere i suoi passi il più lontano possibile dalla residenza di Odino, lui vi si era diretto come un folle dissennato; perché sapeva che solo là, nel castello del Padre degli Dei, avrebbe trovato ciò che gli occorreva per potersene andare da Asgard nella miglior maniera possibile.

Qualsiasi altro comune prigioniero che sarebbe riuscito ad evadere dalle antiche prigioni di Asgard, avrebbe pensato due volte prima di decidere di rientrare nel palazzo del Re come se niente fosse, rischiando una volta ancora di poter essere scoperto e catturato.

Anzi; un comune prigioniero non ci avrebbe proprio pensato.

Si sarebbe limitato a darsela a gambe il più rapidamente possibile.

Ma Loki non era un comune prigioniero, giusto?

Lui era il Dio degli Inganni e indubbiamente, anche senza magia, non temeva di sfidare ancora una volta la collera del Padre degli Dei.

In ogni caso, era sicuro che nessuno l'avrebbe mai sorpreso a girovagare per i corridoi della reggia.

Sapeva bene come muoversi senza farsi notare.

Conosceva a memoria il palazzo di Odino, ogni camera, qualsiasi suo anfratto più recondito.

Ricordava perfettamente ogni passaggio segreto che era riuscito a scovare , quando da bambino giocava con Thor, muovendosi silenzioso per quei vasti corridoi fingendosi per gioco un nemico del Regno.

Sulle labbra sottili di Loki si insinuò per un istante un bieco sorriso.

La parte del nemico era sempre toccata a lui.

Da bambino non gli piaceva l'idea di dover interpretare sempre lui lo Jotun, il mosto, il ladro; ma adesso che era adulto, Loki non si lamentava più per i giochi che aveva fatto con Thor.

Non si offendeva ripensando a quei momenti e al fatto che, chissà come, il fratello maggiore avesse visto sin dall'inizio in lui la sua parte più oscura.

Ora Loki era permanentemente diventato un nemico di Asgard e quasi ne andava fiero.

E poi, era stato anche grazie ai giochi fatti con Thor se adesso era diventato così abile nel farsi passare inosservato, così silenzioso ed esperto nel nascondersi alla vista altrui.

A quanto pareva nessuno ancora sapeva che lui era riuscito ad uscire dai cunicoli sotterranei delle antiche segrete del Regno e gli ultimi due Einherjar che avevano incrociato il suo cammino, erano morti prima di poter andare ad avvertire gli altri soldati di Odino.

Tutti lo credevano ancora disperso chissà dove nei bui e asfittici corridoi che conducevano alle celle e il Dio degli Inganni voleva che gli Einherjar continuassero a pensare questo di lui.

Sembrava strano, ma Heimdall dopo aver dato l'allarme della sua imminente fuga dalle prigioni, sembrava essersi completamente dimenticato di Loki.

Forse aveva altro da osservare in quel momento, anche se il Dio degli Inganni non riusciva davvero ad immaginare chi avesse potuto attirare l'attenzione del guardiano del Bifrost altrove.

Cosa poteva esserci di più interessante o magari preoccupante per il popolo di Asgard della fuga del principe traditore?

Che fosse alla fine riuscito a rintracciare Theoric?

Loki scosse il capo.

La cosa non lo riguardava.

Lui aveva ottenuto ciò che voleva da Sigyn, mantenendo il segreto dell'ubicazione del capitano delle guardie reali e adesso non doveva fare altro che concludere al meglio la sua evasione dal regno.

Una volta fatto ciò, avrebbe pensato a tutto il resto, compreso il recupero dei suoi poteri magici andati perduti.

Inoltre, se Heimdall non badava più alle sue mosse, per Loki sarebbe stato molto più facile ingannare gli altri e fuggire.

Heimdall gli stava praticamente offrendo la possibilità di fuggire da Asgard, pronta su un piatto d'argento.

Loki smise di colpo di riflettere e, dopo aver aspettato pazientemente un altro istante, per accertarsi che nessun'altra guardia ritardataria facesse la sua indesiderata comparsa nel corridoio dinnanzi al suo improvvisato nascondiglio, il Dio degli Inganni si decise ad uscire allo scoperto, muovendo qualche cauto passo nel vasto corridoio dal piano inferiore della Reggia di Odino.

Avanzò senza fretta e senza fare rumore, immerso nel buio dei corridoi del palazzo, illuminati fiocamente dalla luce della luna.

La disposizione degli Einherjar nel palazzo di Odino in quel momento era piuttosto inadeguata.

Una o due guardi per ogni piano del palazzo reale.

Era evidente la mancanza di guardie che si erano spinte in massa verso le antiche prigioni, dove credevano che Loki stesse ancora annaspando nel buio alla ricerca della libertà.

Non incontrò nessuno sulla sua strada, mentre saliva ai piani superiori della reggia di Odino.

Fuori dalla finestra accanto alla quale stava passando, Loki sentì tintinnare le armi e le corazze di altri Einherjar in subbuglio, insieme ai richiami di alcuni soldati di rango superiore che incitavano gli altri a seguirli fino alle prigioni.

Il Dio degli Inganni si lasciò sfuggire un nuovo sorriso soddisfatto.

Aveva giusto bisogno di quel genere di chiasso e di trambusto per poter passare inosservato.

Si diresse verso le scale che portavano ai piani superiori e iniziò a percorrerle, in silenzio.

Quando raggiunse il pianerottolo del secondo piano, cominciò a guardarsi attorno, lasciando che il suo sguardo si spostasse lungo tutto il corridoio illuminato dai grossi bracieri d'oro ed ottone sistemati ai due lati lungo le pareti; di fianco ad ognuna delle varie porte del palazzo.

Non vide nessuno, così si incamminò a passo spedito verso l'estremità del corridoio, nella direzione nella quale erano situate le stanze della famiglia reale: le stanze di Odino di Thor e anche quella che un tempo era appartenuta a lui; quando tutti ancora a palazzo lo credevano il secondogenito del Padre degli Dei.

Quando però svoltò l'angolo in fondo al corridoi, Loki si trovò quasi faccia a faccia con un Einherjar armato di tutto punto.

Il Dio degli Inganni smise di colpo di camminare e trattenne il fiato, allarmato.

Fortunatamente la sentinella gli dava le spalle e non l'aveva visto arrivare, ma più avanti in quello stesso camminamento, Loki scorse altre due figure.

Nella semioscurità colse il luccichio delle armi e delle armature.

Quelle sentinelle guardavano direttamente nella sua direzione, perciò Loki non poteva fare semplicemente marcia indietro, altrimenti le guardie avrebbero sospettato qualcosa.

Deglutendo a vuoto, Loki rimase immobile ancora per un istante, cercando di riflettere il più in fretta possibile.

Era riuscito a evitare la prima piccola schiera di Einherjar di guardia alla reggia, ma sarebbe stata una vera follia tentare di oltrepassare non visto quelle tre altre sentinelle armate che, al contrario dell'altro gruppo di soldati, più vasto, ma meno attento che aveva avuto l'ordine di pattugliare l'esterno della reggia, apparivano molto più vigili e diligenti.

Loki serrò le mani a pugno lungo i fianchi, cercando di ideare in fretta un piano che lo avrebbe tolto d'impaccio ancora una volta, senza dover obbligatoriamente tornare ad impugnare le armi.

Non voleva dover incrociare ancora la lama della spada con altri Einherjar.

Indubbiamente le guardie che pattugliavano la Città Eterna erano molto più riposate di lui, e perciò pensare anche solo di provare a sfidarne apertamente un paio sarebbe stata da parte di Loki una vera pazzia.

Lui era troppo indebolito dalla prigionia e dai giorni passati senza cibo né acqua per sperare di poter uscire vincitore da altri scontri con le guardi scelte di Odino.

Fino ad allora Loki poteva affermare di essere stato fortunato nel riuscire a battere quegli impulsivi Einherjar nelle prigioni.

Ma era evidente che quelle non erano alcune delle più abili sentinelle del Regno Eterno.

Si era trattato certamente di nuovi cadetti, non ancora abbastanza esperti nell'uso delle armi per poter sopraffare il Dio degli Inganni in velocità e astuzia.

Inoltre erano stati sempre in uno o in due ad attaccarlo.

Loki non era uno sprovveduto e era certo che, se malauguratamente avesse finito con l'imbattersi in un intero plotone di Einherjar armati dalla testa ai piedi e fosse stato in qualche modo costretto a battersi con tutti loro, quella sua nuova fuga dal Regno, si sarebbe immediatamente conclusa con la sua inevitabile disfatta.

Non poteva sapere se nelle vicinanze ci fosse stato un altro gruppo di soldati pronti all'attacco, quindi non poteva permettersi di insospettire quei tre Einherjar di guardia, ma non poteva e non voleva nemmeno doversi battere con loro.

Dunque Loki aveva una sola possibilità per riuscire a passare da quel corridoi e poter in questo modo raggiungere la sua vecchia camera da letto.

Doveva tornare a mentire, ma questa volta avrebbe dovuto farlo senza l'ausilio della magia.

Sarebbe stato indubbiamente complicato, ma Loki non vedeva altra scelta che quella.

Così, inspirando una profonda boccata d'aria, riprese ad avanzare.

Si tenne ai margini della zona illuminata, stando lontano dai bracieri accesi, con la faccia mezzo nascosta dall'elmo strappato all' Einherjar nelle prigioni, insieme all'armatura.

Non si mosse furtivamente e non abbassò la testa, perchè avrebbe potuto destare sospetti nelle sentinelle di guardia nel corridoio.

Continuò a camminare come se avesse tutto il diritto di essere lì, oltrepassò la prima sentinella di guardia, quella che ancora gli dava le spalle, senza degnarla di uno sguardo, e non rallentò mai il passo fino a quando non fu vicinissimo agli altri due Einherjar di pattuglia.

Sostavano direttamente dinnanzi alla porta di quella che fino a poco tempo prima era stata la sua camera da letto e Loki avrebbe dovuto trovare un modo per allontanarli da lì.

Ma aveva già un piano.

<< Tu e tu! >> ordinò ai due giovani guerrieri, passando in mezzo a loro senza rallentare il passo, per non farsi vedere in faccia e parlando in fretta e con decisione: << Seguitemi! >>.

I giovani soldati non discussero i suoi ordini.

Gli Einherjar ben addestrati non lo facevano quasi mai.

Loki aveva l'aspetto ed il portamento di un soldato di grado superiore al loro, e i due lo seguirono subito, senza parlare.

Continuò a camminare, seguito a poca distanza dalle due sentinelle, muovendosi per il lungo corridoio come se sapesse cosa stesse facendo lì, come se avesse una missione da compiere, il che non era poi tanto dissimile dalla realtà, anche se il compito che lui si era prefisso era molto diverso da quello che avrebbe potuto svolgere un qualunque Einherjar.

Mentre si muoveva, Loki sentiva lo sguardo della terza sentinella, più lontana dagli altri, che seguiva con attenzione i loro movimenti.

In qualche modo, seppur dalla sua posizione non potesse scorgerlo in volto, il Dio degli Inganni aveva l'impressione che l'altro lo stese osservando con sospetto.

Loki deglutì leggermente.

Fingere senza la possibilità di usare la magia per mascherare le sue fattezze era tutt'altro che piacevole e molto più complicato di quello che lui si era aspettato.

La schiena gli doleva e anche i lividi sul volto.

A tratti la gamba destra tentava di cedere, ma lui si impose di restare dritto ed impettito, ignorando lo sforzo che ciò necessitava.

Li condusse ad una certa distanza dalla porta della sua stanza da letto, poi fermandosi di colpo, si voltò verso di loro, portandosi le mani dietro alla schiena ed esclamando: << Ho ricevuto altri ordini da parte del Padre degli Dei. >>.

<< Altri ordini? Nessuno che ne ha parlato, sinora. >> bofonchiò una delle due sentinelle, parlando talmente veloce che quasi a Loki sfuggì il senso delle sue parole.

<< Che cosa credete che sia venuto a fare sin qui, se non per informarvi di questo? >> domandò lui di rimando, quasi aggredendo l' Einherjar con le sue parole taglienti ed irritate.

Forse non era cauto parlare a quel modo con le guardie del regno, ma per un istante Loki sentì la sua pazienza sfuggirgli di mano.

Quelle sentinelle stavano già iniziando a contraddire le sue parole e questo non doveva accadere.

Evidentemente costernato dall'aggressiva reazione di quello che lui credeva essere a tutti gli effetti un proprio superiore, la sentinella che aveva appena parlato, si affrettò a mormorare: << Mi scusi, signore. Avete perfettamente ragione. >>. Chinò la testa, arrossendo leggermente, probabilmente sicuro di aver fatto una figuraccia, e non parlò più.

Il terzo Einherjar, che fino a quel momento aveva assistito da lontano alla scena, si avvicinò a sua volta a Loki e alle altre due sentinelle, incuriosito.

Era più anziano dei suoi compagni e di certo anche molto più esperto.

Loki si fece d'improvviso più cauto, ma non smise di parlare.

<< Il vostro aiuto qui a palazzo è ormai superfluo. >> proseguì, mentendo con la sua solita scioltezza; tenendo la voce decisa ma bassa e cercando di renderla più roca della sua, per evitare che essi la riconoscessero come quella del traditore.

Si teneva tanto vicino ad una delle torce appese al muro, cosicché l'ombra proiettata dall'elmo sulla sua faccia, nascondesse quasi completamente il suo volto alla vista dei due soldati in ascolto.

<< Il principe traditore difficilmente tenterà di penetrare alla reggia. >> smise di parlare solo un attimo, prima di aggiungere: << Solo un folle lo farebbe. >>.

Quella di certo era una delle frasi che un autentico Einherjar avrebbe usato rivolgendosi a lui.

Infatti, come Loki aveva immaginato, i due soldati davanti a lui si scambiarono un'occhiata e uno di essi abbozzò un vago sorriso idiota, ma non dissero ancora nulla; disponendosi di nuovo all'ascolto.

Invece l'ultimo Einherjar arrivato non si muoveva e non mutava espressione.

Si limitava a restare sull'attenti, osservare l'uomo che stava dando loro quegli ordini e non sembrava particolarmente incline ad obbedire a tutto quello che lui diceva, come invece facevano le altre due sentinelle.

Sembrava sospettoso e poco convinto.

Loki non si lasciò comunque intimorire e continuò imperterrito la sua recita.

<< Mancano invece soldati che pattuglino l'ingresso al Ponte dell'Arcobaleno. >> s'interruppe con una pausa significativa, pensando con attenzione alle parole da pronunciare: << Radunate più uomini e cavalli possibili e dirigetevi a ovest, a nord e a sud di Asgard. Chiudete tutte le entrate, in modo che il fuggiasco non possa andarsene dalla città. >>.

<< Ma.... Signore.... E la porta ad est? >> trovò il coraggio di ribattere una delle guardie; evidentemente la più sveglia.

<< Quella lasciatela a me ed al mio plotone di soldati. >>

<< Si signore! >> esclamarono all'unisono le prime due guardie, voltandogli in tutta fretta le spalle, già pronte ad andarsene, probabilmente troppo eccitata dai nuovi ordini ricevuti per riuscire a ragionare coerentemente.

L'altro Einherjar invece; il può anziano e accorto, rimase impettito di fronte al principe dai capelli neri, fissandolo in una maniera irritante.

Loki sentì un rivolo di sudore scorrergli sul viso, ma non si mosse e non si lasciò turbare dallo sguardo penetrante della sentinella che, sembrava stesse quasi tentando di oltrepassare le ombre dell'elmo sotto al quale il Dio degli Inganni celava a fatica la sua vera identità.

Per un istante il tempo parve fermarsi, mentre lui e l' Einherjar si guardavano a vicenda.

Poi quel momento passò e Loki tirò un sospiro di sollievo, quando alla fine la sentinella si decise che tutto era in ordine e per la prima volta prese parola, domandando in tono marziale: << C'è altro, Signore? >>.

Loki sorrise debolmente, pur sapendo e ringraziando il fatto che l'altro non lo potesse scorgere in viso: << Si. Lasciate un cavallo per me nelle stalle. Sarà sufficiente. >>.

Scosse la mano per congedare l'altro: << è tutto! Buna fortuna, soldato. >>

<< Grazie, signore! >> rispose l'altro automaticamente.

Poi si portò la mano al petto, esclamando solennemente: << Per Asgard! >>.

Quindi, senza badare più a quello che lui credeva essere un suo superiore, volse le spalle a Loki, allontanandosi in gran fretta.

<< No. Per me! >> mormorò il Dio degli Inganni mentre restava a guardare la sentinella che raggiungeva il compagno ed insieme svanivano oltre l'angolo lontano del corridoio.

Sul volto affilato di Loki tornò ad allargarsi un sorriso soddisfatto.

Anche senza magia, restava sempre il migliore nell'arte dell'inganno e mentire senza impiegare mezzi complessi o senza manipolare la fantasia altrui, rendeva la cosa ancor più esaltante, proprio perché anche molto più pericolosa.

Quindi, senza perdere altro tempo, sicuro che ormai nessun Einherjar lo avrebbe più disturbato, almeno per il momento, tornò a volgersi nell'ampio corridoio nel quale si trovava, raggiungendo a grandi falcate una delle porte che si affacciavano direttamente su quel passaggio.

Quando l'ebbe raggiunta tuttavia, Loki si bloccò di colpo, come pietrificato.

Sostò per un breve attimo davanti alla porta chiusa, sollevando la mano a mezz'aria, tendendola piano verso la maniglia; indeciso se abbassarla o meno.

Oltre quella soglia si trovava la propria camera da letto.

Da quanto tempo non vi faceva ritorno?

Troppo, pensò amaramente.

Da quando aveva lasciato Asgard per invadere Midgard, o per meglio dire da quando Thor lo aveva scaraventato giù dal Ponte dell'Arcobaleno, in un viaggio fra i mondi che Loki avrebbe volentieri evitato.

Trasse un respiro e poi lo esalò lentamente, domandandosi che cosa temesse.

Entrare nella sua vecchia camera avrebbe riacceso in lui ricordi passati, piacevoli ma al contempo colmi di risentimento, tuttavia Loki aveva necessariamente bisogno di prendere alcuni oggetti prima di partire.

Doveva cambiarsi d'abito e doveva farlo in fretta.

Perciò, senza esitare oltre, scacciando quell'indesiderata e certamente inopportuna indecisione, il principe dai capelli corvini strinse le dita affusolate della propria mano sulla maniglia d'oro, spingendola lentamente verso il basso.

Una volta entrato, richiuse in fretta ed in silenzio la porta dietro di sé.

La stanza era buia, ma alla luce lunare proveniente dall'ampia finestra posta davanti allo scrittoio, si scorgeva una camera da letto ben arredata, anche se alquanto disordinata.

A quanto pareva, da quando aveva lascito Asgard, e da quando quasi tutti aveva saputo delle sue reali discendenze, nessuno pareva essersi preso la briga di tenere pulita la sua stanza.

Tutto era rimasto esattamente come lui l'aveva lasciato l'ultima volta che vi aveva messo piede: i libri aperti sullo scrittoio; un volume gettato al suolo, sul tappeto verde, accanto ad uno dei cuscini su cui Loki molte volte si sedeva a leggere.

La sua vecchia armatura era sistemata in un angolo della stanza, abbandonata ed impolverata.

Loki la guardò solo un istante, segretamente tentato di indossarla ancora una volta.

Non aveva davvero nulla a che fare con le armature degli Einherjar, grosse e che intralciavano fastidiosamente i movimenti.

Distolse lo sguardo.

La sua armatura con il mantello verde e l'elmo dorato, con le sue corna affusolate che svettavano verso l'alto, non sarebbe certo stato un indumento adeguato per il viaggio che Loki si stava accingendo ad affrontare.

Sarebbe stata appariscente almeno quanto quella dei soldati del regno di Odino e tutti l'avrebbero riconosciuto alla prima occhiata.

Era un ricercato, adesso, perciò avrebbe dovuto passare il meno osservato possibile.

Per questo, ignorando totalmente la propria armatura, Loki si diresse invece sino ad un antico baule, situato accanto allo scrittoio.

Non era altro che una sorta di scrigno di legno scuro, adornato con disegni dorati sui bordi, privo di lucchetto.

Lentamente il Dio degli Inganni si chinò su di esso e, quasi con cautela, sollevò il grosso coperchio verso l'alto, lasciandolo poi ricadere con un lieve tonfo sul lato opposto del baule.

Quando ancora viveva ad Asgard come un principe del regno di Odino, Loki era solito riporre le sue cose lì dentro.

Le cose di cui non aveva più bisogno; gli oggetti più antichi, che appartenevano alla sua gioventù, cose che lui riteneva essere ormai di scarso valore.

E tutte quelle cose erano ancora li, al loro posto, ammucchiate nel baule e dimenticate da tempo.

Fra le tante cose, in cima alla pila di oggetti stavano alcuni vecchi vestiti che Loki non usava ormai da anni.

Erano indumenti più semplici e meno sfarzosi, in alcuni punti persino lisi dall'usura; abiti che non avrebbero dato certo nell'occhio.

O almeno questo era quello che il Dio degli Inganni si auspicava.

Gli indumenti erano composti da una camicia verde, una lunga casacca nera, ampia, una pettorina d'oro, dei calzoni scuri, dai colori un po' sbiaditi e alcune cinture che, una volta legate attorno alla vita sarebbero servite anche come protezione in più, rendendo quei vestiti molto più simili ad un armatura, anche se non lo sembravano affatto.

Senza perdere altro tempo in inutili indugi, Loki si sfilò la pesante armatura degli Einherjar, gettandola a terra quasi con disprezzo e disgusto; poi si chinò a raccogliere dal baule i vecchi indumenti che vi erano riposti, posandoli per un attimo sullo scrittoio davanti alla finestra, prima di iniziando rapidamente a metterseli addosso.

Si mosse in fretta, sapendo bene che prima si cambiava d'abito e prima avrebbe potuto allentarsi da Asgard.

Quando ebbe indossato i calzoni, e gli stivali si infilò la lunga casacca nera, sopra alla camicia verde e guardò per un istante la pettorina d'oro che poco prima aveva poggiato sul piano dello scrittoio insieme al resto dei suoi vecchi indumenti.

Quello era il simbolo dei maghi.

Solo loro avevano il diritto ad indossarlo sul petto, per mostrare a tutti il loro grado di maestri di magia.

Loki desiderava sentire il suo lieve peso sul petto, ma sapeva che ora che non aveva più la magia, non era più degno di portarlo.

Deglutì lentamente, sentendosi la bocca riarsa, tornò a riporre con cura la pettorina nel baule.

Stava per richiuderlo di scatto, pronto ad andarsene, quando la propria mano andò a sfiorare inavvertitamente qualcosa di freddo e metallico, dalla forma irregolare.

Incuriosito da quell'oggetto che lui non rammentava nemmeno d'aver riposto all'interno del baule, Loki tornò a chinarsi sulla cassa aperta, sbirciando al suo interno e fu allora che vide la collana...

  
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